.:: Giorni di gloria
::.
Autore: Rogiari2001 paga penitenza per aver previsto – erroneamente
-un bacio Spuffy od una dichiarazione d’amore di Buffy a Spike
entro la fine degli sweeps di novembre 2002! L’idea per questa
fanfic nasce da un brainstorming collettivo sul forum “Bloody
Love”. Perciò, la colpa è di tutti e democratica!!
Sommario: Come è avvenuta la transizione da William a Spike?
Come si è inserito il nostro nobile “Poeta maledetto”
nel triangolo amoroso e perverso formato da Angelus, Darla e Dru? Torturato
senza pietà dal First Evil, e messo di fronte alla scelta tra
un glorioso passato, ed un incertissimo futuro, rinnegherà Spike
il suo amore dannato per la cacciatrice...oppure no?
Shipper: B/S, ma anche S/Dru, S/Darla, A/Dru e A/Darla, con tematiche
slash A/S
Rating: vietato rigorosamente ai minori di diciotto anni!!! (Come da
democratica, unanime richiesta). Qualunque lamentela sul rating o sul
linguaggio, volutamente forte per aderire al contesto, verrà
democraticamente…respinta al mittente!
Spoiler: fino a 7.14 “First Date”, poi diventa AU.
Disclaimer: Tutto di Joss Whedon, ME, e quant’altri lo possiedono
e NON lo trasmettono in Italia…
Feed – back: sempre super gradito a rogiari@inwind.it, o pubblicamente
sulle liste dove la fanfic è pubblicata
PROLOGO
Sunnydale, novembre 2002
La tortura era cominciata, e così il flusso dei ricordi…
“Dimmi che mi ami”
“Ti amo, Buffy”
“Dimmi che mi vuoi”
“Io ti voglio sempre. Infatti…”
Ma lei lo aveva zittito con la sua bocca calda come un inferno, ed i
suoi baci senz’anima. Sentendosi peggio di una prostituta, Spike
accettò quel simulacro di passione, quella briciola di cuore
che lei era disposta a dargli.
Ancora non sapeva che Riley era in città. Con una moglie, e mille
occhiate accusatorie. Dio, Buffy, come sei caduta in basso…
Lei che per lui era una regina. Non bisogna mai guardare dall’alto
in basso una donna come Buffy Summers. Chi diavolo era quel soldato
per farlo?
Ma Spike, mentre le mani di lei come uccelli nervosi correvano ai bottoni
della sua camicia, tutto questo ancora lo ignorava. Perso nel suo sapore,
nel suo odore di donna, nell’amore immenso che provava, contro
ogni ragione, per lei, si illuse per l’ennesima volta di contare
qualcosa per lei.
Solo che non contava nulla.
Stretta a lui, gli occhi chiusi come nella morte, Buffy rifiutava di
pensare, limitandosi a sentire, il dolce dolore della sua mascolinità
unita alla sua femminilità, il calore corporeo che la sua pelle
fresca, al contatto, riusciva comunque a produrre, il sapore dei suoi
baci.
Questo era il sesso senz’amore. Senz’anima.
E come la morte, lasciava insoddisfatti.
Anche se Spike….William….le stava donando tutto di sé.
Era lei ad essere completamente chiusa, a non lasciar penetrare la luce.
E la luce del giorno fuori dalla sua cripta, mentre lo abbandonava,
mentre spezzava anche quell’ultimo, esile filo che ancora li tratteneva
uniti, quello dei loro corpi in amore, era fredda sulla sua fronte,
più fredda dei suoi baci.
“Mi dispiace, William. Ma io ti sto usando…e questo mi uccide”
E uccide te, avrebbe voluto aggiungere. Solo che non riusciva a provare
nulla per lui, per nessun altro.
Rimasto solo, ancora incredulo, Spike si servì del bourbon, con
mani tremanti.
Era finita.
E lui era più solo che mai.
William era morto centoventidue anni fa. E Spike…era come se non
fosse mai esistito.
PARTE PRIMA.
INIZIAZIONE DI UN VAMPIRO.
Londra, 1880.
Spike era esistito, invece, e la sua esistenza - come un turbinoso
vento - aveva spazzato via migliaia di altre esistenze.
La sua nascita era stata oscura, compiuta in silenzio nel ventre tenebroso
di una bara, in una notte senza luna, nel freddo di un novembre londinese.
Anche se tutto era iniziato la notte prima, in un vicolo odoroso di
cavalli e letame. La bella straniera dai grandi occhi violetti ed i
lunghi capelli neri aveva raggiunto il povero William, deluso ed umiliato
dai suoi pari, e nella notte l’aveva portato con se in un luogo
buio, che era la morte.
Ma ora William stava per risvegliarsi.
Solo che non era più lui: il suo corpo era stato preso in prestito
da un demone. E William era morto.
Morto, morto, morto…William era morto.
E la cacciatrice Buffy Summers non era ancora nata, neppure i padri
dei suoi nonni erano ancora nati.
Nessuno dei due esisteva. Era ancora, per entrambi, un momento felice.
La piccola, tremante creatura chiedeva l’elemosina al lato della
strada. La carrozza riccamente decorata si fermò. La donna bionda,
elegantemente abbigliata, tese la candida mano fuori dal finestrino.
“Piccola mia” sussurrò con voce educata, dal lieve
accento straniero. “Vieni qui. Avremo cura di te, e ti porteremo
in un luogo dove non conoscerai più né freddo, né
fame, né paura”
La piccola esitò. Si raccontavano ogni genere di storie, lì
nella Battery. Poteva finire in un bordello, o peggio ancora, in un
orfanotrofio dove l’avrebbero mandata a lavorare per un tozzo
di pane nelle filande, o nelle fabbriche, dove si sarebbe certo ammalata
e quindi sarebbe presto morta, di tisi…
“Andiamo” insistette la dolce dama. “Siamo un comitato
di carità. Puoi fidarti di noi”.
L’orfanella lanciò un’occhiata dentro la carrozza.
C’era un’altra signora, oltre a quella che aveva parlato,
ed un signore molto elegante, che la fissò con un sorriso gentile
e con uno sguardo pieno di calore.
Diavolo, cos’altro le offriva la vita di meglio? Sua madre era
morta da tre mesi, e lei non mangiava da giorni…
Salì in carrozza, e questa ripartì immediatamente.
“Qual è il tuo nome, piccina?” le chiese la dama
bionda. L’altra, quella bruna, fissava annoiata lo sguardo al
di là del finestrino, e l’uomo continuava a guardarla benevolo.
“Kathy, signora”.
“Kathy, dammi il tuo polso. Devo controllare una cosa”
La piccola, sebbene sorpresa dalla strana richiesta, ubbidì.
L’uomo bruno la osservava benevolo.
Affascinata, la dama bionda, dai lucenti occhi azzurri, fissò
la vena violacea che pulsava sotto la candida, fragile pelle dell’orfanella.
E pulsava, pulsava…
Quel fugace pulsare attrasse inesorabilmente l’attenzione dei
suoi compagni. L’uomo si fece avanti, un luccichio ferale nei
suoi profondi occhi bruni, e persino la dama bruna si scosse dalle sue
fantasticherie.
Kathy rabbrividì.
Con letale grazia, tutti e tre i suoi salvatori si avventarono su di
lei.
Darla immerse le zanne in quel succulento polso pulsante, e Drusilla
le affondò nel suo collo.
Angelus, infine, le sollevò le gonne, ed affondò i denti
nell’arteria femorale, tre le sue magre cosce.
La vita fluì in un istante dalla piccola povera Kathy, come se
fosse stato un flebile lamento.
“Breve ed insoddisfacente” commentò Angelus, non
appena la carrozza fu ripartita. Avevano lasciato il colpo riverso nel
fango, su di un mucchio di spazzatura. E la notte era ancora giovane.
“Una partita a baccarat?” suggerì Darla. “
E poi, oltre a prenderci la posta, ci prendiamo anche i partecipanti?”
“Perdo sempre a baccarat” si lamentò il suo bruno
compagno.
“Avevate promesso” si imbronciò Drusilla. “Avevate
detto che saremmo passati a prenderlo. Stanotte, dovrebbe risvegliarsi”
“Se è la metà dell’idiota che sembra…non
riuscirà nemmeno a venir fuori dalla bara, ed i vermi se lo mangeranno”
commentò sprezzante Angel.
“Lui è il mio cavaliere” protestò Drusilla.
“E poi, avevate promesso!!!” insistette, battendo i piedini.
“Shh, tesoro” la blandì Darla. “Se proprio
ci tieni. Ma, bada, sono d’accordo con Angelus, mon amour. Hai
scelto poco saggiamente. Non mi pare nulla di speciale. Ne faremo tutt’al
più un servitore”
“Od un giocattolo” sbadigliò Angelus. “Se tiene
la bocca chiusa, ed il culo in aria”
“Lui è mio!” replicò Dru. “Lo so. Lo
sento”
“Tesoro, tu conosci bene la regola. Si divide tutto” replicò
Darla, con un dolce sorriso. “Come abbiamo diviso quell’orfanella
affamata”
“Ed io ho ancora fame” si lamentò Angelus. “E
nessuna voglia di insegnare ad un childe di poca intelligenza come comportarsi”.
“Se permetti, allora, cominceremo noi il lavoro…sei d’accordo,
Dru?”
Dru annuì, con gli occhi che le splendevano. Non attendeva altro.
La corsa fino al cimitero Est di Londra fu più rapida del previsto.
Non fu difficile trovarne la lapide provvisoria, appena appoggiata su
di un cumulo di terra fresca. Sapevano che si chiamava William.
“William Shelby, 1852 – 1880”
Angelus sbadigliò di nuovo. Il becchino aveva lasciato una pala,
lì vicino, ma non aveva la minima intenzione di mettersi a scavare
per un childe di nessuna importanza. Aborriva il lavoro fisico: lui
era un’artista.
Darla si sedette su di una lapida vicina, e cominciò ad intrecciare
i lunghi capelli bruni di Drusilla con nastri colorati. Il loro cocchiere
attendeva dall’altro lato della strada, e conosceva abbastanza
i suoi strani padroni da sapere quando non era il momento di fare domande.
“Sta per uscire” disse ad un tratto Drusilla. “Il
re di coppe sta per venire da me”
“Cosa tu ci abbia trovato in quello scricciolo d’uomo, è
un mistero” commentò amabilmente Darla. “Pelle, ossa,
occhiali. Non è un vero uomo”
“Ah – ah” sbadigliò Angelus, sistemando meglio
le lunghe gambe.
“Lui è il re di coppe…e vincerà il premio”
replicò Drusilla, lo sguardo lontano. “Tu non sai, Angelus…ma
tutto ciò che tu vorrai…sarà suo”
Angelus scoppiò a ridere, sinceramente divertito. A volte, Dru
era spassosa. Matta come un cavallo, ma spassosa. Cosa diavolo avrebbe
potuto ottenere quel debole childe di suo? L’amore delle sue donne?
Dru era così matta, che non importava. Ma Darla? Quando mai Darla
avrebbe amato qualcuno che non fosse lui?
E poi, Angelus decise che non gli importava nemmeno quello. Darla era
la sua sire, ed una gran scopata, da secoli, ma niente più. Lui,
Angelus, non amava davvero nulla, e questa era la sua liberazione da
quel mondo di sofferenze.
La terra si smosse, e Angelus si scosse dai suoi pensieri. La faccia
di William emerse, pallida e sporca, tra la terra grassa e umida, le
unghie sporche e spezzate, le mani ferite per aver infranto la cassa
di legno ed aver scavato la terra intorno a sé.
Dannazione, non aveva indosso il volto della caccia!
Angelus lo prese a pugni. Sbalordito, William sbatté le palpebre.
“E’ l’inferno?” sussurrò.
Dru scoppiò a ridere.
“Dammi un paletto” disse Angelus a Darla, infuriato. “E
così debole da non uscire nemmeno con il volto della caccia!
Sarà del tutto inutile, e dannoso, se ce lo teniamo intorno!”
Non sapeva perché, ma suo malgrado le parole di Dru l’avevano
innervosito ed indisposto nei confronti del nuovo childe.
“No!” intervenì Dru. Si mise sopra il neo –
vampiro, e lo aiutò tirandolo su per le braccia ad uscire.
“Signora” cominciò quest’ultimo. “E’
tutto un orribile sbaglio. Mi hanno sepolto vivo! E lei, ieri notte…”
La bocca di Drusilla sulla sua, ancora sporca di terra e morte, lo tacitò.
Era la prima volta che una donna lo baciava.
Solo che, questa, non era una donna.
William non capiva niente. La testa gli girava, e sentiva un’enorme
debolezza invaderlo. In un certo senso, gli sembrava che la sua prima
percezione fosse la più esatta. Questo doveva essere l’inferno.
Un inferno dove tutto appariva, insieme, assurdo e reale. Era assurdo
che lui fosse stato sepolto vivo. Era assurdo che fosse riuscito a spezzare
con le mani nude una bara di solido legno ed a scavare – con le
sole unghie – sei piedi di terra irrigidita dal freddo invernale.
Ed era assurdo che ora fosse in una carrozza che viaggiava nella notte
con la donna che aveva provocato tutto ciò…e con altri
due estranei, che guardavano fuori dal finestrino senza dedicargli nemmeno
un’occhiata.
“Signora…rispondetemi. Cosa sta accadendo? Sono William
Shelby, e mia madre mi attende”
Dru, impietosita, gli accarezzò il volto sporco di terra con
la punta delle dita. “Vostra madre vi piange, amico mio. Siete
morto”
“Allora, è vero” commentò William sotto voce.
“Avevo ragione, è l’inferno”
“Fallo tacere” disse solo Angelus, infilando annoiato una
mano sotto la gonna di Darla. La bionda sorrise, ed accomodò
meglio le gambe per lasciargli libero accesso. Inorridito, William li
fissò. Non credeva ai suoi occhi. Neppure sapeva di queste cose,
ed ora vederle così….”
“No, amore mio” gli disse Dru, sfiorandogli nuovamente le
labbra con le sue. “E’ il paradiso, invece”
“Lavalo, e portalo su” disse solo Angelus, di ritorno nel
loro appartamento, prima di sbattere la pesante porta di noce alle sue
spalle ed a quelle di Darla, che stava ridendo.
Dru sorrise.
“Venite, qui. William, avete detto? Posso chiamarvi Billy?”
“No” scosse il capo il neo vampiro. “Billy, no. Chiamatemi
Will, se volete. Mia madre…”
“Shh” gli disse lei, il dito sulle sue labbra piene. “Vostra
madre non esiste più”
“Anche lei…anche lei è…”
“No. Siete voi che siete morto. E questo cambia tutto, lo capite?”
William annuì.
“E’…una specie di limbo?”
“Avete studiato bene la vostra lezione, durante l’ora di
religione” gli disse Drusilla. “Ma non è il mondo
ad essere cambiato. Siete voi che siete cambiato. Per sempre. E per
sempre, e per sempre…”
“Siamo fantasmi? E gli altri non ci vedono?” chiese William,
seguendola per i corridoi della grande casa buia, dalle pesanti tende
scure alle finestre.
“No” sorrise Dru. “Siamo molto più corporei,
credetemi. Non avete notato quei due in carrozza? Via, non arrossite.
Non vi riesce più molto bene” lo prese in giro Dru. “Andiamo.
Ho fatto preparare un bagno dai nostri servitori”
ll bagno arrivò, fumante. I due giovani vampiri sparirono senza
un lamento nel sottoscala. Sembrava che Madamigella Dru avesse un nuovo
favorito. Di solito, non duravano molto. E si aggiungevano alla schiera
dei servitori. O venivano eliminati prima dal padrone Angelus e dalla
padrona Darla. Questo, poi, non pareva proprio niente di speciale.
“Su, datemeli” disse Dru, strappando dal naso di William
gli occhiali con cui lo avevano seppellito. “Non ne avete più
bisogno”
Lui annuì, socchiudendo gli occhi. Era sorprendentemente vero.
Vedeva perfettamente, ora. Come non aveva mai visto in vista.
Drusilla gli si avvicinò con movenze sensuali, e cominciò
a togliergli di dosso la giacca sporca di terra. Le sue dita fini indugiarono
con il fine lino della camicia, e con il nodo della sua cravatta. Imbarazzato,
William si ritrasse.
“Andiamo, non esitate. Aiutatemi a spogliarvi” lo invitò
Dru.
William era tuttora incredulo. Si tolse la camicia, e sobbalzò
quando Drusilla lasciò scivolare le sue dite fresche sulla pelle
liscia del suo torace magro. “Cambierete” gli disse lei.
“Diventerete più forte, più muscoloso, più
bello. Dovrete solo nutrirvi…ed imparare le regole della caccia”
“Io non caccio. Odio le armi” si lamentò lui.
“Voi caccerete. Ne va della vostra…sopravvivenza.”
“Ma …avete appena detto che sono morto”
“Siete morto come uomo…ma, credetemi, vivo come non siete
mai stato.”
Con un solo gesto, Dru lo spinse nella tinozza. William trasalì
al contatto con l’acqua calda, ma poi – suo malgrado –
si rilassò, e lasciò che l’immane stanchezza che
lo invadeva da quando era uscito dalla sua bara lo assalisse in forze.
Insonnolito, lasciò che Dru lo lavasse. Lei gli tagliò
i pantaloni ormai sdruciti con un coltello, e lo stesso fece con la
biancheria intima. Poi, prese un pezzo di sapone, e con quello lo sfregò,
puntigliosamente, dalle palme dei suoi piedi fino al suo collo. Soddisfatta
di quel che vedeva, e toccava, Dru lasciò cadere il sapone, e
cominciò a spogliarsi a sua volta.
“Mio Dio…signora! Cosa fate!” si riscosse lui, sentendosi
colpevole per il piacere che aveva tratto dai suoi gradevolissimi maneggi.
“Andiamo, William, non vi pare il caso che noi due ci si conosca…meglio?”
Stupefatto, William fissò i suoi seni candidi, ed i suoi morbidi
fianchi. La sua salvatrice - …o l’aveva forse dannato per
sempre? – era alta, con lunghe gambe affusolate. Cielo, era alta
almeno quanto lui, ed infinitamente più esperta, a quel che era
dato vedere…
Dru ricambiò il suo sguardo, osservando compiaciuta quanto grandi
e profondi fossero i suoi occhi, ormai tolti quegli odiosi occhiali
di spesso vetro. Erano blu…e non ne aveva mai visti di simili.
Ed ora si stavano scurendo, ora che il suo corpo stava finalmente imparando
a reagire.
Si avvicinò a lui, si chinò sulla tinozza, i suoi candidi
seni a pochi centimetri dalla sua bocca. Un uomo non così incredibilmente
innocente, avrebbe già saputo cosa fare.
Ma non il suo William. Di questo era assolutamente certa….
E qui lui la sorprese. In un istante, il volto della caccia indosso,
il suo piccolo, innocente William aveva affondato le sue zanne nel suo
seno destro e stava succhiando con vigore il forte sangue della sua
sire, mentre lei gridava dal dolore e dal piacere.
Le grida di Dru distolsero Angelus e Darla dai loro giochetti. Completamente
nudi, lasciarono il loro letto per andare nell’ampia sala da bagno,
dove il giovane William stava dissanguando la sua sire.
“Adesso basta” disse Angelus, strappando via Dru dalla sua
ferrea presa. William lo fissò sorpreso, il sangue di lei che
gli colava tra le zanne, fin sul mento.
“Lascialo stare” si lamentò Dru. “Ne ha bisogno.
Deve nutrirsi, o sarà troppo debole per completare la sua transizione”
“E’ già completo, mi pare” osservò Darla.
“Forse, ha delle possibilità…. a cui non abbiamo
pensato, prima. Dru…vieni di là. SUBITO”
La vampiressa più giovane ubbidì.
“Abbiamo fatto come hai voluto tu” disse Darla, spingendola
dolcemente sul letto sfatto, ancora odoroso del suo incontro con Angelus.
“Ora, farai tu quello che diciamo noi. Del resto, io ed Angelus
siamo più anziani…ed agiamo per il tuo bene, lo sai”
Dru annuì, gli occhi lucenti.
Darla prese una striscia di seta, e legò le mani di Dru alle
testiera del letto.
Compiaciuto, Angelus fissò William, il volto della caccia che
si ritraeva.
“Credevo che non ne fossi capace. Temevo di aver commesso un irreparabile
errore, non eliminandoti subito”
“Cosa diavolo mi sta succedendo?” replicò William.
“Il mio volto è cambiato! Datemi uno specchio, vi prego!”
“Volentieri” sorrise Angelus, del tutto a suo agio nella
sua nudità, mentre l’altro, arrossendo, distoglieva lo
sguardo. Angelus prese un piccolo specchio ovale da un cassetto, e lo
porse al giovane vampiro.
“Mio Dio! Non esisto!”
“Non esisti per gli specchi” spiegò pazientemente
Angelus. “Ma vivi, fotti, ti nutri…come un animale, come
un uomo. Solo che non sei né un animale, né un uomo”
“Cosa sono, allora?” implorò William, come sempre
affamato di conoscenza.
“Non lo sai già, forse?” lo prese in giro Angelus.
“Hai sfoderato le zanne, e ti sei bevuto Dru. Il suo sangue. Perché?
La risposta, a questo punto, mi sembra ovvia, ed anche un topo di biblioteca
come te dovrebbe sapermela dare”
“Mio Dio…”
Angelus si girò di scatto, prese una salvietta, e con quella
afferrò dal cassetto un oggetto che poi gettò addosso
a William. La croce bruciò la pelle di William, che si sollevò
di scatto dalla tinozza.
“Non pronunciare mai più quel nome” replicò
Angelus, seriamente. “Dio non esiste. E se esiste, noi non siamo
nulla per lui”
“Non posso crederci. Tutto e tutti…siamo sue creature”
Angelus scosse il capo. “Noi…no”
William lo fissò.
E si accorse di essere altrettanto nudo ed esposto del suo antagonista.
Che lo stava fissando con estremo interesse.
“Andiamo” disse Angelus, benevolmente, sedendosi su di una
poltrona lì vicino, nudo e rilassato. “Vieni qui. Non ho
finito di spiegarti quello che sei. E direi che non si può più
aspettare”
“Sto bene qui. E rivoglio i miei abiti”
Angelus sollevò lo sguardo al cielo. Quanto ci sarebbe voluto
per insegnargli come ci si doveva comportare con il proprio grand –
sire? Il piccolo innocente poeta stava rivelando una preoccupante vena
di testardaggine.
Il vampiro più anziano si sollevò di scatto, ed afferrò
il giovane childe per i capelli. William si stupì della sua forza,
ma non era uomo da farsi sottomettere così facilmente. Almeno,
ci avrebbe provato…sollevò una gamba per colpirlo, e finì
per terra, la sua coordinazione lenta ed impacciata. Angelus scoppiò
a ridere.
“Tesoro” gli disse. “Vieni qui”
William si rialzò, massaggiandosi il di dietro, e scontrosamente
si avvicinò al vampiro.
“Imparerai” gli disse amabilmente Angelus. “Vedrai.
Ti insegnerò io. E Darla, e Dru. E faremo di te un vampiro che
incuterà timore e rispetto tra i suoi simili. Od almeno, ci proveremo,
e tu morirai provandoci.”
William lo fissò a lungo. Per un istante, nei suoi occhi blu
non ci fu neppure un’ombra di paura. Il loro freddo sguardo chiaro
sostenne per un lungo battito quello bruno di Angelus ed i due vampiri
si misurarono a vicenda, al di là delle apparenze, al di là
delle debolezze dettate dall’inesperienza di William e dell’arroganza
della forza antica di Angelus.
E mentre William si sottometteva, accoccolandosi in braccio a lui, Angelus
pensò che, prima o poi, lui ed il giovane vampiro biondo sarebbero
stati rivali. E non per Darla, o Dru…ma per qualcosa, o qualcuno,
di veramente importante.
Quando Darla rientrò nella stanza da bagno, fu lieta di trovarvi
un confortevole silenzio.
Angelus era seduto in poltrona, e William era nel suo grembo, la testa
bionda comodamente sulla sua spalla. La mano di Angelus scivolava lenta,
quasi teneramente, sulle braccia ancora poco muscolose del giovane vampiro,
sulle sue gambe, e quindi si inoltrava, quasi rispettosamente, tra le
sue cosce.
“Vedo che state andando d’accordo” insinuò
Darla, chinandosi per osservare il giovane vampiro da vicino. “Ha
dei bellissimi occhi, una faccia sorprendentemente interessante….ed
è molto dotato. Assai più di quel che credevo”
William l’osservò. La bella dama bionda era quella che
gli faceva più paura. Intuiva in lei una sotterranea freddezza
che gli altri due, per quanto spaventosamente forti, non possedevano.
Darla, nonostante i suoi dolci occhi azzurri, ed il suo bel sorriso,
era la più inumana di tutti loro. Avrebbe appreso dopo che era
anche la più antica, e con il tempo l’umanità di
fondo si dissolveva sempre più.
Vampiri.
Quella parola tormentava i pensieri di William. Atterrito dalle possibili
conseguenze, non aveva protestato quando Angelus aveva cominciato ad
accarezzarlo.
Anche intimamente.
Quando la manina esperta di Darla si insinuò tra le sue gambe,
chiudendosi quindi sul suo membro, il giovane vampiro gemette. Si sentiva
la febbre indosso. Non poteva permettere a queste creature di giocare
così con lui!
“Lo vuoi tu?” le chiese Angelus, insonnolito.
“Dopo” sorrise Darla. “Torno da Dru. Occupati tu di
lui…e poi portacelo”
William osservò senza parole il suo perfetto sedere che si allontanava.
Occuparsi di lui? Diavolo, ma cosa intendevano fare? Ucciderlo di nuovo?
Torturarlo?
Angelus gli accarezzò i capelli. C’era una qualità
quasi femminea, in questo childe, che glielo faceva trattare con dolcezza,
come se fosse stata una donna. Quasi. In verità, sotto quella
sua strana dolcezza c’era una mascolinità non ancora del
tutto emergente, eppure forte, aggressiva, qualcosa che Angelus sentiva
- probabilmente come aveva fatto Dru – e che trovava ancora più
seducente.
Voleva dominarlo.
O temeva che l’altro avrebbe presto dominato lui.
“Sdraiati sul tappeto. A pancia in giù”
“No” replicò il childe, spaventato da quell’ordine
improvviso ed incomprensibile, ma non domo.
“Ubbidisci” replicò dolcemente Angelus. Poi, siccome
l’altro non si muoveva, lo riafferrò per i capelli, e lo
sbatté in terra, sedendosi poi su di lui.
William voltò il capo, sorpreso. Cosa diavolo volevano fargli?
Nonostante le loro assicurazioni, continuava a pensare di essere piombato
all’inferno. Nulla di quanto queste terribili creature dicevano,
o facevano, aveva senso. Angelus ne approfittò per impadronirsi
della sua bocca.
William ansimò, mentre la lingua del suo grand – sire affondava
nella sua gola, impedendogli di respirare. Con orrore, William si accorse
che non aveva bisogno di respirare. Angelus si ritrasse appena, approfittando
dello smarrimento del childe per accarezzargli le morbide, piene labbra
con la lingua e con i denti. “Sei dolcissimo” gli disse,
compiaciuto per la sua istintiva risposta. “Hai capito, ora? Respirare
non è più necessario. E tutto ciò è meraviglioso
per fare tutta una serie di cose…assai interessanti. Ed è
proprio il caso di cominciare ad insegnartene qualcuna. Apri la bocca…e
BACIAMI!”
Inorridito, William si ritrasse.
“Signore” gli disse, ansimando, seriamente. “Gli uomini
non si baciano tra di loro”
“Tesoro mio” replicò Angelus, altrettanto seriamente.
“Sono millenni che gli uomini non fanno altro!”
“No” scosse il capo William. “Io no” Non aveva
nessuna esperienza. Non aveva baciato in vita sua alcuna donna…oltre
a Dru, quella stessa notte. E si era sempre tenuto alla larga dagli
equivoci incontri a Oxford, la notte, dove alcuni compagni l’avevano
cercato per la sua femminea eleganza. Pur senza sapere, aborriva.
Ma Angelus gli prese crudelmente la nuca, voltandogli violentemente
il capo verso di sé, ed affondò nuovamente la lingua nella
gola del suo childe, che – come ordinatogli – rispose. La
crudeltà di Angelus gli stava sorprendentemente andando alla
testa. Non appena il suo grand – sire si rilassò nel bacio,
William fece come gli era stato ordinato e cominciò ad accarezzare
la bocca ferma di Angelus con le sue labbra, lasciando che le loro lingue
giocassero insieme.
“Molto bene” disse Angelus, dopo un po’, accarezzando
i suoi morbidi capelli biondo scuri, lunghi sulla fronte e sulla nuca,
e passando un dito sulle sue labbra arrossate dai loro baci. “Ma
non sei ancora pronto per le ragazze. C’è una lezione che
devi ancora imparare”.
William lo fissò con i suoi grandissimi occhi blu, pieni di stupore.
“La sottomissione” gli spiegò Angelus, con calma.
“Sei solo un childe. Non vali molto. Come vampiro devi temere
il fuoco, la luce del sole, la decapitazione, e soprattutto i paletti
di legno nel cuore. Stai alla larga da tutte queste cose, e vivrai a
lungo…così a lungo da veder morire i tuoi pronipoti.”
“Non ho nessuno” osservò tristemente William. “Solo
mia madre”
“Dimenticala. O meglio, mangiatela. Ho fatto così, con
i miei, ed erano deliziosi”
Qualcosa di fondamentale doveva essere avvenuto in lui, qualcosa doveva
essersi perso nel trapasso, perché William non provò l’orrore
che pensava a quella dichiarazione. Non provò nulla, se non il
desiderio di continuare quelle crudeli lezioni. Il suo membro, ormai
penosamente rigido, invocava attenzione. Angelus rise piano.
“Sottomissione” sorrise Angelus. “Vuol dire che io,
Darla e Dru siamo i tuoi padroni. Ci appartieni in pieno, e potremmo
usarti come e quando vorremo. Sottomissione significa anche che non
godrai prima di noi, e senza il nostro permesso”
La mano del vampiro più anziano scese intorno al suo membro dolorosamente
eretto, e lo strinse forte, con un movimento uniforme, dall’alto
verso il basso. William cominciò ad ansimare.
“Ti proibisco di venire” gli disse Angelus. “Fallo,
e verrai punito”
Ma la sua mano continuava il movimento insinuante, terribile, mentre
l’altra mano andava ad accarezzare l’interno delle sue cosce,
ed i suoi testicoli. William chiuse gli occhi, incapace di resistere.
E poi venne.
Il suo liquido invase la mano di Angelus. Senza batter ciglio, il vampiro
più anziano la sollevò, e la posò sulle labbra
di William, ancora invaso dal piacere.
William scosse il capo. Poi, capì che doveva cedere.
Succhiò le dita di Angelus, e poi chinò il capo.
“Prendimelo in bocca” disse solo il suo grand – sire,
e si sedette meglio per terra, lasciando che William chinasse il capo
sul suo grembo.
Non l’aveva mai fatto. Non sapeva nemmeno che fosse il tipo di
cosa che si potesse fare.
Ma gli venne istintivo, e si sorprese quando scoprì come poteva
essere piacevole.
“Molto bene” disse Angelus, gli occhi chiusi, mentre il
suo nuovo childe esplorava con la lingua ed i denti il suo membro. “Ora
fino in fondo. Voglio che tocchi il fondo della tua gola. Ricorda, non
devi respirare”
William fece come ordinatogli. Darla fece capolino, sorridendo nel vedere
il giovane childe tra le gambe di Angelus, il membro di quest’ultimo
nella sua gola. Tutto stava procedendo perfettamente.
“Sono stanca di aspettare” disse Darla, lamentosa. “Ho
già fatto venire Dru tre volte…ma entrambe vogliamo qualcosa
di diverso, se capisci cosa intendo”
“Perfettamente” sorrise Angelus. “Preparalo per me,
allora”
Darla annuì. Mentre William continuava a succhiare il membro
di Angelus, lei prese il suo tra le dita e lo lavorò come aveva
fatto poco prima Angelus, mentre l’altra sua mano scivolava tra
le sue stesse cosce. La vista della vampiressa che si dava così
gioiosamente piacere spinse di nuovo i due uomini sull’orlo. Angelus
venne nella gola di William, e Darla lo seguì dopo poco. William
inghiottì sorpreso il liquido acre, mentre il suo piacere si
dissolveva tra le dita esperte della vampiressa bionda.
Non si era ancora ripreso, che Darla e Angelus già lo tenevano
per le spalle, disteso per terra.
“Ti avevo detto di non venire” sibilò Angelus, mentre
con la mano socchiudeva le sue natiche e si immergeva violentemente
in lui.
William urlò.
Dru, stesa nel letto, tirò le strisce di seta che le legavano
le mani. Non sarebbe stato difficile liberarsi, ma non ne aveva nessuna
voglia.
Voleva solo lui.
Sapeva per istinto che vampirizzarlo era stata la scelta giusta. Lui
sarebbe stato il suo cavaliere, il suo gentile amore, il suo padre,
amante, fratello.
Anche se un giorno l’avrebbe perso.
Per “lei”.
Lei, avvolta di notte, buio e cenere. Lei che avrebbe portato via Angelus
a Darla, e William a lei stessa.
Ma c’era ancora tanto tempo.
E tante cose da fare, prima che fosse l’alba.
Darla ed Angelus entrarono nella stanza, tenendo il childe per le spalle,
e quindi sbattendolo sul letto, il volto a pochi centimetri dal sesso
di Dru.
“E’ tutto tuo” disse Darla, non ancora soddisfatta.
“Se riesce a riaversi”
Dru sollevò il capo, ferita, e guardò Angelus. “Ti
ha soddisfatto?”
Angelus rise. “Stretto e verginale come un paggio. E’ stato
delizioso. E lo rifaremo, fino a che non imparerà quello che
mi piace…e come si deve comportare un childe”
“Temo che l’hai spezzato…dentro” commentò
Darla. “I più innocenti non si riprendono mai”
“Darla, amore mio” la rimproverò Angelus. “Non
stiamo parlando di un uomo¸ non dimenticartelo. Ma di un vampiro.
E’ un demonio, esattamente come tutti noi. Il peccato, il proibito,
non fanno altro che alimentare il suo demone. E’ il nostro pane.
E lui è proprio come noi, se non peggio. Vedrai, ci riserverà
delle sorprese”
“A te più che a chiunque altro” lo ammonì
Dru.
“Dru, Dru” conciliante, Angelus immerse un dito in lei,
mentre lei si tendeva per la dolce invasione. “Lascia a noi giudicare
queste cose.”
“Su, cominciamo” insistette Darla, impaziente. “Sveglialo”
Angelus tirò su William, e lo schiaffeggiò. Il vampiro
più giovane aprì gli occhi. Più forte del dolore,
era l’umiliazione per essere stato usato così. E sapeva
bene che sarebbe accaduto ancora, e ancora, se non imparava a difendersi…era
ancora troppo debole, ma in quell’istante il suo demone prese
una decisione irrevocabile. Non sarebbe mai più stato alla mercé
di alcuno, né uomo, né donna, né demone. Sarebbe
stato sempre il padrone di se stesso, fino al suo ultimo giorno di non
vita. Avrebbe combattuto fino alla morte per essere sempre se stesso.
E avrebbe imparato tutto quello che c’era da imparare. Il sesso,
la caccia, il sangue.
Sarebbe stato un maestro vampiro. Oppure, come diceva Angelus, sarebbe
morto provandoci.
Ma la pazienza sarebbe stata la sua arma vincente.
“Angelus ha ragione” sussurrò Dru. “William
è più forte di tutti noi. E farà qualcosa di così
straordinario, di così incredibile, come nessun vampiro al mondo
farà mai”
Darla sorrise. Il solito nonsense di Darla.
Basta, era ora di scopare.
“Hai già conosciuto donna?” gli chiese Angelus, accarezzandogli
i capelli, come immemore del male che gli aveva appena procurato. “No,
vero? Con chi vuoi cominciare? Darla …o Dru?”
William sollevò il capo. I suoi occhi blu scivolarono su entrambe
le donne. Ma non ebbe esitazioni.
“La signorina Dru…Drusilla, vero?”
Dru, deliziata, gli sorrise.
“Siete una principessa” le disse lui, seriamente. “Sarò
per voi un fedele compagno…se me lo permetterete”
“Imparerete che la fedeltà, tra noi quattro, è un
concetto decisamente sopravvalutato” commentò Darla, per
niente ferita che lui avesse scelto l’altra. Tanto, prima o poi,
e comunque prima che fosse l’alba, si sarebbero conosciuti intimamente.
Se a lei fosse piaciuto, ovviamente.
Drusilla continuava a fissare gli occhi azzurri di William. “Sì,
so che parlate seriamente. Sarete il mio cavaliere, il mio re. Fino
alla notte in cui arriverà Elizabeth…credo che si chiami
così”
“Non conosco alcuna Elizabeth” replicò lui, stupito.
“La conoscerete” replicò Dru.
“Non datele retta” lo ammonì Darla. “Dru non
sempre sa quello che dice”
“A me pare sorprendentemente lucida” disse William, istintivamente
protettivo nei confronti della bellezza dai capelli bruni.
Angelus batté la mani. “Andiamo, ragazze! La notte scorre
veloce. Il gioco è molto semplice. Siccome il nostro Will non
sa bene quel che deve fare con una ragazza, io e Darla glielo mostreremo,
e lui…ci imiterà”
Incredulo, William osservò i due vampiri accomodarsi sul tappeto
persiano. Darla e Angelus cominciarono a baciarsi appassionatamente,
mentre le loro mani vagavano sui loro corpi.
Con delicatezza, William avvicinò il volto a quello della sua
bellissima principessa della notte. “Non vi lascerò”
le sussurrò, in un istante, tutto dimenticato. Gli abusi di Angelus,
le aspre, umilianti parole di Cecily. Nei suoi occhi violetti, tutto
svaniva. Ed il suo demone scoprì di poter amare.
“Sì, lo farete” ripeté tristemente lei. “Se
non sarò io a lasciarvi, prima. Così, farà meno
male”
“Cosa dite?”
“Baciatemi”
William ubbidì. La bocca di lei era infinitamente più
dolce, più arrendevole di quella di Angelus. Il suo profumo,
il suo sapore di donna lo invasero. Poteva gradire la rude forza di
Angelus, ma il suo piacere più autentico stava indubbiamente
nel calore e nella morbidezza di una donna. Di quella donna. La sua
principessa tenebrosa.
Angelus stava già sovrastando Darla. Con dolcezza, senza spaventarlo,
Drusilla prese tra le dita il suo membro, nuovamente eretto, e lo aiutò
a penetrarla. La sensazione lo sovrastò. Era meraviglioso. Era
la dolcezza del perdono, dopo la punizione inflittagli da Angelus. La
bocca sul suo seno, sul suo capezzolo che ancora portava i segni della
sua sete di sangue, della sua passione, William dimenticò tutto,
persino la sua originaria identità, nel dolce, tenebroso mistero
del suo grembo.
Quando, esausti, i vampiri piombarono nel sonno del mattino, William
si alzò dal letto che aveva condiviso prima con Drusilla, poi
con Darla, ed infine nuovamente con Angelus, in un replay non meno doloroso
ed eccitante di quanto era avvenuto prima, e tornò in bagno,
perfettamente nudo e a suo agio.
Prese i suoi occhiali, e li frantumò sotto i piedi, incurante
del dolore provato dai vetri infranti sotto le palme dei piedi. Le sue
ferite, del resto, erano già guarite, con sovrannaturale velocità.
William non esisteva più.
Ora, doveva inventarsi una nuova identità.
Sunnydale, novembre 2002.
Quella notte, Spike non riusciva a pensare ad altro, se non a quelle
sue prime notti come childe. La scoperta del sesso, della caccia, del
sangue. Gli abusi di Angelus, le provocazioni di Darla, l’affettuosa
iniziazione di Drusilla. E la sua devozione per lei.
Gli sembrava passato un millennio, da allora.
Per quanto smarrito fosse stato allora, era stato tutto più semplice.
Un assassinio, il sangue che scorreva a fiumi, dipingendo di rosso la
città, una scopata, un orgia, una rissa in una taverna…ed
il sentirsi sorprendentemente vivo.
Tra le braccia di Buffy, invece, ultimamente si sentiva come una cosa
morta. Morta, morta, morta…e senza speranza.
Riusciva a capire il suo punto di vista. Lui, per lei, era stato solo
uno sfogo ormonale, lei l’aveva usato con persino meno tenerezza
e generosità di Angelus.
Ma lui non riusciva a rassegnarsi. Perché l’amava.
Quanto era accaduto il pomeriggio del giorno precedente ancora lo tormentava.
Anya l’aveva sorprendentemente invitato al suo matrimonio con
l’idiota, e lui non aveva avuto il coraggio di presentarsi da
solo ed affrontare lo scherno di Buffy. Aveva rimediato in fretta una
ragazza, un tipo da poco (grazie a Dio sapeva ancora come fare), e l’aveva
portata con sé. La giornata era stata talmente piovosa e orrenda
da consentirgli di girare tranquillamente per la città senza
doverle fornire impossibili spiegazioni.
Ma la sua compostezza si era naturalmente infranta come neve al sole
non appena l’aveva vista. Buffy era rifulgente. Bellissima anche
in un orribile vestito verde da damigella, splendeva come un fiore.
Sul suo volto affilato dal dolore e dalla depressione c’era finalmente
un sorriso felice. Buffy riusciva a provare un minimo di felicità
per Xander, e questo la trasformava.
I loro occhi si erano incontrati. E in quell’istante, Spike aveva
sentito che Buffy provava qualcosa per lui, qualcosa che non era in
grado di confessare a se stessa, eppure esisteva. Qualcosa di forte,
che li univa al di là di tutte le parole, di tutti i dinieghi.
Era stato sorprendentemente dolce.
Erano passate solo due settimane dall’ultima volta che avevano
fatto l’amore, la sera del disastro di Riley, ma Spike non si
era mai sentito più speranzoso, e più felice, di quel
momento in quel brutto ristorante, in quell’anonimo corridoio,
mentre Buffy gli diceva che sì, faceva male stargli lontana.
Oh, tesoro mio, sapessi quanto male fa a me.
Non aveva mai sofferto tanto. Con Dru non c’erano mai state molte
parole. Lei lo aveva accolto nella sua vita senza proteste, a braccia
aperte. Non c’era stata tensione, fino alla fine. Spike aveva
da tempo realizzato che le infedeltà di Dru erano cominciate
quando era iniziato il suo amore per Buffy. Dalla notte in cui l’aveva
vista al Bronze, bella e piena di vita, Dru era uscita dal suo cuore.
Tutto il resto era stato solo una conseguenza di quell’unico,
imperdonabile tradimento del cuore.
Ma prima, per centoventi anni, il loro amore non aveva avuto soste.
Anche quando qualcuno si intrometteva….
Londra, 1881.
Angelus lanciò le carte sul tavolo, insoddisfatto. Eppure, da
quel perfetto gentiluomo che appariva, fece buon viso a cattivo gioco.
“Si vede che siete un gentiluomo” osservò il suo
compagno. “Nessun altro perde tanto denaro in una notte sola con
un sorriso sulle labbra.”
“Se lo dite voi” osservò il vampiro. “Ma il
mio compare, qui, non sarebbe della vostra idea”
“Il vostro compare?”
Allarmati, i giocatori volsero lo sguardo intorno. Quello che aveva
parlato, si prese un pugno sul muso che lo stese.
Quando rialzò il capo, vide chi l’aveva colpito. Media
statura, snello, capelli biondo scuri lunghi sulla fronte e sulla nuca,
un sorriso strafottente.
“Io non sono un gentiluomo” disse William. “E noi,
per la cronaca, non perdiamo mai”
L’uomo tentò di rialzarsi, ma il biondo lo stese nuovamente.
Angelus si mise con calma a contare il denaro sul tavolo, mentre William
scatenava l’inferno. Tirato fuori dalla giacca sdrucita che indossava
un grosso chiodo arrugginito, di quelli che trattenevano le traversine
dei binari, lo infilò nel collo della sua vittima. Gli altri
si diressero verso la porta della stanza privata della casa da gioco,
ma la trovarono chiusa.
Indossato il volto della caccia, William se li bevve, ad uno ad uno,
mentre Angelus, con calma, riassettava il suo perfetto completo da gentiluomo.
Quando furono soli, William rise.
“Non ti sei spezzato nemmeno un’unghia” prese in giro
il vampiro più anziano.
“Bada a te” ruggì Angelus, sbattendolo contro il
muro. “Ci stanno dando già la caccia, per la tua assurda
mania di menar pugni ed affondare chiodi senza badare alle conseguenze.
Non possiamo lasciar cadaveri in giro per tutta la città. Presto,
dovremo lasciare Londra e ritirarci in campagna…per colpa tua”
“Sei un pusillanime” replicò William. “Uccidi
solo nell’ombra, quando nessuno ti può vedere. Beh, io
voglio stare alla luce. Se non del sole, almeno a quella dei lampioni”
“Io sopravvivo da più di cento anni, grazie a…”
“Io non voglio sopravvivere” ringhiò William “Io
voglio vivere. Io non sono un ratto di fogna. Sono un vampiro, per Dio,
una creatura della notte. Temuta, riverita…”
Angelus lo sbatté più forte contro la parete.
“Ti avevo detto di non pronunciare quel nome. Devo punirti adesso?”
“Come?” rise William. “Con le catene, le fruste, e
quegli altri giochetti che tieni in cantina? Mi fanno venire ancora
più forte. Ed allora, con cosa? Con il tuo grosso membro? Non
sei abbastanza uomo per tirarmi giù in un combattimento ad armi
pari, da uomo a uomo?”
Angelus si chiese cosa diavolo lo trattenesse dal piantargli un paletto
nel cuore.
“Provaci” gli disse solo il childe, gli occhi azzurri e
freddi, intuendo i pensieri del suo grand – sire. “Vediamo
se ci riesci”
“Dru ne soffrirebbe” disse solo Angelus.
“Sì, raccontatela”.
William si scrollò di dosso il vampiro, e si diresse verso la
finestra. Dietro la porta chiusa, si udivano i passi pesanti dei gendarmi.
Le grida dei giocatori avevano indotto l’oste a chiedere rinforzi.
William si lanciò giù nella notte. Se anche si fosse rotto
una costola, cadendo, che importava? Il giorno dopo sarebbe guarito.
Angelus lo seguì con un sospiro di esasperazione. Doveva ancora
mettere bene in luce con se stesso le ragioni che lo inducevano a tenersi
quell’irritante childe intorno. Molte di queste ruotavano intorno
al fatto che il giovane poeta timido, innocente ed incerto si era rivelato
un formidabile combattente, sempre capace di farsi strada in qualunque
lotta, e – contemporaneamente – un ottimo compagno per le
sue donne.
William accudiva e riveriva sia Darla che Dru, sollevando Angelus da
un sacco di sgradevoli incombenze.
Le attenzioni di William per Darla erano dettate dal rispetto per la
sua autorità, ma quelle per Dru erano indotte solo dall’amore.
Ed Angelus riusciva giusto a nutrire quel briciolo di affetto per Dru,
che aveva a suo tempo spezzato nel corpo e nell’anima, per consentirle
di tenersi l’irritante vampiro biondo intorno.
Il fatto che di tanto in tanto Angelus cercasse William anche per il
suo stesso letto, non contava poi molto. William era accondiscendente,
ma il suo sguardo freddo lo avvertiva pur senza parole che un giorno
Angelus avrebbe pagato per le libertà che si prendeva con il
suo corpo. William era un ladies’ man, e questo non sarebbe mai
cambiato. Ma nessuno dei due trovava eccessivamente insopportabile dividere
di tanto in tanto il letto insieme. Erano vampiri, in fondo: un'altra
buona definizione per amorali. Sapevano entrambi cercarsi il piacere
dove lo trovavano.
Soprattutto da quando Angelus aveva cominciato a desiderare di commettere
un imperdonabile errore.
Forse, quella stessa notte…
Darla attese William fuori dalla taverna. Dru era per le strade della
Londra vittoriana, in caccia di marinai e soldati.
“Dove hai lasciato Angelus?” chiese la vampiressa bionda,
con la sua morbida voce.
“Arriverà.” sollevò le spalle William. “Mi
ha fatto la solita predica”
“Dovresti ascoltarlo, William”
“Spike” la corresse lui.
“Spike?” Darla sollevò un sopracciglio, stupita.
“E cosa sarebbe? Il tuo nuovo nome?”
“William è morto” rise il vampiro biondo. “Spike
è la mia nuova identità, te l’ho già detto.
Proprio come i chiodi che mi piacciono tanto…”
“Se ti rende felice…” disse Darla. Poi, chinò
il capo verso il suo collo, traendone un po’ di sangue. “Spike…prendimi”
“Ci stanno inseguendo”
“Inseguiranno Angelus. Ho voglia di te, adesso. Su, dietro le
stalle. Penseranno che sia un prostituta con il suo cliente…”
Spike rise. Bastava poco per eccitare le donne, a volte. Un nuovo nome,
un’identità più aggressiva di quella appena lasciata…
La prese in braccio, sorprendendosi del suo peso (Drusilla era più
alta, ma anche più leggera), e poi la sbatté contro il
muro della taverna. Senza preliminari, le tirò su la gonna, e
le strappò i mutandoni. Darla gemette, godendosi l’assalto.
William…Spike …aveva nel suo modo di fare l’amore
un’aggressività ferale che Angelus, pur con tutta la sua
esperta malvagità, non possedeva. Era un gusto che le piaceva
assaporare di tanto in tanto. E lui, che lo sapeva, le dava –
quando lei accettava di riceverlo – proprio quello che si aspettava,
riservando tutta la sua dolcezza per Dru.
“Darla, da quanti secoli lo fai?”
“Da tre secoli”
“E non ti sei ancora stancata?” le chiese Spike, affondando
in lei con un’unica, crudele spinta.
“No” sospirò lei. “No quando ho Angelus, con
la sua bellezza e la sua forza, e Dru, con la sua lunatica dolcezza…e
tu, con la tua aggressività da leoncino arrabbiato…ah!”
Darla gemette, mentre Spike la prendeva senza tenerezza alcuna.
Angelus arrivò alle loro spalle. “Darla…di nuovo
a perdere tempo con lui.”
“Angelus” replicò lei, da sopra la spalla di Spike,
che continuava a possederla immemore dell’arrivo del suo grand
– sire. “Sei geloso?”
“Sì, Angelus, sei geloso?” ripeté Spike con
un sorriso, lasciandosi andare all’orgasmo, e cullando il proprio
ego nei gemiti soddisfatti di Darla.
“Tra di noi, non esiste gelosia” replicò Angelus,
cupo in volto.
Spike lo guardò in tralice, con il suo solito sguardo sardonico,
lasciando cadere Darla ai suoi piedi. Aggiustandosi con calma i pantaloni,
mise un braccio intorno alle spalle del vampiro più anziano.
“Allora, stanotte lo faremo anche noi.”
Angelus non replicò. Era proprio quello a cui pensava, da quando
aveva cominciato a coltivare quell’assurdo, pericoloso pensiero.
Ma non sentiva ancora di ammetterlo di fronte a Darla.
Solo che Darla era al mondo da molto più tempo di lui, ed aveva
già capito.
Mentre Spike si allontanava soddisfatto nella notte, verso il loro covo,
Darla sorrise ad Angelus.
“Tu non sei geloso di me, mon amour. Ma di lui”
“E tutte quelle stronzate sul fatto che i sire non lasciano che
i loro childe li posseggano?” chiese Spike, alla luce delle candele.
La stanza privata di Angelus era maschile al punto giusto. Cuoio, tabacco,
i suoi fini, eleganti ritratti. Darla, Dru, una bambina raccolta per
strada e ritratta nel suo ultimo momento, William.
Seduto sul letto, Spike si godeva l’atmosfera, e l’evidente
imbarazzo dell’uomo che si era proclamato come il suo padrone.
L’uomo che gli aveva insegnato a lottare, a cacciare, a scopare,
a vivere.
E che ora gli si stava arrendendo.
“Questo non ti renderà più forte di me” replicò
Angelus. “Nulla potrebbe riuscirci. Io sono un maestro vampiro
di centodieci anni, e tu sei solo un irritante childe da appena un anno.”
“Sì, raccontatela pure” ripeté Spike, aprendosi
la cerniera. Il breve interludio con Darla gli aveva giusto riscaldato
il sangue quel tanto che occorreva.
Angelus si chinò davanti a lui. Spike abbassò il capo
per incontrare le sue labbra. Si baciarono dolcemente, come avevano
sempre fatto, e Spike accarezzò i bei capelli bruni del vampiro.
“Succhiamelo” gli disse, con tranquillità, come se
fosse stata la cosa più naturale del mondo. Prima di quel momento,
Angelus non aveva mai reciprocato le sue attenzioni, temendo di sminuire
la propria autorità. Ma, a questo punto, entrambi non desideravano
altro.
Angelus ubbidì, sentendo la dolcezza del dominio del suo childe.
Solo Darla riusciva a dargli questa sensazione…di essere posseduto.
Ma Darla, ovviamente, non poteva dargli quello che William avrebbe potuto.
Mentre Angelus eseguiva, gli occhi freddi di William fissavano lontano.
Si sentiva pieno, completo, vivo. Aveva l’amore sincero di Dru,
il rispetto ed il terrore degli umani, l’attrazione che Darla
provava per lui lusingava il suo ego, ed ora questo. Angelus inginocchiato
ai suoi piedi, disponibile amante, disponibile…a tutto.
Spike lanciò il capo all’indietro, ed emise un urlo di
trionfo.
Sunnydale, novembre 2002.
“You know I am your willing slave”
Sì, lo era stato, lo era ancora. Il suo schiavo. Lui che aveva
piegato persino Angelus. Era lo schiavo di Buffy. Ancora, e ancora...
Era appena uscito dalla sua camera. Lei stava male, delirava per il
veleno iniettatole dal demone. Ma su una cosa Miss Summers aveva le
idee chiare. Non lo voleva nella sua vita, e detestava l’idea
che i suoi amici, la sua famiglia sapessero. Di loro due, di come e
quanto e perché erano stati insieme, per mesi, nel segreto di
una casa in rovina, della sua cripta, nei vicoli, la notte, dopo la
ronda, nei cimiteri, al Bronze...insieme, intimamente, senza più
segreti.
E mai così distanti, ora che lei rinnegava tutto.
Spike voleva almeno quello. Che lei ammettesse pubblicamente che il
suo non era stato un sogno, uno di quelli bagnati, di cui al mattino
ci si vergogna. Ma che lui era stato davvero il suo compagno, almeno
per un tratto della sua strada, con cui lei aveva diviso qualcosa di
più che qualche scopata e qualche giochetto perverso.
Cielo, ho pianto per lei, si disse Spike. Le ho tenuto le mani, strette
tra le mie, quando se le era ferite uscendo dalla sua bara, come ho
fatto io, secoli fa, e ho lottato con lei quando eravamo Randy e Joan,
liberi e senza peccato. Le ho impedito di bruciare, l’ho fermata
quando si stava consumando. L’ho trattenuta tra le mie braccia,
la notte, quando non aveva la forza per lasciare il mio letto, la mia
tomba, e tornare nella sua casa vuota. L’ho amata con tutto il
cuore. Possibile che non sia rimasto altro? Solo le mie lacrime?
“Se non lo farai tu, dirò io agli Scoobies di noi”
L’aveva minacciata. Non sapeva perché, ma almeno quello
lo esigeva. La verità, il rispetto.
Lei l’aveva fissato con occhi smarriti, ed il viso di pietra.
Senza pietà. Persa nel suo mondo alternativo, chiusa, totalmente
chiusa a lui, alle sue implorazioni, al suo amore.
“Mio Dio, non esisto nemmeno, nel suo mondo immaginario! E qui,
in questa realtà, sono solo il vampiro cattivo usato per ottenere
un po’ di soddisfazione sessuale. Non sono nulla! Non sono un
uomo!”
La notte era sempre più lunga, ora che lei non c’era più.
Non pattugliavano più insieme, non erano ancora pronti per questo,
e Spike trascorreva le sue notti da solo, in giro per la città,
incapace di dimenticare, bevendosi qualche birra, un po’ di whisky,
giocando per qualche verdone a biliardo con i ragazzi dell’università,
e qualche volta facendo due chiacchiere con le ragazze sole.
“Your willing slave...”
Cina, 1900.
“Spike ha ucciso la sua prima cacciatrice!” esclamò
Dru, orgogliosa del suo uomo, ansiosa di sbatterlo in faccia ad Angelus
e a Darla. Angelus si congratulò con Spike, ma il suo cuore era
lontano. Qualcosa di terribile gli era successo solo due anni prima,
ed il suo ritorno all’ovile era ancora fresco.
Solo Darla aveva le idee chiare su quello che gli era avvenuto a Borsa,
in Romania. Gli altri pensavano si trattasse di un semplice capriccio.
Presto, sarebbe tornato ad essere il padrone crudele che tutti loro
ben conoscevano
Ma ora, Spike non temeva più nulla. Aveva ucciso una cacciatrice!
Era un trionfo!
Angelus tremava, invece. La sua anima lo riempiva di timori e disgusto.
Una cacciatrice..una guerriera delle forze del bene...e Spike l’aveva
uccisa!
Quanto avrebbe dovuto pagare, per questo? Angel, come in cuor suo desiderava
chiamarsi, ora, non era un sensitivo, ma credeva al karma. Il suo era
di soffrire in eterno per il male compiuto, ora che aveva un’anima.
La sofferenza non sarebbe mai cessata, e con essa non sarebbe giunto
nessun conforto. Quale sarebbe stata la punizione di Spike per aver
ucciso una cacciatrice?
“Mi lascerà una cicatrice” disse Spike, ridendo,
toccandosi il sopracciglio ferito dalla lama della ragazza cinese. “Bene,
sarà un’altro emblema della mia gloria. Hai mai ucciso
una cacciatrice, tu?”
Angel non rispose. Prese per un braccio Darla e si allontanò
tra i fuochi della città in rivolta, mentre Spike e Dru godevano
del loro dolce momento postcoitale, il sangue ancora caldo nelle vene
per l’amore fatto a pochi metri dal cadavere della cacciatrice,
al culmine dell’eccitazione.
“Dio mio, come sei lontano” pensò Darla, il braccio
stretto nella morsa di Angelus, capendo una volta per tutte di averlo
perso.
Ora che Angelus non c’era più, Darla non sempre sopportava
quelli che chiamava i “due piccioncini”. La reciproca devozione
di Spike e Dru la innervosiva. Far l’amore con loro non era più
così divertente: ora che era rimasta da sola, dopo un po’
loro tornavano alla loro tenerezza zuccherosa, disgustandola.
A volte rimpiangeva i tempi lontani in cui Angelus sfogava la sua selvaggia
attrazione per Dru punendola con giochi malvagi, che la ferivano nel
corpo e nello spirito. Una notte, non molti mesi erano trascorsi dal
suo arrivo, William li aveva fermati. Non avrebbero più abusato
di Dru in quel modo. E, sorprendentemente, sia Darla che Angelus avevano
ceduto alla sua richiesta. Avevano solo voluto che William si sostituisse
a lei come oggetto delle loro attenzioni, e lui aveva acconsentito,
godendo delle loro iniziative e ridendo loro in faccia anche quando
era stato nudo, in catene, alla loro mercé, il corpo piagato
dalle loro fruste, i loro coltelli, le loro riserve di acqua benedetta
e le loro croci.
Così, dopo una serie di scorribande in solitudine, Darla decise
di ritornare dal suo antico padrone, il Maestro. Il lungo tempo trascorso
dal loro ultimo incontro lo aveva reso ancora più brutto, più
disumano, ma lei tornò da lui come da un “padre”.
“Ti avevo detto che non vi davo nemmeno un secolo di vita insieme”
la salutò lui. “Ma sono contento che tu sia tornata. Quell’Angelus
non ti merita”
“Non lo so.” Rispose Darla. “Era così cambiato”
“Torna da me, Darla”
Lei aveva acconsentito. Pochi anni dopo, però, era scappata di
nuovo per incontrare Angel a Budapest, dove avevano brevemente convissuto.
Ma le loro esistenze erano ormai irrimediabilmente separate dall’anima
di lui. I decenni trascorsi insieme non bastavano più ad unirli.
Ferita nel cuore, Darla era tornata alla solitudine e, di tanto in tanto,
al Maestro.
A volte il suo cammino si intrecciava con quello di Spike e Dru. Capitava
allora che trascorressero qualche mese, o anno, insieme, ma alla fine
la loro stomachevole, reciproca devozione la respingeva sempre.
Darla era di nuovo sola.
Al contrario di Dru, aveva per sempre perso il suo compagno.
E non se ne faceva una ragione.
Contrariamente a quel che pensava, Dru la capiva benissimo. Si gloriava
al fianco di Spike, bella e potente e amata, ma sapeva che la parola
“fine” era già stata scritta. Era solo questione
di tempo: un ora, un giorno, un secolo…che differenza faceva?
La notte che Spike uccise la sua seconda cacciatrice, Dru capì
che la fine era sorprendentemente vicina.
PARTE SECONDA.
SOLO PER I TUOI OCCHI.
New York, 1977.
La danza era appena cominciata. Lei era forte, agile, bella, proprio
come doveva essere una cacciatrice. Il suo spolverino nero le ondeggiava
intorno al corpo ambrato e forte. Lui rideva. Le forti braccia, i muscoli
tonificati da un secolo di cacce, i capelli di platino per un capriccio
ed una scommessa con Dru, Spike danzava, l’eyeliner negli occhi
a sottolineare il suo sguardo azzurro, senza pietà.
Avrebbe ballato con lei tutta la notte.
Ma finì prima del previsto. Spike danzò incontro al suo
destino senza neppure saperlo. E non era triste?
La uccise quasi con rimpianto.
Avrebbe pagato per questo, oh, se avrebbe pagato.
Ma adesso urlava la sua gloria in quel vagone della metropolitana ricoperto
di graffiti, prendendosi lo spolverino come ennesimo trofeo, come pure
un trofeo era stata la cicatrice, che non era mai svanita. Tutte le
altre sue innumerevoli ferite erano scomparse, tranne quella. Non poteva
essere un caso.
Tornò da Dru, e la trovò in lacrime. Si erano adattati
a vivere in un edificio del Queens pronto per la demolizione, ma non
stavano male. Avevano l’un altro: cosa desiderare di più?
“Mia principessa, il tuo guerriero ha vinto di nuovo. Ho sconfitto
un’altra cacciatrice”
Lei sollevò lo sguardo violetto, smarrito, e lo fissò
fino in fondo agli occhi.
“La prossima sconfiggerà te, William”
Erano almeno trent’anni che lei non lo chiamava più con
il suo vero nome. La maschera di trionfo del vampiro si infranse, e
comparve l’uomo, l’uomo innamorato, insicuro.
“Perché dici questo? Io non ti lascerò mai. Non
è ancora nata la cacciatrice che ci separerà. E poi, in
battaglia non temo niente e nessuno, lo sai”
“No, non è ancora nata” ripeté lei. “Nascerà
tra quattro anni. E tu sarai suo”
Spike scosse il capo. “Voglio festeggiare, Dru!”
“No…io no” replicò tristemente lei. “Oggi,
lasciami piangere”
Deluso, Spike si rammaricò della sua follia, che di tanto in
tanto li teneva separati. Poi, si rasserenò: sapeva da più
di un secolo quanto irrazionale Dru potesse essere, e la cosa non poteva
stupirlo meno.
Anni dopo, avrebbe ripensato a quella notte ed avrebbe capito quanto
lei fosse nel giusto.
Sunnydale, ottobre 1998.
“Sono a un passo dal crollare ai tuoi piedi, e rivelarti il mio
cuore…”
Cantava la boy band, mentre la cacciatrice ed i suoi amici dondolavano
al suono della musica. La cosa gli sembrò sorprendentemente di
buon auspicio: presto la cacciatrice sarebbe stata ai suoi piedi, e
lui le avrebbe strappato il cuore.
O viceversa, ma che importava? Quel che contava era una buona lotta
ed un giorno speciale.
Restò a fissarla mentre lei ballava, dimentica di tutto se non
del muoversi naturale del suo giovane corpo al suono della musica. Desiderò
farla sua. Il desiderio era abbastanza confuso da non assumere esclusivamente
una valenza sessuale…e, nel contempo, era tra i sentimenti più
sensuali che avesse mai vissuto.
Non stuprava le sue vittime, questo era più il modus operandi
di Angelus, ma forse con lei sarebbe stato diverso. Forse, non ci sarebbe
neppure stato neppure bisogno di ricorrere alla violenza.
Non prima di ucciderla, almeno.
Nemmeno per un istante pensò che stava tradendo Dru.
Dru, chi?
Aprile, 2002.
“Se sarò di nuovo dentro di te, mi amerai.”
Alla sua logica vampirica, questo pareva il pensiero più limpido
di tutti. Lei lo aveva già accettato dentro di sé, più
e più volte: non c’era ragione di pensare che ora sarebbe
stato diverso. Anche quando il gioco si era fatto sottilmente perverso,
anche quando lui si era appoggiato al lato oscuro, diventando per lei
una presenza abusiva, minacciosa, lei non si era tornata indietro. Aveva
mormorato le solite patetiche scuse per salvare il suo stesso amor proprio
ai suoi occhi: “Fermati”, “Lasciami”, e poi
si era aperta come un fiore, godendo ancora di più, lasciandosi
andare completamente, come quell’indimenticabile notte al Bronze,
quando l’aveva presa davanti ai suoi preziosi amici, sotto il
loro stesso naso.
Ma stavolta c’erano lacrime nei suoi occhi. “Lasciami. Fermati.
Mi fai male…”
L’orrore l’aveva colpito forte, come una mazzata. Quando
lei l’aveva spinto lontano da sé, era come se un velo gli
si fosse sollevato dagli occhi, e aveva contemplato l’abisso in
cui entrambi erano precipitati.
Non bisogna far male alla ragazza…
Yorkshire, 1882.
“Bisogna far male alla ragazza, William”
“Spike” insistette lui, sollevando gli occhi al cielo per
l’ennesima volta.
“Altrimenti, dov’è il divertimento?” replicò
Angelus, già annoiato. Le due giovani contadine li fissavano
con occhi sbarrati, quelle due innominabili creature della notte, all’apparenza
così vive, così belle. Era stato facile convincerle a
lasciare i campi per venire in quelle grotte usate, nelle notti d’estate,
dai pastori. Ora, Angelus si apprestava ad insegnare un’altra
lezione a quel suo riluttante childe che amava più le risse nelle
taverne che un assassinio di classe.
Prese per il collo una delle due, e strattonò il bavaglio che
le cingeva crudelmente la bocca. “Così” suggerì,
scivolando nel volto della caccia. “Devi berle quel tanto che
basta…quando senti il battito che rallenta, quando sai che ancora
un po’, ancora un po’ di sangue ed il loro cuore rallenterà
del tutto, fino a fermarsi, allora, devi smettere. Così …avranno
ancora fiato in corpo per urlare…per soffrire…quando tu…”
Spike lo osservò senza trasalire. Una parte di lui, forse il
suo demone, forse l’uomo, gioiva nel vedere impartire la sofferenza.
Angelus, in questo, era un vero esperto, bisognava riconoscerlo al bastardo.
Si bevve la ragazza, e quando i battiti di lei rallentarono, festeggiò
tra le sue bianche cosce, le urla soffocate di lei a riempire entrambe
le loro orecchie di musica.
Poi, toccò a lui.
Spike immerse le zanne nel collo della contadina bionda, che osservava
terrorizzata quanto stava avvenendo alla sua compagna, e la bevve fino
quasi in fondo. Capì subito quando fermarsi. Aveva imparato bene
questa lezione.
Ma poi, le spezzò il collo e la guardò morire.
Se il demone non è abbastanza forte, anche l’uomo non lo
è. Così, almeno, pensava Angelus. Spike soffocava questi
pensieri, ed i dubbi da sempre inespressi circa la propria capacità
di essere davvero demoniaco, nel gin a poco prezzo delle puttane della
Battery, nell’assenzio delle modelle parigine di Pigalle, e nello
schnapps che servivano nei cabaret di Berlino, anni ’20.
Del resto, il genere umano stava già dando magnifiche prove di
sé.
Durante le due guerre, molti vampiri avevano imparato a volare bassi.
C’era già così tanto orrore nel mondo che, lungi
dall’eccitarli, aveva spinto molti di loro ad isolarsi, a rintanarsi
nel buio della morte. Gli umani erano dei veri professionisti nell’impartire
dolore: al confronto, la maggior parte dei demoni erano dei meri dilettanti..
Spike e Drusilla erano una coppia esemplare. Così ariani con
i loro colori chiari, soprattutto lui, scivolavano come ombre tra gli
eccessi del Male, uccidendo quasi con pietà quelli che il demone
umano aveva già sfiorato. Angelus era lontano, Darla era con
il Maestro, e Spike e Dru erano insieme. Per un certo periodo, Spike
aveva finto di essere un ufficiale nazista: stava benissimo nell’uniforme
grigia e scivolava di notte nei campi di concentramento per dissanguare
i più deboli, quelli che sarebbero comunque, e ben più
atrocemente, morti. Non per pietà, sia ben chiaro, ma solo per
noia. Peraltro, non lasciava mai i campi prima di essersi portato dietro
nella morte anche almeno un paio di guardie, a volte senza nemmeno nutrirsene.
Preferiva il sangue sublimato dall’orrore delle loro vittime.
Spike si rendeva conto che la follia di Dru era paradossalmente ciò
che lo manteneva sano nell’infinito orrore di essere in mezzo
al male da…ormai da quanti anni? Nel 1960 era già negli
Stati Uniti, e non intendeva più tornare in Europa. Se Dru non
fosse stata folle, se fosse stata come lui….come avrebbero resistito?
La pazzia di lei era ciò che gli ricordava di essere comunque,
almeno in parte, una perfetta demoniaca creatura. Perché un essere
umano non può voler vivere così…
Negli anni ’80 Spike e Dru erano ancora a New York. Sulla città
gravava pesante l’ombra della crisi in agguato e l’atmosfera
repressiva del governo Reagan. Era l’epoca greve della disco music:
entrambi andavano a ballare, splendidi ed anacronistici in mezzo a tutti
quegli yuppies, allo Studio 54. La cocaina girava liberamente, come
lo champagne Crystal. Quando nel 1984 Wall Street crollò, Spike
e Dru “suicidarono” più di un agente di borsa con
cui avevano ballato i primi successi di Madonna e dei Duran Duran.
Una mattina, all’alba, Spike osservò la skyline di New
York illuminarsi. Era quasi l’ora di dormire. Non riusciva a pensare
ad un’eternità di cacce e sangue e dolore.
Eppure, il suo demone non conosceva altro. Non voleva altro.
Quella stessa notte, avrebbe preso Dru e si sarebbe diretto a sud.
Sunnydale, dicembre 2002.
Un lungo viaggio verso sud. Che l’aveva portato in California,
a San Francisco, a nutrirsi di sangue già marcio nella comunità
gay infettata dal male del secolo, fino a che lui e Dru non avevano
imparato ad annusarlo e quindi ad evitarlo, e poi di nuovo in Europa.
Drusilla era meno lucida del solito, in quei primi anni ’90. Era
come se sentisse la fine vicina, e non si stancava mai di averlo vicino,
di sentirsi rassicurare sul suo amore. Spike l’accontentava, paziente
come il migliore degli amanti, senza stancarsi mai, pago del suo lunatico
affetto.
Ma Drusilla aveva dimenticato la prudenza. Uccideva tanto, troppo, troppo
frequentemente, e senza alcuna cautela. In breve, nella magnifica capitale
moldava, all’ombra dei palazzi barocchi di Mala Strana, avevano
cominciato a sospettare di loro, ed una folla inferocita, appena liberatasi
dal giogo comunista, si era lanciata al loro inseguimento, bloccandoli
infine in un palazzo in fiamme dal quale erano usciti non morti per
un puro miracolo.
Drusilla, rassegnata, e sull’orlo della consumazione, lo convinse
a cercare aiuto alla Corte del Maestro. A Sunnydale.
Da Buffy, parte prima.
E poi in Sud America. Lì, era formalmente finita la storia con
Dru. Formalmente, perché sostanzialmente era terminata dall’istante
stesso in cui i suoi occhi si erano posati su una certa bionda dalla
faccia da schiaffi e gli occhi verdi e tempestosi…
E quindi, di nuovo a Sunnydale, per Buffy, part deux.
E poi in Africa, alla conquista del pezzo mancante, della scintilla
che bruciava, bruciava, e poi bruciava ancora…
Ed infine, ancora a Sunnydale, per Buffy. Ultimo atto.
Dio mi assista, riguarda sempre e solo te, Buffy.
Il lungo viaggio lo aveva portato a questo momento: appeso ad una croce,
chino sopra un simbolo demoniaco, lasciato a sanguinare.
Come un Uomo.
Non più una bestia.
Un uomo alle prese con le ultime tentazioni.
Darla era sempre bella, eterea. Perfida.
“Hai avuto il denaro. Hai avuto il potere. Hai dato la morte,
come un Dio. Hai avuto la nostra compagnia. Torna da noi. Io, te, Angelus
e Dru, come ai vecchi tempi. Come è sempre stato. Giorni di gloria.
Li ricordi…?”
Oh, sì, che li ricordo. Eccome. Ero libero. Era perfetto.
Era una perfetta disperazione.
Darla diventò Dru. E sotto i suoi occhi violetti, pieni di tenerezza,
come la notte in cui lei di un ragazzino inesperto aveva fatto un demonio,
i seguaci del Primo male affondarono ancora un po’ i ferri bollenti
nel suo petto, nelle sue cosce, nelle sue mani.
“Torna da me, Spike. Torna. Solo insieme eravamo completi. La
mia follia, la tua lucidità. Demoniaci quanto basta, eppure ancora
umani, ancora capaci di amare, di sentire…”
Sentire dolore? Oppure, sentire il nulla?
Dru divenne quindi Buffy, l’ultima tentazione.
“Lascia quest’assurda pretesa di essere buono” ride
lei, adorabilmente bella. “Che cosa ti ha portato? Nulla: Solo
dolore. A me non ha portato niente, questo è certo. I miei amici
sono i campioni del bene, eppure mi hanno strappato dal Paradiso, dall’unica
felicità che avessi conosciuto, che potrei mai conoscere. Torna
da me, Spike. Insieme, questa volta non lasceremo che stupidi pregiudizi,
ignobili meschinerie, ci tengano lontani. Ritroveremo l’intensità
di quella notte, ricordi? Quella notte in quella casa in rovina. Non
lasceremo che gli altri ci dividano. Non lasceremo che l’altra
Buffy ci divida…”
Spike sollevò il capo, il viso macchiato dal sangue rappreso
e dai lividi. Ebbe la forza di guardare l’accecante apparizione
in fondo agli occhi.
Io credo in te.
“Tu NON SEI Buffy” ebbe la forza di mormorare. “Uccidimi,
allora, falla finita…ma non mentirmi più. Buffy è
diversa. Buffy crede in me”.
“Sì, credo in te” replicò Buffy, ed era diversa
da quella che aveva appena parlato. Spike, sull’orlo del nulla,
dell’eterno buio, sobbalzò. Questa Buffy lo guardava con
occhi seri, quasi tristi, e portava sul volto, nella postura, i segni
di un’ultima, cruenta battaglia.
“Finalmente ti ho ritrovato” disse lei, e lo raccolse tra
le sue braccia, senza altre parole.
Spike vi si abbandonò, come ci si abbandona ad una madre.
La convalescenza non fu rapida, ma fu un momento dolce, pieno di riflessioni.
Buffy l’aveva sistemato nel suo scantinato: con l’arrivo
delle aspiranti cacciatrici, la casa si era riempita di gente, e quello
era l’unico luogo nel quale, a qualsiasi ora del giorno, sicuramente
non penetrasse alcuna luce.
Spike aveva la sua branda, e riposava lunghe ore, lasciando che il suo
corpo vampirico riprendesse le forze dopo le lunghe, estenuanti prove
patite per mano del First Evil. La sua anima spaziava lontano: il ricordo
dei suoi giorni di gloria, che tanto l’aveva ferito durante la
lunga prova, ora quasi sbiadiva. Per la prima volta, sentiva di avere
di fronte a sé una pagina bianca, nella quale era ancora possibile
scrivere.
A questo punto non contava quanto ma cosa vi avrebbe scritto.
Anche i giorni di gloria di un vampiro potevano aver fine. Ma lui aveva
già compiuto un passo che nessun altro, prima, aveva tentato:
lui si era conquistato un’anima. Con la sua sola, demoniaca volontà.
Quanti inciampi, lungo il percorso! La follia provocatagli dal First
Evil, le sue lunghe torture, gli innocenti morti per mano sua quando
il Male l’aveva manipolato.
Ma ne era uscito. E questa lotta doveva servire a qualcosa.
Questa consapevolezza non leniva il dolore per il male compiuto, per
centoventidue anni di orrore e depravazione. Però, la speranza
era finalmente ritornata, per la prima volta dalla sua morte, nel 1880.
“Come stai?” gli chiese Buffy, a braccia conserte, dalla
scala.
“Stamattina, meglio. Riesco persino a muovermi” sorrise
Spike, indossando in fretta la t – shirt nera. Non voleva imbarazzarla.
In verità, tra di loro si era instaurata una nuova, calda, silenziosa
familiarità, qualcosa che non avevano posseduto nemmeno quando
si svegliavano, nudi, l’uno accanto all’altro.
Era una novità preziosa, e Spike non intendeva abusarne.
“Vieni in cucina a fare colazione.” lo invitò lei,
sobriamente. “C’è una proposta che vorrei farti…se
te la senti”
Spike annuì e la seguì. In cucina, c’erano già
le quattro ragazze superstiti, oltre a Dawn e Willow. Si accorse con
un piccolo gemito di essere l’unico uomo presente…oltre
a sette donne.
Una nuova versione, migliorata e politicamente corretta, di Biancaneve.
Molly, Kennedy, Rona e Vi lo salutarono con curiosità. Dawn era
stata rapida nel far loro il corso accelerato “William the Bloody
–101”. Probabilmente a quest’ora sapevano persino
del suo tentato stupro ai danni di Buffy. Dannazione!
“Tieni” gli disse Buffy, porgendogli la sua tazza, con dentro
il sangue fumante.
“Grazie” disse lui, angolando il corpo in modo da evitare
che le altre vedessero il contenuto della tazza. I loro sguardi si incontrarono.
Si scambiarono un sorriso. Un vero sorriso. Né ironico, né
sarcastico. Erano semplicemente contenti di vedersi.
“Questa sera andiamo al Magic Box” lo informò Buffy.
“Vorrei far vedere alle ragazze qualche nuova tecnica di combattimento.
Se tu potessi venire….mi serviresti molto. Come sparring partner…e
come modello di vampiro grosso e cattivo da combattere”
“Non tanto grosso e cattivo come quello che ti ha fatto questo,
dolcezza” ribatté Spike, sollevando una mano a scostare
la ciocca di capelli che, ad arte, nascondeva la bruttissima ferita
alla tempia che Buffy si era procurata lottando contro l’Ubervamp
nel tentativo, andato a male, di salvarlo. Comunque, punti alla ragazza
per averci provato. Se pensava che aveva di nuovo rischiato di perderla…
“Ho sconfitto te…riuscirò a sconfiggere anche quella
brutta copia di Nosferatu” rise lei. “Te la senti? Per stasera,
intendo”
“Naturale” mentì lui. “Il Big bad è
tornato”
“Bene” gli disse Buffy, prendendogli dalle mani la tazza
ormai vuota. Spike avrebbe dovuto pentirsi della sua pronta accondiscendenza
ai suoi voleri di lì a poche ore, quando Buffy, ormai su di lui,
lo teneva per la collottola davanti alle ragazze, come “elemento
di prova n. 1”.
“Ahi!” si lamentò il vampiro, suo malgrado. Il First
non gli aveva lasciato che poche costole intatte, ed ormai anche quelle
gli dolevano.
“Spike…” sussurrò Buffy, rendendosi conto delle
sue vere condizioni. “Idiota…” gli disse, con un sorriso
preoccupato. Il suo solito maledetto orgoglio! Non poteva per una volta
essere sincero e dirle che non se la sentiva di combattere in quelle
condizioni?
Le ragazze rimasero in silenzio a fissarli, mentre Buffy sollevava con
cautela la t – shirt nera, tastando piano la pelle nuda sotto
cui si intravedeva il gonfiore delle costole rotte.
Spike tremò suo malgrado. Era la prima volta che lei lo toccava
intimamente…da tanto, tanto tempo. Sollevò lo sguardo,
incontrò quello di lei, inespressivo come al solito. Spike sorrise,
suo malgrado. Cosa si aspettava? Che lei gli dichiarasse eterno amore
solo perché lui ora aveva un’anima? No, a dire il vero.
Allora, perché era deluso?
Immerso nei suoi pensieri, non si accorse che le mani di lei tremavano.
“Voi…stavate insieme?”
Buffy sollevò lo sguardo dal punching ball.
La ragazzina la fissava. “Vi volete ancora bene, si vede. Ce ne
siamo accorte tutte. Pensate…di tornare insieme?”
Buffy scosse il capo. “Lui non mi vorrebbe” disse, gettando
qualche pugno distratto. “E non potrei certo dargli torto. Gli
ho fatto troppo male…ed un po’ ne ha fatto anche lui a me”
“Se ci si ama, bisogna sapersi perdonare. A vicenda”
Buffy ebbe un sorriso triste. “Non è così semplice.
Lo capirai, crescendo. Cacciatrici, vampiri…non è semplice”
“Ma tu provi ancora qualcosa per lui. Si è visto da come
lo tocchi…da come ti prendi cura di lui” insistette la ragazzina.
Buffy non rispose. Colpì solo più forte il suo immaginario
nemico.
“Ho paura” sussurrò Buffy. “E se quello…le
sconfigge? Dio, cosa potrei raccontare a Giles? Dopo quello che è
successo ad Annabelle…”
Spike le si avvicinò, senza però invadere il suo spazio
personale. Buffy era appoggiata alla pesante porta di noce della cripta,
l’orecchio teso per captare i rumori della battaglia. Non riusciva
a capire cosa stava succedendo. Le giovani cacciatrici erano lì
dentro, alle prese con un vampiro già indebolito da lei e Spike,
ma continuava a temere che fosse una minaccia insuperabile per loro…
D’improvviso, la mano di lui si posò sulla sua.
“Shh….” le sussurrò Spike. “Non aver
paura. Se la caveranno benissimo.”
Lei trasalì. Il tocco delle sue lunghe dita era, insieme, tranquillizzante
e terrorizzante. Terrorizzante non perché le riportasse alla
memoria brutti ricordi…al contrario.
La terrorizzava perché non desiderava altro.
Buffy chiuse un istante gli occhi. Non era mai riuscita a capire cosa
davvero provasse per lui…ma ormai sapeva senz’ombra di dubbio
che i loro corpi erano legati in modo inscindibile, al di là
del bene, del male, e persino del potere.
E le anime erano solo un passo indietro.
Con calma, Spike radunò le sue cose. La battaglia finale era
vicina, ormai, lo sentiva, e voleva lasciare a Buffy lo spazio, anche
fisico, di prepararsi al meglio. C’era troppa gente, in quella
casa: era ora di lasciarla.
Con l’aiuto di Xander aveva trovato un appartamentino, e vi ci
sarebbe trasferito quel giorno stesso. Ma non gli andava di dirlo a
Buffy. Tanto, quando lei avrebbe avuto bisogno di lui, lui ci sarebbe
stato.
“Quando pensavi di dirmelo?” gli disse lei, a braccia conserte,
dalle scale. Spike sorrise: era sempre da quel punto che lei annunciava
il suo arrivo.
“Buffy. Presto. Non era così importante”
“Non puoi lasciarmi” insistette lei. “Ho bisogno di
te”
“Per combattere” concluse lui.
“Per vivere” replicò Buffy. “Sei tu a darmi
la forza. A volte, facendomi infuriare, come adesso….ma tu mi
completi, Spike. In due combattiamo meglio, è vero. Ma la verità
è che facciamo tutto meglio”.
“Buffy…lo sai che sono il tuo schiavo. Ma diamoci un po’
di spazio.”
“Scusami” ferita, lei si ritrasse di un gradino, nell’ombra.
“No, scusami tu. Non vado via. Ho solo trovato un altro posto
dove dormire.”
“Dormi con me”
Spike rise. “Cattivo umorismo, amore”
“Non è una presa in giro. Resta con me. Non promettiamoci
nulla, se non te la senti…ma restiamo vicini”
“Quanto vicini?” insistette Spike. “Così? O
un po’ di più? Un po’ di meno? Non essere crudele,
Buffy”
“Così vicini” esclamò lei, correndo tra le
sue braccia. Prima che Spike potesse fermarla, Buffy era lì,
morbida, ingannevolmente tenera, le labbra calde, aperte, sulle sue.
E prima che tutto potesse ricominciare, Spike la strappò da sé:
“No” le disse solo, la bocca che ancora bruciava per il
bacio. “Stavolta, amore mio, no”
Le lacrime agli occhi, Buffy lo fissò mentre si allontanava con
le sue cose da casa sua.
Lui non aveva mentito. Era tornato, quella stessa sera, per aiutarla
con il pattugliamento. Non avevano più visto nessuno di quei
tremendi, antichi vampiri che avevano ridotto entrambi all’ombra
di se stessi, ed ora Buffy camminava accanto a lui, sincronizzando i
suoi passi su quelli di lui, troppo imbarazzata per parlare.
Non era la prima volta che lei lo tentava (tutti i loro amplessi erano
praticamente cominciati così) ma era la prima volta che lui la
respingeva. Una novità sconvolgente, tale da metterla completamente
sottosopra. E da farla riflettere.
“Devi aver pensato il peggio di me, oggi” sussurrò
Buffy.
“Perché mai?”
“Dopo tutto quello che...ti sono di nuovo saltata addosso. Non
imparo mai, a quel che pare”
“Buffy” sorrise lui. “Sei stata...adorabile. Ma a
che scopo? Quella strada non ci ha portato che dolore e disillusioni.
I tuoi sentimenti non cambiano. Non è amore, non lo è
mai stato, e non lo sarà mai”
Buffy non rispose. Non è amore...
Si voltò, lo fissò, i suoi occhi grandi e dorati, la sua
bellezza insieme semplice e così complicata...
“Cos’è, allora? Non può essere solo sesso.
Non dopo tutto quello che ci ha unito ...e diviso...negli ultimi sei
anni. Sono sei anni che balliamo questa danza, Spike. Forse è
ora di darle un nome”
Spike si fermò, la fissò.
“Buffy....sai quale fu il mio primo pasto?”
Londra, 1880.
“Gli uomini sono più facili” gli spiegò Drusilla,
tenendolo sotto braccio e portandolo con sé per le strade di
Londra. “Durano meno. Lottano di più, ma svengono subito.
Le donne si godono di più l’abbraccio...quasi non si accorgono
quando muoiono. Il piacere è troppo forte”
“Voglio cominciare con un uomo” disse William, ancora sconvolto,
il sangue in fiamme per il sesso che avevano condiviso poche ore prima,
non appena svegli nella notte londinese. “Voglio lottare! Voglio
sentire la mia nuova forza, i miei nuovi muscoli flettersi...”
“Non sempre è opportuno lottare” lo sgridò
Dru. “Voglio qualcosa di più difficile. Vedi quei due?
Non esitare, o sei polvere. Angelus non tollera debolezze”
William seguì lo sguardo di Drusilla. Una donna chiedeva l’elemosina.
Teneva un paffuto neonato in braccio, ricoperto da stracci.
“Lei l’ha rapito. Il bambino non è suo. Non vedi
come è florido? Qualche ricca famiglia sta già piangendo
la sua scomparsa...” lo avvisò Dru.
William sollevò le spalle. Si diresse verso la donna.
“Quanto?” le chiese.
“Non qui, nel vicolo” rispose lei, pensando ad un approccio
sessuale. “Sono due sterline, ed a casa mia.”
”Io dico mezza sterlina, e qui. Appoggia il bambino per terra”
La donna annuì, ubriaca di gin a poco prezzo e di povertà.
Posò il bimbo per terra con poca grazie, e si sollevò
la gonna. William si chinò su di lei, stupendosi di quanto fosse
facile. Scivolò con facilità nel volto della caccia, e
le squarciò di netto la giugulare. Lei morì quasi senza
neppure un gemito.
Poi, davanti gli occhi soddisfatti di Dru, sollevò da terra il
bambino...
Sunnydale, febbraio 2003.
“Ora capisci?”
Gli occhi grandi, sbarrati di Buffy lo fissarono.
“E’ questo che ci divide inesorabilmente” continuò
Spike, seduto con lei sul muretto di cinta del cimitero ovest. “Posso
avere un’anima, posso attrarti fisicamente, ma le mie mani sono
quelle che hanno preso quel bambino, e la mia bocca...”
“Basta!” replicò lei. “Ti prego, basta...era
lo stesso con Angel. Una volta riavuta l’anima, non siete più
responsabili per ciò che avete fatto.”
“Non è così semplice” le disse Spike. “Tu
dissoci completamente il demone dall’uomo. Non è così
che funziona. Il demone è ancora dentro di me. Non ci è
voluto molto perché il First lo manipolasse, e lo convincesse
a fare quello che...desiderava fare. Ho ucciso solo due mesi fa...lo
rammenti?”
“Non per tua volontà”
“Ho ucciso comunque, e questo conta. Deve contare”
“Spike, i sentimenti che provo per te non svaniranno solo perché
tu non sai come affrontarli”
“Ricordi quel giorno?” le disse lui.” Quando i Nerds
ti convinsero che avevi ucciso Katrina. Tu venisti da me. Eravamo dai
due lati di una porta, una barriera, e ci sentivamo pur senza poterci
toccare. Tu volevi aprirti a me, aprire quella porta...ma scommetto
che era la consapevolezza della mia natura demoniaca a fermarti. Pochi
giorni fa, ci siamo trovati di nuovo di fronte una porta. Questa volta,
eravamo entrambi dallo stesso lato: ma la mia natura non è cambiata.
E prima o poi dovremo farci i conti. Come è successo con Angel”
“Non tirare in ballo Angel!” gridò lei. “Quello
che c’era con lui era completamente diverso”
”E’ vero” ammise Spike, quasi tristemente. “Completamente
diverso. Tu lo amavi”
“Io lo amavo” ammise Buffy. “Ma io ho bisogno di te.
Sono cose diverse, lo so. Ma profonde entrambe. Ed in questo momento
non saprei giurare su quale delle due sia più profonda, ma so
per certo che non posso continuare a fingere con me stessa e con gli
altri sui sentimenti che provo per te. Sono veri, reali, esistono. E
negarli mi distrugge. Tu non conosci veramente Angel e quello che sentivo
per lui. Io sì, ma quello che provo per te...”
Spike sorrise.
No, non conosceva veramente Angel...
Ma ricordava benissimo Angelus...
Parigi, 1888.
“Hurt – comfort” spiegò la voce educata di
Angelus. “E’ un genere letterario ben preciso. Molto diffuso
per spiegare, ed introdurre relazioni omosessuali...ed è esattamente
quello che stiamo facendo”
“Vuoi solo fottere” rise Spike. “Piantala con le spiegazioni
difficili. Avanti, fottimi!”
“Con piacere” ammise Angelus, slacciandosi la cintura dei
pantaloni. “Però, devo completare la tua istruzione. Torturare
un amante, o salvarlo dopo una lunga lotta, e poi colmarlo di baci e
di carezze...è molto erotico”
“Se così ti pare” replicò Spike già
annoiato, nonostante fosse legato nudo al letto, e sul suo corpo ci
fossero i segni inequivocabili delle torture inflittegli da Angelus,
Darla e Dru. In qualche modo bisognava pur passare il tempo nelle lunghe
e fredde notti parigine di fin de siècle...
“Paparino è molto impaziente” spiegò Dru,
tirandosi su le gonne e tenendosi con le mani alla testiera del letto.
Angelus si posizionò dietro di lei, e la penetrò da dietro,
senza alcun preliminare. Spike fissò Dru, e la odiò per
la sua accondiscendenza alle voglie del suo sire. La gelosia che covava
in lui a volte gli oscurava la ragione.
“Lasciala e vieni da me” implorò Angelus, mentre
il vampiro più anziano spingeva violentemente in Dru, che sorrideva
soddisfatta.
“Dopo” ringhiò il suo grand – sire. “Spike,
me la stai sciupando. Dru non è più stretta come un tempo.
Una volta, mi bastavano poche spinte nella sua stretta guaina per venire.”
“Sarà perché sono molto più dotato di te”
replicò Spike con un ghigno.
L’orgasmo rovinato dall’irriverente commento del childe,
Angelus si ritrasse da Dru, spingendola rudemente via da sé.
“Pagherai per questo” gli disse, scontroso.
“Tutti hanno il loro punto debole” rise Spike, mentre Angelus
arroventava i ferri.
Sunnydale, febbraio 2003.
“No, io non conosco Angel” ammise Spike “Ma so chi
era Angelus, e come si divertiva. E credimi, Buffy, di certe cose è
meglio che tu continui ad essere all’oscuro. Ma io non sono migliore
di lui: questo lo sai, non è vero?”
Lei non rispose. Si strinse più vicino a lui, e lasciò
scivolare una mano tra le sue, come aveva lasciato che lui facesse pochi
giorni prima, su quella porta, in quella cripta. Spike non si ritrasse,
lasciando che il calore delle sue dita scaldasse le proprie.
“Pensi al passato....lo fai con rimpianto?” gli chiese Buffy.
“Eri libero, forte, glorioso...non ti trattenevano né le
convenzioni degli esseri umani, né quelle divine.”
“No, non rimpiango quei giorni” rispose lui. “Affatto.
Provo colpa, rimorso...disperazione”
“Tu menti” rise lei. “Almeno un po’. Eri invincibile”
“Ero una povera e misera cosa” la corresse lui. “Più
miserabile della feccia che raccoglievamo per strada per nutrircene.”
Buffy strinse la sua mano, e non lasciò la sua stretta.
“So che non vuoi i miei baci, l’hai dimostrato l’altra
sera” gli disse lei. “Ma accetterai almeno questo? Che io
ti tenga la mano, che ti stia vicino? Potremmo dormire insieme. Solo
dormire. Sarebbe così bello...così consolatorio. Come
amici. Siamo amici?”
Spike sorrise, e lasciò che lei appoggiasse il capo sulla sua
spalla.
“Siamo amici” le sussurrò, e le sfiorò la
fronte con le labbra. “Ma non parliamo più del passato”
“Sono pienamente d’accordo” replicò Buffy,
accoccolandosi meglio nella sua stretta, vicini nella notte invernale
e mite della California.
San Valentino, 2003.
Ed un amico è felice se tu sei felice.
Spike la guardò farsi bella, seducente. Per un altro.
E poi osservò dal portico, lei che saliva sulla berlina del suo
accompagnatore, in quella specialissima serata di San Valentino, avvolta
in una nuvola di profumo costoso comprato da Neiman-Marcus, pronta a
lasciarsi sedurre.
Ed il cuore gli si spezzò, ma si sforzò di sorridere.
“Mai più insieme...ma davvero amici”
“A cosa pensi...Buffy?” le chiese Robin Wood, dall’altro
lato del tavolo, elegante e sicuro di sé. Un uomo estremamente
attraente, bello come a volte possono esserlo solo le persone di colore,
nel pieno del suo vigore di uomo. Lei lo fissò con apprezzamento.
Aveva molti motivi per accettare il suo invito a cena, ma il più
importante era scoprire la sua possibile connessione con il Fists.
Sì, raccontatela, Buffy.
Quello, ed il dimostrare a sé ed a Giles che Spike era solo un
alleato. Che lei non provava più nulla per lui. Né passione,
né nostalgia. Solo la tenerezza che si prova per un amico.
Giles non aveva compreso fino in fondo la sua decisione di far togliere
il chip a Spike. “E’ per la sua difesa” aveva ribattuto
Buffy, ripensando con un fremito a Warren ed a qualunque umano malvagio
potesse fare del male al suo vampiro.
Il suo vampiro. Da quando era diventato tale?
“Tu sei innamorata di lui” aveva ribattuto Giles. “E
non ragioni più...solo pochi mesi fa Spike ha ucciso, ed il chip
non l’ha trattenuto. Se il First lo manipolasse nuovamente, cosa
lo tratterrebbe ora dal fare del male a te, od a Dawn?”
“Nulla” aveva replicato Buffy, in perfetta buona fede. “Solo
il fatto che credo in lui. Non lo amo, Giles. Ma tengo a lui. E’
un peccato?”
“Ho convissuto molti anni con una collega” stava spiegandole
Wood, tra la sogliola alle mandorle ed il dessert. “Ma ora sono
solo da alcuni anni. Il lavoro mi impegna molto. E tu?”
“Un vampiro con l’anima, divenuto malvagio. Un soldato cacciatore
di demoni, sposatosi con Lara Croft. Un altrovampiro malvagio, che poi
ha acquisito un’anima per amor mio. Naturalmente, sto scherzando”
rise Buffy. “Nulla di serio, finora”
“Ah, bene. Pensavo ad una candid camera!” si rilassò
Wood.
“Ho un amico. No, non Xander Harris, il costruttore. Un altro.”
spiegò Buffy. “Con cui ho avuto una relazione. Ma ora siamo
solo ...amici.”
“E ...lui sa che stasera siamo usciti insieme?”
“Sì” ammise Buffy. “E lo accetta. Non mi ha
creato nessun problema”
“E tu ...lo accetti?” indagò Wood. “Forse il
problema è più tuo...o mi sbaglio?”
Lei lo fissò. Dannazione, ma quanto era perspicace! Segno sicuro
di malvagità demoniaca....
“No. Si. Non lo so” replicò Buffy. “Scusami.
Stasera sono più distratta di quel che dovrei essere...”
“Vuoi tornare da lui...e dirglielo?” le disse dolcemente
Wood. “Abbiamo passato un’ottima serata insieme. Nulla la
rovinerà...non certo un po’ di sincerità”
Buffy rifletté.
Sì, voleva tornare indietro da Spike, e dirglielo.
San Valentino, febbraio 1887.
A Monaco si festeggiava il San Valentino con la birra, esattamente come
si festeggiava qualunque altra ricorrenza. Leggermente brillo, Spike
ondeggiò per la stanza, indosso solo una camicia, facendo ballare
Drusilla, bellissima accanto a lui in un corsetto di pizzo bianco, con
lunghe calze con giarrettiera pure bianche, e null’altro addosso.
Tra il candore delle sue cosce, e quello del pizzo, si intravedevano
i riccioli scuri del suo pube. Era splendida.
Spike fece per acchiapparla, ma lei fu più rapida e stabile sulle
sue gambe, e gli sfuggì. Finì con un tonfo tra le braccia
di Darla, abbigliata esattamente come lei ma in rosso. Le due vampiresse
si baciarono appassionatamente, le labbra rosse come sangue ben aperte,
le lingue intrecciate, le loro mani a vagare tra le gambe, le cosce
umide del loro piacere e delle secrezioni dei loro uomini.
“Dannazione, Dru!” esclamò Spike, bevendo dell’altra
birra bionda, ed alternando con lo scotch che si portava sempre con
sé durante i loro viaggi. “Lascia stare Darla! Sono così
duro che sto male, e voglio fotterti!”
“Sei ubriaco, William. Modera il linguaggio” lo rimproverò
Darla, da vera signora.
“Yess, madam” replicò lui, la bocca impastata dal
whisky. O era bourbon americano? Difficile distinguerli, con tutta quella
birra che aveva in corpo...Quando la porta si aprì, e Angelus
comparve, Spike sorrise da un orecchio all’altro.
“AN_ GE_LUS” lo invocò. “Vieni qui. Le signore
fanno le cattive, e non ce la danno”
Angelus apprezzò lo spettacolo. La testa bruna di Dru era ora
tra le gambe aperte di Darla, e la bionda giocava con i suoi stessi
capezzoli, piccoli e duri sotto il lieve velo di pizzo scarlatto, gli
occhi socchiusi per il piacere. Nessuna delle due pareva intenzionata
a smettere.
Spike rideva e beveva, il membro rigido al vento che faceva capolino
dalla camicia, ed Angelus lo strattonò per un braccio.
“Buon San Valentino, Spike” rise il vampiro bruno, mettendoselo
sulle ginocchia.
“Buon San Valentino a te” replicò Spike, baciandolo
con labbra odorose di birra, mentre Angelus chinava il capo verso la
sua erezione, pregustando il gusto salato e lievemente acido del suo
sperma “Tu sì che sei un romantico, vecchio mio!”
San Valentino, 2003.
Wood lasciò Buffy davanti alla sua porta di casa, e non la baciò.
Si strinsero la mano, invece, sorridendosi cordialmente, e lei si diresse
verso il portico sul retro dell’edificio. Era lì che Spike
solitamente passava le sue serate, fumando e riflettendo.
“Buon San Valentino, Spike” gli disse, guardandolo dall’ombra.
Lui sollevò il capo, e la luce della luna illuminò il
suo volto scarno ed elegante.
“Buon San Valentino a te” replicò lui sorridendo.
“Ti sei divertita?”
“Molto. E’ stato piacevole”
“Non vi siete trattenuti a parlare in macchina”
“Non era il caso”
“A San Valentino si fa. Si scambiano baci e parole nel buio”
Lei annuì. “Lo so.” Rispose. “E’ quello
che farò”
Spike aggrottò le sopracciglia. “Pensavo che Wood fosse
già andato via....”
Buffy superò la distanza che li separava.
“Non scambierò baci e parole nel buio con un altro uomo,
stupido vampiro”replicò lei, la bocca a pochi centimetri
da quella di lui. “Dammi il permesso di farlo con te”
Il respiro di lei gli accarezzava la fronte. Spike chiuse gli occhi,
incapace di sopportare il loro fulgore nella penombra.
“Non aver più paura di me....di noi” replicò
lei. “Non più. Io non ne ho più.”
Spike annuì. Buffy lo prese per mano, e lo fece alzare in piedi.
Infine, lo condusse con sé, nella camera da letto padronale.
Con calma, come fossero una coppia di sposi da lungo tempo, si spogliarono
e quindi Buffy, nel buio, prese il volto di lui tra le sue piccole mani
calde.
Si infilarono sotto le lenzuola, e lui le baciò una spalla, finalmente,
arrendendosi al suo calore. Buffy si voltò e scivolò tra
le sue braccia, prendendogli le labbra con le proprie, in un bacio che
da tenero divenne tremendamente appassionato. Come era sempre tra di
loro.
Come aveva sempre sognato.
E questo, pensò Spike, era davvero un giorno di gloria.
FINE
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