.:: Il ritratto di William
::.
Autore: rogiari2001
(rogiari@inwind.it)
La trama è di Valentina, vincitrice del concorso a suo tempo
indetto da Rogiari, e lo svolgimento…di Rogiari2001 medesima…quindi
sapete chi incolpare….
Sommario: Inizio settima stagione. Spike ritorna a Sunnydale e questa
volta è LUI ad avere una
sorpresa…
Shipper: B/S, of course….
Rating: vietato ai minori di 14 anni, direi
Disclaimer: Tutto di Joss Whedon, ME, e quant’altri lo possiedono
e NON lo trasmettono…
Feed – back: sempre super gradito
N.B. La teoria sui viaggi nel tempo qui proposta viene ripescata pari
pari dalla spiegazione pseudo –
scientifica fornita da M. Crichton nel suo romanzo “Timeline”.
Se non vi convince, prendetevela
con lui. AHIOO’!
PARTE PRIMA.
Sunnydale, Ottobre 2002.
1. Come prima.
“Dev’essere martedì” pensò Buffy, e
si precipitò al Cimitero est in cerca di Dawn. Il cercapersone
che le aveva imposto da due mesi inviava segnali impazziti a quello
che lei stessa portava attaccato
alla cintura dei jeans, e le diceva che la sua sorellina era in pericolo.
Di nuovo.
Fare la ronda insieme aveva i suoi vantaggi: potevano coprire un’area
maggiore, e Dawn riusciva
così ad affinare le sue tecniche di autodifesa e di offesa. Ma
Buffy non era mai veramente
tranquilla. Ergo, il cercapersone ed il cellulare.
Non le ci volle molto per capire l’entità della nuova minaccia.
Tre demoni Churago, di due metri di
altezza ciascuno, ed armati di sciabole, le cui lame scintillavano alla
luce della luna. Niente di
drammatico, si badi bene, normale amministrazione. Bastarono un calcio
ed un gancio ben assestato
per liberare delle loro mortali armi ben due dei demoni. Il terzo lottava
come un ossesso con Dawn,
ma cadde anch’esso preda dell’agilità della cacciatrice.
Raccolta una delle sciabole, Buffy ne
decapitò uno, ne sventrò un altro, e si godette l’immagine
della sua altrettanto agile sorellina che
faceva fuori il terzo.
“Ecco, adesso rimpiango Spike” pensò Buffy, alle
prese con l’annoso problema dell’eliminazione
dei corpi. Bleahhh….
“Discarica?”
“Già” ammise Buffy. “Dammi una mano. Cominciamo
con quello più grosso”
Gli spazzini di Sunnydale dovevano averne viste di tutti i colori, in
quegli ultimi anni. Soprattutto
negli ultimi mesi, da quando Spike non c’era più. Liberarsi
dei corpi era stata la sua specialità.
Non l’unica.
Buffy, Buffy…si disse la cacciatrice. Piantala. E’ andato.
Finito. Per sempre. E quando tu sarai di
nuovo cenere, lui berrà alla tua memoria del bourbon ben ghiacciato,
e racconterà a chi avrà voglia
di starlo a sentire delle due cacciatrici uccise, e della terza…posseduta.
Se ci pensava, già la invadeva la familiare rabbia, quella che
solo lui riusciva ad ispirarle. Ecco,
cosa le mancava, più di tutto: l’irritazione profonda,
vivificante, che solo Spike riusciva a farle
provare. Non si era sentita mai così viva che con lui…lottando
con lui, litigando con lui, facendo
l’amore con lui.
Ahem. Basta, Buffy!
“Che c’è?” le chiese Dawn, asciugandosi una
macchia di sporco dalle guance. Bazzicare per
discariche non era neanche il suo modo preferito di passare il sabato
sera, ma quei momenti intimi
con la sorella erano troppo preziosi per essere sprecati. “A cosa
stai pensando…Buffy?”
Buffy la fissò. Pochi mesi prima, avrebbe mentito, o si sarebbe
rinchiusa nel suo solito,
impenetrabile silenzio. Ora, al contrario, sentiva il bisogno di aprirsi,
di confessare i suoi più intimi
pensieri,
“A Spike” disse solo , semplicemente.
“A quello che ti ha fatto?” chiese Dawn, freddamente.
“No” Buffy fissò la sorella. “Xander non avrebbe
dovuto parlartene. Quello che è
successo…insomma, Spike non avrebbe dovuto lasciarsi andare così,
ma anch’io …non mi sono
sempre comportata bene con lui. Anzi, quasi mai.”
“Ciò non scusa quello che ha tentato di farti”
“No, ma è un’attenuante, non credi?”
“Non posso giudicare” rispose con inattesa maturità
Dawn. “Non so quasi nulla del vostro rapporto,
né di quello che è successo quel giorno. Ma non riesco
a perdonarlo così facilmente come sembri
aver fatto tu. Non riesco a credere che lo stesso Spike che ha badato
a me con tanta cura, tanto
amore, durante quei terribili mesi in cui tu….insomma…poi
abbia tentato….di farti del male.”
“Infatti, non devi confondere il rapporto che esisteva con te…con
quanto è successo con me. Non
dubito affatto del suo amore nei tuoi confronti: neppure in questo istante,
ovunque egli sia. Ma con
me….quello che c’è stato tra di noi è stato
terribile. Ho preso l’amicizia che stava nascendo e l’ho
distrutta. Abbiamo bruciato al fuoco di una passione senza senso ogni
sentimento buono che c’era
in noi, e sono rimaste solo…le ceneri. E di questo io sono responsabile
quanto lui, e forse più di lui”
“Allora…l’hai perdonato?”
“Una specie” ammise Buffy. “Ma è comunque finita.
Non c’è nulla su cui ricostruire. Né fiducia
reciproca, né affetto. Solo desolazione. Capire che è
anche colpa mia, non cambia le cose. Non c’è
futuro per me e Spike, e non ci sarà mai”
Dawn e Buffy si allontanarono lentamente verso casa. L’ombra che
da alcuni momenti le seguiva si
appoggiò al tronco di un albero, ed accese una sigaretta.
“Che stronza che sei, Buffy” sorrise l’uomo. “Non
cambierai mai”
La figura allampanata ed elegante di Vincent Price, la sua classe patrizia,
si stagliavano sul piccolo
schermo nello splendore del technicolor anni 60. Clem si godette quasi
sensualmente la scena de
“La Morte Rossa” da lui preferita, masticando patatine e
tortillas a gogo, felice di essersi riservato
la serata per quella maratona di film dedicati ai racconti di Edgar
Allan Poe.
Il buon demone sobbalzò dallo spavento quando una figura assai
più letale ed aggraziata del buon
vecchio Price si stagliò tra lui e lo schermo.
“Rilassati, Clem, sono solo io”
“Sp….Spike!” sobbalzò il demone. “Sei
tornato!”
“Parrebbe” commentò il vampiro. “Hai qualche
patatina per il tuo amico vampiro?”
“Sì…e anche sangue!” commentò Clem,
felice di rivederlo. Spike batté con la mano sulla spalla
raggrinzita del demone, e si servì dal suo frigo. Era lieto di
riscoprire le sue cose a posto.
Finora, nulla di nuovo.
Buffy cacciava, salvava Dawn, negava quanto tuttora c’era tra
di loro. E Clem mangiava patatine
nella sua cripta e guardava film dell’orrore che non avrebbero
spaventato un lattante.
Perché diavolo allora si sentiva così diverso?
Ah, già, quasi dimenticava. L’anima.
“Sono venuti tutte le settimane” gli disse Clem, mentre
Spike si accomodava accanto a lui su di uno
sgabello. “A volte la piccola, a volte la cacciatrice. Ed il loro
amico carpentiere. Chiacchiere,
patatine, film in videocassetta, un po’ di compagnia per il vecchio
Clem…e sempre la stessa
domanda”
“Quando tornavo?”
Clem annuì. “Ma non così esplicitamente. Per il
carpentiere erano sempre complicati giri di parole,
per Dawn richieste sussurrate…e Buffy parla sempre solo con gli
occhi. Cielo, che occhi ha quella
ragazza! Non si riesce mai a capire di che colore sono”
“A volte sono verdi” osservò Spike, con tono improvvisamente
sognante. “Verdi come il mare.
Quando è rilassata, in pace…o quando piange. Altre volte
sono dorati: quando combatte. Sembra
una tigre. Altre volte, quando è riflessiva, sono castani, profondi,
trasparenti.”
“Già” ammise Clem “Vedo che non ti è
passata”
“A lei sì, invece” ammise Spike.
“Lo credi davvero?”
“Andiamo…ti pare ancora il caso di farsi delle illusioni?”
chiese il vampiro, con un sorriso amaro.
“Comunque, non è per questo che sono tornato. E per quanto
mi commuova sapere che sono
mancato persino a Xander…beh, ho altri piani per l’immediato
futuro che farmi pestare a sangue da
lui per quello che è successo con la sua ex – ragazza.”
“Piacere alle donne non è sempre un vantaggio” commentò
il buon demone con un pizzico di
sarcasmo.
“Ho inutilmente fatto soffrire Buffy” ammise Spike. “E
mi sono scavato la fossa con le mie stesse
mani”
“Andiamo, già te lo dissi una volta. Le cose cambiano”
“Sì” ammise Spike, sorridendo. “E stavolta,
credimi, sono davvero cambiate”
Si guardò intorno: la cripta polverosa, appena abitabile, la
sua vita ai margini tra bianco e nero, in
un inaccettabile grigio che non gli aveva portato che dolori ed amarezze,
e solitudine.
“Stavolta, sono veramente cambiato”
2. Antichi rituali.
“Abbiamo bisogno del suo sangue”
Era un dato di fatto. I dodici uomini paludati di nero intorno alla
profonda fossa scavata nella bocca
dell’inferno si sorrisero.
“Peccato che sia morto” disse il loro capo. “Da centoventidue
anni…per l’esattezza”
Una delle figure scostò il lembo del mantello che le proteggeva
il capo. “Beh…non proprio morto”
osservò la giovane donna, appena una ragazza, dai lineamenti
delicati ed i grandi, innocenti occhi
blu.
Smentiti dalla crudeltà della sua maschera vampirica.
“Jill, Jill…” la cullò la voce del capo. “Sai
bene cosa intendiamo”.
“Non c’è soluzione. E’ scritto” intervenne
un altro degli astanti.
“Il mio caro fratellino è sempre stato un fallimento…in
tutto ciò che ha intrapreso. Siete sicuri che
stavolta…funzionerà?” commentò la vampiressa
senza mostrare alcuna soverchia emozione.
Nessuno dei convenuti si lasciava fuorviare dai suoi bei lineamenti
e dalla sua grazia
adolescenziale. Sapevano bene che mostro amorale e perverso fosse.
Tanto più letale in virtù della sua aria innocente.
Anche se lei a volte si sentiva così stanca…
Per qualcuno, centoventi anni di vita vampirica sono appena un sospiro.
Per lei, erano già un’insopportabile eternità.
Dopo un istante di silenzio, il più anziano dei presenti parlò.
“Forse, abbiamo ancora una possibilità”
“Non posso credere che tu suggerisca che…”
Il vampiro che aveva appena parlato si fece avanti. Basso, tarchiato,
lenti spesse un paio di
centimetri, era stato in vita l’inventore del più famoso
antivirus informatico del mondo. Il suo nome
era un totem per milioni di internauti.
I miliardi l’avevano convinto presto che non ci fosse miglior
investimento per un giovane
miliardario del silicio che…l’immortalità.
“Volete che vi parli della trasmissione quantica?” cominciò
il vampiro, con il suo miglior accento
appreso al MIT di Boston.
“Quanti?” Buffy aggrottò le sopracciglia. “Quanti
come quantità?”
“No, quanti come quantici”
“Si studia questa roba al liceo?” si stupì la ragazza.
“Vieni qui, ti aiuto io” disse Willow, alzandosi dal divano
e prendendo in mano il libro di fisica di
Dawn, che glielo tese senza troppo entusiasmo. Willow era ben conscia
di essere in periodo di
prova…pur non vivendo a casa Summers, vi si recava spesso, cercando
di rinverdire i legami
tragicamente rescissi in un giorno di pura follia…non sempre con
clamorosi risultati.
Willow era comunque grata a Buffy che la lasciasse provare, almeno.
Ed a Dawn per non opporsi a
ciò con troppa veemenza.
Quanto a Xander, era l’unico con il quale riusciva a stare più
o meno bene.
Ma la strada della penitenza era lunga e difficile…e non priva
di cadute. Ed essere la prima della
classe, ora, non dava più a Willow alcuna gioia.
Del resto, le vicende tenebrose della bocca dell’inferno da un
anno circa davano respiro a Buffy ed
alla sua banda. A parte il problema di Warren, e le sue tragiche conseguenze,
nessuna forza
infernale di un qualche rilievo si era imposta all’attenzione
della Scoobie Gang. Per dirla tutta,
Willow cominciava ad annoiarsi, e stava valutando seriamente l’offerta
di Giles di continuare il suo
recupero in Inghilterra, al servizio del Consiglio degli Osservatori.
Buffy si agitò impazientemente al risuonare dell’orologio
a pendolo. Era l’ora della sua pattuglia
serale.
“Tu studia, miss” disse a Dawn, dopo aver scambiato un sorriso
con Willow, e presi i suoi paletti si
precipitò fuori casa.
Nella notte.
Oh, come l’adorava, la notte, e come la temeva…quanta dolcezza
le avevano portato le tenebre, e
quanta disperazione…eppure, essa gli apparteneva. Come una figlia,
un’amante.
Una sua creatura. Una creatura dell’oscurità.
Come diceva sempre Spike.
Era strano, ma da qualche giorno il ricordo di lui era diventato più
intenso. Era come una trama
sottostante, una qualche colonna sonora, a tutto ciò che lei
faceva, alla sua giornata quotidiana. Ai
suoi momenti di studio (si stava preparando al nuovo anno universitario),
ed a quelli di lavoro (nella
locale biblioteca, come aiuto bibliotecario). Alla sua intimità,
alla sua solitudine. Era come se il
ricordo di lui, mai del tutto svanito, si fosse improvvisamente amplificato.
Quando dieci vampiri la circondarono, in un agguato, Buffy fu costretta
a mettere da parte questo
pensiero vagamente, minacciosamente consolatorio.
“Oh, oh, oh” sorrise “Cos’è? Una convention?
Spero che vi abbiano alloggiato meglio dell’ultima
volta. Quel covo sulla East Side faceva davvero schifo.”
“Cacciatrice” la minacciò il più grosso. “Stavolta
non hai scampo. Sei sola…contro dieci di noi”
“Che paura” lo prese in giro lei, tirando fuori dalla cintura
Mr. Punta.
Il leader fece un cenno ai suoi, ed il branco si strinse intorno alla
cacciatrice. Non era la prima volta
che Buffy si trovava ad affrontare una battaglia dall’esito incerto,
ma era abbastanza sicura che non
sarebbe nemmeno stata l’ultima. A parte la superiorità
numerica, questi vampiri non le sembravano
affatto speciali.
Dovette amaramente ricredersi quando si lanciò addosso al loro
leader, e lui si scostò con una
velocità soprannaturale.
“Sorpresa, Cacciatrice?” ridacchiò il vampiro.
“No” ansimò Buffy, schivando il suo affondo.
“Lo sai come si chiama questa?” insistette il suo avversario
“Una battaglia vinta”.
Il sudore cominciò a colare sulla fronte di Buffy. Erano veloci,
forti. Ed erano tanti.
E lei era sola.
Cominciò a pensare se non fosse il caso di usare il suo cerca
persone ed avvisare Xander e Dawn.
Stava ancora pensandoci quando il leader del branco la inchiodò
a terra, circondato dalle facce
avide e divertite dei suoi compagni. Le strapparono di mano Mr. Punta
e lei si sentì
improvvisamente indifesa.
“Bella…ragazzina…” mormorò il vampiro,
chinandosi velocemente verso quel morbido punto del
suo collo dove altri vampiri si erano nutriti del suo forte sangue di
cacciatrice…Buffy sentì il
ribrezzo invaderla, mettendole a soqquadro lo stomaco, e la repulsione
fu in quell’istante più
potente della paura. “Sola…”continuò il vampiro,
come leggendole nella mente. “Tutti ti hanno
lasciata. Non ti resta più nulla”
Lei impallidì. Ricordava bene quelle parole. Quella casa su Crawford
Street, la sua strenua battaglia
contro Angelus. Anche allora, non era stata davvero sola.
“Sbagliato. Mi resto sempre io” Rispose, radunando le sue
energie per scrollarselo di dosso, lui ed i
suoi compari.
“Ed io” disse una voce forte, chiara, dall’altro lato
della radura.
Buffy si voltò e così fecero i suoi assalitori.
Lui era in piedi, vestito di nero, una sigaretta in bocca, ed il solito
sorriso.
“Quando avete a che fare con lei, prendete sempre anche me”
sorrise il vampiro. “Due al prezzo di
uno. Che volete che vi dica? E’ un’offerta speciale”.
3. Gli stessi discorsi.
Stupefatta, Buffy fissò ad occhi aperti la figura elegante di
Spike sans spolverino (gelosamente
custodito nell’armadio della sua camera da letto, peraltro) buttarsi
nella mischia. Lui le sorrise.
“I convenevoli a dopo, cacciatrice. Occupiamoci di questi…signori”
Spike la lanciò un paletto, e Buffy lo prese, affondandolo con
letale grazia nel cuore del leader del
branco. In due, fu più facile del previsto. Buffy scaricò
nella violenza necessaria alla lotta la rabbia
furiosa che in quel momento provava per Spike, per il suo improvviso
ritorno, per essere sempre
così…Spike.
Quando furono finalmente soli, e si depositarono a terra le ceneri dei
suoi assalitori, Buffy si
raddrizzò nelle spalle, e si diresse verso casa.
“Aspetta!” le disse Spike, andandole dietro come aveva fatto
per una vita, gli sembrava, mezzo
barcollando, mezzo correndo. Lei si fermò, esasperata, gli occhi
al cielo.
“Non mi hai ancora perdonato” le disse lui, gli occhi improvvisamente
bassi.
Buffy strinse le labbra.
“Io….sì, forse, non so. Non è questo il problema”
“E’ anche questo, il problema” replicò lui,
fissandola così intensamente, come solo lui sapeva fare,
con quegli occhi così eccezionalmente blu, come mai lei ne aveva
visti altri. Quegli occhi che
ancora tormentavano i suoi sogni…
Buffy si irrigidì. Possibile che a quel bastardo bastasse uno
sguardo…per arrivarle al cuore?
“Forse hai ragione. Meriti di essere perdonato? Per aver tentato…di
forzarmi? Ignorando le mie
lacrime, le mie proteste?”
Spike la fissò.
“No, Buffy” le rispose infine. “Non lo merito”.
Lei non disse nulla, ma era evidente che la sua risposta, così
sincera, così dolente, l’aveva stupita.
“Sì…beh, forse hai ragione. Sono lieta che ci siamo
chiariti. Se ora non ti dispiace…io…”
“Non intendo impormi alla tua presenza” la rassicurò
Spike. “Volevo solo che sapessi che ci sono.
Sei hai bisogno di me…per il tuo lavoro, voglio dire. Tutto qua.
Sai dove trovarmi”.
Lei lo fissò sbalordita.
“Non posso crederci” gli disse, con una risata sarcastica.
“Proprio tu, il grande persecutore…per
anni sei stato la mia ombra, mi seguivi ovunque andassi, nell’ombra,
come un segugio, ed ora dici
che non vuoi importi alla mia presenza? Beh, permettimi di dubitarne!”
“Sei libera di credere quello che vuoi” le disse Spike,
indurendo la mascella. “Volevo che le cose
fossero chiare tra di noi. Ti chiedo scusa per quello che ho fatto e
ti do’ la mia parola che starò
finalmente fuori dalla tua vita. Come hai sempre voluto”
Ferita suo malgrado dalla velocità con lui acconsentiva ai suoi
stessi desideri, Buffy lo fissò con
uno sguardo altrettanto duro. “Esatto. Come ho sempre voluto.
E non credo che avrò più bisogno di
te…comunque”
“Come preferisci” le disse Spike, e si allontanò
nella direzione da cui era venuto.
“Beh, non così in fretta” sussurrò Buffy,
rimasta sola, e stringendosi le braccia al corpo per
combattere l’improvviso senso di gelo.
Ormai, non le restava che tornare a casa e rifugiarsi nel suo letto.
“Abbiamo sacrificato dieci dei nostri migliori uomini…ma
ne è valsa la pena”
Uther, il capo degli incappucciati, non sembrò del tutto soddisfatto.
“Tu…Mister mille miliardi…questo non è come
programmare un computer. Prima, dimostrami che
il tuo piano può aver successo”
“L’avrà” replicò il vampiro, ex informatico
di successo. “I dati sono già tutti al loro posto. Basta
dare il via all’applicazione…et voilà”
Jill mise una delle sue mani guantate sulla gola dell’uomo.
“Spero proprio che tu abbia ragione” gli sussurrò,
con la sua voce mielata, carica di minacce.
“Perché paparino non ha più pazienza”
Jill lanciò uno sguardo ad Uther. Era stato lui ad occuparsi
di lei, dopo che il suo sire l’aveva
abbandonata senza una seconda occhiata dopo averla vampirizzata, occupato
nel godersi un nuovo,
inatteso giocattolo.
Uther l’aveva protetta. Uther l’aveva tenuta al chiuso,
nell’ombra.
Lei, da centoventidue anni, non conosceva altro che la tenebra, il male,
il sangue…ed Uther.
Ed ora, francamente, non ne poteva più.
Ma ad Uther, questo, non l’avrebbe detto…
3. Il ritratto.
Se Buffy avesse potuto scorgere l’espressione di Spike, dopo il
loro breve colloquio, ne sarebbe
rimasta rinfrancata: lui era tutt’altro che gelido e distaccato.
Al contrario, l’emozione per averla
rivista, per averle parlato, gravava su di lui in modo quasi insopportabile,
spingendo l’eterna lotta
tra il demone e la sua nuova coscienza ad estremi che gli causavano
un’atroce sofferenza.
“Sono sull’orlo della follia” si disse Spike, cominciando
a tremare. Il suo demone gli imponeva di
completare il lavoro iniziato: sorprenderla nel sonno, in quella casa
da cui, ne era sicuro, lui non era
ancora stato bandito, e farla finalmente sua: nel corpo, e nel sangue,
portarla a sé, donarle la notte,
donarle l’eternità.
Prima ancora che la sua anima, era il suo profondo, autentico amore
per lei a fermarlo, a far sì che
contemplasse con orrore gli abissi del suo stesso essere.
Se prima l’amore per Buffy era sempre stato un tormento…ora
era peggio. Terribilmente peggio.
Aveva bisogno di un’ancora. Di qualcosa che lo tenesse legato
alla realtà del suo rifiuto, della sua
solitudine. Passandosi una mano sulla fronte, Spike si accorse di essere
giunto nei pressi della
galleria d’arte che un tempo era appartenuta a Joyce.
Oh, come gli mancava. Come sarebbe stato bello rifugiarsi nella sua
linda cucina, cullato dalla sue
materne attenzioni, e riversare nella cioccolata calda con i dolcetti
i suoi tormenti!
Ma ciò, purtroppo, non era più possibile.
Si avvicinò suo malgrado alla vetrina. Sapeva dai discorsi di
Clem che Buffy era finalmente riuscita
a vendere la licenza, procurandosi così il necessario per pagare
i debiti più urgenti. I nuovi
proprietari sembravano aver cambiato stile: sparite le maschere africane
e l’arte pre – colombiana,
per far posto a pomposi arredi dell’epoca vittoriana e degli anni
Liberty, con qualche pezzo Weimar
e Biedermeier.
Polverosi, obsoleti, inutili arredi. Proprio come lui.
Il suo vero mondo era sparito da più di centoventi anni, ed anche
lui avrebbe dovuto sparire.
Polvere sei e polvere ritornerai. Peccato che la cacciatrice non fosse
in grado di fargli almeno quella
piccolissima cortesia.
Navigando nell’autocommiserazione, Spike appoggiò la fronte
al vetro.
E fu allora che lo vide.
Il ritratto.
“Novità?” chiese Dawn, senza sollevare lo sguardo
dalla premiere di stagione di Dawson’s Creek.
Buffy esitò sul gradino più rumoroso delle scale, sentendosi
come un ladro nella notte. La loro
nuova politica di sincerità e comunione avrebbe imposto la sua
immediata confessione…ma il suo
istinto le diceva di tenere la verità circa l’inatteso
incontro con Spike ancora un po’ solo per
sé…almeno fino a quando avrebbe capito. Cosa lui davvero
volesse da lei. E cosa lei fosse disposta
a dargli.
“No” rispose infine. “Il solito”
“Ah – ah” replicò distrattamente Dawn, troppo
intrigata dagli amori fittizi di Pacey e Joey per
preoccuparsi dell’improvvisa, sospetta laconicità della
sorella.
Buffy si rifugiò nella sua stanza come in un porto sicuro. Aprì
l’armadio, e prese lo spolverino.
Come aveva fatto mille altre volte durante quell’interminabile
estate, ne accarezzò la pelle
consunta, e ne aspirò il tenue sentore.
E poi capì che avrebbe dovuto disfarsene.
Questa volta, Spike era finalmente, autenticamente uscito dalla sua
vita. Si era scusato, aveva
accettato la sua freddezza, si era messo a sua disposizione, ma aveva
chiarito che non avrebbe più
fatto parte del suo destino. Proprio come lei stessa gli aveva chiesto
di fare infinite volte.
Cielo, cosa avrei dovuto fare, si chiese Buffy. Gettargli le braccia
al collo? Dirgli che mi è
mancato? Il mio quasi – stupratore?
No, naturalmente. Tutto era andato nel migliore dei modi.
Nel migliore dei mondi possibili.
Ma in questo mondo, quel mondo buio, meschino, e pericoloso, in cui
Buffy Summers viveva e
cacciava, le cose non stavano così.
E lei, la guancia premuta sulla morbida pelle del suo soprabito, ne
sentiva la mancanza.
Spike avvicinò il naso al vetro, come un bambino davanti alla
vetrina di un pasticciere. Era buio, ma
il quadro era ben illuminato da un faretto, messo lì apposta
per invogliare i clienti.
A chiunque altro passasse di lì, non sarebbe sembrata altro che
una scialba, antiquata scena di vita
familiare del secolo passato. I personaggi ritratti non sarebbero apparse
“persone”…ma solo icone
di un passato irrimediabilmente trascorso, prive di sangue, vita, storia.
Eppure, lui era ancora là.
Osservò il quartetto ritratto: la donna di mezza età vestita
di gramaglie nere, l’uomo con la barba in
un severo abito scuro, perfettamente vittoriani, la ragazzetta alle
soglie della giovinezza con un
vestito accollato bianco ed i capelli castani morbidamente raccolti
in una treccia, il giovanotto con
gli occhiali e l’aria studiosa, premurosamente appoggiato alla
spalla della madre.
William.
E la sua famiglia.
Spike doveva stordirsi. Cosa meglio di un buon bicchiere? Entrò
al Bronze con la consueta grazia,
anche se l’immagine del quadro continuava a scorrere davanti al
suo cervello inebriato dai ricordi,
quelli dolci, e soprattutto quelli crudeli. Il barista lo servì
senza parole, rispettando il suo evidente
desiderio di silenzio…di pace.
Ma non c’era più pace per il vampiro con l’anima.
Cosa diavolo era capitato a sua madre? A sua sorella, Gillian? Perché
centoventi anni dopo il loro
ritratto di famiglia era finito nella vetrina di una galleria d’arte
di secondo ordine in una minuscola,
pidocchiosa città della California occidentale?
Quale dei suoi discendenti, se ce n’erano, si era disfatto del
loro ricordo? Gillian…cosa le era
capitato? Aveva avuto dei figli? Si era sposata? E sua madre? Era morta
di crepacuore? Suo padre
aveva forse maledetto il suo nome?
Negli anni del suo apprendistato alla corte di Angelus e Darla, Drusilla
l’aveva convinto a
dimenticare la sua famiglia…se non voleva portare l’ombra
della morte su di loro. Angelus aveva
distrutto il suo intero villaggio, e non avrebbe certo esitato a sterminare
sua madre, suo padre e sua
sorella.
Seppure inebetito dalla sua nuova natura, Spike le aveva dato retta.
E così, si era dimenticato di loro.
Ma mai del tutto.
Ed ora ripensava a sua sorella, bella, dolce, innocente. Ed a sua madre,
possessiva ed esigente, ma
così affettuosa con lui, specie in confronto all’austera
severità del padre.
E gli veniva da piangere.
“Vuoi ballare?” gli sussurrò una voce dolce, alle
spalle.
Spike si voltò. Non era certo la prima volta che una donna lo
abbordasse, a loro era sempre piaciuto,
da quando aveva dismesso i panni da studioso di William, ma stanotte
nulla al mondo l’avrebbe
indotto a cedere alla corte di una sconosciuta. Tra l’assalto
impetuoso dei ricordi, e l’amaro incontro
con Buffy, si sentiva a malapena in grado di connettere.
La ragazza lo fissava con i suoi occhi incredibilmente blu, da sotto
le lunghe ciglia castane. Il suo
viso dolce, dai lineamenti netti, era di una bellezza senza età,
anche se lei indossava una minigonna
di jeans ed un top bianco…in perfetto stile californiano. Non
era diversa da Dawn: la stessa
apparente, spumeggiante innocenza di adolescente.
William la fissò senza parole. Lei gli innestava dentro un ricordo
antico, che poche ore prima non
avrebbe saputo collocare, ma che ora gli era assurdamente familiare,
limpido.
“Vuoi ballare…William?” sorrise lei, continuandolo
ad osservarlo con quel leggero, ironico sorriso
che le aleggiava sulle labbra.
Lui si alzò in piedi, ed il suo movimento inatteso e repentino
spaventò gli altri avventori.
“Oh, maledizione….”
Lei continuava a sorridere.
“Gillian!”
“Sorpreso di vedermi, fratellino?” gli disse lei.
“Io…tu…”
“Sì, sono anch’io un vampiro. Sorpreso?”
Spike era senza parole.
“Non ti sei mai curato di noi” rispose lei, dolcemente,
chinandosi verso il suo collo. “Sei sparito
dalle nostre vite, e nessuno ha più saputo nulla di te. Nulla.
E tu non ci hai cercato”
“Pensavo fosse meglio…per voi” balbettò Spike.
“Evidentemente, mi sbagliavo. Sono tornati e ti
hanno preso. Chi è stato? E…mamma? Papà?”
Gillian rise. “Quante domande. Vieni, usciamo. Devo mostrarti
qualcosa”
Ancora stupefatto, Spike la seguì. Gillian gli fece strada verso
un vicolo, ancheggiando
provocantemente. Dio, gli sembrava impossibile averla ritrovata così.
La sua innocente sorellina.
Un vampiro.
Gillian diede un calcio ad uno scatolone. Il vicolo era deserto, e non
c’era nessuno vicino a loro.
La scatola marcia di umidità aveva coperto i corpi di due adolescenti,
un ragazzo ed una ragazza
dell’età di Dawn. La morte doveva avergli colti nell’atto
del loro primo, intimo abbraccio. Lei
aveva indosso solo il reggiseno.
Quando si voltò, Gillian si era trasformata.
“Bevi” disse al fratello. “Li ho uccisi per te. Il
loro sangue è ancora caldo”
Spike corse verso l’altro lato del vicolo, e vomitò l’anima.
Quando si riprese abbastanza per voltarsi, si accorse che Gillian era
sparita.
Cominciò a pensare ad un’allucinazione. Non era possibile.
Bazzicava la comunità vampiresca da
centoventi anni: se lei fosse divenuta un vampiro, l’avrebbe saputo.
Era certo che nessuno dei suoi
crudeli signori, Darla, Angelus e Dru, si sarebbe negato il piacere
di rivelargli una simile gustosa
verità.
Eppure…i corpi dei due ragazzi erano ancora lì. A provare
che non doveva essere stato un semplice
parto della sua fantasia tormentata dai sensi di colpa.
Di cosa si stupiva? Della sua crudeltà? Era stato forse diverso?
Meno crudele?
Aveva ucciso madri e bambini. Aveva ucciso amanti ed assassini, nonni
ed infermiere. Aveva
ucciso, ed ucciso, ed ucciso. Ed il sangue scorreva a fiumi nel regno
tenebroso di Spike e Dru.
Un paio di anni di forzata impotenza non cambiavano certo la verità
dei fatti, la crudeltà del suo
passato.
Era esattamente come Gillian. Probabilmente, peggiore. Qualcuno, qualcosa,
aveva stuprato la loro
innocenza, e ne aveva resi dei mostri.
Ma per quanto era accaduto a Gillian, era colpevole anche lui. Perché
non era stato là per
proteggerla.
Chiamò anonimamente la polizia: non voleva lasciare quei due
poveri corpi alla mercé degli
sciacalli che abbondavano in quella città. Vampiri troppo deboli
per cacciare da soli, demoni di
bassa levatura che non disdegnavano la carne umana.
Welcome to Sunnydale. Bienvenidos en la Boca del Infierno.
Una volta, Buffy gli aveva detto che non credeva in due cose: i folletti
e le coincidenze. Ma che sui
folletti era ancora incerta.
Bene, Spike cominciò a pensare che avesse ragione. La coincidenza
del ritrovare nella galleria
d’arte di Sunnydale il ritratto della sua famiglia, e quindi di
incontrare sua sorella pochi minuti
dopo, era troppo incredibile per essere…una coincidenza, appunto.
Si chiese chi avesse potuto organizzare il tutto, e soprattutto perché.
E poi, si lasciò sommergere dai sensi di colpa. Comunque fossero
andate le cose, quando sua sorella
era stata uccisa, e trasformata in un mostro, lui non era stato presente.
E di questo, ormai, non si
sarebbe mai potuto perdonare.
4. Nuove possibilità della scienza e della tecnica.
“Magia o scienza?” chiese Buffy, intrigata dall’argomento.
“Scienza” replicò eccitata Willow, anche se era ben
conscia dei seguenti fatti ignoti a Buffy:
1. sebbene tale esperimento fosse stato ipotizzato a livello teorico,
non esisteva ancora una
tecnologia capace di attuarlo;
2. laddove, invece, un potente incantesimo, del tutto alla sua portata
(di Willow, beninteso), ci
sarebbe riuscito.
“Stiamo parlando di viaggi nel tempo, yippie!” esclamò
Dawn, eccitata.
“Non proprio” corresse Willow. “Il tempo è
solo convenzionalmente una dimensione. In verità, dal
punto di vista della fisica quantistica, esiste solo lo spazio. Esistono
infinite dimensioni
parallele…ed asimmetriche. Ed è teoricamente possibile
scavare dei tunnel nella schiuma quantica
che circonda queste dimensioni per passare…da una all’altra.
Indietro nel tempo, cioè, per tornare
ad esprimerci secondo la fisica convenzionale, o parallelamente ad altri
presenti”
“Si può modificare il passato?” domandò Buffy.
“Questo sarebbe da evitare ad ogni costo” continuò
Willow. “Qualunque influenza su una
dimensione passata potrebbe alterare drammaticamente il futuro…e
quindi il nostro presente”
“Come sarebbe divertente!” commentò Dawn. “Mi
prenoto per il medioevo e tutti quei cavalieri
così cortesi e sexy!”
“Dawn!” esclamò Buffy. “Il medioevo era pieno
di peste, colera, ed altre malattie strane che non si
sapeva curare. Non te lo consiglio. Considerato poi cosa facevano alle
streghe, c’è da chiedersi che
trattamento riserverebbero ad una palla di energia mistica”
Dawn fece una smorfia. Proprio non amava che qualcuno le ricordasse
le sue origini piuttosto non
…convenzionali.
“Io l’ho già fatto!” disse Willow, con un sorriso
fiero. Poi, si ricordò l’esito del suo…esperimento.
“Ahem…fu quella volta in cui portai qui da noi Vamp Willow…non
un grande successo, lo so”
“Era la stessa procedura?” si stupì Buffy. “Vuoi
dire…avevi aperto un ponte tra più dimensioni,
vero? Tra la nostra e quella in cui io non ero mai giunta a Sunnydale
in tempo per il Raccolto”
“Ah – ah”
“E non si potrebbe farlo…verso il passato?”
“Sì, credo” ammise Willow. “Ma non sono ansiosa
di tornare a fare questo genere di magia nera. Io
e la magia…brutto periodo”
“Va bene ma…si potrebbe fare, vero?”
“Sì, credo di sì” sospirò Willow.
Buffy cominciò a riflettere tra sé e sé. Le potenzialità
erano infinite, per quanto pericolose. Avrebbe
potuto conoscere Liam prima che diventasse Angel. No, questo no, si
disse. Da quello che le aveva
raccontato lui, non sarebbe stata una grande esperienza.
Ma avrebbe potuto conoscere William prima che diventasse…Spike.
Whoa, si disse. Buffy, ma da dove ti viene questo pensiero?
Non sapeva nulla del passato di Spike prima del suo incontro con Dru.
Si chiese che tipo di uomo
fosse stato, con che background, in che mondo vivesse.
“Buffy…” chiese Willow. “Ti sei incantata? Ti
ho chiesto in che epoca ti piacerebbe viaggiare.
Dawn ha già espresso la sua preferenza”
“La Londra vittoriana” rispose Buffy, d’istinto.
Era strano, ma una volta formulato, il pensiero rimase insistentemente
con lei. Si chiese se, da
umano, Spike avesse avuto le stesse doti di adesso: il senso dell’umorismo,
l’intelligenza intuitiva,
l’emotività aperta, comprensiva.
E gli stessi difetti.
A parte la crudeltà dell’essere uno spietato assassino,
naturalmente.
Si chiese se avesse potuto amare uno Spike umano, senza il peso intollerabile
del suo crudele
passato. La invase uno strano, insopprimibile rimpianto. Quello di non
averlo potuto conoscere per
quello che era…prima che Dru lo trasformasse in una sua creatura.
Si chiese come sarebbe stato, se si fossero conosciuti in un mondo diverso,
senza vampiri e senza
cacciatrici. Se si fossero conosciuti al Bronze, ballando, flirtando,
senza minacce di morte.
Senza Angel e Dru.
Quella notte, Buffy si sentiva particolarmente sola. La tentazione di
fargli visita nella sua cripta,
dopo l’incontro della notte precedente, era sorprendentemente
forte. Si diede della vigliacca egoista.
Nonostante tutte le sue affermazioni virtuose (soprattutto con se stessa,
perché l’argomento era tabù
con gli altri), continuava a voler asserire il proprio potere su di
lui, ed ora si risentiva perché sentiva
che lui le stava…fuggendo. Era come se la sua lunga assenza, e
tutto quanto era successo dalla
famosa sera del loro ultimo incontro, non fossero mai esistiti. Lei
tornava a volerlo….lei sentiva che
era suo, nel bene o nel male.
E questo era sbagliato.
Doveva, al contrario, essere lieta che Spike avesse trovato in sé
la forza per sottrarsi alla sua
tirannia. Era un bene per tutti e due: la sua ossessione aveva portato
sofferenza ad entrambi.
Eppure, una parte di Buffy non si rassegnava a perderlo.
“Potrei andare da lui, e chiedergli scusa” si disse, giocherellando
tra sé e sé con l’idea. “Del resto,
non c’è ragione perché non si possa avere una relazione
quantomeno civile”.
No, non andava…a che scopo? Rinnovare il suo dolore? Donargli
nuove, pericolose illusioni?
Stava ancora combattendo con sé stessa, quando Spike arrivò
alle sue spalle, e la prese per un
braccio.
“Buffy. Ho bisogno di te”
Lei si voltò come una furia.
“Avevi detto che non mi avresti più cercata!” gli
rinfacciò subito.
Spike sollevò gli occhi al cielo. Avrebbe giurato che Buffy stesse
per venire a trovarlo: era già sulla
strada della sua cripta. Ma, come al solito, sarebbe morta (di nuovo)
prima di ammetterlo con lui…o
con se stessa.
“Buffy! E’ una questione di vita o di morte!”
“Ho capito” sospirò Buffy. “Normale amministrazione.
Fuori il rospo”.
“E’ strano” disse Buffy, dopo. Spike le aveva raccontato
dell’incontro con sua sorella, del ritratto
visto nella galleria già appartenuta a sua madre, e del timore
che qualcuno stesse
organizzando…qualcosa. Stavano camminando insieme per i cimiteri,
come ai vecchi tempi, e lei –
suo malgrado - si sentiva bene come non le capitava da molto tempo.
“Tu mi dici che vorresti
tornare al passato per impedire la vampirizzazione di tua sorella. Immagino…in
senso figurato?”
Spike spalancò gli occhi, come faceva sempre quando lei diceva
qualcosa di assurdo.
“In che senso, altrimenti?”
“Io e Willow ne parlavano proprio stasera. Pare che sia possibile
farlo sul serio…viaggiare nel
tempo, e tra le dimensioni”
“Con la…magia?” chiese Spike, sempre più attento.
“Già. Willow l’ha già fatto. Poco dopo quella
volta che tu…ahem…avevi rapito lei e Xander”
“Immagino con clamorosi risultati…come sempre” ironizzò
Spike.
“Sì, beh, ma non è questo il punto. Voglio dire…supponiamo
che Willow ti rimandi nella tua
Londra del 1880. Saresti in grado di evitare la morte di tua sorella…no?”
“Se non finisco in qualche dimensione infernale, grazie alla perizia
di Willow”
“Non vorresti…provarci?” lo provocò Buffy.
“Eh? Stai parlando sul serio?”
Buffy fantasticò. “Chissà. Forse, verrei anch’io.
Mi piacerebbe vedermi in crinolina, e farmi
corteggiare da qualche bell’ufficiale in uniforme. “
“Non essere sciocca. Non mi presterei mai come cavia ad un nuovo
esperimento della Rossa…Dio
sa quanti guai ci ha già combinato. Se non fosse stato per lei…”
“…non ci saremmo mai baciati, lo so” disse Buffy,
guardandolo di sottecchi…ed arrossendo.
“Dannazione, è tutto iniziato di lì” disse
Spike. “Ti giuro che non ci avevo mai pensato prima…non
consciamente, almeno. Poi, la Rossa da’ di testa, fa quell’incantesimo
matrimoniale…e mi
innamoro pazzamente di te.”
“Sì, ricordo” abbassò gli occhi Buffy, sempre
più rossa. “Ricordo perfettamente. Anche se mille
volte avrei voluto dimenticare…”
Spike sorrise, suo malgrado. “E Randy e Joan? Te li ricordi? Altro
giro, altro incantesimo”
“Altro bacio” commentò Buffy, dolcemente.
“Già” la mascella di Spike si indurì, mentre
lui ripensava alla disperata dolcezza di quel loro
momento insieme sotto le scale del Bronze. Avevano avuto altri momenti
insieme, più intensi, più
crudeli, più appassionati.
Ma mai più dolci di così.
Buffy si alzò di scatto dal muretto di cinta del cimitero, e
si allontanò di qualche passo. Quei ricordi
stavano facendo star male anche lei. Spike non aveva vissuto quei momenti
da solo.
“Non mi è mai passata, amore” le disse lui, e la
nostalgia si fece così prepotentemente strada nel suo
corpo da spingerla quasi a correre tra le sue braccia.
Quasi.
Incapace di cedere, di cedergli, Buffy si voltò, dandogli gli
spalle.
“Avevi detto…”
“Te l’ho promesso, e mantengo le mie promesse” disse
lui, con voce dura. “Non farò più nulla per
entrare nella tua vita. Ma questo è lavoro. Mi chiedo solo chi
è che sta facendo questo. Portare mia
sorella a Sunnydale…e sbattermi in faccia il mio ennesimo fallimento.
E perché, poi? Dove è stata
lei, in tutti questi anni? Possibile, che non ci sia mai incontrati
prima? Ti garantisco che la comunità
vampiresca è un piccolo mondo”
“E allora faremo delle ricerche” commentò Buffy,
insieme delusa e sollevata per il suo
atteggiamento prosaico. “Stavo dicendo sul serio, prima”
gli disse poi, più dolcemente. “Esiste la
concreta possibilità di ritornare nel passato. Potresti sollevare
qualche torto…fare del bene”
“Ma non ti riconquisterei, vero?” disse lui, con un sorriso.
Buffy si rannuvolò. “Non sarebbe questo, lo scopo”
E si allontanò.
Osservando la sua schiena elegante che si allontanava, Spike si disse
che – almeno questa volta –
Buffy aveva ragione. Non l’avrebbe fatto per lei, per riconquistarla.
Ormai sapeva che era
impossibile, dopo gli errori commessi in primavera.
Ma avrebbe potuto evitare la vampirizzazione di Gillian, e forse avrebbe
potuto lavare qualcuno dei
suoi torti.
Le anime delle sue vittime gridavano infatti vendetta.
5. Un’interessante scoperta.
Spike non sapeva bene come cercare, ma aveva le idee chiare sul come.
Era inutile affannarsi in
ricerche librarie: aveva già in mente la strada. L’unica
cosa di cui avesse veramente bisogno era di
un accesso ad internet.
Sapeva che la biblioteca locale consentiva agli utenti l’uso di
un pc: sebbene non avesse la tessera, e
nemmeno documenti, approfittò dell’unica apertura serale
e pagò una piccola tassa. Il computer era
tutto suo per due ore: ora, doveva farlo fruttare.
Grazie a Dio, i suoi compatrioti tenevano ancora al rango ed al nome.
Ed il suo era un nome
onorato, vecchio di tre secoli. Il suo antenato più noto era
stato tra i cavalieri di Oliver Cromwell,
ed aveva accompagnato il buon Re Carlo al patibolo.
Sir Archibald Shelby era stato invece suo nonno: un piccolo possidente
del Berkshire che aveva
saputo unire al saggio sfruttamento delle loro terre l’avvio di
un fiorente commercio di mobili
antichi. Suo padre aveva proseguito quest’attività, ed
all’epoca della sua vampirizzazione William
aveva vissuto con la sua famiglia in una bella casa di Belgravia, a
Londra. Nulla di troppo lussuoso,
invero: suo padre aveva lo status di un signorotto di campagna, e si
era macchiato della pratica di un
commercio da molti dei loro pari considerato volgare. Ma sua madre ed
il giovane William erano
ricevuti in società, e non mancavano mai ai balli di Ranelagh.
Non una cattiva vita, tutto sommato.
Come intuiva, la sua ricerca fu facile: vi era più di un sito
targato dot.uk che tenesse memoria dei
complicati rami familiari delle nobili famiglie inglese. Con un potente
motore di ricerca, messo a
disposizione dai compilatori del più celebre di questi siti,
fu facile risalire alla famiglia di sua madre
(era imparentata con un marchese scozzese) e da qui alla sua.
Eccolo lì. William Archibald Shelby. Data di nascita: ignota.
Data di morte: 4 maggio 1880.
4 maggio 1880. Spike si appoggiò allo schienale della sedia.
La biblioteca era scura e deserta:
l’ideale per le sue ricerche. Il 4 maggio 1880 il giovane William
era uscito da un ricevimento,
sconvolto e desolato per il brutale rifiuto di Cecily, e si era imbattuto
nel temibile terzetto formato
da Angelus, Darla e Dru.
Quel giorno, il giovane William Archibald Shelby era morto.
E dalle sue ceneri era nato Spike.
Tremando, William mosse il mouse, alla ricerca di ulteriori dati. Non
ve n’erano per sua madre e
suo padre, purtroppo, di cui parevano ignoti sia la data di nascita
che quella di morte.
Un’annotazione a fondo pagina avvertiva che gli archivi anagrafici
di alcune zone di Londra
avevano subito dei gravi danneggiamenti a causa di una serie di incendi
negli anni successivi al
1880.
Ma poco sotto il suo nome, Spike vide quello di sua sorella.
Gillian Arabella Shelby. Nata nel febbraio del 1865, morta il 4 maggio
1880.
Spike si portò la mano alla bocca. Di nuovo, l’istinto
di vomitare. L’anima, a quanto pareva,
rendeva il suo stomaco più debole.
Gillian. I suoi innocenti quindici anni. Occhi azzurri e capelli castani
come quelli di Dawn, la sua
stessa infantile esuberanza.
Ora, capiva perché amava tanto Dawnie, perché l’aveva
subito amata. Perché era dolce e pura e
tenera come la sua sorellina.
E non l’avrebbe persa, come aveva perso lei.
Evidentemente, lo stesso giorno in cui Dru l’aveva ucciso e vampirizzato,
qualcuno aveva fatto lo
stesso a Gillian.
I coniugi Shelby, quella notte di maggio, avevano seppellito entrambi
i loro figli.
Nessuno dei due aveva intuito il vero orrore: di lì a poche ore,
entrambi i ragazzi Shelby si
sarebbero risvegliati, seminando morte e spavento.
Buffy sollevò per abitudine lo sguardo verso l’edificio
del Municipio, lo stesso dove una sera di
molti anni prima di era arrampicata insieme ad Angel e Willow. Il piano
della biblioteca era ancora
illuminato: sapeva, dal momento che lavorava lì cinque pomeriggi
a settimana, e quattro mattine,
che il giovedì era aperto al pubblico anche di sera. La sua ronda
si stava rivelando priva di eventi:
dopo l’attacco in forze di alcune sere prima, non s’era
visto in giro nemmeno un vampiro…
…nemmeno quello biondo che dominava i suoi sogni.
Come attirata da un istinto antico, Buffy sollevò il capo. Alla
finestra del secondo piano, quello
occupato dalla biblioteca, vide una figura troppo nota per sfuggirle.
La lampada dal vetro verde
illuminava in pieno la sua testa bionda, dal profilo inconfondibile.
Buffy sorrise. La tentazione di farlo arrabbiare era troppo forte. Spike
in biblioteca? Oh, erano
davvero peccaminose le notti del Big Bad! Piene di emozioni perverse
e decadenti!
“Non più, da quando tu te ne sei andata” le sussurrò
il suo inconscio. “Sta’ zitto!” replicò Buffy,
e si
decise ad entrare.
Non c’era quasi nessuno. La sua collega del turno serale le sorrise,
e le mostrò maliziosa la
copertina del suo libro: era un romanzo rosa in paperback, con in copertina
una bella fanciulla
sufficientemente discinta, in braccio ad un motociclista vestito come
un reietto degli anni ’80 con
una testa di capelli platinati alla Billy Idol. La ragazza le fece cenno
verso la finestra illuminata: il
suo eroe, eccolo lì!
Buffy quasi si tradì scoppiando a ridere. Davvero, Spike non
era secondo a nessun eroe romantico
della carta stampata!
Fece segno alla ragazza di tacere, e si avvicinò di soppiatto
al vampiro. Non resistette alla
tentazione di mettergli le mani sugli occhi.
“Cucù” gli disse. “Sorpresa. Hai finito il
bourbon, a casa? Ti si è rotta la tele via cavo?”
“Ah ah” rispose Spike, senza scomodarsi a scostarsi. Gli
piaceva il contatto delle dita calde di Buffy
sul suo viso…ed ancora di più gli piaceva che lei si sentisse
abbastanza sicura di loro da toccarlo di
nuovo. Piano, sollevò le mani, e coprì con le sue quelle
di lei. Lei trasalì. Il contatto tra di loro,
come sempre, era elettrico. Lei adorava la sensazione delle sue lunghe
dita che accarezzavano le
proprie…
Buffy si staccò, seppure un istante troppo tardi perché
il tutto sembrasse casuale. Spike sorrise suo
malgrado. Lei non era cambiata: il suo tocco riusciva ancora a farle
cantare il sangue nelle vene.
“Sto facendo delle ricerche”
“Su quella faccenda dell’altra sera? Il ritratto della tua…famiglia?”
“Già” ammise Spike, tornando a sembrare molto professionale
e concentrato. Buffy si innervosì.
“Vedi? Questo è l’albero genealogico della mia famiglia”
Buffy si chinò sul monitor. “Così…tanti? Io
avevo solo una nonna a Bel Air…”
Spike sollevò gli occhi al cielo.
“In Inghilterra si usa così. Soprattutto se si fa parte
di famiglie antiche. Si prende nota
accuratamente di tutti i membri di una famiglia, delle loro date di
nascita, morte, matrimonio, dei
loro figli, eccetera. Ecco, vedi? Io e mia sorella”
“Morti lo stesso giorno?” si stupì Buffy, esaminando
le date. “Lo sapevi?”
“No” Spike la fissò. “Non ho più saputo
nulla di lei. Non immaginavo certo che fosse
morta…quello stesso giorno”
“Credi…che sia stata Dru? Oppure…”
“Angelus? O Darla? Non lo so. Perché non dirmelo, allora?”
“Beh, non erano noti per la loro…correttezza”
“Non fosse altro che per tormentarmi, me l’avrebbero detto.
Anche se allora, francamente, non mi
sarebbe importato più di tanto” ammise Spike “Ero
troppo eccitato per la mia nuova forza, per il
mio potere, per preoccuparmi della mia famiglia”
Buffy si stupì della sua amarezza, del suo evidente…rimorso.
Non per la prima volta, si sorprese a
pensare come fosse cambiato dal suo ritorno. Anche prima, Spike non
era certo stato privo di
sentimenti ed umanità, a modo suo, ma ora c’era qualcosa
di più, di diverso. Una connessione
nuova, una nuova….sensibilità.
Spike percepì immediatamente lo stupore di Buffy. Lei capiva
di non trovarsi di fronte allo stesso
vampiro di sempre, anche se non sapeva ancora perché. Beh, non
voleva rivelarglielo così. Non
voleva che lei potesse pensare che lui avesse riconquistato l’anima
al solo fine di riaverla. Non era
così semplice, non lo era mai stato, e non voleva porla di fronte
ad un ricatto emotivo. Aveva
combattuto per la sua anima per aiutarla, esserle d’aiuto e di
conforto.
Non per riaverla nel suo letto.
Anche se le sue braccia smaniavano dal desiderio di stringerla, di sentire
nuovamente il suo corpo
forte ed insieme cedevole contro di sé.
Innervosito per quei pensieri, spense il monitor. “Andiamo”
le disse. “Qui non c’è altro”
Buffy si staccò da lui, lo osservò.
“Cosa intendi fare, ora?”
“Parlavi sul serio, l’altra notte? Willow potrebbe…rispedirmi
nel passato?”
Buffy sorrise. “Credo di sì. Anche se sulla riuscita dell’esperimento,
come al solito, non garantisco”
La mascella di Spike si indurì, come sempre quando prendeva atto
di una circostanza sgradita.
“La mia morte ha lasciato indifesa mia sorella, preda di altri
mostri…come me. Forse, sono
addirittura stato io. Ci hai mai pensato? Potrei essere stato io stesso
a vampirizzarla!”
L’amarezza del vampiro era talmente evidente da togliere il fiato.
“Non credo” balbettò Buffy. “Giles mi ha spiegato
a suo tempo che ci vuole almeno qualche ora
prima che la trasformazione abbia inizio…se non giorni. Se lei
è ….morta nel tuo stesso giorno, è
difficile che tu possa essere stato il suo…ahem…assassino.”
“Difficile, ma non impossibile.”
“Non lo so” ammise lei. “E poi…tu non te lo
ricordi.”
“Potrei averlo fatto mentre ero ancora stordito per la mia vampirizzazione”
Buffy non sapeva più cos’altro dire. Angel le aveva raccontato
una volta che durante le prime ore
dal suo risveglio aveva ucciso indiscriminatamente, senza poi serbarne
ricordo.
Spike la prese per le spalle, e Buffy sobbalzò. Lui fissò
i suoi occhi incredibilmente blu in quelli di
lei, e l’osservò.
“Cosa faresti, se sapessi di essere stata la causa della morte
di tua sorella Dawn? Di non essere stata
capace di difenderla? Non sposteresti indietro le lancette del tempo,
se potessi, pur di salvarla?”
Buffy trasalì.
“Spike….io l’ho già fatto, lo sai”
Lui annuì. Buffy era morta per difendere Dawn. Si era volontariamente
sacrificata per salvare la sua
sorellina.
“Buffy…io amavo Gillian come tu ami Dawn. Diamine, come
io amo Dawn. Sarei morto per mano
di Glory pur di salvarla…ed ora che so che ho fallito, con Gillian,
voglio tornare indietro nel tempo,
ed avere una nuova chance. Per non essere definitivamente un perdente.”
Lei rimase senza parole. Avrebbe voluto dirgli che no, non lo era, un
perdente, anche se aveva
sbagliato con tanti…ed anche con lei, quella notte, nel suo bagno…
Ma non sapeva trovare il modo.
Così, tacque.
Spike pagò la tariffa del pc, sorrise alla bibliotecaria, indicandole
la copertina del suo libro, e si
allontanò.
“Aspetta!” gridò Buffy, attirandosi lo sguardo incuriosito
e malizioso della collega.
Lui si voltò, ed inclinò il capo, nel suo solito modo.
Buffy era senza fiato, quando lo raggiunse.
“Vengo con te” gli disse solo, gli occhi verdi e brillanti.
“Dove?”
Lei sorrise. “Ma a Londra, ovviamente. 1880”.
PARTE SECONDA
LONDRA 1880
“Mi domando perché mi faccio sempre invischiare in questo
genere di faccende”
si lamentò Anya, prendendo posto di fronte a Willow nel cerchio
tracciato con polveri magiche.
“Come se non sapessi che, come al solito, finirà tutto
in disastro. L’ultima volta ho baciato Ru…”
“Eh?” chiesero all’unisono Buffy, Dawn e Willow.
“Chi hai baciato?” insistette Spike, divertito.
Anya ebbe la decenza di arrossire. “Niente. Un rospo. E non sono
fatti che vi riguardino!”
Le ragazze si fissarono. Avevano da tempo il strisciante sospetto che
fosse successo qualcosa tra
Giles ed Anya, e questa gustosa, involontaria conferma era manna dal
cielo. Spike tossicchiò: era
l’ora di tornare al lavoro. Era ansioso di ritornare a Londra…nella
sua Londra, e di fare finalmente
qualcosa, qualunque cosa, per alleviare il suo terribile rimorso ed
i suoi sensi di colpa.
“Non vedo perché tocchi sempre a me!” si riprese
a lamentare Anya.
“Anya” le disse Buffy, dolcemente. “Tara, purtroppo,
non c’è più. Ed in sua assenza…ci sei solo
tu
a saper qualcosa di arti magiche.”
“Non mi pare del resto il caso di invischiare Amy in questa faccenda.”
commentò Willow. “Non ho
nessun piacere di rivederla…e di ripensare a Rack…ed a quello
che gli ho fatto.” Il suo sguardo
vergognoso rifuggì da Dawn, che la osservava pensosa “Ed
a quello che ho fatto a te, Dawn”
“Beh, abbiamo tutti i nostri peccatucci” osservò
Anya, guardando di sottecchi Spike, che ebbe la
decenza di abbassare lo sguardo.
“Ahem” fece Buffy, infastidita suo malgrado per l’incrocio
di sguardi tra i due ex amanti.
“Procediamo?”
Willow ed Anya si inginocchiarono ai due lati del cerchio magico. Willow
prese della polvere
precedentemente preparata, e si accinse ad invocare Iside, per provocare
una distorsione temporale.
Buffy e Spike si sistemarono nel cerchio, spalla a spalla, proprio come
avevano fatto Willow e
Vamp Willow, e l’incantesimo ebbe inizio.
Erano d’accordo che all’alba del 5 maggio 1880 sarebbero
tornati indietro…possibilmente integri.
Ma erano tutti ben coscienti dei rischi insiti in una simile impresa.
Il viaggio nella distorsione
temporale, attraverso un cunicolo scavato dalla magia nella schiuma
quantica, presentava parecchie
incognite. Willow aveva spiegato che esistevano infinite dimensioni
parallele…anche del passato. E
che i rischi di finire in una dimensione diversa da quella reale, anche
se per piccoli, insignificanti
particolari, fossero elevati.
Valeva a dire che nella dimensione di arrivo le cose avrebbero potuto
essere molto diverse da quelle
che Spike ricordava.
Il loro arrivo era fissato per il tre maggio: il giorno prima dell’aggressione
a William ad opera di
Dru. Entrambi speravano che fosse un lasso di tempo sufficiente per
salvare Gillian da un analogo
destino. Willow era convinta che più lungo fossero rimasti nel
passato, più pericoloso sarebbe stato
il loro impatto sul futuro, e minori le loro chance di tornare al mondo
che stavano lasciando.
Dawn, per una volta, non aveva messo in discussione il perché
della decisione di Buffy.
Istintivamente, intuiva che era qualcosa che la sorella sentiva di dover
fare. Quali che fossero stati i
suoi rapporti con Spike, non tutto quanto di brutto era accaduto tra
di loro era stato colpa del
vampiro. Buffy aveva più di un rimorso, ed aiutarlo in questa
missione poteva essere un mezzo per
espiare qualcuno di questi.
Si erano baciate, e Buffy l’aveva rassicurata: sarebbero tornati.
La loro assenza, nel mondo reale,
sarebbe durata solo dodici ore.
Non sapeva ancora che i veri piani di Spike, al riguardo, erano piuttosto
diversi…
Uther fissava soddisfatto i grafici temporali. L’improvvisa distorsione
nei flussi interdimensionali
era evidente.
“Stanno per partire” gli comunicò Bill, il miliardario
informatico tramutato in vampiro. “Sono in
due.”
“E…torneranno in due?” chiese Uther, incuriosito.
Se il loro piano avesse funzionato, uno solo dei
due sarebbe tornato…
Bill gli aveva spiegato che era possibile “vedere” con un
certo anticipo i flussi futuri. Meraviglie
della meccanica quantica!
“E’ ancora presto per dirlo. Dovremmo avere il risultato
prospettico definitivo…in poche ore.
Avete visto? Il nostro piano è perfettamente riuscito. Hanno
abboccato all’esca prima del previsto”
“Come va la macchina?” chiese Jill. “E’ pronta?”
“Tra pochi istanti” commentò Bill. “Vedrai
che la mia tecnologia non è meno potente della magia di
quella specie di strega dai capelli rossi.”
Jill annuì. Non vedeva l’ora di partire. Aveva una missione
da compiere…e dipendeva tutto da lei,
la piccola Gillian.
1. Mercoledì, tre maggio 1880, ore 6.30 del mattino.
Fu più facile del previsto. Buffy atterrò addosso a Spike
su di un bel prato verde. L’aria era
tremendamente inquinata, più di quanto le sembrasse sopportabile.
Dopo un po’, capì che era
l’insopportabile lezzo di mille camini, di fuochi di legna, carbone
e torba, che si accendevano
nell’alba lanuginosa della grande città.
“Come facevate a respirare?” chiese al suo compagno, arricciando
il naso. “Quest’odore è
insopportabile”
Spike sorrise. “Proprio come ricordavo. Siamo arrivati, tesoro!”
“La prima tappa?” sussurrò lei, guardandosi intorno.
Erano in un parco cittadino, probabilmente
Hyde Park, e nel buio si andava diffondendo un tenue chiarore che illuminava
i mille tetti della
città. Da innumerevoli camini fuoriuscivano tenui fili di fumo.
“Carino da parte tua farti
ammazzare in primavera. Se ci fosse stata la nebbia, sarebbe stato un
bel problema” scherzò Buffy.
“Già” replicò serio Spike. “Andiamo,
non ci resta molto tempo”
“Sì, mio capitano!” rise lei, e lo seguì.
Sebbene il piano ideato da Spike le sembrasse quanto di più
bislacco, era troppo curiosa per mettersi a discuterlo
Spike la condusse con grande rapidità in un dedalo di viuzze
che non potevano che disorientarla.
Buffy si guardò intorno: non c’era nessuno per strada,
e questo era un bene, perché non avrebbero
potuto fare a meno di notare i loro strani vestiti.
Spike la condusse rapidamente nella loro casa all’estremità
più modesta del nobile quartiere di
Belgravia, e la fece entrare per una porticina sul retro. I due penetrarono
facilmente nella grande
casa addormentata. “Di qui” le disse Spike, spingendola
verso le soffitte. “Ehy!” protestò Buffy,
quando lui la face entrare in una stanzetta piena di bauli e cominciò
a sfilarle il top dalla testa. “Che
fai?!”
“Ti spoglio” sorrise lui, osservando con aria critica il
suo reggiseno color albicocca contro la sua
pelle morbida e dorata dal sole. “Dentro quel baule ci sono degli
abiti. Scegli qualcosa di scuro, se
lo trovi”
Buffy si riprese il suo top con uno strattone e lo fulminò con
lo sguardo. Spike rise, e cominciò a
spogliarsi a sua volta. Quando lei vide il suo torace nudo, e le lunghe
gambe disegnate dai jeans
neri, il fiato le si bloccò. Oh, Cielo, proprio ora che si stava
tranquillizzando…
“Buffy, abbiamo pochissimo tempo” la sgridò lui.
“Smettila di mangiarmi con gli occhi, e cerca
qualcosa da indossare"
“Come se tu non stessi guardando” protestò lei, imbronciata,
ed aprì il primo baule alla sua sinistra.
Il respiro le si bloccò di nuovo quando le sue mani incontrarono
una nuvola di pizzi e taffettà di tutti
i colori. “Oh, che meraviglia…” cantò Buffy,
mentre Spike metteva a sua volta le mani in un altro
dei bauli, alla ricerca di qualcosa da indossare. Come ricordava, questa
stanza al piano della servitù
serviva da guardaroba per tutta la famiglia.
Buffy era indecisa, come un bambino alla vigilia di Natale. Non sapeva
quale pacchetto aprire per
primo….Spike sollevò lo sguardo al cielo, e pescò
con le mani. Prese un vestito color malva dalle
bordature più scure ed una modesta scollatura.
“Starà d’incanto con la tua pelle ed i tuoi capelli,
e non l’ho mai visto indosso a nessuno, ne sono
certo” le disse, gettandoglielo. Buffy lo prese, e si accinse
ad indossarlo.
“Ha mille bottoni!” si lamentò.
“Tesoro, non hanno ancora inventato il velcro, da queste parti”
rise lui. “Andiamo, ti allaccio io”
Si mise alle spalle di lei, di fronte ad un grande specchio a grandezza
naturale, e cominciò con
pazienza ad allacciarle i bottoncini sulla schiena. Buffy tremava ogni
volta che le sue dita agili e
fresche si muovevano contro la morbida pelle del suo corpo. La carezza
era resa più sensuale dalla
strana circostanza che, nello specchio, lui non appariva. Un brivido
di piacere e di rimpianto scosse
la ragazza.
“Mi sembra che ci stai prendendo troppo gusto” gli sussurrò,
mentre lui sfiorava lievemente il suo
collo con le labbra.
“Mi sembra che non ce ne sto prendendo abbastanza” replicò
lui, voltandola verso di sé. Buffy
dovette combattere l'istinto di socchiudere le labbra…alzando
il volto verso il suo per un bacio.
Spike sorrise, e le indicò una cassettiera. "La’ dentro
ci sono dei guanti. Cercane un paio bianchi o
beige”
Buffy fece una smorfia. Forse, era meglio così. Se lui l’avesse
baciata in quel momento, non
avrebbe certo saputo smettere.
Mentre lei lanciava esclamazioni di meraviglia per le stupende paia
di guanti di tutte le fogge,
tessuti e colori contenuti nei cassetti, Spike continuava a vestirsi.
Indossò con calma, e con una
perizia che sconcertò Buffy, pantaloni neri con la piega, una
camicia con una cravatta, un panciotto,
una giacca, delle lucide scarpe scure…ed era perfetto. Un perfetto
gentiluomo inglese dell’epoca
vittoriana.
Tranne che per i capelli di platino, e l’aria strafottente.
Spike aiutò Buffy a scegliere un paio di guanti corti, color
perla, e la fece sedere dinanzi allo
specchio. Con dita agili, radunò i capelli di lei in uno chignon
piuttosto morbido, lasciando libere
alcune ciocche intorno al volto, ed infine trasse due piccoli orecchini
di madreperla da uno scrigno
posto su di un settimino, e l’aiutò ad indossarli insieme
ad un filo di perle.
“Guardati” le sussurrò, e lei si voltò.
Il morbido viola dell’abito di taffetà di seta metteva
in risalto il verde profondo dei suoi occhi, e la
sua pelle baciata dal sole della California. Le perle dei gioielli ed
il colore dei guanti sottolineavano
l’oro scuro dei suoi capelli. Era bellissima. Ancora più
bella di quella notte di molti anni prima in
cui si era magicamente trasformata in una dama del settecento per amore
di Angel. Ora, era
pienamente donna.
Era Spike ad averla resa tale, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
“Chi siamo?” chiese lei, abbagliata ed ipnotizzata dalla
sua stessa immagine nello specchio.
“Sir Anthony Shelby e sua moglie Elizabeth Anne. Siamo dei lontani
cugini del mio vero padre…se
non ricordo male, lui non c’è a Londra, in questi giorni,
è in viaggio d’affari. Mia madre crederà
alle nostre parole. “
“Io…tua moglie?” chiese Buffy, incrociando le braccia
in una mossa poco consona ad una lady
dell’epoca.
“Se fossi nubile, saresti costretta ad avere uno chaperon…e
non ci sarebbe modo al mondo di
spiegare il tuo arrivo in mia compagnia”
“Uhm” replicò lei, poco convinta. “Mi sembra
sempre una scusa per costringermi a passare la notte
con te”
Spike sollevò nuovamente gli occhi al cielo. Buffy, a volte,
era proprio irragionevole.
Nonché vigliacca. Era proprio sicura di non desiderarla, una
notte con lui? Strano, perché il suo
corpo cantava un’altra canzone, quando la toccava. Come prima.
Aveva scorto il suo desiderio, in
quello specchio…e sapeva che non era semplicemente il riflesso
del suo.
“Fai come vuoi. Non ho intenzione di arrampicarmi sugli specchi
per spiegare l’assenza di uno
chaperon. E’ la soluzione più semplice, ma se non vuoi…”
“No, andiamo” replicò lei, stanca di polemizzare.
Non vedeva l’ora di entrare nel vivo dell’azione.
Spike si ficcò un assurdo cappello a bombetta in testa, e la
fece uscire per la stessa strada che
avevano preso all’andata. Quindi, si ripresentò con lei
all’ingresso principale. Il sole stava per
sorgere…e Spike sperava ardentemente che la servitù di
sua madre fosse veloce nell’aprirgli.
“I signori desiderano?” chiese loro il maggiordomo, prontamente
accorso.
Buffy, come da istruzioni precedentemente ricevute, si infilò
come un razzo dentro il vestibolo
scuro, dicendo poi “Entra, Spike”. L’invisibile barriera
così si dissolse. Di fronte allo sguardo
perplesso del maggiordomo, Spike iniziò quindi il proprio discorsetto.
“Sono Sir Anthony Shelby, e questa è mia moglie, Lady Elizabeth
Anne” replicò Spike con un
accento profondamente diverso da quello familiare a Buffy, molto più
raffinato e nel complesso
simile a quello di Giles. “Il vostro padrone, mio cugino, ha avuto
la compiacenza di invitarci a
trascorrere la stagione in città. La nostra carrozza ha avuto
un incidente alle porte di Londra,
stanotte, ed i nostri bagagli sono ancora là. Abbiamo noleggiato
un calesse per venire fin qui….ma
le nostre cose non arriveranno che domani”
“Il signore non mi ha avvisato del vostro arrivo” obiettò
il maggiordomo, incerto sul da farsi.
“Mettete in dubbio la mia parola, buon uomo?” replicò
altero Spike.
Tibbs, il maggiordomo, lo osservò meglio. Gli sembrava un tipo
strano, questo Sir Anthony, e non
ne aveva mai sentito parlare dal suo padrone, ma aveva una tale somiglianza
con il signorino
William, nonostante quegli strani capelli, da indurlo a pensare che
fosse davvero una persona di
famiglia. Tibbs decise di farlo entrare: non appena la signora si fosse
destata, avrebbe lasciato
decidere a lei il da farsi, in assenza del padrone.
“Nel modo più assoluto, signore. Vi prego, accomodatevi.
La signora gradisce qualcosa?”
Buffy fece per rispondere, ma Spike la precedette.
“Serviteci la colazione, buon uomo”
Buffy fissò il suo compagno. Aveva intenzione di trattarla come
un soprammobile? Non la lasciava
nemmeno parlare!
Quando furono soli nella sala da pranzo, tetramente parata di tende
verdi scure, Spike si rilassò. “Se
lo conosco bene, filerà di corsa a chiedere il parere di mia
madre. Non si fida di noi, ma ha visto che
assomiglio…”
“…a te stesso” disse Buffy. “Non vedo l’ora
di conoscerti”
“Uhm” replicò Spike. Non ne era affatto entusiasta.
“Beh” osservò Buffy. “Se non altro in questa
casa non correrai il rischio di finire arrosto. Ora
capisco perché Rossella ‘O Hara poté farsi un vestito
con le tende…”
Improvvisamente, arrivò una processione di gente. Da quello che
capì, Buffy vide che mezza casa si
stava precipitando in sala da pranzo per la curiosità di studiare
i nuovi venuti.
Il corteo era guidato da una donna alta e corpulenta, vestita di nero
e con una cuffietta bianca, molto
simile ai ritratti ufficiali della Regina Vittoria durante la mezza
età.
Spike si alzò. Buffy vide che le sue mani tremavano, e ne comprese
il motivo.
Sua madre.
La rivedeva dopo centoventidue anni.
“Sono lieto di rivederla, Lady Shelby. Ho altresì il piacere
di presentarle…mia moglie. Lady
Elizabeth Anne”
Buffy capì che le parole di Spike contenevano più verità
di quanto apparisse. Era davvero felice di
rivedere sua madre. E, almeno per un po’, voleva pensare che fosse
davvero sua moglie la donna
che le stava presentando. E, in un certo senso, anche lei amava questo
pensiero. Spike la stava
presentando a sua madre, con il suo vero nome, e lei era davvero la
donna da lui amata e riverita.
Il pensiero la commosse più di quanto avrebbe dovuto.
“Io….non ricordo. Ci siamo giù incontrati?”
la donna stava studiando Spike con un sorriso sulle
labbra. “Lei…assomiglia sorprendentemente a mio figlio”
“E’ l’aria di famiglia” replicò lui,
commosso. “Ero bambino…quando lei mi incontrò. A
Bath”
Lady Shelby non seppe replicare. Sapeva che suo marito aveva una quantità
di parenti a Bath, e non
era affatto impossibile che lì, durante un breve viaggio che
i due sposi avevano fatto insieme molti
anni prima, si fossero incontrati. Sentiva un’istintiva attrazione
nei confronti di quel giovane uomo,
e della sua bella moglie. Fissò entrambi.
“Dovete essere molto innamorati” sussurrò. “Vorrei
che anche William trovasse una moglie così
bella ed affettuosa”
Buffy abbassò gli occhi. Di fronte allo sguardo innocente di
quella donna, si vergognava dei molti
abusi patiti da suo figlio per opera sua in nome del suo amore per lei.
Quel momento di incomprensibile commozione fu spezzato da un ennesimo
nuovo arrivo. Era una
fanciulla dell’età di Dawn, con bellissimi capelli castani
ed occhi del più puro blu. Nel suo viso
dolce ed innocente si scorgeva una grande curiosità.
“Gillian, bambina mia, non correre” la rimproverò
la madre. “Sono nostri ospiti. Lady Anthony
Shelby e sua moglie, Lady Elizabeth Anne. Sono cugini di tuo padre…e
perciò, cugini tuoi e di
William”
“Gli assomiglia da morire” osservò la ragazzina,
sorridendo.
“E’ quello che ho notato anch’io. Dov’è
tuo fratello?”
“Sta ancora dormendo” rispose Gillian. “Ha lavorato
a lungo stanotte. Nel suo studio”
Buffy e Spike si lanciarono un’occhiata.
“Bene, immagino vorrete riposarvi. Avete già fatto portare
nella stanza degli ospiti i vostri
bagagli?”
Spike raccontò anche a lei la frottola già somministrata
a Tibbs, e Lady Shelby annuì. “Vi presterò
l’occorrente, fintanto che non arrivino le vostre cose. Volete
visitare Londra, nel mentre?”
“No” disse Spike.
“Sì!” esclamò Buffy.
La donna li fissò incuriosita.
“Voglio dire” commentò Buffy. “Mio marito conosce
bene Londra, ma io no. Lui potrebbe
riposarsi un po’ in casa…mentre io potrei visitare la città”
“Da sola?!” si stupì Lady Shelby. “Non posso
permetterlo. Gillian le farà da compagnia, Lady
Elizabeth”
“Può chiamarmi Buffy” sorrise la ragazza.
“Buffy? Che strano nomignolo!”
“Lo scelse mia madre per me” commentò Buffy, con
una certa tristezza. “Ora, non c’è più”
“Mi dispiace” commentò la madre di William. “So
cosa vuol dire perdere qualcuno che si ama. Non
so cosa farei se…qualcosa accadesse ai miei figli”
Buffy sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Non sapeva cosa avrebbe
dato per evitarle la sofferenza
che sapeva stava per abbattersi su di lei e sulla sua famiglia. Ma erano
lì apposta. Avrebbero messo
le cose a posto…e Lady Shelby non avrebbe perso la sua piccola
Gillian. Anche se per William,
purtroppo, non c’era niente da fare.
Se in quel momento Buffy avesse conosciuto i pensieri di Spike, avrebbe
tremato. Grazie a Dio, una
simile conoscenza le era impedita.
Gillian prestò a Buffy un bellissimo cappello di paglia ed un
ombrellino in tinta con i suoi guanti, e
le due ragazze si prepararono per una visita mattutina della città.
Spike avrebbe passato le ore di
luce in casa, con la scusa di riposarsi dopo l’incidente della
notte, e si sarebbero rivisti all’ora di
pranzo. Erano già pronte per uscire, quando qualcuno arrivò
nel vestibolo.
“Abbiamo ospiti, fratellino!” rise Gillian. “Tuo cugino
Anthony, e la sua bella moglie”
William si aggiustò gli occhiali sul naso, e guardò timidamente
la giovane donna vestita di viola.
Oh, Cielo! Era la più meravigliosa, effulgente creatura che avesse
mai visto in vita sua! Tutto in lei
era luce, sole: dalla punta del suo nasino alla sua bocca morbida ed
imbronciata, dai suoi capelli
baciati dal sole alla sua pelle di pesca. William arrossì furiosamente,
e cominciò a balbettare un
saluto.
Divertita, Buffy lo osservava, lusingata e stupita del suo imbarazzo.
Quanto diverso era questo
intellettuale allampanato e timido, vestito di un sobrio abito marrone,
dall’arrogante, sexy, letale
creatura della notte, avvolta nello spolverino
di pelle nera, che aveva conosciuto una notte di molti anni prima all’uscita
del Bronze.
Eppure, le parole di Angel la tormentavano. Il vampiro mantiene non
solo le sembianze della
persona che era, ma anche gran parte della sua personalità….
Pertanto, Spike era anche questo. Era come se tutti i pezzi del puzzle
fosse tornati improvvisamente
al loro posto. Liam, in vita, era stato uno scavezzacollo superficiale,
dedito al vizio ed amante delle
belle donne.
William, invece, era un giovane studioso e sensibile, circondato dall’affetto
forse un po’ opprimente
di una famiglia tradizionale ed onorata, ma capace di intuire ed amare
la bellezza …anche quella
supremamente pericolosa di una creatura dell’oscurità come
Drusilla.
“Sono lieto di conoscerla, milady” mormorò lui, prendendole
la mano e sfiorandola con le labbra.
“Ed anche voi…signore”
Buffy inarcò un sopracciglio e sussurrò dietro la sua
schiena “Questo eri tu?!?!”
Spike le lanciò un’occhiataccia. Era troppo impegnato a
vivere la bizzarra esperienza di
incontrare…se stesso. Un se stesso dimenticato, forse, troppo
a lungo disprezzato, rimosso dai
meandri della sua memoria.
Eppure, quello era William. Umiliato in società per le sue orribili
poesie ed il modesto patrimonio
di suo padre, e teneramente amato in famiglia per il figlio e fratello
sensibile ed affettuoso che era.
Buffy ebbe un’idea perversa.
“William…perché non ci accompagnate in città?
Vostra sorella ed io stiamo per fare una
passeggiata. Non sono mai stata a Londra!”
Spike la fissò con odio. Buffy sorrise del suo sorriso più
dolce, sbattendo le ciglia come aveva visto
fare a Vivien Leigh in Via col vento, ed il giovane William non poteva
certo negare nulla a
quell’abbagliante dea.
“Io…certamente, milady. Se vostro marito è d’accordo…”
Spike trattenne a stento l’irritazione. Si poteva essere gelosi
di se stessi?
“Sì, naturalmente” acconsentì a denti stretti,
maledicendo la sua allergia ai raggi solari che lo
confinava in casa per buona parte di quella che già immaginava
sarebbe stata un’interminabile
giornata…
Buffy prese con un sorriso il braccio di William, e soffiò un
bacio in direzione di Spike.
La sua avventura londinese cominciava.
Nelle stesse ore in cui Buffy e Spike venivano introdotti alla vita
vittoriana in casa Shelby, anche
Jill atterrava, grazie alla macchina di trasferimento quantico messa
a punto dal vampiro Bill. Senza
sprecare neppure un attimo delle ore notturne che precedevano l’alba,
Jill aveva trovato il suo
rifugio nello scantinato di un vecchio palazzo a Belgravia, vicino alla
dimora degli Shelby, che ben
conosceva. Lì, ritrovò Uther. L’Uther del passato,
naturalmente, che lesse il suo messaggio
preparato dall’Uther del futuro…ed annuì scoprendo
le zanne.
Tutto era pronto per rimediare all’errore commesso centoventidue
anni prima.
2. 3 maggio 1880, ore 12.00.
“Da quando conoscete vostro marito, Lady Elizabeth?” chiese
la giovane Gillian, mentre il landò
degli Shelby attraversava Hyde Park in direzione di Belgravia.
“Da questa mattina” avrebbe voluto rispondere Buffy, osservando
di sottecchi William. Lui aveva
un’apparenza timida ed incerta, ma era un ragazzo gentile e cortese,
molto istruito, e si era rivelato
un’ottima guida per la sua visita della città. D’un
tratto, lui sollevò lo sguardo e la fissò, e lei
trattenne il fiato.
Era Spike.
Non avrebbe potuto confondere quegli occhi blu, a volte gelidi come
un lago di notte, altre volte
pieni di un calore bruciante, di un fuoco che la scottava, con quelli
di nessun altro al mondo.
William si stupì dell’espressione della giovane donna.
Era troppo inesperto per decifrare quella che
gli sembrava, pur nella sua innocenza, una profonda…passione.
Buffy si riscosse da quella sensazione di riconoscimento, da quell’incontro.
Era durato un attimo,
ma le era bastato per leggere profondamente dentro di sé.
E quello che aveva scorto in fondo al suo cuore l’aveva spaventata
profondamente.
“Ci conosciamo da cinque anni…anzi, sei” rispose lei.
“Dovevate essere molto giovane, allora” osservò William,
incuriosito da lei, ed attratto, come mai
gli era capitato prima. In un certo senso, lei lo affascinava come nessuno
mai, come nemmeno la
sua adorata Cecily. Sapeva bene che era intoccabile, questo era evidente,
ma non poteva certo
impedirsi di immaginarla come una benigna musa, che avrebbe ispirato
la sua poesia…
Lo sguardo di Buffy scivolò sul suo corpo, soppesandolo in un
modo che lo fece istintivamente
arrossire.
“Sì, lo ero”
“Fu amore a prima vista?” chiese la romantica Gillian.
“No” replicò Buffy, gli occhi sempre fissi su William.
“Anzi, non ci potevamo sopportare”
“E quando…insomma, quando scopriste i vostri veri sentimenti?”
insistette la ragazzina, sempre più
incuriosita.
Buffy sorrise, agitando il ventaglio che le aveva imprestato Lady Shelby
davanti agli occhi. “Una
mia amica fece un incantesimo d’amore…ed allora ci promettemmo
che ci saremmo sposati”
“Davvero? Credete alla magia?” intervenne William. “Non
vi pare…irrazionale?”
Buffy lo fissò da sotto le lunghe ciglia.
“Meno di quanto credete”
William arrossì di nuovo. Se non fosse stato l’innocente
giovane uomo che era, avrebbe potuto
pensare che lei lo stesse corteggiando.
Buffy non sapeva perché lo stesse provocando. In verità,
provava nei confronti del giovane inglese
dei sentimenti decisamente ambivalenti. Sapeva che era Spike…eppure,
non lo era. Mancava tutto
uno strato, quello del Big Bad. Ciò che c’era era un giovane
uomo ingenuo eppure tutt’altro che
stupido, inesperto, eppure buono e – lo intuiva – valoroso.
Un uomo che avrebbe potuto amare.
Eppure, lei amava anche altre qualità di Spike in William assenti.
La sua ironia, il suo senso
dell’umorismo, la sua sensualità, la sua esperienza.
Avrebbe mai potuto perdonarlo?
Vederli insieme era decisamente una fantasia bizzarra. Seduti a pranzo,
l’uno di fronte all’altro,
erano un’immagine speculare di sorprendente fascino. Lo sguardo
di Buffy passava dall’uno
all’altro, incessantemente, mentre Gillian descriveva animatamente
alla madre la loro giornata in
città.
Spike, a sua volta, toglieva lo sguardo di dosso all’altro se
stesso, quello che era stato, solo per
posarlo su Buffy. Sapeva che lei era intrigata dalla situazione, ma
ciò che ignorava era se si trattava
di semplice curiosità, o di qualcosa di più.
Non vedeva l’ora di restare da solo con lei per chiederglielo.
Dopo pranzo, a Buffy parve evidente che tutti si aspettassero un suo
cortese riposino pomeridiano.
Non le restò allora che ritirarsi per un paio d’ore nella
camera che le avevano destinato con il
marito, mentre Gillian e Lady Shelby si ritiravano nelle proprie, e
William riprendeva i propri studi
ed il proprio lavoro.
“Eccoci qui!” commentò Buffy, con un certo imbarazzo.
Spike si era tolto le scarpe e si era disteso
sul letto, con un braccio sugli occhi a proteggerlo dalla tenue luce
che filtrava dalle pesanti tende
scure.
“Spogliati pure, non ti salterò addosso” le disse
lui, senza cambiare minimamente posizione.
“Abbiamo bisogno di riposare. Stanotte, dovremo vegliare perché
non capiti nulla a Gillian…e
possibilmente, dovremo cercare di scovare il rifugio di Dru e degli
altri”
“Tu non sai dove sono?” chiese Buffy, decidendo di sdraiarsi
senza togliersi il vestito. Ci sarebbe
voluto un quarto d’ora solo per slacciare i bottoncini sulla schiena.
Sospirando, Spike si tirò su e cominciò a spogliarla.
“No. Quando mi risvegliai, mi portarono subito in un nuovo nascondiglio
nella zona del porto. Ma
Dru mi disse che prima stavano in un altro posto”.
“Cosa pensi di fare?”
“Penso di andare a caccia, stanotte”
“Non toccherebbe a me?” chiese dolcemente Buffy, mentre
lui le faceva scivolare il vestito dalle
spalle.
“Tesoro, ti perderesti dopo cinque minuti, o cadresti sotto le
ruote di una carrozza. Questi sono
tempi difficile”
Buffy si voltò e sorrise.
“Già, perché io – invece – sono sempre
vissuta nella bambagia”
“Non era quello che intendevo, e lo sai”
Buffy si lasciò scivolare accanto a lui, in biancheria e nient’altro,
rivolta verso la finestra, gli occhi
aperti.
“E così, eri un ragazzino timido ed imberbe, incapace di
formulare una frase intera senza arrossire”
disse, ma nella sua voce non c’era alcuna asprezza.
“Già” disse Spike, tornando a sdraiarsi, fissando
la schiena tesa di lei. “Ti ho delusa?”
Lei non rispose. La sua domanda aveva troppe possibili risposte. No,
non l’aveva delusa come
William: era un giovane uomo pieno di qualità. Sì, l’aveva
delusa quando non aveva accettato il suo
rifiuto, e l’aveva aggredita nel suo bagno.
No, non l’aveva delusa quando lei era morta, e lui si era preso
cura di Dawn come se non esistesse
altro al mondo.
Così, non disse nulla.
Dopo poco, sfiniti, caddero entrambi in un sonno profondo, senza neppure
toccarsi, eppure vicini.
3. Sunnydale. Ottobre 2002. Tre ore dopo l’incantesimo.
“Hai provato la stessa…sensazione?” chiese Willow
ad Anya, sottovoce, per non svegliare Dawn
che dormiva in soggiorno, in attesa del ritorno di Buffy e Spike.
“Sì” ammise Anya. “E’ stato diverso dalle
altre volte. Qualcun altro stava forzando i campi
interdimensionali”
“E’ quello che ho pensato anch’io” sussurrò
Willow. “Qualcuno sta facendo la stessa cosa. E non
può essere un caso”
Le due donne si fissarono.
“Cosa intendi fare?” le chiese poi Anya.
“Chiamare Xander. Ed andare a caccia” rispose Willow. “Di
informazioni”
4. Londra, 3 maggio 1880. Ore 21.30.
Spike e Buffy erano di nuovo soli, e si stavano di nuovo vestendo. Rassegnata,
Buffy lasciava che
lui la abbigliasse come la più consumata delle cameriere. Spike
le fece indossare la fine biancheria
di seta fornita, come tutto il resto, da Lady Shelby, le insegnò
come indossare il reggicalze e la
giarrettiera bianca, fingendo di non trovare eccitante la situazione,
ed infine le infilò le finissime
calze di seta, allacciandole al reggicalze. Buffy si fissava nello specchio,
fingendo a sua volta di non
tremare per l’eccitante contatto delle sue dita.
Poi, Spike le fece indossare l’abito da sera di pizzo bianco,
con crinolina, e le allacciò sulla schiena
tutti e trenta i bottoncini di madreperla.
Il pomeriggio era trascorso senza eventi. William non si era visto,
Spike aveva dovuto rimanere
chiuso in camera, e Buffy aveva fatto finta di leggere il libro più
noioso che le fosse mai capitato
sotto il naso in compagnia delle sue ospiti. In ogni caso, nulla e nessuno
avevano sino ad allora
attentato alla vita della ragazza, e questo era ciò che contava.
La cena era stata inquietante tanto quanto il pranzo, con William e
Spike che si studiavano da una
parte all’altra del tavolo, e Buffy che fissava entrambi.
“Un ballo” stava dicendo Buffy. “Sarà difficilissimo
tenere Gillian d’occhio”
“Lei non verrà” le rispose Spike. “Non è
ancora stata presentata alla Regina”
“Oh, Cielo” esclamò Buffy. “Ed allora cosa
ci andiamo a fare? E’ lei che dobbiamo proteggere!”
“Lo so” sospirò Spike. “Ma non possiamo non
andare. E’ un occasione troppo importante, e Lady
Shelby…mia madre, si offenderebbe troppo se non partecipassimo”
“Ma…”
“Resteremo il meno possibile, è ovvio. Saremo qui prima
che tu creda”
“Bene” commentò Buffy. “Se riusciremo mai a
finire di allacciare questa mostruosità di vestito”
Spike le sorrise, prese una camelia da un vaso lì vicino, e la
sistemò con grazia tra i capelli di Buffy,
che pettinò nuovamente in un morbido chignon.
“Ti rende bellissima…Buffy”
Lei vide la verità nei suoi occhi. Che si stava comportando correttamente,
come le aveva
promesso…ma che ancora la amava. Sempre.
“Grazie” rispose lei, improvvisamente imbarazzata.
Senza nascondersi alla sua vista, Spike cominciò a vestirsi con
lo smoking che William gli aveva
prestato. Naturalmente, gli andava alla perfezione.
E gli stava divinamente. La sua sicurezza interiore, la sua naturale
eleganza, emergevano appieno in
quella tenuta piena di fascino.
“Andiamo?” le disse Spike, allacciandosi ai candidi polsini
gemelli di madreperla.
Lei annuì, senza fiato.
Avrebbe volentieri ballato con lui per tutta la notte.
Il ballo si svolgeva a Ranelagh, i giardini in cui fin dal tardo settecento
la buona società inglese si
riuniva per balli e festini. Le debuttanti frusciavano tra le lanterne
di carta di gusto fintamente
orientale come chiari fiori. William scortava il suo nuovo cugino, Sir
Anthony, e la sua
meravigliosa consorte, ma il suo sguardo cercava la bellezza bruna e
sfacciata di Cecily.
Buffy si guardava intorno, sopraffatta dallo stupore. E così,
questa era l’Inghilterra vittoriana. Era
tutto così…fantasmagorico, in quella cornice surreale,
da sopraffarla. In quella folla, in quella
mondanità, il suo unico punto fermo era il braccio fermo di Spike,
a cui si aggrappò come ad
un’ancora.
“Balliamo?” le chiese lui, con lo stesso sorriso con cui,
una notte di due anni prima, le aveva detto
“Ballare? Non abbiamo mai fatto altro”
Buffy annuì. Non aveva mai ballato un valzer in vita sua, ma
non importava. Di questo, erano certi
entrambi. Lui la condusse con grazia ed energia in una serie di giravolte
per la pista, e lei seppe che
nessuno al mondo, quella notte, avrebbe notato la sua totale inesperienza.
Perché, perdio, stavano
ballando.
“Chi è quella meraviglia?” stavano chiedendo a William
tutti i suoi conoscenti maschi.
“La moglie di mio cugino, Sir Anthony Shelby di Bath” rispose
lui con fierezza, senza lasciare con
lo sguardo la sconvolgente immagine formata da Lady Elizabeth Anne in
una crinolina di pizzo
bianco.
“Che essere delizioso…e che marito fortunato” osservò
Lord Brighton, uno dei suoi compagni di
università. “Sembrano molto innamorati. A lui, come dargli
torto?”
Spike fissava Buffy alla luce dei grandi fuochi che, tradizionalmente,
ornavano le rotonde di
Ranelagh. Mai lei gli era parsa più bella. L’abito, l’ambiente…tutto
concorreva a creare una
straordinaria suggestione.
“Comunque vada, non so come ringraziarti per quello che hai fatto
per me, venendo
qui…affrontando i rischi di una simile impresa” le disse.
“Io…dopo quello che ti ho
fatto…insomma, non lo meritavo”
Buffy lo fissò. Il suo viso elegante, alla luce del fuoco, risultava
quello temibile di un
predatore…ma era ammorbidito dalla consapevolezza di entrambi
che un altro se stesso, un se
stesso innocente, vagava in quella stessa sala.
“Vorrei dirti che l’ho fatto per tua sorella…per salvarla,
perché è giusto” rispose Buffy. “Ma non è
la verità”
“Perché, allora?” insistette Spike.
Lei sorrise. “Perché volevo conoscerti meglio. Volevo sapere
chi eri…chi eri stato. Per capire il
perché…di ciò che provo per te.”
“E…cosa provi?”
Buffy scosse il capo. “Non sono ancora pronta per dirlo. Non qui.
Questa non è la mia realtà….e
non è più neanche la tua realtà. Abbiamo una missione
da compiere. Quando torneremo a
Sunnydale…allora, affronteremo una volta per tutte ciò
che c’è tra di noi”
“Buffy” mormorò lui. “ Mi stai dando una speranza…è
quello che ho sempre voluto da te”
Buffy sorrise. “No, Spike” sollevò il volto verso
di lui. “Ti sto dando un bacio”
E così dicendo, posò dolcemente le labbra sulle sue.
“Ahem, scusate” li interruppe William. “Maman chiede
se vi fermate ancora”
Spike e Buffy si staccarono lentamente, senza che lo sguardo dell’uno
lasciasse quello dell’altro.
Era la prima volta che si toccavano…davvero, da moltissimo tempo.
Erano mancati l’uno all’altro,
malgrado tutto ciò che era successo.
“No” sospirò Buffy. “Stavamo appunto dicendo
che è ora di andare”
“Bene. Signore, mi permettete un ultimo ballo con la vostra deliziosa
consorte?”
Spike sorrise, e si fece da parte. William prese Buffy tra le braccia
e la condusse nel centro della
sala.
“Non so ballare” confessò lei, ridendo.
“Ed io sono un pessimo cavaliere” le rivelò lui,
con un sorriso sincero, che illuminava i suoi grandi
occhi blu. “Ma questa sera sono felice. Sapete? Conoscervi mi
ha dato speranza, Milady. Se vostro
marito, che mi somiglia tanto, ha potuto incantare una donna come voi…bene,
forse anche per me
c’è un futuro d’amore e di felicità”
Il cuore di Buffy si strinse. Il ragazzo di fronte a lei, entusiasta,
giovane, e sereno, non sapeva cosa
l’attendeva di lì a poche ore. Il dono tenebroso dell’immortalità,
l’amore oscuro di una donna pazza
e disumana, centoventidue anni di orrore ed infine…la morte, e
quindi il rifiuto, della donna da lui
amata.
Avrebbe potuto risparmiargli tutto questo. Avrebbe voluto cancellare
questo futuro per lui, vederlo
invecchiare sereno nel suo mondo.
Ma questo avrebbe significato…perdere Spike.
E Buffy non era ancora pronta per compiere questo passo.
“Sì, sarete felice” gli disse invece, sorridendogli,
un velo di lacrime sui suoi occhi verdi. “Ve lo
prometto. Un giorno, sarete felice, ed una donna come me vi amerà…con
tutto il cuore.”
“Vi ringrazio” disse lui, e chinò il capo di lato,
per osservarla meglio, ed in quell’istante fu così
Spike da spingerla a fuggire.
Verso il vero Spike, e verso una notte che entrambi speravano essere
produttiva.
Il tempo scorreva più lentamente a Sunnydale, ed erano solo le
due di notte dello stesso giorno in
cui Buffy e Spike erano partiti. Xander e Willow stavano torchiando
gli avventori di Willie’s. Un
vampiro di mezza età, misteriosamente sino ad allora sfuggito
ai paletti della Cacciatrice, stava
spiattellando tutto.
“Sono gente potente. Sono dodici, tutti vestiti di tuniche nere.
Una è una vampira, una ragazza. Tra
di loro, si chiamano ‘La Confraternita’. E sono gente ricca.
Intendo, ce n’è uno con un sacco di
soldi. L’ho riconosciuto: una specie di magnate dei computer.
Hanno costruito una macchina. Non
so a cosa serva. Parlavano di “trasferimento quantico”.
Io ero una guardia giurata. Che ne capisco di
queste cose? Poi, hanno assunto Hanson ed i suoi vampiri. Erano in dieci,
ma la Cacciatrice ed il
suo amico vampiro l’hanno fatti fuori”.
“Volevano ucciderla?” insistette Willow, che invece aveva
certe cose le capiva benissimo.
“No, non credo. Volevano spingerla a fare qualcosa con il suo
amico vampiro. Ma non chiedetemi
cosa, perché non lo so”
Xander e Willow si consultarono.
“Quindi, volevano che lei andasse nel passato. Ma perché
aggredirla?”
“Forse, per spingere Spike a difenderla…e fargli riallacciare
il loro rapporto. Beh, una strategia
costosa: dieci dei loro vampiri sono morti”
“Ragiona: a loro cosa importa se Spike e Buffy sono nel passato?”
“A quanto pare, importa. Speriamo che Rupert, a Londra, abbia
trovato qualche informazione in
più”
Xander polverizzò l’informatore, e lui e Willow lasciarono
una lauta mancia a Willie per il disturbo.
Quando tornarono a casa Summers, Anya li attendeva con le ultime notizie
da Giles.
“Ciao, Xander” lo salutò senza troppo entusiasmo
il demone vendicatore. Da mesi, ormai, i loro
rapporti erano puramente formali, ed ogni tentativo di Xander di riallacciare
la loro relazione era
caduto nel vuoto. “Giles ha chiamato. Ha delle novità”
“Sentiamo” propose Willow, di nuovo a capo della Scoobie
Gang.
“Si tratterebbe della Confraternita dei Dodici. Un potente ed
antico ordine vampirico. Il loro
obiettivo è resuscitare Lucifero…il demonio”
“Ah, questo ci mancava!” osservò Xander ridendo.
“Avrà le sembianze di Al Pacino, mi auguro”
“No…a quel che pare, non ha sembianze umane” replicò
Anya. “Comunque, l’arrivo di Lucifero
introdurrà la venuta dell’Anticristo..e quindi dell’Apocalisse”
“L’Apocalisse? Non al plurale?”
“No…quella definitiva”
“E servirebbe, per far ciò?”
“Il sangue di un innocente preso da un essere demoniaco, devoto
della Confraternita e preparato da
particolari rituali, all’apice di una particolare congiunzione
stellare, ed in un posto dato…”
“Congiunzione che si terrebbe…quando?”
“Si è già tenuta” disse Anya. “E’
già avvenuto”
“Ma…quella particolare Apocalisse non si è ancora
avuta!” osservò Willow. “O sì?”
“No. Il giorno in questione fu il 4 maggio 1880, ed il luogo Londra.
Sia Spike che sua sorella
furono vampirizzati in quell’occasione, ma a quanto pare i loro
assassini non appartenevano
all’ordine della Confraternita. E così, quell’occasione
andò sprecata. Pare che il vampiro della
Confraternita arrivò troppo tardi. Erano entrambi già
morti. E non riuscì a trovare altri innocenti,
perché la congiunzione stellare era già passata”
Willow fissò gli amici. “Dunque, questo è il momento
in cui io faccio la mia faccia seria, e risolvo il
mistero come Nancy Drew. Ragazzi, ho la soluzione!”
“Sentiamo” replicò annoiata Anya.
“Ehy!” intervenne Dawn. “Mia sorella è laggiù…non
vi distraete!”
“Bene” cominciò Willow. “4 maggio 1880. William
e sua sorella Gillian vengono uccisi da dei
vampiri…non appartenenti alla confraternita. Arriva il vampiro
designato dall’ordine…e li trova già
morti. Il loro sangue non è più utilizzabile.”
“Giusto. Continua.”
“Mi sembra lapalissiano”
“Lapali…che?”
“Semplicissimo, intendo” replicò Willow. “Sunnydale,
2002. Spike viene tormentato
dall’apparizione di sua sorella, ora vampiro, che lo fa precipitare
nei sensi di colpa. Guarda caso,
nella galleria di Joyce compare un ritratto in cui la piccola Gillian
è dipinta in tutta la sua
innocenza. Casuale?”
“Certo che no. Vai avanti, Will”
“Fanno di tutto per far riallacciare un rapporto quanto meno di
stima reciproca tra Spike e Buffy,
organizzando il salvataggio. E, bum! Spike e Buffy vanno insieme nel
passato…per salvare almeno
Gillian!”
“Oh, cavolo!” concluse Anya. “Vogliono che Spike e
Buffy salvino Gillian…per essere loro ad
ucciderla! E poter quindi far arrivare l’anticristo!”
“Già. E mentre noi mandiamo Buffy e Spike nel futuro con
la magia, loro fanno altrettanto con la
macchina di trasferimento quantico inventata dal magnate dei computer…e
mandano lì il vero
assassino, quello della Confraternita”
“Buffy e Spike non ne sanno niente!” esclamò Dawn.
“Cielo!”
Willow si incupì. “Dobbiamo augurarci che riescano a salvare
Gillian, non una, bensì due volte”
“E che tornino sani e salvi da noi” concluse Dawn, che in
cuor suo aveva già perdonato Spike…e lo
rivoleva accanto a sé ed a sua sorella.
5. 4 maggio 1880. Ore 3 del mattino.
Dopo l’eccitante serata trascorsa a Ranelagh, la veglia notturna
appariva a Buffy quanto di più
noioso e stressante. Appena giunti a casa Shelby, Spike si era tolto
lo smoking, aveva indossato
degli abiti da lavoro, ed era sparito nelle strade di Londra, in cerca
di Dru e della sua combriccola.
Buffy aveva preso i suoi paletti, aveva indossato nuovamente il suo
top ed i jeans, e si era infilata di
soppiatto nella camera da letto di Gillian, lasciandosi quindi cadere
su di una poltroncina accanto al
letto.
La ragazzina dormiva, e Buffy ripensava sognante al suo abito da sera
di pizzo bianco…ed al bacio
che lei e Spike si erano scambiati.
Era stato bello. Era stato intenso. Ed era stato diverso. Aveva sentito
con lui una comunione mai
provata prima, come se entrambi, in quei lunghi, difficili mesi, fossero
cambiati, maturati.
Era stato emozionante anche volteggiare tra le braccia di William. Non
riusciva a considerarlo una
persona diversa da Spike. Era semplicemente l’altra faccia della
luce, quella perennemente
illuminata dal sole.
Ma lei, che Dio la proteggesse, di lui amava anche la tenebra.
“Cenerentola è tornata dal ballo” si disse Buffy,
e senza volerlo si addormentò. E cominciò a
sognare di balli e cavalieri e crinoline.
Non appena Buffy chiuse definitivamente gli occhi, Gillian li aprì.
Aveva aspettato con ansia quel momento per tutta la sera, e per gran
parte della notte. Era da una
settimana che il suo angelo nero le faceva visita nel giardino della
sua casa londinese, riempiendola
di baci e carezze, a volte tanto insistenti, tanto intensi, da farla
sanguinare.
Eppure, il suo tocco aveva una qualità selvaggia che mai aveva
assaporato prima, nelle sue
esperienze con i figli dei vicini di suo padre nel Berkshire.
Una ragazza deve pur divertirsi un po’. Così, quando una
sera di sette giorni prima un uomo alto,
bello e bruno le aveva fatto scivolare un biglietto nel palmo della
mano all’uscita della chiesa, lei
aveva capito che non c’era ragione al mondo per non coltivare
questo tipo di divertimenti anche in
città.
Sapeva con chiarezza assoluta che, nel breve volgere di pochi anni,
sarebbe stata sposa di un uomo
probabilmente insulso e detestabile, scelto per lei dalla sua famiglia
in base a considerazioni di puro
interesse, madre di figli presumibilmente destinati a morire in tenera
età, e forse sarebbe stata lei
stessa vittima di qualche malattia tanto assurda quanto incurabile in
quei tempi difficili, senza
misericordia.
Perché non godere allora dei baci e degli amplessi che il bel
straniero dai grandi occhi scuri poteva
offrirle?
Gillian sorse dal suo letto, senza nemmeno un rimpianto.
Spike batté tutti i soliti posti. Sapeva bene di chi chiedere:
di Angelus e delle sue donne. Possibile
che dopo centoventidue anni quell’espressione ancora gli desse
fastidio?
Anche se quella notte la sua anima gli stava regalando le prime autentiche
gioie da molto, molto
tempo. Ecco, cosa significava l’anima: orrenda sofferenza, rimpianti
e sensi di colpa incessanti.
Ed un po’ di autentica gioia.
Buffy. Il suo bacio era stato un dono grande, grandissimo, e per quello
che recava con sé era stato
per lui persino più importante della loro prima notte di passione.
Perché stavolta, lo sapevano
entrambi, c’era anche il cuore.
Non riusciva non pensarci. Ed ora, quello stesso cuore si stringeva,
al pensiero di ciò che lo
attendeva nelle prossime ore.
Eppure, la sua scelta era stata fatta.
Con coraggio, Spike si mise in caccia. Qualcuno gli aveva dato un buon
indizio.
Quando Buffy si risvegliò, nella stanza penetrava un tenue chiarore.
Con orrore, si avvide che il
letto era vuoto, e la finestra aperta.
Gillian non era più nella sua stanza.
Terrorizzata di essersi lasciata scappare la ragazza da sotto al naso,
Buffy si precipitò alla finestra:
con pochi agili salti, utilizzando la grondaia, si poteva scendere in
giardino. Non attese un istante
più del necessario, e si lasciò cadere nel piccolo cortile
cittadino.
Una serie di rumori soffocati la mise in allarme. Tese l’orecchio,
nascondendosi dietro il corpo
esterno di un camino.
Nel buio, vide il corpo minuto di Gillian, coperto solo di una sottile
camicia da notte bianca, stretto
tra le braccia di una creatura vestita di nero. Sembrava un’immagine
tratta da un film di vampiri
degli anni ’60, di quelli che piacevano tanto a Clem, ma era reale.
Buffy sperò ardentemente di
essere giunta in tempo.
“Mi sei mancato” stava sussurrando Gillian, sollevando il
volto verso quello tuttora all’ombra del
suo compagno. “Quella strana ragazza arrivata oggi in casa nostra
è venuta nella mia camera da
letto, stanotte. Non so cosa diavolo volesse. “
“Ti ha toccato?” chiese l’uomo, con l’ombra
di una perversa risata nella voce, una voce
sorprendentemente familiare.
“No, che dici…” rise piano Gillian. “L’avrei
toccata io, piuttosto…è molto carina. Ma credo che
l’avrei fatta scappare a gambe levate, se ci avessi provato. Mi
sembra un tipo così
innocente…scommetto che non ha mai toccato nessun altro al mondo
eccetto il suo noiosissimo
marito, che tra l’altro è il ritratto sputato di quel fallito
di mio fratello.”
Buffy trasalì a quelle parole. Gillian parlava così di
lei? E di William? Con quel tono…perverso?
La giovane, innocente Gillian?
“E poi” continuò la ragazza “Per certe cose,
lo sai, preferisco un uomo”
“Io non sono un uomo, tesoro” le rispose il suo compagno.
“No, ma hai tutto ciò che occorre” rise di nuovo
Gillian. “Avanti, lascia che ti tocchi. Ho voglia di
farlo. Puoi mordermi se vuoi, sai?”
Lui rise di nuovo. “E’ proprio quello che intendo fare stanotte,
dolcezza. Morderti forte…e molto a
lungo”
Jill osservava la scena da un angolo in ombra del giardino. Sì,
ricordava tutto….il fascino del
vampiro, la sua bocca esigente, le sue mani esperte…e la sua innocenza
da tempo infranta che
riceveva l’ultimo bacio.
Si era disfatto di lei due notti dopo, attirato da un nuovo gioco, da
un nuovo childe. William.
E l’aveva abbandonata ad Uther.
La invase una stanchezza invincibile, come non mai.
Il male assoluto stanca.
Soprattutto, annoia.
Jill cominciò a chiedersi cosa avrebbe provato nel momento del
suo disfacimento…
Buffy fece un passo in avanti e la vampira nell’ombra, non vista,
sorrise.
“Mi spiace intromettermi” sorrise Buffy. “Anzi, no,
non mi spiace affatto. Tu, Gillian, sei una
piccola svergognata indegna di legare le scarpe a quel fallito di tuo
fratello. E tu, amico delle
tenebre…hai mai sentito parlare della “Cacciatrice, la”?
“
Gillian si ritrasse, stupita. La creatura della notte rise a bassa voce.
“Oh, una cacciatrice…pericolose, mi dicono”
“Noi…ci conosciamo?” chiese Buffy, stupita dal tono
familiare della sua voce.
“Credo proprio di no” rispose il vampiro. “Altrimenti,
saresti già morta”
L’uomo uscì dall’ombra. Buffy lanciò un piccolo
grido di sorpresa.
“Che c’è?” si stupì il vampiro “Hai
visto un fantasma?”
Buffy lo studiò. Alto, bruno, elegante. Bello.
Sei sempre la mia ragazza? Sempre.
“Angelus” disse solo. “Mio Dio, il mondo è
davvero piccolo”
“Mi conosci?” si inorgoglì Angelus. “Ne sono
fiero. Avanti, ho proprio voglia di mettere le mani
addosso ad un cosino carino come te. Mi son sempre piaciute le bionde.
Senza offesa, piccola Jill”
Buffy lo fissò, e poi, prese di scatto Gillian e corse con lei
verso casa.
Senza rumore, senza dolore, come aveva desiderato, la vampira Jill si
dissolveva.
“Ehy, mettimi giù!” esclamò la ragazza, quando
furono in cucina. “Perché diavolo ti immischi?”
“Sciagurata!” la investì Buffy. “Scappi di
casa di notte per incontrarti con quello là? Ma lo sai
cos’è?”
“Certo” rise Gillian . “Il mio terzo amante. Ha il
vizio di mordermi a sangue, ma a parte quello…ci
sa fare, credimi”
“Idiota!” replicò Buffy, resistendo a stento all’impulso
di mollarle un ceffone. “Non l’avrai invitato
in casa, vero?”
“No, cosa credi” replicò la ragazzina imbronciata.
“Mio padre mi ucciderebbe, se mi scoprisse. Ma
mi annoio talmente tanto…”
“Bene! Allora, non invitarlo!”
“Ma a te che importa? Chi diavolo sei?” Gillian la fissò
“E come sei vestita?”
“Non sono fatti che ti riguardino. Una sola parola, e rivelo tutto
a tua madre. Ed ora, fila a letto e
chiuditi dentro!”
Sbuffando, Gillian annuì.
Buffy si rifugiò nella sua stanza, ed attese furiosa il ritorno
di Spike.
“Ho un indizio” le rivelò il vampiro, poi, si accorse
che lei era sconvolta. “Che c’è? Sembra che tu
abbia visto un fantasma”
Buffy sbottò. “Altro che fantasma. Era in carne ed ossa
…Angelus!”
Quella era la parola d’ordine collaudata per far arrabbiare Spike.
“E che diavolo ci faceva, qui?”
“Seduceva la tua non troppo innocente sorellina. Lei stessa mi
ha confessato che era già il suo terzo
amante”
Spike la fissò incredulo.
“Smettila!” gli disse Buffy. “Tua sorella è
una sgualdrinella, e se la fa con il mio ex fidanzato, che
ho appena avuto il dubbio piacere di rivedere nella versione 2.0, cioè
senz’anima. Non ho forse il
diritto di essere sconvolta?!”
Spike la prese tra le braccia. “Mi dispiace. Non avevo pensato
a questo. Averlo rivisto, dopo quello
che è successo, deve essere stato un trauma per te”
“Beh, è stato un incontro di cui avrei volentieri fatto
a meno” ammise Buffy, sentendosi assai
comoda nella stretta delle sue forti braccia. “Non vedo come faremo
a salvare Gillian, se si cerca i
suoi amanti tra le creature della notte…”
“Non è l’unica” la provocò Spike.
Buffy lo spinse via da sé, irata.
“Sono stata una sciocca” ammise dopo, un po’ placata.
“Prima l’ho minacciato, dicendogli che ero
una cacciatrice, e poi sono scappata come un coniglio. Non…non
me la sono sentita di affrontarlo.
A che scopo? Farmi uccidere? Ucciderlo? E poi? Polverizzarlo ora non
avrebbe forse
significato…che io e te non saremmo mai diventati…quello
che siamo diventati.”
“E …saremmo?”
“Lo sai”
“No, non lo so”
Buffy sbuffò. “Qualcosa più…che amanti. Ed
è cominciato tutto in quella casa di Crawford Street,
lo sai…quando tu mi hai aiutato a combatterlo”
“Ne sei sicura?” le chiese Spike, dolcemente.
“No. E smettila! Non sono sicura di niente”
Spike le sorrise, e le accarezzò i capelli. “Dimentica
Angelus. Per questa notte non tornerà. Siamo
riusciti a salvare Gillian, lo vuoi capire? E’ tutto finito. La
nostra missione si è conclusa. Gillian è
salva...non morirà oggi. E, se Dio vuole, ha capito la sua lezione.
Domani torneremo a casa. Da
Dawn. E tu non sarai più sola.”
Qualcosa nel suo tono mise in allarme Buffy. Non era il solito Spike.
Le sue parole erano
rassicuranti, ma nella sua voce si intuiva una tale devastante tristezza…Buffy
non volle interrogarsi
sul perché, ma era come se lui si preparasse a lasciarla. Definitivamente.
Ed il pensiero le era insopportabile.
“Spike…”
“Sì?”
“Questa notte…non mi lasciare”
“Non intendo andare da nessuna parte.”
“No…voglio dire. Resta con me” Buffy si fece coraggio,
e lo fissò fino in fondo agli occhi.
“Facciamo l’amore”
Spike ricambiò il suo sguardo. I loro occhi non si lasciarono.
Sapeva bene che lei non gli stava promettendo ancora nulla. L’avrebbe
mai fatto? Cielo, oramai
questa era diventata una domanda retorica, senza senso. Quel che contava
era che lei non voleva
semplicemente usarlo…non più. Questa volta, comunque fossero
andate le cose, non sarebbe stato
sesso.
Bensì, amore.
E poi, sarebbe successo quello che doveva succedere.
La prese in braccio con un solo, fluido movimento, e la posò
sul letto che avevano riservato per Sir
Anthony e Lady Elizabeth Anne. Erano loro. Se chiudevano gli occhi,
erano sposati, si amavano, ed
avevano un futuro davanti.
Se chiudevano gli occhi.
Buffy li chiuse, mentre lui tornava a casa.
“Cosa diavolo facciamo?” si chiese Willow, genuinamente
preoccupata. “Il loro assassino è già
partito. Ormai, potrebbe essere lì in qualunque momento. E Buffy
e Spike non ne sanno nulla!”
Xander le prese le mani.
“Come al solito, dobbiamo sperare che se la sappiano cavare. Vedrai,
Spike non lascerà che capiti
nulla a Buffy”
Dawn, stupita, sollevò lo sguardo. Xander riconosceva questo?
“Posso detestarlo per quello che è, disprezzarlo per quello
che ha fatto…ma devo riconoscere che
ama sinceramente Buffy. Darebbe la sua vita per lei, e l’ha già
dimostrato” continuò Xander,
sinceramente.
“Alla fine” ammise Dawn. “E’ questo quello che
conta”
Non era la prima volta, ma – in un certo senso – fu come
se lo fosse stata. Buffy, ad occhi chiusi,
lasciò che le sue mani dolcemente la percorressero, riappropriandosi
del suo corpo come di una
mappa per un viaggio lontano, in un paese sconosciuto. Finita la violenza,
placate le ferite
dell’anima, sconfitto il freddo del cuore. La tenerezza e la passione
colmavano il fossato apertosi tra
di loro in quei lunghi mesi di solitudine.
“Ti amo” le disse lui, e lei non rispose.
Non per timidezza, ma per coerenza. Entrambi dovevano meritarselo, quell’amore,
e – forse – era
ancora presto per quello.
Ma non troppo presto per dimostrargli la propria dolcezza, il proprio
desiderio. Buffy lo strinse a sé,
baciandolo, lasciando esprimere tutti i propri confusi, tumultuosi sentimenti
alla sua bocca, alle sue
mani, mentre a sua volta si riappropriava del corpo di lui, quel corpo
che le apparteneva come mai
nulla e nessuno le era appartenuto prima.
“Spike…” disse infine, mentre lui abbandonava il capo
contro il suo collo, non in una minaccia,
bensì nella più dolce delle rese “Non mi lasciare
mai”.
6. 4 maggio 1880. Ore 10 del mattino.
“Non voglio svegliarmi” protestò Buffy, stiracchiandosi
tra le lenzuola di finissimo lino ricamate.
Per lei che era abituata a dormire tra lenzuola di pratico, ruvido cotone,
questo era un grandissimo
lusso.
“Devi” la sgridò Spike. “Questa sera si terrà
il ricevimento in cui William…cioè io, verrà umiliato
da Cecily, e quindi finirà tra le braccia di Dru. Non vuoi essere
presente?”
Lei lo guardò. “A dire il vero, no. Vieni qua” gli
disse, sorridendogli. Spike ubbidì, e le loro labbra
si unirono nell’ennesimo bacio. Questo non era cambiato: non erano
mai sazi l’uno dell’altro. Solo
che, stavolta, non c’era più rabbia, ferocia, nella loro
unione, ma solo tenerezza…e passione.
“Non dimenticherò mai questa notte.” disse Buffy,
accarezzandogli il volto. “Ho mentito quando ti
dissi che eri solo conveniente…non lo sei mai stato, neppure per
un istante. Ma adesso è anche
meglio. Perché sento che ci conosciamo meglio…più
profondamente. Sono stata contenta di
conoscere William…di conoscerti. E sono stata contenta…di
questa notte. Mi mancavi. Dio, come
mi mancavi”
“Anche a me” disse lui, con un velo di tristezza. L’aveva
amata con tutto se stesso, come se non
esistesse un domani.
Lui sapeva che era proprio così.
“Un giorno ti dirò di più” continuò
Buffy. “L’ho promesso a William, e lo farò. Quando
sarò
pronta”
Spike si chiese cosa lei intendesse dire. E poi, sorridendo, ripresa
a baciarla.
Verso l’ora di pranzo, Buffy lasciò finalmente la loro
camera con in mente una missione ben
precisa. Spike l’aveva aiutata a rivestirsi con uno degli abiti
da giorno prestatile da Lady Shelby, ma
poi le cose erano drammaticamente rallentate…e lei si era dovuta
rivestire una seconda volta, e
quindi una terza.
Alla fine, senza fiato, Buffy era sfuggita al suo amante. Non poteva
raccontare ai suoi amici, al
ritorno a Sunnydale, che la gran parte del suo viaggio nel tempo era
stata trascorsa a letto.
E così, Buffy si era infilata nella stanza da studio dove la
piccola Gillian faceva svogliatamente i
compiti assegnatili dal suo precettore.
“Ah…sei tu” osservò imbronciata la ragazzina.
“Hai parlato con mia madre?”
“No” sospirò Buffy, sedendosi accanto a lei e lisciando
con le mani l’ampia gonna di mussola
marrone che aveva indossato. “Non lo farò, a patto che
tu prometta di ascoltare con attenzione
quanto sto per dirti”
“Prometto” disse Gillian. “Sei venuta a farmi la predica?”
“Una specie. Chi credi che siamo, noi?”
“Non siete i cugini di mio padre?”
“Ho l’accento di Bath?”
“Se è per questo, non hai neanche un accento inglese. Sembri
una straniera” ammise Gillian.
“Ed infatti, lo sono. Sono americana”
“Davvero? E allora?”
“E vengo dal futuro.”
Gillian la fissò e poi scoppiò a ridere.
“Non sto scherzando” disse Buffy. “Il mio nome è
Buffy Anne Summers, ho ventun’anni, e sono
nata nel 1981. A Los Angeles, California. Anche se attualmente vivo
in una cittadina di nome
Sunnydale.”
“Devi aver fumato dell’oppio”
“Nemmeno dovresti conoscerne l’esistenza, di quelle cose,
svergognata! E comunque, no, non ho
fumato oppio, e non bevo assenzio. Quello che ti sto dicendo, è
la verità. Ma c’è di più e di peggio”
“Ammettiamo che tu abbia ragione” disse Gillian. “Perché
Angelus ieri sera ti ha chiamato
‘Cacciatrice’? Cosa significa?”
“Significa che è quello che sono. Una cacciatrice. Ne viene
scelta una per generazione per
combattere i vampiri e le forze del male”
“E…Angelus…”
“E’ un vampiro, brava. Ed è per questo che ti mordeva
sul collo! Questa notte, se non fossi
intervenuta, saresti morta! Anzi, peggio, ti avrebbe tramutata in un
vampiro, perché…”
“Perché è quello che ha fatto, vero?” chiese
Gillian, dimostrando una perspicacia non comune. “Tu
saresti venuta dal futuro per salvarmi…perché nel passato
io sono un vampiro”
“E’ così” ammise Buffy.
“E tuo marito….tuo marito è anche lui un vampiro…perché
è mio fratello. Ecco spiegata la
somiglianza”
Buffy annuì.
“Oh, Dio…” esclamò Gillian. “Siamo morti
entrambi. Ci hanno vampirizzato. Stanotte? Angelus ha
morso me…e poi William?”
“No” disse Buffy. “Credo che abbia morso solo te.
William morirà oggi. E sarà Drusilla ad
ucciderlo, a trasformarlo. Drusilla è l’amante di Angelus.
Una delle tante”
“Dobbiamo fermarla” disse Gillian, che poteva essere un’impudente
sgualdrinella…ma che non era
priva di cuore. “William è un essere innocente. Non merita
questa fine”
Buffy scosse il capo. “Non possiamo far nulla per lui. Se impediamo
la sua vampirizzazione, Spike
sparirà…e molte delle cose buone che lui ha fatto svaniranno
con lui. Mi ha aiutato più di una volta
a salvare il mondo, ha protetto mia sorella, mi ha salvato la vita e…”
“Spike?” chiese Gillian. “Oh, capisco. Vuoi dire,
William…in versione vampiro. E tu, lo ami,
vero?”
L’espressione di Buffy si addolcì. “Questo non conta,
ora. Ciò che è importante è aver salvato
te…se ti terrai alla larga da Angelus e dai suoi simili, la nostra
missione è compiuta. Quanto a noi,
questa notte spariremo…torneremo al futuro. E tu aiuterai i tuoi
genitori a sopportare il dolore per
la morte di William. Lui…lui ha fatto del male, come vampiro,
ma anche del bene. Ed è tutto ciò
che resta a me ed a mia sorella, Dawn, che lui ama come William ama
te…Ora, capisci?”
Gillian annuì. “E’ la storia più assurda che
abbia mai sentito…ma ti credo.”
“E’ la verità. Vorrei potertelo provare…ma
non saprei come”
“Non importa” disse Gillian. “Ho capito. E’
evidente che non posso dire nulla a William,
ma…posso almeno baciarlo? Abbracciarlo? Un’ultima volta…”
“Va da lui” le disse Buffy, commossa. “Stagli vicino.
Oggi, per lui, sarà un’orribile giornata”
“Uther…sono preoccupato”
Il capo della confraternita si avvicinò agli schermi dalle complesse
videate che Bill teneva
costantemente accesi per monitorare il viaggio nel tempo della vampira
Jill, l’assassino inviato dalla
Confraternita, già in vita Lady Gillian Shelby.
“Cosa c’è?”
“Non vi sono segnali di ritorno, in questo momento”
“Dannazione!” esclamò Uther. “Ce la siamo persa?”
“Non so. Non sembra che debba ritornare.”
“Bill, falla tornare. Altrimenti, preparati tu a raggiungerla!
La nostra missione non può fallire!”
Nella fretta di rifare i calcoli prospettici, Bill non si accorse di
un’altra anomalia. L’unica che
avrebbe potuto consolarlo.
La stima preparata per il ritorno di Buffy e Spike indicava una sola
persona in transito.
Uno dei due non sarebbe tornato.
L’Uther del 1880 non credeva ai suoi occhi. La vampira arrivatagli
dal futuro con un messaggio da
parte di se stesso era sparita.
Non c’era più nel pagliericcio che le aveva riservato per
il suo riposo durante le ore del giorno.
E la cosa più strana, era che fosse sparito anche il suo messaggio,
la pergamena che Uther aveva
gelosamente nascosto nella sua cassaforte di cui lui solo conosceva
la combinazione.
Svanita. Andata. Come se non fosse mai esistita!
Dannazione, pensò Uther, qualcosa, in qualche momento, doveva
essere andato tremendamente
storto!
7. 4 maggio 1880. L’ora del delitto.
“Sei pronto?” disse Buffy a Spike, mentre lui si preparava
alla cena. Sarebbe stata l’ultima che
avrebbero trascorso in casa Shelby: alla mezzanotte di quello stesso
giorno, l’incantesimo di
Willow, come un gigantesco elastico, li avrebbe riportati a casa. Ancora
pochi istanti, e William si
sarebbe recato al ricevimento in cui la sua poesia sarebbe stata pubblicamente
umiliata, la sua
proposta a Cecily ignominiosamente respinta, e la sua vita distrutta
da Drusilla.
Buffy non riusciva a non guardarlo. Le sue speranze…destinate
ad essere infrante. I suoi
sentimenti…calpestati. E tutto per cosa? Per un secolo di tormenti
ed atrocità?
Per lei?
Lei e Spike avrebbero trascorso quell’ultima serata in casa Shelby.
Nessuno dei due si sentiva
pronto ad assistere all’umiliazione di William ed alla sua disfatta,
senza poter intervenire. Mentre
Buffy salutava il giovane inglese, i suoi occhi si colmavano di lacrime.
Quante promesse spezzate!
Quale orribile spreco! Un uomo buono, un gentiluomo, un uomo onesto,
che lei sarebbe stata fiera
di chiamare marito, destinato ad un destino davvero peggiore della morte.
Spike era uscito dalla stanza da pranzo, come se la vista di William
gli fosse ormai troppo penosa
per essere sopportata. Buffy si asciugò gli occhi, discretamente,
e si avvicinò al giovane.
“Probabilmente, domani lasceremo la vostra casa” gli disse
“Abbiamo trovato un appartamento in
città. Vi prego, non dimenticateci.”
“Non potrei mai dimenticarvi…Milady” rispose lui,
fissandola con i suoi occhi blu pieni di
innocenza…e di profondo, umano intuito. “Conoscervi, ha
arricchito la mia vita. Vostro marito è un
uomo fortunato”
“Sì” mormorò Buffy, quasi scoppiando di nuovo
in lacrime. “E’ un uomo davvero fortunato”
William le prese le mani, e le baciò devotamente. Poi, si allontanò
da lei, per andare incontro al suo
destino.
Peccato che la porta di casa era sbarrata, e che a nessuno fu possibile
lasciare la dimora, quella
notte.
Buffy capì subito tutto, in un istante.
E si diede della deficiente.
Spike! Intendeva andar lui al ricevimento! E salvare così William,
polverizzando Drusilla quando
l’avesse incontrata nel vicolo…
“Idiota!” urlò Buffy, strappandosi alla stretta di
William come una furia. Le lacrime scorrevano
sulle sue guance. Se William non fosse morto, Spike non sarebbe più
esistito…e lei era certa di non
poterlo sopportare. Di non poterlo accettare!
E se Spike non fosse mai sorto, tutta la vita di Buffy sarebbe mutata.
Non ci sarebbe stato nessuno
ad aiutarla nella battaglia finale in Crawford Street con Angelus. E
nessuno a proteggere Dawn da
Glory. E nessuno a salvare il mondo con lei in quella mezza dozzina
di occasioni in cui loro due,
insieme, avevano impedito un’Apocalisse.
E Buffy sarebbe stata sola, sola come non mai, e mai avrebbe conosciuto
l’amore incondizionato di
una creatura selvaggia, capace di amare con tutto il cuore.
“Lady Elizabeth Anne…che sta succedendo?” le chiese
Lady Shelby, mentre lei correva da una
finestra all’altra, e poi andava fino alla porta sul retro che
dava sul giardino, ansiosa di trovare
un’apertura, una soltanto, che lui avesse dimenticato…
Era tutto bloccato dall’esterno. Lui doveva aver lavorato durante
l’ora precedente alla cena, quando
lei era stata impegnata in camera sua in un lungo bagno…maledizione!
“Siamo bloccati dentro” disse Buffy, anche quando questo
fu evidente a tutti. “William, voi stasera
avete un appuntamento a cui non potete mancare”
“Sì….io…devo incontrare una persona”
disse William, pensando alla sua adorata Cecily.
“La incontrerete, credete a me”
Buffy si rifugiò in biblioteca. Se non ricordava male, aveva
visto in una teca una spada antica,
appartenuta ad un antenato degli Shelby. Infranse la teca con il gomito,
attirandosi un’occhiata
sbalordita dei suoi ospiti, e prese la spada.
Ora, si sentiva molto meglio.
“Andiamo” disse a William, tenendosi la gonna con una mano,
e la spada con l’altra.
Spike si inoltrò nelle sale affollate con la grazia letale del
predatore. Era come rivivere un film, uno
di quelli che non era piaciuto un granché nemmeno la prima volta.
Oh, come sarebbe stato facile far
inghiottire quei sorrisi vacui, quell’arroganza stupida ed ignorante…ma
stavolta non fu il chip a
fermarlo, bensì la consapevolezza che quello fosse un destino
che andasse vissuto fino in fondo.
Di nuovo.
Con sovrumana pazienza, lasciò che denigrassero nuovamente le
sue poesie, e che Cecily, stupida
ragazzina insulsa, lo respingesse.
Non ricordava le battute esatte, e qualcosa della sua stranita consapevolezza
dovette emergergli
nello sguardo, perché Cecily lo guardò con improvvisa
attenzione, come se l’insulso gattino con il
quale stava giocando si fosse improvvisamente tramutato in tigre.
Sedurla, a questo punto, sarebbe stato facile come un gioco. Un gioco
perverso e decadente nei
confronti del quale, in questo momento, non provava né interesse
né voglia.
Voleva solo dimenticare l’ultimo abbraccio di Buffy, il sapore
ed il calore del suo corpo, ed il
profumo dei suoi baci.
Ed abbandonarsi così, senza altro pensiero, senza alcun rimpianto,
tra le braccia di Drusilla, per
l’ennesima volta. Per l’ultima volta, perché allora
le avrebbe immerso il paletto che teneva nella
giacca in fondo al cuore.
E nemmeno di lui, probabilmente, sarebbe più rimasto nulla. Non
era uno scienziato, ma non ci
voleva molto per immaginare che una volta rimossa la causa della sua
morte, William avrebbe
vissuto e Spike il vampiro sarebbe svanito per sempre.
E, forse, nemmeno Buffy l’avrebbe ricordato. Non ci sarebbe più
stata traccia di lui nella sua vita, e
nessun ricordo di quel vampiro biondo che per un istante, brevemente,
lei aveva amato.
Perché lui, Spike, non aveva mai dubitato dei suoi veri sentimenti.
E la notte appena trascorsa
insieme aveva semplicemente rafforzato tale antica convinzione.
Prima del previsto, fu di nuovo in strada. E, come immaginava, andò
a sbattere contro Angelus e le
sue donne.
La fine era più vicina del previsto.
Buffy attaccò il chiavistello della porta sul retro con tutta
la sua forza. L’acciaio temperato della
spada sollevò scintille, ma la serratura sembrava non cedere.
Infine, con la forza della disperazione,
Buffy sollevò la spada per un’ultima volta, lasciandola
poi ricadere sul lucchetto.
La porta cedette.
Con un gemito di soddisfazione, Buffy diede un calcio alla porta.
Poi, si voltò verso uno sbalordito William.
“Andiamo!” gli urlò.
“Dove?”
“Ma al ricevimento, no?”
Buffy lanciò la spada dietro di sé, e tirò fuori
uno dei suoi paletti. Ora, era pronta a difendere il suo
uomo.
“Cosa ha mai portato quest’affascinante sconosciuto alle
lacrime?” mormorò Drusilla, bella e
giovane come la ricordava, e stranamente innocente nella sua follia.
Spike la guardò con immutata
tenerezza.
In quel momento finale, sentiva svanire l’amarezza dei suoi tradimenti,
dei suoi abbandoni. In
fondo, sentiva di aver più avuto lui, dalla loro scura esistenza,
di lei, che era restata sola, priva del
loro affetto, ed anche della tenebrosa passione di Angelus.
Spike, almeno, aveva avuto Buffy, anche se per poco, pochissimo. E Dawn.
Le sorrise.
“Siete molto bella” le disse. “Sono certa che potreste
donarmi molto”
Lei annuì. “Siete perspicace. Avanti, confidatemi le vostre
pene. Amate senza essere riamato?”
Spike scosse il capo. “No. Non sono degno della creatura che amo”
“Allora, signore, accontentatevi di me. Di me sarete degno”
Lui annuì. Lasciò che Drusilla si avvicinasse. Assaporò
fino in fondo l’istante in cui lei avvicinò il
volto bellissimo al suo. E sorrise. La mano era stretta intorno al paletto
che teneva nascosto sotto la
giacca.
“Fossi in te non lo userei” esclamò una voce netta
ed arrabbiata.
Buffy.
“Milady…che significa?”
“Aspettatemi qui” rispose Buffy. “E non parlate con
nessuno. Ne va della vostra vita” Buffy seguì il
suo istinto di cacciatrice, quello stesso che l’aveva portata
sulle tracce del Maestro non appena
resuscitata da Xander, e si addentrò nel dedalo di vicoli. Vicino
a delle stalle cittadine, scoprì quello
che cercava. La figura di Drusilla copriva quella di Spike. Forse, era
giunta appena in tempo.
Alle sue parole, i due vampiri si voltarono.
“Spike…cosa diavolo credevi di fare?” esclamò
un’arrabbiatissima Buffy. “Credevi forse che due
chiavistelli potessero trattenermi? Cos’è questa, una rimpatriata?!”
“Buffy…lasciami stare. Devo concludere ciò che ho
iniziato”
“No, che non devi!” esclamò lei, soffocata dalle
lacrime, che non era più riuscita a dominare dal
momento stesso in cui l’aveva rivisto, sano e salvo. “Non
hai pensato a me? Cosa sarebbe di me
senza di te? Quello che c’è stato tra di noi per te non
conta nulla?”
“Sono stanca” commentò Drusilla, con un’alzata
di spalle, e convinta di trovarsi di fronte ad una lite
tra due semplici innamorati. “Facciamola finita”.
Non fece in tempo ad affondare le zanne nel collo di Spike, che Buffy
le era già addosso. Dru finì
contro un muro, un paletto contro il cuore.
“Giù le mani dal mio Spike” le disse. “O potrei
pentirmi della decisione presa…quella di non
polverizzarti”
“E tu, chi diavolo sei?” le chiese Drusilla. “Oh,
come sei fredda e buia! Sai di cenere”
“Buffy” le disse Spike, mettendole una mano sulla spalla.
“Fatti da parte. Lascia che sia io a
polverizzarla. William sarà salvo. E’ un uomo buono, piene
di qualità: condurrà una buona vita, e
tu…tu sarai libera da me. Niente più brutte memorie. Niente
abusi. Niente dolore”
“No!” gridò lei, tenendo sempre Drusilla sotto tiro
“Non posso credere che sia proprio tu a dire
questo! Ti sei dimenticato di quanto significhi per la mia vita? Di
quanto significhi per la vita di
Dawn?”
“No, ma questo non mi fermerà. William non merita di diventare
un mostro” disse Spike, fissandola
negli occhi. Ed i suoi, non erano mai stati più blu di così.
“Non merita di uccidere, torturare,
devastare, distruggere famiglie. Portare madri via dai loro figli, e
figli via dalle loro madri.
Seminare una scia di sangue per i cinque continenti. Ti sei dimenticata?
Sono venuto a Sunnydale,
ed ho ucciso. Ho ucciso la proprietaria del Magic Box, ho ucciso quel
professore a scuola. Ho
ucciso e vampirizzato Ford: ti eri dimenticata di lui?” Spike
fece un suono strano, come una risata.
“Ho lasciato che Harmony uccidesse. Ed ho ucciso, ucciso, molti
che conosci, altri che non conosci.
Ho ucciso dove tu hai salvato. William è un uomo buono, non merita
questo.”
Buffy lo fissò. “Tu dici queste cose…come le direbbe
Angel. Eppure, tu non hai l’anima. Non
capisci che basta questo a dimostrare quanto sei cambiato?”
Spike sorrise, un sorriso pieno di infinita tristezza.
“Sì, tesoro, sono cambiato. Però nel senso che anch’io
ho un’anima, adesso”
“Come?” esclamò Buffy. “Cosa stai dicendo?”
Spike la guardò, come ad imprimersi l’immagine di Buffy
per un’ultima volta nel cuore.
“Dopo quello che ti ho fatto, non resistevo più alla disperazione,
al rimorso…volevo darti…volevo
darti quel che meritavi. Un uomo. Un uomo con l’anima, capace
di capire il dolore, di intuire la
vergogna, di saper distinguere il bene dal male. Clem mi aveva parlato
di un demone sciamano,
molto potente, che viveva in Africa. Sono andato lì: ho navigato
per dodici giorni nella stiva di un
cargo, e poi ho viaggiato di notte, nutrendomi solo di animali, tra
deserti e selve. Ho ucciso un leone
con le mie mani, Buffy, e l’ho fatto solo per sopravvivere…e
per arrivare fino allo sciamano”
Drusilla scoppiò a ridere, un orribile suono che si intromise
tra di loro per spegnersi poi in un
singhiozzo.
“Il re di coppe vuole il suo picnic”
“Quando sono arrivato in Ghana” continuò Spike. “Ho
trovato il demone, e lui mi ha sottoposto a
delle prove. Ho combattuto altri demoni, sono stato mangiato vivo da
scarabei sacri, ed infine ho
ottenuto ciò che volevo…l’anima. Per te”
“E vuoi che tutto ciò finisca nel nulla?” gli disse
Buffy, piangendo. “E’ questo che vuoi?”
“No” replicò lui. “Voglio fare ciò che
è giusto. Era giusto salvare Gillian, ed è ancora più
importante salvare William. Ti prego, lascialo fare a me. Dammi quel
paletto.”
“No!” insistette Buffy, pronta anche ad implorarlo, pur
di fargli cambiare idea.
“Buffy.” le disse lui “Rimpiango il male fatto. Ogni
singolo atto malvagio” e poi le sorrise “Ma
quello che rimpiango più di tutto è il male che ho fatto
a te”
Lei piangeva, scuotendo il capo.
“Ho tentato di stuprarti. Ho forzato il tuo corpo ad una risposta
che tu, giustamente, non intendevi
darmi. Risento ancora le tue implorazioni, il tuo dolore… e rivedo
i lividi che le mie mani hanno
causato sul tuo corpo. Non ci riesco, Buffy. Non riesco a perdonarmi
per questo”
“Ma io ti ho perdonato…”sussurrò lei.
“Non è sufficiente, Buffy. Non basta”
Lei lasciò andare Drusilla. La vampiressa ne approfittò
per lanciarsi all’aperto, via da quelle due
anime perse, il Re di Coppe e la sua Regina ed i loro strani, insensati
discorsi, che pure,
misteriosamente, la pungevano come paletti di legno nel cuore…
“Fermala!” gridò Spike. “Non deve arrivare
a William!”
“No” disse Buffy, stringendolo tra le braccia. “Non
mi importa ciò che dice Willow. Non c’è magia
che tenga, ed il passato è passato, come il futuro è il
futuro. William è già morto. William è già
stato vampirizzato, ed ora è qui con me, e non andrà più
via.”
“Buffy, no…ti prego..” la implorò Spike.
Lei portò il capo di lui sul suo seno, cercando di consolarlo.
“Se ti ho perdonato io, puoi perdonarti
anche tu. Hai riconquistato la tua anima, non buttarla via. Usala per
il bene. Ti supplico. Usala per
amarmi. Questo è ancora più importante”
Buffy ne era convinta. Già una volta aveva salvato Angel sull’orlo
di un simile baratro. Ma, per lui,
il bene degli altri era sempre stato più importante della felicità
di Buffy.
Ma Spike, grazie a Dio, era diverso. E lei sapeva che avrebbe sempre
messo la felicità sua e di
Dawn al primo posto.
“Buffy…”
“Shhh” disse lei, chinandosi su di lui. “Io ti amo”
mormorò, e la sua bocca scese su quella di lui a
suggellare le sue parole.
Fuori, nella notte, nessuno fece caso alla figura di donna che si chinava
sul povero ragazzo ingenuo
ed indifeso che aveva trovato tutto solo per strada.
Quando le labbra di Drusilla scesero sul collo di William, lei sentì
che era tutto inutile, e ne provò
un’infinita malinconia.
In quello stesso istante, Spike e Buffy si promettevano di amarsi in
eterno, come avevano sempre
desiderato di fare in fondo al loro cuore.
Non serviva a niente prendere la vita di questo ragazzo, donargli l’oscurità.
Tanto, prima o poi
l’avrebbe perso. E lui, già adesso, sapeva di lei…e
di cenere.
Ma era destino, e chi era lei per opporvisi?
“Uther!” gridò Bill “Novità!”
“Allora ? Abbiamo ritrovato Jill? Ritorna?”
“No” esclamò l’informatico. “Di Jill
nessuna traccia. Ma Buffy e Spike…tornano tutti e due! La
stima prospettica si è corretta”
Uther lanciò uno sguardo al cielo, e poi, con un rapido gesto,
spezzò il collo di Bill.
Mentre le ceneri del miliardario si spargevano al suolo, i suoi computer
impazzivano, perché Buffy
e Spike stavano davvero per tornare a casa. Insieme.
EPILOGO
“Adesso, è ora di festeggiare” disse Buffy, infilando
il paletto nel cuore dell’ultimo appartenente
ancora in vita della confraternita.
Uther era stato tra i primi a cadere: nel suo sguardo, l’orrore
di avere fallito.
Era stato facile per Willow ricostruire e rintracciare i flussi interdimensionali
scompigliati dall’invio
nel passato del vampiro Jill, e così giungere alla loro tana
nei sotterranei della città. Poi, la lettura
dei diari di Uther aveva consentito una rapida ricostruzione della vicenda.
“Jill è arrivata nel passato, come voi, ma non appena Buffy
ha di fatto impedito ad Angel
l’uccisione della vera Gillian, è svanita, come se non
fosse mai esistita.”
“E sarebbe successo lo stesso a Spike se William non fosse stato
morso” rabbrividì Buffy, ben
conscia del pericolo corso.
“Sì. Ora lui non sarebbe qui”
Buffy lanciò un’occhiata al vampiro, occupato ad aiutare
Dawn ad uscire dagli stretti cunicoli che
portavano in superficie.
“Ho sacrificato William” sussurrò Buffy. “Per
amore di…Spike”
“Buffy…non si può davvero modificare il passato”
le rispose Willow, cercando di consolarla.
“Sono quasi certa che quella dove tu e Spike siete stati fosse
solo una delle possibili dimensioni
passate, e non proprio quella in cui William è stato originariamente
morso da Dru. Altrimenti, Spike
avrebbe davvero conosciuto Sir Anthony e Lady Elizabeth Anne…”
La mente di Buffy girava intorno a tutte le possibilità, ad ipotesi
che non erano di questo mondo.
“Beh…però sembrava piuttosto reale. Ed anche William
lo era. E Gillian. E tutti quei bellissimi
vestiti. Ed Angelus” Buffy rabbrividì. “Sai che ti
dico? Sono contenta che sia tutto finito, e che io e
Spike ci siamo ritrovati. E che, per una volta, qualcuno dedichi la
sua anima a me, anziché al bene
comune”
Willow sorrise. “Sono contenta anch’io”
Risalirono entrambe un superficie, e Spike si assicurò con un
rapido sguardo che Buffy stesse bene.
“Sai, credo che Jill non avesse nessuna intenzione di uccidere
…se stessa” le disse ancora Willow.
“A loro serviva del sangue davvero innocente. Gillian non lo era,
da quanto tu mi hai detto, ma
William sì. Purtroppo per lei, tu sei arrivata prima a salvare
la vera Gillian da Angelus, di quanto
Jill ad uccidere William. Ricordati che per farlo avrebbe dovuto aspettare
la reale congiunzione
astrale…e quella si sarebbe avuta solo verso il termine del 4
maggio, mentre Gillian morì, a quel
che pare, nella notte tra il 3 ed il 4 maggio””
“Ma Jill avrebbe dovuto essere cosciente del fatto che rischiava
di svanire nel nulla se riuscivamo a
salvarla”
“Forse, non voleva davvero sopravvivere a questa avventura. Non
ci hai pensato? Alcuni vampiri
diventano preda di un’insopportabile ennui che negli anni li spinge
all’autodistruzione…guarda
cos’è successo ad Angel nei primi novant’anni da
quanto ha riavuto l’anima…e quanto stava
rischiando di capitare a Spike…”
“Abbiamo corso un bel rischio” rispose Buffy. “Ma
il rischio più grande è stato quello di perdere
Spike”
“Allora…lo ami?”
Buffy fissò l’amica di sempre fino in fondo agli occhi.
“Con tutto il mio cuore, Will. Con tutto il mio cuore”
Il Bronze in festa celebrava l’inizio dell’autunno. Anya,
Xander, Dawn e Willow ballavano in pista
al suono del rock progressivo di una band assai nota in città.
Buffy e Spike stavano seduti vicini ad uno dei tavolini, il braccio
di lui intorno alla vita di lei, i loro
volti vicini.
“Sei sicura?” le stava dicendo Spike.
“Sì” rispose lei. “Portami via di qui. Andiamo
via. Ho voglia di stare un po’ da sola con te”
“Non prima di aver ballato” le rispose Spike, sorridendole.
Buffy annuì.
Non appena per la sala si sparse il suono di una lenta ballata, Spike
prese Buffy per mano e la
condusse sulla pista da ballo. Poi, la prese tra le braccia, e lei ballò
con la testa sul suo cuore.
“Non dimenticherò mai quel ballo a Ranelagh” le sussurrò
lui. “Eri bellissima in quel vestito di
pizzo bianco. Eri la dama che il mio cuore di cavaliere aveva sempre
sognato.”
“E tu eri il mio principe azzurro” rispose lei. “Neanch’io
dimenticherò mai quella notte.”
“Sono pieno di difetti e mancanze, ed ho un passato orribile”
le disse Spike. “In una parola, non
sono e non sarò mai degno di te”
“Spike” rispose lei, sollevando le labbra per invitarlo
in un bacio. “In quale epoca devo andare
stavolta per convincerti che ti amo davvero? E che non voglio nient’altro,
e nessun altro…se non
te?”
“Nel presente, baby, e nell’immediato futuro” le rispose
lui. “Ho in mente un programmino
semplice semplice. La mia de Soto e poi…casa tua. La tua stanza.
Il tuo letto”
Lei annuì. C’era una cosa che doveva dargli, una cosa che
giaceva da alcuni mesi nel suo armadio.
Lui aveva ragione. Basta cripte. Basta ombre.
Stavolta, avrebbero vissuto il loro amore alla luce del sole.
Come avevano fatto, e forse da qualche parte nell’universo stavano
ancora facendo, sir Anthony
Shelby e la sua bella moglie, Lady Elizabeth Anne.
FINE
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