Giles. Rupert Giles.
Il nome era
stampato sul biglietto, ma
l'uomo che scese dall'aereo avrebbe voluto poterlo gettare via come
aveva gettato quel rettangolino di carta che gli aveva permesso di
lasciare per sempre gli Stati uniti.
Non sarebbe più tornato nei
posti che gli potessero ricordare il passato. Mai più, si
disse, guardando il cielo sereno di Tokyo.
Chiamò un taxi e cercò di
fargli capire l'indirizzo. La vettura partì, incanalandosi nel
traffico e Giles si appoggiò con la schiena al sedile
coprendosi il volto con le mani.
Era un uomo in fuga, per questo era
giunto fino in Giappone, una fuga senza speranza dai ricordi e dal
dolore.
Cercò di ricacciare indietro la
memoria di quella scena orribile, ma era inutile, come un film
continuava a passargli ossessivamente nella mente, lacerandogli
l'anima ogni volta.
Buffy, il
sorriso della giovane che affrontava demoni e vampiri con coraggio e
forza, quel sorriso un po' ironico che non avrebbe rivisto mai
più...
Buffy... le membra lacerate della giovane
sparse per la stanza e quel demone che pur ferito a morte rideva
tenendo sollevata la testa della ragazza.
E lui, Giles, patetico uomo inutile che
non aveva potuto fare nulla per salvarla. Era giunto in ritardo e lei
era morta.
In quel momento qualcosa si era
spezzato in lui. Sarebbe giunta una nuova Cacciatrice, ma lui non
avrebbe mai potuto essere il suo Osservatore. Era fuggito. Aveva
lasciato tutto per andare in Giappone, ma il senso di colpa lo aveva
seguito e gli spezzava il cuore.
Non poté
trattenere un singhiozzo e il tassista gli scoccò uno sguardo
incuriosito, ma non fece commenti.
Poco più tardi l'auto si fermò
davanti a una vecchia villa abbandonata e semi
cadente. Giles portò in casa i bagagli e la trovò
adeguata al suo umore tetro, si gettò su un divano polveroso e
si addormentò, sfinito dal lungo viaggio.
Un raggio di sole
che filtrava dalla
persiana sconnessa lo svegliò la mattina dopo. Si alzò
dal divano, indolenzito per la posizione scomoda in cui aveva
dormito. Provò un certo gusto quasi masochistico nel dolore
che gli percorreva la schiena, come se in minima parte potesse
aiutarlo a scontare la sua colpa per la morte di Buffy, era infelice
e voleva sentirsi infelice. Avrebbe voluto poter cancellare i suoi
ricordi, ma non poteva e allora si costringeva inconsciamente a
riviverli e soffrire.
Uscì di casa, lasciando in terra
le valigie ancora intatte. Girò intorno alla casa e si
inoltrò
nel giardino sul retro. Il terreno era scosceso e costellato di
cespugli incolti e scendeva verso il mare. Arrivato alla rete che
fungeva da confine, notò un grosso buco nella recinzione e
senza pensarci troppo lo attraversò. Il terreno era in forte
pendenza e i rovi intralciavano il passaggio, ma Giles proseguì.
Non avrebbe saputo dire perché, ma
muoversi era l'unico modo per non lasciarsi travolgere dai ricordi,
per questo continuava a camminare quasi meccanicamente.
Improvvisamente, una pietra cedette sotto il suo peso e franò,
facendolo scivolare lungo il pendio. Cadde per qualche metro, poi si
fermò a pochi passi dalla riva del mare. In alto, sopra di lui
doveva passare una strada molto trafficata, perché ne sentiva
il rumore.
Un rottame arrugginito, trascinato a
riva dalle onde attrasse la sua attenzione: era un auto e dentro
c'era qualcuno!
Si rialzò e, zoppicando
leggermente per la caduta, corse verso l'auto. Un tempo doveva essere
bianca, in alcuni punti la vernice era ancora visibile sotto la
ruggine, ed era gravemente danneggiata. La cosa che più'
lo sconvolse era il fatto che dentro non c'era un cadavere, ma una
donna dai capelli rossi, intrappolata in un cristallo trasparente e
immobile come una statua.
Giles allungò una mano per
toccare il cristallo.
Una crepa luminosa si generò nel
punto dove aveva appoggiato il palmo, estendendosi al resto del
cristallo, che esplose in migliaia di minuscoli frammenti che gli
graffiarono la mano e il viso.
La donna aprì gli occhi, osservando per un attimo l'uomo che la aveva liberata, poi sembrò ricordarsi di qualcosa e i suoi occhi avvamparono di odio e, con un'esplosione di potere, scardinò quello che restava dello sportello dell'auto gettando a terra Giles. Si teletrasportò a pochi metri dall'auto e corse via furiosa.
Giles si rialzò lentamente, dolorante ma incolume e fissò per qualche istante la donna che fuggiva via, poi si rese conto che anche lei doveva essere una specie di vampiro o di demone come quello che aveva ucciso Buffy e corse verso casa per prendere delle armi. L'avrebbe uccisa, si disse, si sarebbe vendicato uccidendo tutti i mostri come lei. Scelse un pugnale antico dai suoi bagagli e ardente di rabbia feroce iniziò la caccia.
La donna dai
capelli rossi era arrivata
in città, seminando distruzione al suo passaggio. La sua ira
era tutta rivolta verso la persona che aveva tentato di ucciderla
sabotando i freni della sua auto.
- Mimete, ti
ucciderò! - gridò Eudial
dirigendosi verso il posto dove si trovava l'istituto Mugen.
Giles seguiva le tracce lasciate dalla
strega, gonfio di odio e sofferenza. Non era difficile individuare la
pista da seguire e lui correva, ignorando la fatica e il dolore. Solo
il pugnale contava in quel momento e lui lo stringeva ben saldo con
la mano nella tasca della giacca.
Sulle prime Eudial
credette di aver
sbagliato strada: dove un tempo sorgeva l'istituto Mugen, ora c'era
solo un cantiere e il terreno formava una depressione circolare. Si
guardò intorno disorientata: non sentiva la presenza dei suoi
simili e l'ingresso al laboratorio delle Witches
5 era svanito nel nulla.
Eppure il posto era quello, non c'erano
dubbi. Il cantiere in quel momento era vuoto e quello non era un
punto di passaggio, non c'era nessuno nei paraggi. Eudial non sentiva
nemmeno la presenza oscura della Creatura del Silenzio. Cosa era
successo? Non riusciva a capire. La furia contro Mimete aveva
lasciato il posto a una sensazione di sgomento. Un foglio di giornale
portato dal vento le si attaccò a una gamba e lei lo raccolse
automaticamente con una mano. Lo guardò distrattamente e
capì.
Credeva di aver perso i sensi per poche ore e invece erano passati
cinque anni!
Ci mise qualche secondo per
realizzarlo. Era sola. Se qualcuno dei Death
Buster era ancora vivo, ormai era di sicuro
tornato al loro pianeta d'origine. Nessuno sarebbe mai venuto a
cercarla. Nessuno si sarebbe preoccupato per lei.
Si lasciò cadere a terra
lentamente.
- Finalmente ti ho
trovata, maledetta!
- Gridò Giles afferrandola per i capelli e costringendola a
girarsi verso di lui. Eudial ansimò per il dolore e per
l'arrivo improvviso dell'uomo che la aveva sorpresa alle spalle e lo
spinse via istintivamente.
Giles arretrò di un passo, senza
lasciare la presa sui lunghi capelli della ragazza ed estrasse il
coltello.
- Morirai come lei, demone, - ringhiò
puntandole il pugnale alla gola - ti strapperò le membra una
ad una e poi ti taglierò la testa!-
Eudial stava per reagire, ma si fermò.
Cosa importava? Ormai per lei vivere o morire era lo stesso. Era
sola, isolata dagli uomini e tagliata fuori per sempre dai suoi
simili. Che razza di vita poteva aspettarla? Tanto valeva arrendersi.
Guardò Giles negli occhi.
- Va bene. Fallo pure. Tanto non ho più
niente da perdere. -
L'uomo si bloccò, paralizzato
dallo sguardo di quella ragazza.
Vuoto, senza nessuna speranza, dolore e
angoscia che si inseguivano in una spirale senza fine...
Era identico allo sguardo che vedeva
ogni volta che si guardava allo specchio.
Una lacrima solitaria trovò la
strada tra le ciglia della sconosciuta e scivolò sul viso di
Eudial fino a cadere sulla mano di lui che ancora le stringeva i
capelli.
Giles lasciò cadere il pugnale.
Il tocco umido di quella lacrima sulla
pelle bastò a far crollare la diga che aveva eretto dentro di
sé dalla morte di Buffy. Il dolore lo travolse completamente e
scoppiò in lacrime lasciandosi cadere in ginocchio e
abbracciando disperatamente la sconosciuta che aveva quasi ucciso.
Eudial non sapeva chi fosse quell'uomo
e quale sofferenza avesse dentro, ma sentiva che il suo dolore era
affine a quello che provava lei. Si lasciò abbracciare e lo
strinse a sua volta e piansero insieme.