.:: Nell'ora della luna
::.
di Franca Bersanetti
Nota: la ff è ambientata idealmente nell'arco di tempo intercorso
tra la sesta e la settima stagione di Btvs, ipotizzando che Spike, dall'Africa,
non sia tornato immediatamente a Sunnydale.
Spike è l'unico personaggio di Btvs presente e lo utilizzo senza
il permesso degli autori e non a scopo di lucro.
Il resto dei personaggi, poesie e versi compresi, sono frutto esclusivo
della mia mente.
Attendo pareri e critiche ai miei indirizzi : dreamhunter72@libero.it
e frankab@tin.it.
Prima parte
Seconda parte
Terza parte
Prima parte
Nell'ora della luna, forse,
anche chi è caduto
può tornare angelo
e volare.
...molto tempo prima...
Il furore dell'incendio illuminava a giorno la notte e smorzava il
vago chiarore dell'alba imminente, oltre il folto degli alberi. Sedeva
ancora senza fiato sull'erba umida, quando li vide. Il sangue fu il
primo particolare che notò. Il suo rosso, vivo e accecante, messo
in risalto dalle fiamme, le ferì gli occhi: ce n'era dovunque,
in rose oscure sui loro abiti anneriti e in uno scarlatto sudario sul
corpo inerme che trasportavano. Gli ricadeva in infinite pieghe sul
petto e sul ventre, ornava come pizzo la mano che sobbalzava candida
nella luce, piccole gemme brillavano sulle labbra socchiuse e ricamavano
le lunghe ciglia e i capelli ...
Le deposero davanti il cadavere e lei fissò ammutolita la testa
bionda adagiata nell'incavo del suo braccio: lui sembrava addormentato
e aveva un'espressione estremamente dolce e serena.
Non sapeva cosa fare, non sapeva proprio cosa fare...Li guardò,
smarrita, ma nei loro occhi lesse solo disperazione e dolore.
...molto tempo dopo...
Quando il malessere giunse, sulle prime non comprese da dove avesse
origine: il capo le girava, vampate di calore s'alternavano a brividi
di freddo e in fondo al suo ventre si agitavano strani movimenti. Cercò
di resistere ma dovette rinunciare al dolce e congedarsi con la scusa
di essere stanca.
Finalmente sola si gettò sul letto, impaurita e confusa da quegli
strani dolori che la trafiggevano come spade e la costringevano a piegarsi
su sè stessa. Scivolò sul tappeto e fu allora che la vide,
sulla coperta bianca: una macchia di sangue. E ne vide un'altra, più
grande, sulla sua gonna azzurra. Se la sollevò, tremante di dolore,
e c'era sangue anche lì, le scendeva lungo l'interno delle cosce,
e poi sempre più giù, fino a gocciolare sul parquet. Rimase
immobile, inebetita. E guardò le gocce rosse cadere una dopo
l'altra, fino a quando la porta della sua stanza si aprì.
PARTE PRIMA
LE OMBRE, AL TRAMONTO, SI ALLUNGANO
Siamo lampi di luce
bagliori di colore
nelle stanze buie di una vita
nell'oscurità del tempo
§ 1 §
La Via Lattea era nitida, quella notte. Dal divanetto a dondolo, sotto
il piccolo portico, Lara riusciva a vederne le radici, che si diramavano
in nugoli di stelle tra il fogliame della siepe, al limitare del suo
giardino. Era seduta lì da prima che il sole tramontasse, con
le gambe ripiegate sotto il corpo esile e un libro inutilmente aperto
tra le mani.
Quasi non lo sentì arrivare. Si accorse che era in piedi sulla
porta aperta, solo quando la fiammella del suo accendino bruciò
per un istante,mentre si accendeva una sigaretta. Lara trasalì.
Il nuovo ospite della camera 3, quello giunto la sera precedente. Doveva
aver dormito per oltre ventiquattro ore...
"Buonasera", disse lui.
"Buonasera. Tutto bene ? La stanza è di suo gradimento ?
Signor...Mi scusi, non ricordo più il suo nome...".
"La stanza è perfetta, grazie. E può chiamarmi William".
Lara si girò di lato, lo osservò. Di media statura, sembrava
dimostrare circa trentacinque anni, anche se era difficile giudicare.
Vestiva sportivo, con un paio di jeans e una camicia nera. I capelli
erano biondi ma lasciavano intravedere un accenno di ricrescita più
scura. Il viso scolpito, distante. Gli occhi, bellissimi. Lei li aveva
notati subito. Così come non le era sfuggita la sua pelle bianca.
Non mi sbagliavo, pensò, è proprio un vampiro. Uno strano
vampiro , però...
"Ha dormito molto, William...".
Lui sorrise impercettibilmente. "Ero...Sono stanco. Torno da un
viaggio. Lungo e difficile".
"E casa sua è ancora lontana ?".
"Lontanissima. Come se non esistesse". La sua voce. Profonda,
modulata. Triste.
"C'è almeno qualcuno ad aspettarla ?".
Questa volta lui sorrise per davvero. Si mise a ridere, anzi. E se possibile,
questo lo fece sembrare più triste ancora. "No. E' passato
il tempo in cui avevo qualcuno che mi aspettava. Forse non c'è
nemmeno mai stato".
Un vampiro, pensò di nuovo Lara, decisamente uno strano vampiro.
Dio mio, possibile che...?
§ 2 §
Il giorno dopo, Spike scese di sotto un pò prima, nel tardo
pomeriggio, quando l'aria cominciava a rinfrescare e la luce, all'esterno,
andava diluendosi.
Si era accorto che la proprietaria della pensione lo osservava e non
desiderava incuriosirla ulteriormente restando troppo chiuso in camera
sua. La trovò in cucina, un locale accogliente, piastrellato
di giallo e con un soffitto di vecchie travi. Lei stava preparando la
cena. Verdura o qualcosa del genere, a giudicare del profumo.
"Ben alzato", lo salutò Lara. Era bassa di statura
ed esile, ancora giovane,ma i capelli, lunghi e raccolti senza eccessiva
cura, erano quasi del tutto grigi.
Spike si appoggiò al tavolo. "Deve scusarmi se dormo tutto
il giorno...".
"A parte che non sono affari miei, me l'ha già spiegato
ieri sera, no ?
E' stanco. E poi dorme molto, sì, ma decisamente male, vero?".
Si voltò a guardarlo, attraverso il vapore delle pentole. "Sono
passata diverse volte davanti alla sua stanza, stamane, e mi è
parso che stesse avendo degli incubi...".
"Già...",confermò lui, a occhi bassi. "Gliel'ho
detto...Torno da lungo viaggio. E porto con me brutti ricordi...".
Mentre parlava la porta si spalancò di colpo e una ragazzina
fece irruzione carica di sacchetti della spesa.
"Virginie!", la rimbrottò Lara, agitando un cucchiaio
di legno. "Non scapicollarti in questo modo!".
"Scusami, zia...", replicò Virginie con un sorriso
disarmante.
Spike si stupì della sua bellezza. Sembrava che il sole l'avesse
presa tra le braccia per non lasciarla più, risplendendo attraverso
l'oro della massa di riccioli sciolti lungo la schiena e screziando
il verde degli occhi. Se la sfioro, potrei bruciare in un'unica vampata,
pensò il vampiro.
E avvertì anche qualcos'altro: l'odore inequivocabile , almeno
per lui, dell'eccitazione sessuale. Le guance di Virginie non erano
arrossate solo per via della corsa...La piccolina nascondeva i primi
peccatucci alla zietta.
"Non hai messo il cappello", stava borbottando Lara. "Lo
sai che ti scotti facilmente...E sei in ritardo!".
Al di sopra dei sacchetti , Virginie scambiò un'occhiata esasperata
con Spike, che le sorrise comprensivo. "E' quasi sera,zia. Il cappello
non serve. E poi, giù al negozio, hanno impiegato un'eternità
per servirmi, impegnati com'erano a discutere della novità del
giorno...".
"Sì ? Chi ha tradito chi con chi ?".
"Zia! Smettila ! Come sei perfida!", ridacchiò Virginie.
"No, pare che qualcuno voglia ricostruire la Villa Nera".
Il cucchiaio che Lara aveva in mano le sfuggì e lo riprese al
volo, prima che cadesse. Spike notò il suo improvviso pallore,
il sudore in un velo di perle sulla sua fronte.
"Davvero?", replicò la donna con disinvoltura. Troppa.
"Già", confermò Virginie. "In paese è
arrivato uno straniero e si è stabilito nella vecchia dipendance
vicino ai ruderi. Molti dicono di ricordarsi di lui, dovrebbe essere
uno degli Alexandrei. E' alto e bruno. E zoppica".
Questa volta il cucchiaio cadde irrimediabilmente a terra.
"Dannazione!", bisbigliò fra i denti Lara, ma Spike
la sentì.
"Zia! Oggi hai proprio le mani di burro !".
Lara rivolse un sorriso forzato alla nipote e, raccolto il cucchiaio,
si diresse risoluta al lavello per sciaquarlo. "Già...Che
vuoi farci...Senti, tesoro, vai a fare il bagno, che si fa tardi".
"La Villa Nera...Che nome curioso...", commentò Spike,
non appena Virginie fu uscita dalla cucina.
Le spalle di Lara ebbero un fremito, ma continuò a rimestare
nel lavello. "Non ne ha mai sentito parlare ?". Nella voce,
flebile, una nota di sospetto.
"No...Ero già stato in Italia, prima, ma mai in questa zona
delle Alpi".
Lei sospirò e si voltò a guardarlo. Sembrò rilassarsi.
O desiderare disperatamente di poterlo fare. "L'hanno sempre chiamata
così per via del colore del marmo sulla facciata. Una costruzione
bruttissima, a mio avviso. Era la residenza estiva di una famiglia straniera,
gente ricchissima che non vi metteva praticamente mai piede. Poi vent'anni
fa è bruciata. Tutto qui. Non è una storia poi così
affascinante, vero?".
Azzardò un sorriso un pò più realistico di quello
riservato precedentemente a Virginie, ma il sospetto continuò
ad albergare evidente sul suo volto. "Rimane a cena con noi, William
?".
Spike si era preparato a una simile domanda. "No, la ringrazio.
In effetti sono stato rinchiuso tra quattro mura davvero troppo. Andrò
a farmi una doccia e poi scenderò a cenare in paese". Sperò
di risultare convincente.
§ 3 §
Le aveva mentito. Lui, Angelus, Darla e Drusilla erano passati per
quel paesino nascosto tra i monti più di un secolo prima, in
fuga da alcuni cacciatori di vampiri, dilettanti, ma particolarmente
fastidiosi.
Però non aveva mentito sulla Villa Nera. Non se ne ricordava.
In realtà ricordava a malapena l'intero paese. A suo tempo, vi
erano rimasti pochissimo : Angelus amava le grandi città e le
sue grasse ed invitanti moltitudini.
Spike sorrise fra sè, camminando lungo un sentiero del bosco
scelto a caso, le mani in tasca. Dopo tanti anni, lui era venuto a rifugiarsi
lì proprio perchè quel luogo sembrava dimenticato da Dio
e da pressochè tutti i demoni. Perchè aveva bisogno di
silenzio, di spazio. Di aria, anche se non poteva respirarla.
Ma quella donna...La proprietaria della pensione lo osservava con strani
occhi. Lo metteva a disagio.
Nelle tasche, le mani si strinsero a pugno. Disagio...Lui. William,il
Sanguinario, Spike, il duro, che non temeva nulla, che giocava a mettere
in imbarazzo il prossimo con selvaggia sfrontatezza e disarmante mancanza
di pudore...Ed eccolo,ora. Non più disarmante, ma disarmato.
Gli alberi si aprirono in una piccola radura. Spike sedette sull'erba
ancora calda del sole estivo e si sdraiò, intrecciando le mani
dietro la nuca. Era così stanco...
Ah,sì ! Ecco un'altra sensazione nuova e sconosciuta. Gli pareva
che i suoi oltre cent'anni di non-vita fossero arrivati tutti insieme
e d'un colpo a chiedergli di pagare pegno.
Intorno al vampiro, nel ventre del bosco, i bagliori fatati delle lucciole
si accendevano fugaci e sopra la sua testa, gelide, distanti e innumerevoli,
scorrevano le stelle. Buffo. Era abituato alle stelle, costanti, fidate
compagne di ogni notte...Ma non si era mai soffermato ad imparare i
loro nomi, i loro percorsi...
Doveva essere bello poterle riconoscere, nelle tenebre.
§ 4 §
Rientrò alla pensione molto prima dell'alba.
Sentendo una voce soffocata provenire dal salottino, si fermò.
Era Lara. Parlava al telefono. Strano che fosse ancora in piedi a quell'ora...
Lascia perdere, si disse Spike, stanne fuori, non t'immischiare...Non
ne hai la forza, in questo momento. Ma mentre lo pensava, già
si stava accostando alla porta socchiusa.
Gli giunsero stralci di una tesa conversazione.
"...devi sbrigarti...Ma perchè ? Perchè è
tornato proprio adesso ?".
Silenzio. Solo il respiro contratto di Lara.
"Un cambiamento ? Di che tipo ?
No...Non c'è stato alcun cambiamento...Va...Andava tutto come
al solito...Io non capisco. Non me l'aspettavo...".
Altra pausa.
"Pensi veramente che si tratti di una coincidenza ?... Cosa ? Che
significa che non c'è da preoccuparsi perchè è
auntentico ? Ce ne sono di finti, forse ?".
Una risatina nervosa, al limite dell'isterismo.
"Oh, ti prego, fai presto...E' come se non fosse trascorso nemmeno
un giorno e ho paura esattamente come allora...".
Spike comprese che la donna stava per chiudere la comunicazione e si
allontanò, raggiungendo le scale che portavano al piano di sopra.
Un dolore improvviso e lancinante gli attraversò il capo e cadde
in ginocchio sui gradini, con le mani serrate contro le tempie. No...Di
nuovo. Non assomigliava alle fitte penetranti provocate dal chip: questo
era un malessere diffuso e sottile, che lo aggrediva e ghermiva ormai
da giorni, in regolari ondate sempre più frequenti, come se qualcosa
di troppo grande per il suo corpo stesse lottando per uscirne...
Si trascinò fino al pianerottolo, in preda alle vertigini e alla
nausea. Per l'inferno...Che mi succede ? Cos'altro ?
Poi, un tocco lieve e fresco lo fece sussultare. Aprì gli occhi
e si ritrovò a guardare in quelli verde e oro di Virginie. Accovacciata
accanto a lui, nella sua semplice camicia da notte di cotone bianco,
era così bella e viva da fargli venire voglia di gridare.
"Si sente male, William ?".
Ancora quell'odore. La ragazza aveva addosso l'odore di un uomo. Percepirlo,
fin nei recessi più reconditi dei muscoli e delle ossa, aumentò
ulteriormente il senso di capogiro. Si sforzò di imitare un sorriso.
"Credo di aver preso l'influenza...Incredibile in questa stagione,
no?".
Lei gli posò il palmo della mano sulla fronte. "Infatti
è caldo...Probabilmente ha la febbre. Venga, la aiuto a tornare
in camera, poi le porto un'aspirina con latte e miele. Funziona, mi
creda".
Il vampiro avvertì quel piccolo corpo aderire al suo per sorreggerlo
e desiderò di trovarsi altrove, dovunque, in nessun posto, per
non provare l'acuto, disperato bisogno di contatto che invece gli stava
scorrendo nelle vene al posto del sangue. Ma una pesante, velenosa debolezza
gravava su di lui e non si oppose, nè protestò. Fingiamo,
pensò, fingiamo davvero di essere un turista vittima di un'infreddatura...Fingere
è sempre più facile.
Soltanto quando fu sdraiato al sicuro sul letto, la stanza impegnata
a volteggiargli intorno, realizzò cosa gli aveva detto Virginie.
Che aveva la febbre...Che la sua pelle, la pelle di un uomo morto da
oltre cent'anni, era calda...
§ 5 §
Il sole sorse e tramontò. Lui trascorse quelle lunghe ore tra
incubi, attacchi di nausea e dolore, a scribacchiare versi sconnessi
su un quaderno malconcio e a ubriacarsi di bourbon corretto col sangue,
senza trovare alcun oblìo.
Un varco...Una via di fuga... Aveva lasciato Sunnydale, sperando di
acquietare la frustrazione e la sorda rabbia che lo divoravano, per
non fare più del male alla Cacciatrice o forse per tornare un
giorno e farle di peggio... La Cacciatrice...Il suo amore come la lama
di un coltello, efficace e mortale...
Tentò di scendere dal letto e crollò a terra, nel petto
un pugno di chiodi conficcati nel suo cuore immobile, un'innaturale
sensazione di calore...Stava morendo, ne era certo, quella doveva essere
la morte. Scopriva solo ora, a conti fatti, che la morte, la morte definitiva,
non era gelida, bensì ardente.
Il fuoco iniziava a divampare dall'interno, una scintilla che attecchiva
nel buio e poco a poco diveniva un rogo inarrestabile...E quello dentro
di me, pensò, è un incendio immane, perchè ad alimentarlo
c'è la mia vecchia anima disseccata...
E allora così sia, brucerò. Forse una volta cenere, più
leggero, sarò libero e troverò il varco, la scìa
di luce...
Si abbandonò smise di resistere. Al Diavolo Sunnydale e i suoi
complicati abitanti che giudicavano senza mai perdonare e predicavano
da pulpiti fasulli. Al Diavolo. Basta.
...suoni...ovattati...distorti...
...voci...sovrapposte...
....mani...fresche...acqua di fonte sulla morte ardente...gentili...
Confusamente, un minuscolo recesso di coscienza sepolto nel suo delirio,
gli suggerì che qualcuno lo stava rimettendo a letto. Dedusse,
più che sentirlo davvero, che lo spogliavano e lo lavavano con
una spugna. Gli diedero anche del sangue, da una ciotola. E piano piano,
le voci cominciarono a farsi chiare e comprensibili.
"Non credevo che a voi vampiri potesse venire la febbre...".
Questa era Lara.
"Infatti non può. La sua non è febbre. Sta semplicemente
reagendo a qualcosa a cui non era più abituato, una sorta di
rigetto psicosomatico". Un'altra donna. Una voce bellissima, di
velluto.
Spike cercò di aprire gli occhi, invano.
Una gelida mano di vampiro lo sfiorò sul volto, con delicatezza.
"Sta meglio. Si rimetterà presto".
Sì, quella voce era velluto. Seta.
"Sei proprio sicura che non sia una delle sue spie?". Ecco
Lara. Sempre sospettosa, all'erta.
"Te l'ho già detto. Non si servirebbe mai di uno autentico".
Sì, seta. Quella voce ti scivolava addosso come seta.
La successiva domanda di Lara gli giunse meno nitida. Loro stavano uscendo
dalla stanza, oppure lui si stava addormentando. Forse entrambe le cose.
"Mi vuoi spiegare questa faccenda dell'autentico ? Che...?".
Poi il buio. E i sogni. Sogni di tanto tempo prima, dimenticati da decenni.
Sua madre. La sua stanza di ragazzo. Il latte bollente per calmare la
tosse e le coperte rimboccate con cura. Sogni che non aveva più
avuto il coraggio di sognare.
§ 6 §
Si risvegliò di notte. La stessa notte. O quella seguente. O
cento notti dopo...Non poteva esserne sicuro. Nella stanza regnavano
il silenzio e l'oscurità, ma i suoi occhi di vampiro gli permisero
di vedere distintamente la figura, in piedi accanto allo stipite della
portafinestra che conduceva sul balcone.
Una donna. Anzi, un altro vampiro : non percepiva in lei alcun calore
corporeo o battito cardiaco. La circondava solamente un vago profumo
di magnolia. Aveva capelli corti e neri e vestiva di bianco, pantaloni
e un leggero spolverino.
Dandogli le spalle, sembrava intenta a leggere.
"Non importa...". La sua voce - velluto e seta - risuonò
all'improvviso.
"Non importa
se il varco
si aprirà per un unico
istante,
se il passaggio
della luce
sarà veloce
come la fuga
di una meteora.
Non importa,
io cadrò,
mi lascierò cadere,
mi lascierò prendere
dalla scìa,
riconoscerò il luogo,
saprò di esserci
già stato.
Non importa
se poi il varco
si richiuderà
e la mia sarà
una caduta breve.
Senz'ali rimpiangerò
il volo
ma resterà
la sensazione
del vento sul viso".
Spike stentò a riconoscere i propri versi scritti con la sincerità
disperata del delirio e, ancora confuso e diffidente, decise di agire
come di consueto, attaccando prima di essere attaccato, almeno fino
a quando non capiva cosa accidenti stava accadendo.
"Ti piace ?
Puoi pure tenertela, se vuoi...", bofonchiò. "Tu chi
sei ? ".
La sentì ridere piano. "Come stai ?".
"Bene...". Spike si accorse di essere nudo e radunò
intorno a sè le lenzuola, per scendere dal letto. " Che...E'
l'anima che mi ha fatto questo?".
"Direi piuttosto l'idea che tu hai dell'anima". La sconosciuta
si girò di sbieco, ma non abbastanza perchè lui potesse
scorgerne il volto. "L'anima non è che un accessorio sopravvalutato.
Là fuori è pieno di persone con un'anima che uccidono,
seviziano, ingannano e brutalizzano i propri simili. Non sono meno mostri
di noi.
Un artificioso abbellimento...Ecco cos'è l'anima".
Spike fischiò, scettico. "Affascinante teoria...Però
io ho conosciuto qualcuno per cui l'anima ha significato la differenza".
Lei sollevò una mano, in un gesto noncurante e Spike si sorprese
nel notare che indossava guanti di pelle nera. "Angelus è
un serial killer di natura. L'anima gli è servita come filtro
psicologico per frenare i propri istinti. Ma quando si tratta di Angelus,
parliamo di un caso limite...Tu,invece, Sanguinario, sei molto meno
eccezionale...".
"Ok. Frena un secondo", protestò Spike, incespicando
fino alla portafinestra. "Sai chi è Angel, sai chi sono
io...E tu? Di grazia, tu chi diavolo sei ?".
Lei non accennò a voltarsi e uscì sul balcone. "Melissande
Alexandrei".
"Alexandrei ? Come i proprietari della Villa Nera?".
"Già". Un sospiro. "Hai centrato il bersaglio".
"E cosa vuoi da me?", la incalzò Spike a muso duro.
Melissande non si scompose. "Povero, insicuro, Sanguinario...Solo
perchè mi sono presa cura di te, dovrei avere un secondo fine,
vero?". Ridacchiò. "Beh, si capisce...Non ho un'anima,
io".
Lui sferrò un pugno contro lo stipite della portafinestra e,
ancora malfermo sulle gambe, rischiò di cadere. "Non prendermi
in giro e non chiamarmi...". Si interruppe perchè era chiaro
che Melissande non lo stava ascoltando.
Appoggiata alla ringhiera, il quaderno di poesie stretto tra le mani
guantate, contemplava il cielo. "Vedi quella stella laggiù,
color del sangue ?
La chiamano Antares. E più o meno in quella direzione, c'è
il centro della nostra galassia, nascosto da inaccessibili nubi di polveri
e gas interstellari...Fa venire voglia di aggrapparsi a qualcosa per
non precipitare, vero?
E vuoi sapere che posto abbiamo noi vampiri in tutto ciò ?
Lo stesso di chiunque altro, Sanguinario. Siamo polvere. Un giorno il
nostro sole morirà e noi saremo polvere che si allontanerà
nel vuoto dello spazio...". Finalmente si voltò e guardò
Spike. "E' confortante, non trovi?".
Sconcertato, lui la fissò. Aveva grandi occhi di un profondo
nero notturno e,dalla tempia sinistra, la cicatrice irregolare di un'ustione
le attraversava il viso fino a un angolo della bocca, ma anche così
era bella in modo prodigioso.
"Cerchi un varco di luce, Sanguinario? ", sussurrò
Melissande con la sua voce di velluto, seta nera sul corpo esposto di
Spike. "Beh, non è qui, te lo assicuro. "
Gli mise una mano guantata sulla nuca e avvicinò le labbra al
suo orecchio. Rabbrividendo, Spike strinse di più il lenzuolo.
"A parte la tua poesia, non voglio nulla da te", bisbigliò
lei. "Se sei furbo, vattene e non voltarti indietro. E' un consiglio
spassionato".
Inspiegabilmente turbato, Spike si rese conto che Melissande aveva lasciato
la stanza solo dopo qualche istante. "Adesso ho un problema",
brontolò tra sè. "Perchè non credo di essere
mai stato davvero furbo...".
§ FINE PRIMA PARTE §
Seconda parte
...molto tempo prima...
Il fuoco era vivo. Il fuoco non aveva pietà. Non aspettava.
Glielo disse, glielo urlò, le tese la mano, disperato, ma lei
nemmeno lo degnò di uno sguardo. E poi le fiamme furono tra loro,
dividendoli.
"Al Diavolo!", imprecò lui, voltando le spalle alla
figura vestita di bianco, sangue e furore, in ginocchio fra la cenere,
lambita da un mare di fiamme.
Quando però,mentre zoppicava nel cunicolo sotterraneo verso la
salvezza e un ignoto futuro, gli giunse il rombo assordante del soffitto
del salone che crollava, sentì sulle labbra il sapore delle lacrime.
...molto tempo dopo...
"Padre, te ne prego".
"Sai che non sono tuo padre".
"Sai che per me sei sempre stato più di questo. Te ne prego,
padre, guariscimi. Tu hai scelto. Lascia che anch'io scelga".
"Io ho dovuto scegliere. Per te".
"Hai dovuto, sì. Ma per lei. Per essere certo di trovarla.
E anche io devo. Tu devi. Di nuovo".
"Di nuovo...".
"Te ne prego, padre, non abbandonarmi. Il giorno è stato
troppo lungo e doloroso...Donami una notte tiepida e fresca".
"E sia. Ma sarà una notte gelida, più di quanto tu
possa immaginare".
PARTE SECONDA
LA NOTTE SI AVVICINA VESTITA DI SILENZIO
Siamo momenti,
fragili istanti,
scelti a caso
dall'eternità...
§ 1 §
Con l'imbrunire, giunsero nubi nere cariche di pioggia e fulmini.
Spike rinunciò a proseguire il viaggio e restò sdraiato
sul giaciglio di fortuna che si era ricavato in un piccolo capanno,
trovato lungo il cammino. Ci si era nascosto per tutto il giorno. In
realtà, non doveva essersi allontanato dalla pensione più
di un paio di km.
Sì, era poco furbo, probabile. Ma anche molto orgoglioso e Melissande
Alexandrei l'aveva mandato in bestia. Voleva che se ne andasse ?
Bella forza. Benvenuta nel club. Volevano sempre tutti che lui se ne
andasse. Almeno gli avessero specificato dove... All'Inferno?
Troppo generico. Per sè pretendeva un maggior sforzo di fantasia.
E poi, maledizione, una tediosa punta di curiosità continuava
a stuzzicarlo...
Come mai un'anonima albergatrice di montagna conosceva così bene
i vampiri ?
Chi era lo straniero bruno e zoppo arrivato al villaggio ?
E perchè la piccola Virginie non gli sembrava poi tanto innocente
?
E Melissande...
Dannazione, aveva finito le sigarette! Ahi, ahi, Spike...Non cambi mai,
vero ?
Poteva quasi vederla, lì, nella penombra del capanno, la sua
bionda ossessione, la Cacciatrice, che dall'alto del suo piedistallo
lo guardava, non si capiva se con disprezzo o pietà... Oh, già!
Era la misericordiosa tolleranza di chi è nel giusto. Tu sei
dal lato sbagliato del fosso, caro mio, e continui a cercare di saltarlo,
ma lo sai bene che ha rive scivolose...
Spike mugugnò tra sè, desideroso di spaccare qualcosa,
una cosa qualsiasi, a patto che frantumandosi producesse un gran rumore,
come la sua rabbia.
In quell'istante, la porta malconcia del capanno si spalancò
.
§ 2 §
Virginie si fermò di fronte alla camera n°2, reggendo la
biancheria pulita.
Strano...Da quando lei e la zia avevano sistemato la vecchia pensione
dei nonni, si erano visti ben pochi avventori e tutti terribilmente
noiosi. Ma ecco, all'improvviso, due nuovi ospiti affascinanti, giunti
entrambi di notte, e sempre chiusi nelle loro stanze...
Bussò e le venne aperto quasi immediatamente. Per qualche momento,
non riuscì a proferire parola, ipnotizzata dalla cicatrice che
deturpava il volto di Melissande Alexandrei, poi la luce di un fulmine
spezzò l'incantesimo.
"Scusi, non volevo disturbarla, ma dovrei sostituire asciugamani
e lenzuola", balbettò Virginie. Lo sguardo di quella donna
era anche più inquietante della sua cicatrice. E, accidenti,
perchè portava guanti di pelle in piena estate ?
"Nessun problema. Il temporale mi ha svegliata. Scendo di sotto",
replicò asciutta Melissande, oltrepassandola in una scìa
delicata di profumo di magnolia.
Sfiorata dal tessuto impalpabile della sua lunga tunica di seta bianca,
Virginie rabbrividì e si affrettò a scomparire nella stanza,
senza accorgersi che l'altra si era fermata per voltarsi ad osservarla.
Melissande sostò così per un attimo, gli occhi neri ridotti
a due fessure, poi proseguì decisa verso il piano inferiore,
fino alla cucina, dove trovò Lara intenta ad ammirare la furia
del temporale dalla finestra.
"E' incredibile come si fa presto a dimenticare...Prima di tornare
qui, non ricordavo quanto potesse essere mutevole il tempo in montagna...".
"Già...Si fa presto a dimenticare", commentò
Melissande, sedendosi. "O a non capire...Ti avevo raccomandato
di tenermi aggiornata su ogni cambiamento".
Lara lasciò ricadere le tendine e si girò, stupita. "Ed
è quello che ho fatto! A parte la comparsa di quel pittoresco
vampiro che tu chiami Sanguinario, non è accaduto nulla di rilevante...Almeno
fino a...Beh, lo sai!".
Melissande continuò a fissarla con disapprovazione. "Ho
appena incontrato Virginie. E' cresciuta. E' diventata...donna".
Indugiò sull'ultima parola.
Lara sorrise. "Oh...Le prime mestruazioni,sì...Le sono arrivate
il mese scorso. Una sera ha rifiutato il dolce e si è rinchiusa
in camera sua. L'ho trovata con tutto il vestito macchiato...Era un
pò spaventata, ma è naturale". Aggrottò la
fronte. "Quando parlavi di un cambiamento, alludevi a questo?
Perchè ? Credevo fosse una bella cosa... Un segnale positivo...".
"Il segnale che lui stava aspettando", disse Melissande.
L'altra impallidì. " Intendi dire che lui è tornato
per questo?".
"Intendo dire che lui era già qui. Forse c'è da quando
vi siete trasferite. Forse vi seguiva già da prima".
Lara scosse il capo. "Ma perchè...Oh!". La sorpresa
e poi l'orrore si dipinsero sul suo volto. Con le mani cercò
freneticamente il bordo del tavolo. "Vuole ricostituire la famiglia...".
Melissande annuì. La sua espressione dura si addolcì,
divenne triste. "Lui ha sempre creduto nella famiglia".
"Lo sapevo...", piagnucolò Lara, oscillando avanti
e indietro con il corpo. "Non dovevamo tornare...Ma io...dove...non
c'erano più posti....io...".
"Siediti!", le intimò Melissande esasperata. "Quando
sei nervosa, non termini mai le frasi. Mi fai venire le vertigini!".
Sospirò. "Abbiamo anche un altro problema... Virginie ha
contatti fisici con un uomo".
"Un uomo?!", esclamò Lara. "No! E' impossibile...E'
solo una bambina...Non penserai che...".
"Che abbia perso la verginità ?", la interruppe una
voce maschile. "No...Ma di certo ha fatto pratica con i preliminari".
Lara e Melissande si voltarono verso la porta sul retro, dove Spike,
bagnato fradicio, stava strizzando la giacca.
§ 3 §
"Ehi, ragazze, calmatevi! Tutta questa gioia per il mio ritorno
potrebbe darvi alla
testa ! ". Spike si passò le mani tra i capelli bagnati
e fece un cenno amichevole a Lara, che lo stava guardando inebetita.
Melissande invece era impassibile come una sfinge: doveva essersi accorta
della sua presenza parecchi minuti prima che lui parlasse.
"Perchè è qui ?", mormorò Lara. "Se
n'era andato...Cosa vuole ? Cosa ha sentito?". La sua voce era
appena un soffio, sembrava svuotata, in trance.
Melissande appoggiò i gomiti sul tavolo e si prese il volto tra
le mani guantate. "Sì, Sanguinario, illuminaci".
Spike si mise a cavalcioni su una sedia, senza fretta. "Me n'ero
andato,infatti...Ma poi, nel capanno in cui mi ero fermato durante il
giorno, sono arrivati un anziano signore e il suo cane, in cerca di
un riparo dalla pioggia: per una qualche, spiritosa, follia della natura
ero simpatico al cucciolo, così sono rimasti a farmi compagnia...".
"Struggente", osservò Melissande.
"Vero?
Ed è venuto fuori che il vecchio è nato, cresciuto e vissuto
sempre in questa ridente località...Gira che ti rigira, abbiamo
finito per parlare della Villa Nera e di quell'estate di circa trent'anni
fa in cui andò a fuoco...". In mancanza di una sigaretta,
Spike afferrò una pesca dalla fruttiera accanto a sè e
inizio a rigirarsela languidamente tra le dita. "Curiosa storia...Quasi
una fiaba, che racconta di una ricca famiglia straniera composta perlopiù
di giovani vestiti di bianco e belli come dèi e della più
bella di tutti loro, così bella da fermarti il cuore nel petto,
una favolosa creatura dallo strano nome ...". Gli occhi blu del
vampiro si soffermarono su Melissande. "...che iniziava per m ...
E della passione che divampò fra lei e uno dei becchini del cimitero
locale...". Spike sghignazzò, poi tornò serio, concentrandosi
sulla pesca. "... che si chiamava Daniel ed era il fratello maggiore
della gentile signora che ha da poco riaperto la pensione...".
Questa volta, Spike guardò verso Lara, immobile come una tragica
statuina. " ...e anche di uno dei numerosi fratelli della splendida
fanciulla dallo strano nome, un tipo alto e bruno, particolarmente possessivo,
che ostacolò in ogni modo la relazione della sorella e...".
"Willy, amore...", lo incalzò Melissande. " Stringi...".
"Così sciupi la complessità della trama!", protestò
Spike, mettendo un piccolo broncio. " E francamente preferirei
che continuassi a chiamarmi Sanguinario, se proprio devi...Comunque
sia, ad un certo punto, la bellissima creatura svanì nel nulla
e anche molti ragazzi del luogo, compresi Daniel e la sua sorellina,
presero il volo, gettando nello sconforto l'intero villaggio. Non molto
tempo dopo, la Villa Nera bruciò e anche il resto degli Alexandrei
tagliò la corda".
"Mio fratello aveva il cuore spezzato", sospirò Lara,
lo sguardo perso nel vuoto. "Non sopportava più di restare
qui. Io lo adoravo, così lo seguii. E' morto qualche anno fa,
in un incidente stradale, con sua moglie, e a me è rimasta solo
Virginie...".
Melissande la ignorò. "Morale della favola ?".
Spike si strinse nelle spalle. "Morale ?
Nessuna. Le morali non sono mai state il mio forte...Piuttosto , la
conclusione ?
Mi chiedo se ce ne sia stata una... Capisci, io sono come quella gatta
del vecchio detto... Che certo non fa una bella fine, ma...Bah...Che
mi importa ?
L'ho sempre saputo che non avrei fatto una bella fine... E credo di
intuire anche un altro paio di cosette. Per esempio, quello straniero
che vi mette tanta paura...alto e bruno...E' lui, vero?
Quel tuo fratello guastafeste...".
"Alekòs. Mio fratello Alekòs", confermò
Melissande.
Per un frazione di secondo, il suo autocontrollo si incrinò,
permettendo a Spike di scorgere al di là di esso lo spettro di
un'emozione violenta. Angoscia...o dolore... Non poteva esserne certo.
Non ancora almeno. Ma era sulla strada giusta. "E il suo ritorno,
in qualche modo, è un pericolo per Virginie, giusto?
E' per lei che siete così preoccupate,esatto?
Conoscevo una ragazzina della stessa età di Virginie", continuò
Spike. "Anche lei minacciata dal male, senza nessuna colpa...Mi
chiesero di proteggerla ed io feci del mio meglio...".
Lara si agitò sulla sedia. "Ci sta offrendo il suo aiuto
?
Grazie, William, ma non è necessario. Possiamo cavarcela".
"Ne sei sicura ?", intervenne stancamente Melissande. "Perchè
io non lo sono più, alla luce degli ultimi fatti...E anche se
ammetto che all'apparenza non si direbbe, il Sanguinario potrebbe essere
un ottimo alleato...".
"Ehi...!", borbottò contrariato Spike.
"Ma...è...è un estraneo...non sa...", balbettò
Lara. "Chiamiamo...sì, chiamiamo Redena e gli altri...".
Melissande scattò in piedi, spostando il tavolo di parecchi centimetri.
Persino Spike si spaventò e la pesca gli sfuggì. Lara
sembrò rimpicciolire.
"Redena e gli altri?!
E' quasi oltraggioso che sia proprio tu a proporlo ! Avrebbero rappresentato
la soluzione migliore per te, a suo tempo, ma non hai mai voluto rivolgerti
a loro. E adesso pretendi che sia io a farlo ? Ora, quando sono liberi
e non devono più niente a nessuno ? ". La vampira tacque,
deglutendo la rabbia.
Poi guardò Spike. " Quanto a te, e sia. Mi auguro soltanto
che tu riesca a ricordare cosa significare essere di nuovo il grande
vampiro che sei stato . E' di lui che avrò bisogno".
§ 4 §
Dopo il temporale, la notte scese profumata e fiorita di stelle quanto
un giardino. Melissande e Spike camminavano in silenzio nel bosco, sulle
tracce di Virginie: la ragazzina era sgattaiolata fuori dalla propria
stanza verso la mezzanotte, senza accorgersi che i due vampiri la stavano
spiando tra i cespugli.
Per quella particolare uscita, Melissande aveva rinunciato ai suoi consueti
indumenti bianchi e ora indossava jeans e una maglia neri, aderenti
come guanti.
Spike, restandole dietro di qualche passo, la osservava. Non era sottile
e nervosa come Drusilla, nè piccola e solare come la Cacciatrice,
ma alta, eterea e al contempo carnale, con un modo di muoversi lento
e fluido. C'era in lei qualcosa del cigno e della tigre, un felice,
intrigante connubio di grazia e puro istinto.
Oh, sì...Il vecchio aveva ragione, pensò il vampiro biondo,
se il mio cuore fosse ancora in grado di battere, lei potrebbe fermarmelo
nel petto...
Ehi! E adesso che diavolo gli prendeva ?!
Per usare un eufemismo, le donne l'avevano trattato alla stregua di
un biscotto secco, da sbriciolare finemente, e questa... Per l'inferno,
questa qui sembrava più pericolosa di tutte le altre messe insieme
!!
Si stava trasformando in un miserevole masochista...
Melissande si bloccò di colpo e lui, distratto dalle proprie
elucubrazioni, quasi la investì. Per evitarla - per non toccarla,
soprattutto - rischiò di sbattere contro un albero e finì
carponi.
"Che c'è, Sanguinario ? ", gli chiese Melissande tendendogli
una mano. "L'anima è troppo pesante ?".
Spike rifiutò il suo aiuto e si rialzò con ostentata disinvoltura.
"Una buca", bofonchiò.
"Balle", lo provocò lei. "Guardati...Sei diventato
rosso come le scarpette di Dorothy".
Il vampiro aggrottò la fronte interdetto e Melissande precisò
: "Il Mago di Oz...".
"Oh...Ma certo!! Ma che adorabile citazione !", esclamò
lui dandole una gomitata. "Un autentico peccato che Virginie non
ci abbia lasciato una stradina di mattoni gialli da seguire...Perchè
l'abbiamo persa, non è così ?".
Ringalluzzito dall'espressione di disappunto della vampira, Spike recuperò
ulteriore arroganza. "Non sento più il suo odore, nè
il suo calore corporeo...E tu, o grande predatrice ?".
Melissande non raccolse la sfida e si limitò ad allargare le
braccia. "No, nemmeno io...Le gallerie, è chiaro".
Riprese a camminare.
"Quali gallerie ?", volle sapere Spike. " Necessito di
una spiegazione che superi le due sillabe, se per te non comporta un
eccessivo dispendio di energie".
"Smettila con quel tono da portinaia petulante, Sanguinario, per
cortesia...
Dai sotterranei della Villa Nera, si diramano dozzine di gallerie scavate
nella roccia che proseguono nelle viscere della montagna. Non ci sono
mai scesa, ma Alekòs e gli altri miei fratelli le hanno esplorate
per intero. Questa zona del bosco fa parte del parco della villa...Probabilmente
ci sono delle vie d'accesso nascoste".
"Perciò abbiamo la prova che l'innamorato di Virginie è
davvero Alekòs".
"No. Qualcuno mandato da lui. Alekòs non...". Melissande
venne interrotta dal tonfo di Spike che finiva lungo disteso.
"Sanguinario...Comincio a credere che tu abbia seri problemi di
equilibrio!".
Lui schizzò in piedi più in fretta di quanto fosse caduto,
guardandosi rabbiosamente intorno. "Sono inciampato in qualcosa,
maledizione!".
Notò una pietra grigia e rettangolare emergere dal terreno muschioso,
poi un'altra e un'altra ancora. Ne contò circa una decina, a
brevi intervalli regolari. "E queste che diavolo sarebbero?".
Melissande non parlò, ma quasi subito Spike comprese da sè.
"Oh...Tombe". Le osservò meglio. "Di bambini.
Tombe di bambini". Si chinò su una di esse, per riuscire
a leggerne l'iscrizione incisa in caratteri gotici. "E sono tutti
Alexandrei...".
"Sì", disse Melissande, immobile, le mani guantate
sui fianchi.
Rieccolo, pensò Spike, quel rumore di fondo percepibile nella
sua voce, lo schianto lontano di cristallo in frantumi, di un grido
durato per anni...
Lei si accorse della sua espressione indagatrice e lo zittì con
un gesto. "Me lo hai già chiesto e io ti ho già risposto.
Non ho nessuna intenzione di raccontarti la storia della mia famiglia.
Non oggi, almeno".
"Una domanda. Una sola. E giuro che non riguarda queste tombe",
la pregò Spike, sfoderando il suo migliore sorriso da cattivo
con un cuore.
Funzionò. Melissande cedette. "Spara".
"Il vecchio del capanno ricordava in ogni particolare la prima
volta in cui ti vide, in una tersa mattina di primavera: indossavi un
vezzoso abitino bianco con le spalline sottili...".
"E' possibile. Avevo un vestito simile. E allora ?".
"Allora ?!
Allora, te ne stavi sotto il sole di maggio!", esclamò Spike.
"Tu sei un vampiro!".
"Sanguinario, dopotutto deve esserci un cervello sotto quegli assurdi
capelli ossigenati...Un vampiro può stare sotto il sole ? ".
"No!!".
Melissande sorrise e i suoi denti candidi spiccarono per un istante
nel buio. "Ne consegue, dunque, che all'epoca io non lo ero ! Facile,
no?
Elabora il concetto e basta con le domande. Torniamo alla pensione.
Mi resta solo una cosa da scoprire, questa notte".
Spike, ammutolito, restò a fissare la sua schiena, mentre si
allontanava.
§ 5 §
L'alba della breve notte estiva filtrava attraverso le persiane accostate
e Virginie, con la sua camiciola di cotone stampato e i capelli color
dell'oro sparsi sul cuscino, dormiva profondamente. Persino troppo,
si disse Spike.
Tutto ciò che faceva Melissande Alexandrei gli risultava in genere
inesplicabile e infatti non capiva perchè ora si trovassero lì,
muti e freddi come spettri, accanto al letto di una quindicenne. Quando
la vampira si chinò sulla bocca della ragazzina, presumibilmente
per odorarne il fiato, lo capì ancora meno e la sua perplessità
non fece che aumentare all'istantanea reazione di Melissande, che si
tirò indietro e lasciò la stanza nel giro di un istante.
Annusò anche lui il respiro di Virginie e gli sembrò che
sapesse di rose... Qual era il problema ? La piccola usava un dentifricio
inappropriato ?
Scuotendo il capo, Spike uscì nel corridoio. Vide Melissande
appoggiata al muro, le braccia conserte. Piangeva. Oh, certo, gli occhi
erano asciutti, non emetteva alcun suono, ma piangeva, nel modo in cui
piangono coloro che non hanno più lacrime, a cui restano solo
rabbia e frustrazione, incastrate in gola in un grumo che si rifiuta
di scendere o di salire. Piangeva come certe volte arriva a piangere
un vampiro con l'anima.
Istintivamente, Spike tese una mano verso di lei e la punta delle sue
dita sfiorò la cicatrice sulla guancia, senza vederla veramente.
Melissande sussultò, sottraendosi a quel contatto, e il suo volto
si trasformò rapidamente in quello della caccia. Durò
solo un momento, il tempo di un respiro, poi ritornò normale,
bellissima e ferita, negli occhi lo sgomento e l'imbarazzo per aver
perso il controllo di fronte a lui.
Lo fissò ancora un attimo, quasi sul punto - Spike ne fu sicuro
- di abbandonarsi tra le sue braccia. "Vado a cercare Lara",
disse invece.
§ FINE SECONDA PARTE §
continua... (il prima possibile, giuro!!)
Terza Parte
Nell'ora della luna, forse,
anche chi è caduto
può tornare angelo
e volare.
...molto tempo prima...
Una lampada rossa, una malinconica sala troppo grande. Lei si mosse
come uno spettro, nel vestito bianco. Fissò le spade antiche
incrociate sul muro. "Sarebbe facile", sussurrò.
Sguainò una delle spade e la accarezzò lentamente con
il palmo della mano, spingendo la lama nella carne. Fissò la
traccia rossa sul palmo. "Questo sangue... Tutto per questo sangue...".
Lui si avvicinò, pallido in volto e afferrò la lama a
sua volta, puntandosela al petto. "Se intendi farlo, allora uccidi
prima me ".
Lei guardò le mani di lui riempirsi di sangue e con un singhiozzo
lasciò cadere la spada per abbandonarsi tra le sue braccia, macchiandogli
la giacca bianca di gocce scarlatte.
Si strinsero come se quell'abbraccio avesse potuto fermare il tempo
e lasciarlì così, per sempre.
...molto tempo dopo...
La notte. Rugiadosa. Morbida. Un oceano profumato e oscuro in continuo
movimento.
Niente a che fare con l'accecante e polveroso giorno, tutto spigoli
e brutale banalità.
Si stiracchiò, selvatica, pronta, lasciando che l'erba, sotto
di lei, si adattasse al suo corpo .
Il ragazzo le trascinò davanti il proprio fardello, sbuffando
per la fatica. La puzza del suo sudore le fece arricciare il naso :
come tutti gli umani era tristemente grossolano, privo di qualsiasi
eleganza. Ma serviva a più di uno scopo.
Rimirò il suo dono: un uomo svenuto. Sì, era perfetto.
Sangue giovane, ricco.
Sarebbe stato un buon pasto.
PARTE TERZA
LA NOTTE NON HA UNA, MA MOLTE VOCI
Per chi ci amerà
saremo forse
più di una scintilla
§ 1 §
Lara fece l'iniezione con mano ferma, in silenzio, il volto impassibile.
Troppe emozioni da gestire. Spike conosceva fin troppo bene quell'atteggiamento
: a Sunnydale era di moda, là quasi tutti avevano una personale
camera stagna in cui sigillare i sentimenti scomodi...
E poi, naturalmente, Melissande. Il vampiro la raggiunse nel corridoio.
"Dunque...So di essere solo un modesto gregario in tutta questa
bizzarra situazione, ma...", disse scegliendo con cura le parole.
"...ma abbiamo appena imbottito di sedativi e incatenato al letto
una ragazzina di quindici anni...Forse mi sfugge qualcosa, però
mi pareva di aver capito che la piccola fosse l'innocente da proteggere...O
no ? ".
Melissande si stava massaggiando con insistenza il braccio sinistro,
proprio come qualcuno prossimo all'infarto. Rivolse a Spike uno sguardo
assente. "Sono stanca. Vado a riposarmi".
Un attimo ed era sparita, la porta della sua stanza chiusa a chiave.
Spike scosse la testa bionda. "E meno male che quella disturbata
mi sembrava la cacciatrice...".
§ 2 §
L'acqua del ruscello, fresca. Le stelle, uno sterminato incanto. E
loro due, stretti l'uno all'altro, a indicare le costellazioni con le
mani e a regalare sogni alla notte.
Sogni in cui sarebbero stati sempre insieme e sempre bambini. Perchè
già avevano nell'anima l'intuizione del dolore...
Correvano e Alekòs rideva, trascinandola. E la chiamava. Nessuno
aveva mai pronunciato il suo nome come lo pronunciava lui. "Melissande",
diceva, ed era come se ogni volta dicesse "amore".
"Melissande...Melissande...".
Melissande capì di non stare più sognando ancora prima
di svegliarsi del tutto.
Qualcuno le teneva una mano premuta all'altezza dell'ombelico: un gesto
tipico di Alekòs.
Aprì gli occhi: lui sedeva sul bordo del letto, vestito di lino
bianco, i capelli corvini sempre un pò troppo lunghi, il volto
di un gatto divenuto per magia umano. La mano, guantata di pelle, posata
su di lei. Non era cambiato. Tranne che per una cosa: nessun battito
cardiaco, nessun calore nel suo corpo.
"Quando è successo ?", sussurrò Melissande.
Alekòs si strinse nelle spalle. "E' successo. E basta".
"Che stai facendo ? Fratello, che stai facendo ?". Lo chiese
con un filo di voce, senza tentare di muoversi.
Lui si protese leggermente in avanti. "Nulla di male ".
"Nulla di male?! E Virginie ?!".
"Quella non è stata una mia idea".
Qualcosa di simile a una risata gorgogliò nella gola di Melissande.
"No? E di chi allora ?".
Alekòs esitò. "Le ho raccomandato di non avere fretta,
ma lei è molto impulsiva".
"Lei ? Di chi parli ?
Non di nostra madre...". Gli occhi di Melissande si restrinsero.
"Perchè l'ho ammazzata io...Dunque, di chi ? Chi diavolo
ti sei portato dietro ?".
Lui scosse il capo e i capelli neri gli scivolarono sulla fronte, esattamente
come quando era bambino. "Vorrei poterti risparmiare tutto questo,
Melissande...Ma sei ciò che sei. Sempre testarda. Inarrestabile".
Infastidita da quella sua voce roca che conosceva così bene,
lei si tirò su a sedere e furono faccia a faccia. "Verrò
a cercarti, questa notte".
Alekòs sorrise. Aveva conservato il suo sorriso felino. Una malìa.
"Lo so. Ma, credimi, non ti piacerà quello che troverai".
Si sfidarono con lo sguardo e il silenzio si fece pesante, mitigato
soltanto dal cinguettìo degli uccellini nell'alba tiepida. Alla
fine fu Melissande a cedere: guardò le mani di lui, nascoste
da guanti molto simili ai suoi.
"Perchè li porti ?", chiese ritirandosi verso la testiera
del letto.
"Anche tu li porti", ritorse Alekòs, ritraendosi a
sua volta.
Stizzita, lei si tolse un guanto e gli mostrò la mano. "E
dovresti intuirne il motivo".
"Allora non farmi domande stupide", la rimproverò lui
con un mesto sorriso, poi si alzò in piedi e si sollevò
la camicia. "Il motivo è lo stesso".
Melissande impietrì. Sulle prime faticò a collegare ciò
che vedeva con ciò che sapeva. O che credeva di aver sempre saputo.
E invece... Un singhiozzo le sfuggì e gli occhi del fratello
s'ìncupirono.
In quello stesso istante, Spike forzò la maniglia della porta
e la spalancò.
§ 3 §
Avvenne tutto in pochi secondi.
Spike vide un'ombra abbandonare velocissima il letto e scagliarsi fuori
della finestra protetta da una coperta. Melissande invece non si mosse,
gli occhi sbarrati, come se avesse appena visto un fantasma.
E forse era così.
"Era Alekòs ?", esclamò lui. "Quello era
Alekòs ?".
Poi se ne accorse. Lei non indossava un guanto e poteva vedere chiaramente
la sua mano. Indugiò su di essa con lo sguardo, senza quasi rendersene
conto: era completamente e profondamente ustionata. Un orribile scempio.
Deglutendo, distolse gli occhi e incontrò quelli di Melissande,
adesso lucidi. E colmi di inaspettata ferocia.
"Stai...stai bene ?", domandò, sentendosi subito un
idiota. Certo che non stava bene. Per niente.
Lei saltò giù dal letto, cogliendolo di sorpresa, il volto
trasformato, un ringhio minaccioso dal fondo della gola. "Che cosa
guardi ? ". Sollevò la mano martoriata. "Questa ? E
perchè ? Che t'importa ? Cosa vuoi ?".
Spike strinse la mascella. "Non voglio nulla. Soltanto aiutarti
".
"Oh, già...William il Sanguinario ora ha l'anima...",
disse Melissande, la voce di seta divenuta aspra e tagliente. "Come
dovrei chiamarti dunque ? Il buon samaritano ? William il Saggio ?".
Senza preavviso colpì un vaso di fiori sul comodino, mandandolo
in frantumi. Acqua dall'odore vagamente putrido e fiori di campo si
sparsero ai suoi piedi. "Stronzate, mio caro ! Un grosso, ingombrante
cumulo di stronzate... Vuoi la verità? La vuoi ? ".
Lui percepiva la sua furia repressa montare come un'onda. Si raddrizzò
pronto a fronteggiarla. "Perchè no ?
Dopotutto, immagino che me la diresti comunque...".
Un altro ringhio. Melissande avanzò. "La verità è
che non sei nessuno, Sanguinario. Ti trovi qui, a ficcare il naso in
cose che non ti riguardano, perchè hai il terrore di tornare
da dove sei fuggito e avere la conferma che nessuno ha sentito la tua
mancanza...Nessuno ". Altri soprammobili, su un cassettone, finirono
in pezzi. "Tu sei sempre stato l'ospite indesiderato, vero, Sanguinario
?
Mai l'amico di cui ci si preoccupa...Una spina sotto un'unghia. Ecco
cosa sei".
Si fermò davanti a lui . "Quindi fammi il favore di non
compatirmi. Non ne siete all'altezza, tu e la tua piccola, patetica
anima".
Lo centrò con un pugno incredibilmente poderoso in pieno mento.
Per qualche istante, Spike non vide che una violacea oscurità,
poi lei prese a riempirgli lo stomaco di calci, l'ultimo dei quali lo
scagliò brutalmente contro la parete opposta.
Il buio che lo avvolgeva, adesso, era scarlatto, attraversato da nere
onde di dolore, ma, da qualche parte, scattò una luce di consapevolezza.
No, pensò il vampiro, no, sono stanco di lasciarmi picchiare.
E' il momento di finirla.
Si rialzò a fatica, ma riuscì a bloccare il nuovo attacco
di lei e facendola girare su stessa, la intrappolò contro il
proprio corpo, piegandole un braccio dietro la schiena e serrandole
la gola. Era difficile, dannatamente difficile. Melissande era più
forte di quanto avesse mai immaginato.
"D'accordo", le sussurrò ansimando all'orecchio. "D'accordo.
Sono patetico. E' vero. L'ombra di ciò che sono stato. Gioco
a fare il duro, ma ho permesso alla Cacciatrice di masticarmi e sputarmi.
E mi ostino a prendere per i fondelli il buon vecchio Angel, mentre
probabilmente sono più solo del suo cane, casomai ne avesse uno...".
Continuò a stringerla, i muscoli che minacciavano di scoppiargli
per lo sforzo. "Soddisfatta ?
Eccolo qua, William il Sanguinario, Spikey Spike in tutto il suo meschino,
polveroso, splendore. Lo confesso. Sono colpevole ". Si fece più
vicino a lei, le sue labbra le sfiorarono il collo. "Però
ora è arrivato il tuo turno. Tocca a te confessare. Perchè
io credo che siamo entrambi sulla stessa barca. Una barca che affonda,
non è così, Melissande ?".
La sentì dibattersi debolmente : la sua resistenza stava venendo
meno, la furia cieca fluiva via da lei come sangue durante un'emorragia.
"Hai ragione", continuò Spike. "Non sono stato
che una spina sotto l'unghia...Mai un amico. Lascia che lo sia per te...
Lascia che ti tenga tra le braccia mentre la barca affonda...".
La liberò, limitandosi ad accarezzarle circospetto le spalle.
"Questo lo so fare, sai ?".
Lei si voltò, il viso di nuovo umano, il mento che tremava, le
prime di molte lacrime già impigliate tra le ciglia. Lui la accolse
contro il petto. " Non avere paura", le bisbigliò.
"Ti tengo io. Questo lo so fare".
§ 4 §
Lei pianse, pianse a lungo e disperatamente. Poi cadde in un sonno
profondo.
Spike la tenne stretta a sè, senza muoversi, per ore, mentre
all'esterno il sole correva attraverso il cielo e ombre sempre diverse
si alternavano sulle pareti. Non era come stringere un corpo vivo e
caldo, questo no. Ma lo trovava ugualmente travolgente. E poi lui che
poteva saperne in realtà ?
La cacciatrice non gli aveva mai permesso di abbracciarla. Oh, sì,
si era lasciata prendere e possedere in quasi tutti i modi conosciuti,
ma qualcosa di veramente intimo come un abbraccio...?
No...Il vecchio, lurido Spike non si meritava tanto.
Capiva molte cose, ora. Il suo metro di giudizio, per oltre un secolo,
si era basato su Angelus, il Male personificato, impossibile da ferire,
essendo privo di sentimenti e punti deboli. Aveva tanto desiderato di
assomigliargli, perchè lui invece riusciva a sentire dolore al
cuore come se ancora gli battesse nel petto...E attingendo all'ingenuità
del poeta che era stato, si era convinto di essere speciale, diverso
dagli altri.
E adesso, con quella vampira senz'anima che dormiva aggrappata alle
sue spalle come se non avesse mai veramente potuto riposare prima, Spike
comprendeva finalmente che il male di vivere non cessava con la morte.
Che la maggior parte delle altre creature della notte conservava la
capacità di sentire e di soffrire, esattamente come lui.
Buffo, sembrava proprio che alla fine il caso più unico che raro
fosse Angelus, talmente intriso di oscurità e sentimenti negativi,
da non poter più sentire altro. O forse era stato soltanto molto
abile, usando la malvagità senza limite come un'arma appuntita
e avvelenata contro la dannata e inconcepibile sofferenza...
Eravamo uomini, pensò Spike, e nonostante tutto, siamo rimasti
tali anche dopo, con gli stessi difetti, le stesse debolezze e le stesse
paure, solo un pò più liberi, un pò meno ipocriti.
Ma, sotto sotto, nel profondo, pur sempre malati di umanità.
Mentre lui era perso nelle proprie intime elucubrazioni, Lara si affacciò
nella stanza, la crocchia di capelli precocemente grigi semisfatta,
gli occhi stanchi. "Si è calmata...", constatò
, come se quegli attacchi isterici di Melissande fossero per lei un
fatto abituale.
"Alla fine, sì", disse Spike, lasciando cautamente
il letto.
Lara si strinse nelle spalle. "Dopotutto Alekòs è
stato qui". Sempre la stessa inflessione tranquilla nella sua voce.
Poi sorrise e il sorriso la trasformò fugacemente, restituendo
a Spike un frammento dell'immagine di lei più giovane e ancora
ignara dell'orrore a venire.
"Tu non ci capisci niente...eh, William ? ".
Lui inarcò un sopracciglio. "Non mi permettete di capire...".
Lara aggrottò la fronte, poi annuì. "Seguimi".
.§ 5 §
Normalmente i segreti si nascondono in soffitta o in cantina. Lara
teneva i suoi nell'armadietto delle scope, in una scatola da scarpe,
dietro i prodotti per il pavimento.
Singolare, pensò Spike, mentre lei gli porgeva un libro dalla
copertina spiegazzata , chiuso con un semplice elastico. Era una copia
di "Il mago di Oz".
"Osserva bene", gli suggerì Lara.
Perplesso, lui si rifugiò nella penombra della biblioteca e quasi
subito si estraniò dalla realtà circostante, catturato
dal piccolo, nuovo, mistero di quel libro.
Era stato letto molte volte, lo si capiva dal pessimo stato delle pagine
ingiallite e una scrittura femminile, precisa e minuta, ne ricamava
praticamente ogni spazio libero, riportando brani di altri romanzi,
versi famosi o pensieri liberi e sconnessi privi di un filo logico.
Qua e là, spuntavano poi fogli di ogni dimensione, infilati tra
un capitolo e l'altro come fiori da seccare: si trattava per lo più
di schizzi a carboncino o china, rappresentanti squarci di cielo notturno,
nebulose, fasi lunari, ma anche e soprattutto bambini, tanti, di tutte
le età, tra cui due, in particolare, un maschietto e una femminuccia,
neri di occhi e di capelli, che apparivano sempre insieme.
Nel centro del volume, Spike trovò una vecchia fotografia in
bianco e nero, il ritratto di una ragazzina sui quindici anni, immortalata
in un ventoso giorno di sole : i capelli scuri le celavano in parte
il volto, che lei riparava dalla luce con una mano, ma la rassomiglianza
con Melissande era evidente.
Il vampiro girò la foto e vi scoprì una poesia d'amore,
scritta dalla stessa mano che aveva riempito di annotazioni il libro.
"Entrerai in me come acqua
e fluidamente ti consentirò
di attraversarmi,
così che potrai scoprire
quanto in profondità
si spingono i miei confini
e oltre quali zone d'ombra
respira la mia verità ultima.
Filtrerò in te come luce
e accecato ti lascerai
illuminare
così che potrò riscaldarti
insinuandomi nelle pieghe
delle tue percezioni
e fondere ogni spigolo
fino a consumarne la solitudine.
Cosa sarà il nostro ?
Amore ? "
(1912)
Rilesse la poesia più di una volta, poi si soffermò sulla
data. Qualcosa non quadrava. Secondo i pochi dettagli sul suo passato
che era riuscito ad estorcerle, Melissande doveva essere nata intorno
agli anni '40...Quindi non era lei l'autrice di quei versi e degli appunti
...
Ma allora chi ?
Perchè diavolo Lara aveva pensato che quel volumetto malconcio
avrebbe potuto chiarirgli le idee ?
A dire il vero gliele stava ingarbugliando ancora di più...
Sentì dei passi famigliari scendere le scale e si affrettò
a nascondere il libro sotto la poltrona, infilandosi la foto nella tasca
posteriore dei jeans.
Quando si girò, Melissande era in piedi sulla porta. Indossava
un vestito estivo, lungo e bianco. E i guanti. Gli sembrò bellissima.
"Spike...", mormorò lei.
Incredibile. Non l'aveva mai chiamato così.
"Spike...volevo domandarti scusa".
Lui agitò lievemente una mano. "E per cosa ?".
"E anche dirti grazie". Un vago sorriso la illuminò
rapidamente.
Spike gliene restituì uno dei suoi, di quelli che andavano dritti
al cuore. Anche se era un cuore morto. "Non c'è di che".
"Spike...", continuò Melissande.
"Piano...", la interruppe lui ridendo. "Attenta al mio
nome, lo sciuperai...".
Ah, ecco un altro sorriso, questa volta più concreto, incantevole.
"Ti prego...Sii serio. Io...Senti, credo sia giusto che ti racconti
tutto. Tutta quanta la storia".
Spike si alzò d'istinto dalla poltrona. Oh...La faccenda si faceva
molto, molto interessante...
Ma non ebbe tempo di replicare alcunchè : Lara sopraggiunse trafelata,
quasi andando a sbattere contro Melissande.
"Problemi con Virginie ?", le chiese quest'ultima.
Lara scosse il capo, più pallida del solito. "E' passato
di qui uno dei carabinieri del paese: dice che hanno rinvenuto un cadavere
nei boschi. Un escursionista". Ingurgitò. "Dissanguato.
Con due strani fori sul collo".
"Ehi!", esclamò Spike. "Giuro che non sono stato
io !".
.
§ FINE TERZA PARTE §
continua...
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