Titolo: Slayers and vampires
Autore: Sonia (ciunna@hotmail.com)

Commenti: ambientata all’inizio della sesta serie di Buffy. Il Consiglio decide di riammettere Faith, che arriva a Sunnydale a fare la cacciatrice. E’ presente anche il cast di ATS ed Angel è diventato padre.

 

Disclaimer: La storia di seguito è di pura invenzione. I personaggi non sono di mia proprietà, ma di Joss Whedon e della Fox. Non è stata scritta a scopo di lucro ma per puro e semplice intrattenimento.

 

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Notte. Il tempo passato via in un lampo. Spike guardava la città dalla collina, le sue luci e l’atmosfera irreale. Tutto scorreva. Come sempre. Al mondo non importava che la cacciatrice non c’era più. Da mesi ormai. In pochi sapevano della sua esistenza. Si poteva scorgere la sofferenza in Dawn, in Willow. Nel sig. Giles che era partito in una mattinata d’agosto, quasi senza salutare nessuno, con le mani che tremavano. Ma tutto scorreva. La vita continuava. E il vampiro continuava a proteggere quel piccolo frammento di memoria. Quell’amore malato e devastante che continuava a divorarlo. Salvare Buffy. Non c’era riuscito ma continuava a sognarla. Cambiare le cose, uccidere Glory. Portar via Dawn prima che il suo sangue iniziasse a scorrere lento e letale verso il vuoto. E poi si svegliava. Negli occhi ancora l’immagine di quel corpo riverso a terra, senza vita. E la sua di vampiro che si fermava, mentre le lacrime prendevano il posto di ogni pensiero razionale.

Sunnydale. Immutabile e infernale. Con i demoni che strisciavano nelle tenebre per assaltarla. E lui pronto a combattere. Sentire l’irruenza della battaglia, immergersi nell’odore forte della paura. A lui che non importava più di vivere. Se non per una promessa che lo legava ad una ragazzina dagli occhi tristi. Prese un’altra birra. Sentire il fresco della bibita che scivolava dentro di sé. Chiudere gli occhi e scacciar via il dolore. Stordirsi ancora. E guardare ancora la notte. Per gettar via la bottiglia e sentire il rumore del vetro contro una roccia. Per salire sulla moto e tornare alla sua cripta prima dell’alba.

 

Aprendo la porta sentì subito che c’era qualcuno. L’odore di una donna, il profumo sottile e aspro di un essere umano.

“Ciao, cacciatrice. Unica e sola. Ti piace essere rientrata in servizio, eh? Ho sentito in giro che ti stai divertendo parecchio.”

“E’ meglio della galera, se intendi quello. Di certo non mi piace l’idea di essere in pista perché Buffy è morta. Non avevano alternative, o ammazzavano me per sceglierne un’altra, o mi riassumevano. E loro sono i buoni, no?” Spike le passò davanti, per andare a sedersi in un angolo buio. Accese una sigaretta, osservando il fumo lattiginoso che veniva fuori dalla sua bocca.

“Il musone ti ha fatto un bel favore, eh?”

“Angel? Nah…non credo che il Consiglio si fidi di lui più di tanto, nonostante i risultati che ha ottenuto a Los Angeles. Mi hanno vivisezionato per un mese prima di darmi il via. Wesley. E anche Giles ha aiutato parecchio. Willow che ha cancellato i database della polizia…” La luce delle candele illuminava il volto di Faith. Era tornata da un po’ di tempo, ormai, ma Spike la evitava come la peste, continuando a fare di testa sua.

“Che ci fai qui, Faith?” La ragazza si avvicinò al vampiro, mostrandogli un ciondolo.

“Sai niente di questo?” sembrava fatto di legno e metallo e il disegno era vecchio e consumato.

“Dove l’hai trovato?”

“L’ho strappato dal collo di un tuo fratellino, prima di ridurlo in cenere. Un tipo strano. Non era di qua. Continuava a parlare una lingua che non conosco. E rideva parecchio. Mi ha proprio irritato…”

“Mi ricorda qualcosa, ma non ti so dire esattamente cosa. Perché non lo porti alle streghe? Loro sapranno fare le ricerche adatte.”

“Va bene, preferivo tentarci prima con te. E poi volevo sapere perché giri al largo dalla sottoscritta.” Spike sorrise appena, continuando a rigirare il ciondolo tra le mani. Si prese una birra, offrendone una a Faith.

“Stai evitando Willow e Tara? Perché?”

“Non sto molto simpatica alle signorine…non che mi stupisca, bene o male per loro sono solo un rimpiazzo con un brutto passato. Ma non mi hai detto perché TU stai evitando me. Neanche mi conosci come si deve…eppure siamo dalla stessa parte, se non sbaglio…”

“Cacciatrice…cerco di non immischiarmi troppo con un’altra di voi. Fa male. Brucia. Ho fatto una promessa e proteggo Dawn. Per il resto niente mi obbliga a stare vicino a quelli là. Non si fidano di me, nonostante tutto quello che ho fatto per loro. E ora, se permetti, sono stanco. Vorrei andare a dormire, Faith.” La ragazza si sedette accanto a lui.

“Io non ho fatto nessuna promessa. Ma so come ti senti. Non è facile sostituire Buffy e…”

“Lei non si può sostituire.”

“Appunto. Questo è l’atteggiamento dilagante. Accidenti a me che ho accettato di tornare in questo inferno…sembra quasi che l’abbia ammazzata con le mie mani…”

“Non è così, e lo sai bene. Ma ognuno di noi ha un buco nel cuore, e magari non riusciamo a reagire come si deve.”

“Ti manca, eh? Anche a te…”

“Già. Ora vai via, cacciatrice. Torna a casa tua e lasciami in pace. Se mi ricordo qualcosa di quel disegno so dove trovarti.” Faith si avviò verso l’uscita senza fiatare. Spike rimase a guardarla ancora qualche istante. La prescelta. L’ennesima prescelta. Ricordava le due che aveva ucciso con grande soddisfazione. Faith aveva bisogno di aiuto. O qualcuno l’avrebbe sistemata per le feste. Come quell’ordine tedesco proprietario di quel marchio, di quel ciondolo. Sentì un forte rumore, poi un urlo. Si precipitò fuori, per scorgere la ragazza che combatteva sotto la luce della luna. Era veloce, ed elegante. Ci metteva l’anima e si vedeva, si sentiva. Ma erano in quattro e lei sola. Tolse fuori il paletto dall’impermeabile e si buttò nella mischia. In fondo un po’ di movimento gli avrebbe fatto bene.

La lotta non durò molto a lungo. Presto si ritrovarono soli, seduti per terra circondati dalla cenere.

“Grazie. Pare che ti abbia fatto perdere un altro po’ di tempo…”

“Ginnastica che non guasta. Avevano tutti quel ciondolo.”

“Ho visto. E continuavano a parlare strano.”

“E’ tedesco, cacciatrice.”

“Ah. Sono ignorante in materia. Mi offri da bere? Ho la gola secca.” Spike la aiutò ad alzarsi, per poi infilarsi insieme nuovamente nella cripta.

“Allora, ti sei ricordato qualcosa di questi buffoni?” Spike rise di gusto. Faith continuava ad essere spavalda e tranquilla.

“Roba vecchia. Un ordine europeo, che fa dei riti un po’ fuori di testa. Uccidono una cacciatrice ogni 50 anni. Li ho incontrati parecchio tempo fa, quando il mio sport preferito era far fuori qualcuna di voi. All’inizio mi piacevano, avevamo lo stesso scopo…poi mi sono reso conto che non volevo diventare una sottospecie di soldato…sono troppo individualista. E poi c’era Drusilla con me, e le donne non erano ammesse. Amen.”

“Allora ce l’hanno con me…”

“Mi sa di sì. Sono in tanti e hanno un capo che è completamente pazzo.” Faith rimase in silenzio, per poi scolarsi la birra tutta d’un fiato.

“Vacci piano, tesoro, sei minorenne e in missione. Non ti voglio sulla coscienza.”

“Hai una coscienza? Credevo la togliessero con l’anima…So badare a me stessa. E scommetto che reggo l’alcool più di te. E poi non sei mio padre né il mio Osservatore.”

“E meno male. Ma potrei dirlo a qualcuno.”

“E a chi? Al Consiglio? Chi ti ascolterebbe, vampiro?”

“Angel. Potrei chiamarlo e dirgli come si sta comportando male la sua bambolina.”

“Lascialo cuocere nel suo brodo. Ha altro a cui pensare. La sua amata è morta mentre lui era all’altro mondo. Darla invece non solo è morta, gli ha lasciato anche un pargolo…credi che si occuperebbe di me?”

“Ti rode, eh? Scommetto che faresti carte false per lui.”

“E’ l’unico che mi ha aiutato nel momento più difficile della mia vita. Gli devo molto. Ma neanche lui è il mio custode.”

“Sai bene cosa intendo, cacciatrice. Qualcosa che va al di là dell’amicizia.”

“Come un certo Sanguinario per Buffy? Una cosa che abbiamo in comune, vampiro. SSS. Siamo senza speranza.”

“Angel ancora cammina in questa terra. Buffy è morta.”

“E lui è un morto che cammina. Il suo cuore puoi trovarlo in una lapide di marmo grigio là fuori…lasciamo perdere. Mi sono illusa sin troppo spesso. E poi non durerebbe…troppo buono…devo trovare qualcuno che mi sopporta per quello che sono, cioè che gradisca le brune, con un brutto carattere e che non si offenda a stare sotto.”

“Sotto cosa? Uh, porca puttana…sei uno scaricatore di porto…ricordati di scriverlo negli annunci per cuori solitari…” Tornarono a ridere sguaiatamente, fino alle lacrime.

“Forse…è il caso che vada a dormire. Stavolta sul serio. Sono distrutta. Domani mi racconti qualcosa in più su questi tedeschi, okay?”

“E’ un appuntamento?”

“Non ti illudere troppo…ma non ne hai abbastanza di cacciatrici?”

“Già. Forse hai ragione…” Faith si allontanò per la seconda volta dalla cripta. Spike la seguì, per proteggerla da altre aggressioni. Rimase a guardare finché non vide la porta della stanza d’albergo chiudersi. Tornò nella sua “casa” a riposare, prima che sorgesse il sole. Rise ancora di quella serata. La ragazza sembrava in gamba, ed era vero che avevano qualcosa in comune: la solitudine.

 

Faith non riusciva a dormire. Da quando era tornata a Sunnydale tutto andava storto. Non sapeva ancora perché aveva accettato di riprendere la caccia. Stava bene in quel carcere. Era rispettata, protetta e aveva ripreso a studiare, aveva persino fatto un corso di cucina, anche se con risultati pessimi. Angel. Era uno dei motivi. Il bisogno di espiare quello che aveva fatto era un altro. Non strettamente collegati, ma neanche separati del tutto. Guardò il suo viso allo specchio, pettinando i capelli lunghissimi. Si tolse il trucco con cura, canticchiando una vecchia canzone. Non si era mai creduta immortale, e tempo prima avrebbe ucciso volentieri la sua “collega”, ma ora si sentiva fragile. E debole. Ripensò a Buffy e alla sua voglia di vivere. Buffy era forte per i suoi amici, la sua famiglia. Ed era morta lo stesso. Lei non aveva nessuno. E non riusciva a conquistare la gang di Sunnydale. “Dagli tempo”, diceva Angel. Ma lui era lontano. E tremendamente facile da amare. Sin troppo. Spense la luce, sdraiandosi sul letto gelido. Prese il telefono e chiamò Wesley. Malgrado l’ora doveva risponderle. Era il suo Osservatore, no? Parlarono per diversi minuti, soprattutto dell’Ordine che l’aveva attaccata. Poi Angel prese la cornetta. E Faith chiuse gli occhi, iniziando a piangere in silenzio. Lui se ne accorse, e cercò di farla svagare, parlando delle ultime disavventure di Cordelia. Quando chiuse la comunicazione stava meglio. Pensò a Spike, alla sua scorta nascosta. In fondo era un bravo ragazzo. Possibile che lei, la prescelta, si trovasse meglio con i vampiri, creature che doveva combattere per natura, che con gli esseri umani suoi simili? Si addormentò senza darsi una risposta. Un sonno senza sogni e profondo.

 

Il pomeriggio seguente si recò al Magic Box. Anya la accolse con un sorriso da perfetto venditore, che scomparve quando la ragazza si avvicinò ai libri della biblioteca, chiedendo notizie di Willow.

“Tornerà tra una mezz’ora. Vedi di non sciupare niente, sono volumi molto antichi.”

“Grazie per la tua solita gentilezza, cara. Ma ho l’abbonamento per questa roba e quindi lasciami fare e occupati degli affari tuoi.” Nel frattempo qualcuno era entrato nel negozio. Si voltò scorgendo una coperta invasa dal fumo con qualcuno sotto.

“E poi ti lamenti che non hai amici…ma ti ascolti quando parli?”

“Ciao, Spike? Qual buon vento? Oserei dire…qual buon tanfo…di bruciato…”

“Ridi, tu. Siamo ad ottobre e c’è ancora un sole primaverile.”

“Infatti dovresti stare al buio, a crogiolarti davanti alla tv.”

“E invece sono qua per darti una mano. Sono mesi che non danno niente di decente, tra un po’ mi abbasso a guardare quelle schifezze sudamericane in cui non si capisce mai chi è il figlio di chi. O ancora peggio, ho seguito tre puntate di Beautiful, ma non solo mi è sembrata una schifezza…quando ho visto quell’oca spennata che si chiama Darla come una nostra conoscenza, non ce l’ho fatta più...”

“A proposito di madri e di figli di non si sa quale padre…”

“Appunto…in fondo è meglio la nostra realtà.”

“Sicuro? Fanno “via col vento” e “Rossella” al cinema, potresti portare una bella ragazza al cinema con un pacco di fazzolettini e uno di pop-corn…”

“Allora mi odi?”

“Solo un po’, è più forte di me…”

“L’avete finita con queste chiacchiere da salotto? Perché non ve ne andate e mi lasciate lavorare in pace?” Faith e Spike guardarono un’Anya infuriata attaccata al PC portatile, per poi scoppiare a ridere all’unisono.

“Vorrei avere un po’ dei miei vecchi poteri per riuscire a friggervi quel poco cervello che vi è rimasto…”

“Piantala, Anya.” Willow fece il suo ingresso seguita da Dawn. La piccola corse subito a salutare Spike, mentre la strega appoggiava diversi libri sul tavolo.

“Che succede, Faith? Non ti si vede spesso da queste parti.”

“Ricerche. Un ordine di vampiri ha invaso Sunnydale e ho bisogno di aiuto. Wesley mi ha dato il titolo di questo manuale, lo stavo semplicemente cercando.”

“Fai vedere? Ho capito. Non è qua. È molto prezioso e il sig. Giles lo ha nascosto per via di Anya.” La ragazza guardò le due con occhi sbarrati.

“Che c’entro io? Perché difendere un libro da me?”

“Facile. Perché se tua madre fosse viva, riusciresti a metterle un’etichetta in fronte e venderla con lo sconto del 20% in tempo di saldi.” Lei continuò a protestare, ma Willow prese per mano Faith, trascinandola in palestra. In una cassa nascosta sotto un mobile, trovarono il fantomatico libro. La strega lo aprì con delicatezza, poggiando il volume sul tavolo per poi scuotere la testa.

“Che succede?”

“Tedesco. Ne sai niente?”

“E lo chiedi a me? Sei tu la sapientona.”

“Avrei preferito latino, o greco o sumero…mi sa che nessuno di noi ne capisce niente. perché non mi parli di questa invasione?”

“E Spike? Non è europeo?”

“Inglese. Chiamalo, così lascia l’arpia in pace, prima che si ricordi della scorta di acqua santa che tiene sotto il bancone…” Faith si affacciò per spiare quello che stava facendo Spike. Dawn gli stava mostrando i quaderni e i suoi progressi scolastici, mentre Anya discuteva al telefono. Sorrise, per poi incrociare lo sguardo del vampiro e avere un’occhiataccia in cambio. Lasciò Dawn con il suo zaino, per avvicinarsi alla cacciatrice.

“Molto da ridere?”

“No, tenerone. Potresti essere un buon padre, lo sai?”

“Non mi risulta possibile, i vampiri non possono essere genitori…”

“Dovresti ricordarlo ad Angel…”

“Ma tu credi veramente che quello sia figlio loro? Deve esserci sotto qualcosa. La realtà supera di gran lunga la fantasia.” Spike si accese una sigaretta, ignorando i commenti stizziti di Anya.

“Conosci il tedesco? Hai detto che hai incontrato qualcuno di quell’ordine qualche decennio fa. Mi serve un interprete.”

“Per sapere cosa? Ti vogliono ammazzare, te l’ho detto. Fine della storia. Prepareranno qualche bel rito coreografico e boom, fuori la cacciatrice. Magari li ha chiamati proprio il Consiglio, così riescono ad avere una prescelta un po’ più docile…”

“E bravo il Sanguinario. Idea geniale. Allora mi sa che faccio una capatina a Los Angeles, ammazzo Wesley e poi torno. Anzi, prima passo a Londra ed elimino Giles, poi mi rifugio in Cina. Che ne dici?” Lui sorrise, per avvicinare la mano al viso di lei. Faith istintivamente spostò la testa.

“Ehi, è solo un ricciolo di polvere. La Cina è molto bella in questo periodo, o almeno lo era l’ultima volta che ci sono stato.”

“Allora, questo tedesco lo capisci o no?”

“No, tesoro. Datti una calmata e chiedilo a quella ex demone isterica. Ha solo un migliaio d’anni più di me. Oppure credo che con un po’ di soldi qualche studente di lingue discreto riusciamo a beccarlo.”

“Riusciamo? Lavoriamo insieme?”

“Boccaccia mia…te l’ho detto, non ho niente da fare…” Faith si avvicinò alla cassa.

“Hai mai pensato ai corsi per corrispondenza? Si imparano tante belle cose…”

“Infatti ci stavo pensando…una bella laurea in neurochirurgia, così mi tolgo il chip dalla testa e posso tornare ad assaggiare il collo delle belle ragazze.”

“Fammi sapere quando finisci gli studi, voglio proprio vedere come diavolo fai a toglierti quel coso da solo…”

“Forse sarebbe meglio un corso di informatica…è o non è un chip?”

“Bravo! Nel frattempo prova a sbatterti la testa al muro, magari riesci a mandarlo fuori uso…Anya? Conosci il tedesco?”

“Chi?”

“Non chi. La lingua tedesca.”

“Certo. Devi sapere che nel 1500, o giù di lì, c’era una dama che…”

“Ho capito, capito…ti va di tradurre un paio di pagine per me?”

“Visto come mi hai trattato? Direi di no. E poi c’è il negozio, non posso mica chiuderlo quando vi gira…” Faith iniziò a respirare profondamente, cercando di non ascoltare i discorsi della ragazza. Girò le spalle e tornò in palestra. Willow era immersa nella lettura di un altro libro, tanto che si spaventò quando vide la cacciatrice accanto a sé.

“Quella svitata non ci vuole aiutare. E io mi sono promessa di non ammazzare più nessun essere umano. Non so, vale anche per gli ex demoni?”

“Anya? Me ne occupo io. È un po’ strana, ma in fondo non è cattiva…devi capirla, lei è…strana.”

“Beh, che mi devo aspettare a Sunnydale? Vampiri che non mordono, streghe, ex demoni, ragazzine che aprono varchi nelle dimensioni parallele…manca niente?” Willow si allontanò. “Scordavo i lupi mannari…ma quello ormai è passato, non è vero Willow?” Lo disse sottovoce, e la strega non sentì l’ultima frase. Faith prese a sfogliare il libro, confrontando il ciondolo che aveva trovato con un’illustrazione. Spike si sedette accanto a lei.

“Senti, non mi piace averti troppo attaccato. Sei miope per caso?”

“No, mi piace il tuo profumo.” Lei lo guardò con gli occhi sbarrati.

“Non uso profumo, idiota. È una cosa che insegnano i primi giorni di apprendistato. Gli odori forti sono un richiamo, un biglietto da visita.”

“Idiota a me? Noi abbiamo l’olfatto più sviluppato del vostro, e il profumo che sento è quello della tua pelle. E non riusciresti a toglierlo neanche con la varechina, mia cara.”

“Beh, stai lontano dal mio collo, tesoro. Ricordati che io ti posso pestare e tu no.”

“E ci prenderesti gusto? Un vampiro che non si può difendere…nah…non è il tuo genere. Tu vuoi vedere il sangue scorrere a fiumi, scommetto che ti eccita!”

“Mmmm, ti piacerebbe scoprirlo, non è vero?” Faith si mosse sensuale e sicura, sedendosi sulle ginocchia del vampiro con un sorrisetto stampato in faccia.

“Scommetto che ti piacerebbe assaggiarmi, sentire il mio sangue che ti scorre dentro e il mio battito cardiaco che diventa sempre più lento…” parlava con voce roca e bassa, direttamente all’orecchio di Spike, che cercava invano di indietreggiare.

“Stai giocando con il fuoco, bambina…”

“Che paura…”

“Questo chip non funzionerà per sempre…” La tirò lievemente per i capelli per allontanarla, sentendo subito una fitta di dolore in testa, che comunque non gli fece mollare la presa.

“Non vedo l’ora, amore mio…” Faith passò una mano sul collo del vampiro, lentamente, sfiorando la maglietta sino ai pantaloni. Continuava a sorridere compiaciuta dalla reazione del vampiro.

“Chi è che si sta eccitando, Sanguinario?” Spike la buttò giù dalla sedia, e lei per tutta risposta rimase a ridere sguaiatamente.

“Tu sei pazza.”

“Dai, non ti sarai offeso?” La ragazza si rialzò con un salto, per poi scuotere i capelli.

“Mi piace giocare. Mi fa sentire viva. Faccio un lavoro di merda e ogni tanto voglio divertirmi.” In quel momento entrarono Willow e Anya.

“Io non ti voglio aiutare, sia ben chiaro.” La ragazza sembrava molto decisa.

“Questo l’avevo capito. Mi vuoi spiegare il motivo, per cortesia?” Faith era tornata a sedersi sulla sua sedia, e guardava l’ex demone con aria di sfida.

“Per quello che hai fatto a Xander.”

“Che cosa…ops. Capito. Che male gli ho fatto? Era solo una scopata, dio santo, non facciamola così lunga…non ha nessun senso…me n’ero quasi dimenticata…”

“Tu cosa?” Spike era impietrito.

“Lei, quella strega…si è permessa di toccare il mio Xander.”

“Che ai tempi era libero come l’aria e vergine! Senti, non era neanche il mio tipo, semplicemente era nel posto giusto al momento giusto, e non mi pare che si sia lamentato! Mica l’ho stuprato!”

“Sei sicura? Lo sai cos’è uno stupro?” Spike rideva senza ritegno. Faith fu contagiata all’istante, mentre Willow cercava di trattenere Anya.

“Okay, okay…qualcuno che mi traduce questa roba lo trovo…buona serata a tutti!” La ragazza si avviò verso l’uscita, trattenendo a stento le lacrime che accompagnavano le sue risate. Prese il libro, e Anya tornò ad urlare che non poteva portarlo fuori dal negozio.

“Deciditi. O lo traduci tu, o me lo porto via. Non mi interessa se ti piaccio o no. Credimi, Xander non mi interessa affatto. Voglio solo salvarmi la vita e spaccare il culo a questi vampiri. Chiaro? Quindi non me ne frega niente delle tue bambinate. E ho il permesso degli Osservatori per questo libro. Chiama il tuo prezioso Giles, se non ci credi.”

“Il negozio l’ha lasciato a me…” Stava piagnucolando come una bambina.

“Dai Anya, ha ragione. Quando chiudi la sera è buio, ormai. E una setta di vampiri qui in città non fa comodo a nessuno. Mettila così, prima la aiuti, prima staremo tutti più tranquilli. Okay? Lei è la cacciatrice, lo sai. Mi metterei a scannerizzarlo per mandarlo a Giles, ma è troppo prezioso…” La voce di Willow era calma e comprensiva. Faith rimase in attesa con il libro fra le braccia.

“Va bene. Ma ora te ne vai. Sta per arrivare Xander, e non voglio che neanche ti veda. Ti porterò io la traduzione, domani mattina prima dell’apertura.”

“Va bene.” Faith sospirò, mollando il libro sopra il tavolo e avviandosi verso la porta. Incrociò Dawn che le sorrise appena.

“Hai risolto i tuoi problemi?”

“Sì, piccola. O almeno spero.”

“Tu non hai sorelle, vero?”

“No, non ho nessuno.”

“Meglio. Così quando morirai nessuno starà male.”

“Grazie, Dawn. Ora sto molto meglio.”

“Sc-scusa, io volevo dire che…”

“Ho capito, capito…non continuare con le frasi gentili o finisco per suicidarmi. L’ho detto che stavo meglio in galera…” Uscì sbattendo furiosamente la porta.

 

La sua stanza d’albergo era desolante. Letto rifatto e tutto in ordine, ma asettica e triste. Guardò ancora una volta il telefono, ma poi decise di non chiamare nessuno. Non poteva cercare Angel ogni volta che stava male. Si sdraiò sul letto e iniziò a concentrarsi sulle sensazioni del suo corpo, sul suo respiro. Rilassarsi. Escludere ogni energia negativa dalle sue membra, dai suoi pensieri. L’inventario. Lo chiamava così. Cercava di concentrarsi su tutto quello che era successo negli ultimi tempi, per fare un bilancio. E scoprire che era in debito con il mondo e che ancora doveva lottare. Per se stessa. Per gli altri. Tassello dopo tassello, scalino dopo scalino. Una immaginaria strada verso una serenità che non aveva mai conosciuto. “Basta che arrivi ad un equilibrio” diceva Angel. Lui c’era riuscito. Ma era un po’ più vecchio, e sicuramente con più esperienza. Ripensò a Wesley. Che sussultava un attimo ogni volta che la vedeva. Per poi calmarsi. Sapeva quello che succedeva dentro di lui. in un certo senso la odiava. Ma il senso del dovere, l’amore per quell’accidente di mondo e di lavoro lo aveva convinto ad aiutarla. Pareva impossibile. Ma normale, quasi. Anche Giles era stato torturato da Angel e aveva perdonato. Ma almeno c’era la scusa della mancanza d’anima…

A volte sognava. Spesso si rivedeva con un paletto in mano mentre uccideva il collaboratore del sindaco. E si risvegliava senza fiato, spaventata a morte dalla sensazione di sgomento e soddisfazione. Affondare il legno nella carne. Sentire il rumore e il sangue fluire, con la vita di quell’essere umano scivolare via in un sospiro. Niente polvere. Niente vampiro che si dissolve eliminando le prove del delitto. E poi il risveglio. Sudata, tremante, piangente. Tornare a star meglio con la sua coscienza. Ecco cosa desiderava. C’erano giornate in cui avrebbe mollato davvero tutto per andar via. Cina? Sorrise al ricordo di Spike. Qualsiasi posto sarebbe andato bene, l’importante era stare lontano da guai, dai pensieri che l’assillavano e contro i quali continuava a lottare senza posa. Ma dai ricordi non si può sfuggire in nessun modo. E non doveva sfuggire, per tener bene in mente di cosa era stata capace. Per evitarlo. Facile essere spavalda e temeraria, o sbruffona con il prossimo. Era più forte di lei. Ma in quella stanza si gettava la maschera. E il dolore riaffiorava ad ondate, feroce e vivo, quasi carnale.

Buio. Si affacciava alla finestra con la sua solita arroganza. Preparare le armi. Notte di caccia. Nemico nuovo e paura. Un ordine non meglio identificato che vuole ucciderla.

“Venderò cara la pelle.” Lo disse a voce alta, ricordando un vecchio film western. Rise da sola, mentre accarezzava il suo giubbotto nero. Sentì bussare. Il sorriso scomparve immediatamente. Ma qual è il vampiro che bussa? Spike.

“Quanto costa questa pelle?”

“Parecchio. È da molto che mi spii?” Aveva aperto la porta, rimanendo un po’ in disparte a guardarlo.

“Qualche minuto. Non ti spio. Ti proteggo.”

“O dolce cavaliere…come ieri notte?” Faith si allontanò dalla porta, per tornare ad occuparsi dei suoi paletti sparsi sopra il letto.

“Mi fai entrare?”

“E chi te lo impedisce?”

“MA porc…ti ricordi che sono un vampiro? Mi vuoi invitare o no?”  Faith rise, per poi compiere il classico rituale. Spike chiuse la porta, ancora scuro in volto.

“Pronta?”

“Perché, dove mi porti di bello? Ci hai ripensato su Rossella O’hara?”

“Uh? Ho scordato i pop-corn, però.”

“Va bene, li compreremo dopo.” Il ragazzo rimaneva a guardare dalla finestra.

“Sono là fuori?”

“Mi è sembrato di vedere un’ombra.”

“Perché lo stai facendo? Nessuno ti obbliga. Neanche la tua coscienza. Quelle ragazze invece hanno un tremendo senso del dovere, farebbero tutto per la giusta causa. Non sono commuoventi?” Lui si voltò. Faith non stava scherzando più. Vide la tristezza profonda dei suoi occhi, e per un istante sentì il bisogno di abbracciarla e consolarla. Scosse la testa.

“A volte è difficile ricordarmi che sei solo una ragazzina. Ben corazzata, ma solo una ragazzina.”

“Non mi hai risposto.”

“Per sentirmi vivo. Per quanto può essere vivo un vampiro, naturalmente.” Quelle parole bastavano. Le aveva pronunciate fissandola negli occhi, e lei aveva capito. Via d’uscita. Il dolore che sgorgava impietoso e copioso da quel vampiro, che doveva trovare una fine. Spike continuava a combattere da tempo contro i demoni di Sunnydale, anche prima del suo arrivo. Ma aveva bisogno di reagire. Di trovare uno scopo, per soffocare ciò che sentiva. Di perdersi in qualcosa. Faith sorrise. Provò compassione per lui. Ma anche invidia per Buffy. Come al solito. Lei aveva avuto tutto. Amici, una madre, una sorella. Angel. E Spike. Cercò di scacciar via quel sentimento scomodo, sfiorando la mano del vampiro. Lui non si ritrasse. Un sorriso, mentre accoglieva quelle dita calde. Il telefono suonò all’improvviso. Faith rimase bloccata a guardare l’apparecchio che squillava.

“Perché non rispondi?”

“Io…non so…non mi chiama mai nessuno, è la prima volta che lo sento suonare e…” Spike prese la cornetta, porgendola alla ragazza.

“P-pronto?” Il suo volto divenne subito serio. Nel giro di pochi istanti la comunicazione venne interrotta, e Faith si ritrovò ad infilarsi il giubbotto e prendere i paletti.

“Allora?”

“I tuoi amichetti. Sono da Dawn. Mi sa che hanno le idee confuse. Credono di trovarmi lì. Cristo, cercano ancora Buffy! Sono sotto assedio. Quei bastardi hanno taniche di benzina e armi varie. Willow e Tara si difendono come possono, ma…” Si voltò, e vide la porta aperta. Spike aveva già messo in moto, pronto per partire. Arrivarono in pochi minuti. Spegnendo il motore e i fari quando si ritrovarono a pochi metri dalla casa. Nel silenzio assoluto Spike indicò a Faith i posti dove erano nascosti i vampiri. Era una vera e propria imboscata. C’era un principio d’incendio nella porta secondaria, e si sentivano le urla di Willow che dava gli ordini sul da farsi. Vide partire una luce e qualcuno bruciare. Era uno spettacolo impressionante. Lui sorrise.

Sempre a gesti organizzarono la battaglia. Si diressero direttamente nella seconda porta, insieme, sorprendendo i vampiri alle spalle. Erano armati di pistole di vario calibro, ma non fecero in tempo ad usarle.. Eliminati i primi cinque tutti gli altri furono presto richiamati. Faith vide che ancora uno cercava di appiccare nuovamente l’incendio.

“Ehi, tesoro…mi sa che vi siete un po’ confusi. Sono io la cacciatrice e sono qua! Mi sa che avete sbagliato indirizzo!” Spike fece appena in tempo a mettersi davanti a lei, beccandosi un proiettile nella spalla. Il suo volto era quello del vampiro. Il demone che aveva sparato fece un commento incomprensibile prima di darsela a gambe.

“Ma sei diventata scema? O hai deciso di fare il bersaglio?”

“Ora è meglio se ce la svigniamo…” Faith iniziò a correre verso la moto, per mettersi a guidare e scappare nella notte. Spike continuava a tenersi la spalla sanguinante. Arrivarono in una zona tranquilla della città, dove una vecchia chiesa diroccata troneggiava lugubre e solitaria. La moto decise di spegnersi, e una certa lancetta segnalava chiaramente il motivo.

“Lo sai che si mette la benzina in questi trabiccoli?”

“Ehi, non avevo in programma nessuna fuga…” Scesero dal mezzo. Spike si sedette sui gradini in pietra, sotto un lampione. Faith lo raggiunse, aiutandolo a togliere lo spolverino in pelle e la maglietta per controllare la ferita.

“Però. Un bel proiettile…” La ragazza tolse fuori un coltello dallo stivale, e riuscì a scalzare il pezzo di metallo dalla carne. Ma si sorprese a guardare meglio il corpo di chi aveva davanti. Sembrava più magro con i vestiti addosso. Non era niente male. Spike rimase in silenzio, anche se una smorfia di dolore gli deformava il viso.

“Mi sa che ti devo qualcosa…”

“Se…brava… volevi farti ammazzare? C’era bisogno di presentarti?”

“Ehi…l’ho fatto per quelle là! Quegli stronzi credevano di trovare Buffy a casa e stanarla…ora sanno che c’è una nuova cacciatrice, e che lì non ci abita! Ho salvato la buccia alle signorine, altroché…” Il vampiro non fiatò. Faith continuava ad armeggiare con un fazzoletto.

“Lascia, tanto si risistema presto. Ho avuto di peggio.” Scacciò la mano della cacciatrice.

“Sei un po’ scorbutico o sbaglio? O ti sto facendo troppo male?” Spike non rispose, e fece segno di far silenzio.

“Mi sa che non li hai seminati. O che sono dappertutto…” Lui si alzò velocemente, prendendo Faith per mano e trascinandola con sé. Raccolse i suoi abiti da terra e li buttò via, lontani.. La moto era abbastanza mimetizzata.

“Vediamo quanto sono cretini. Se lo sono abbastanza non si metteranno a cercarci in chiesa.”

“Non lo so…pistole, taniche di benzina…credi che siano completamente andati?”

“Lo scopriremo subito. Sono troppi. E le croci sono sempre un deterrente efficace.”

“Non per te, vedo…”

“Basta non entrarci in contatto.” Spike e Faith si diressero verso l’altare. I rumori si facevano sempre più vicini, anche se Faith non riusciva a distinguerli più di tanto. Ma si fidava di lui. Un crocifisso alto dei metri troneggiava a due passi da loro. Faith lasciò la mano del vampiro e scostò la pesante tenda che si trovava dietro il simbolo cristiano. Un muro. Ma anche abbastanza spazio per nascondersi. Lei non fece in tempo a girarsi, che si ritrovò Spike davanti, che la spingeva verso la fredda pietra, mentre con una mano le serrava la bocca. I vampiri erano entrati. Sentiva distintamente le loro voci, anche se non comprendeva ciò che dicevano.

Faith cercava di calmare il respiro. C’era decisamente troppo buio, e chiuse gli occhi, come per concentrarsi meglio nelle sue sensazioni. Sentiva il corpo di Spike su di se, che la sovrastava, bloccando completamente i movimenti. Sorrise tra sé e sé. Malgrado la situazione piuttosto pericolosa si sorprese a pensare a come poteva apparire la scena vista dal di fuori. Un ragazzo, seminudo e ferito che la avvolgeva con il suo corpo.

Spike non riusciva più a ragionare. Sapeva che quello era l’unico modo per salvare la vita alla cacciatrice. Ma le sensazioni del suo corpo gli stavano facendo girare la testa. Il profumo della pelle di Faith, il contatto con la sua bocca carnosa…e tutto il resto. Sentiva il suo respiro, il petto che si sollevava e abbassava sempre più lentamente. Sentiva che si stava calmando, aveva capito. Ma c’era qualcos’altro. Lo percepiva chiaramente. Era eccitazione. E non solo la sua. Il suo volto sfiorava il collo della ragazza, e i pensieri vagavano senza meta sul solito argomento. Morderla. Assaporare quel sangue. Come lei aveva predetto la sera prima, in palestra. Ma anche baciarla. Quella bocca piena, a contatto con la sua mano. Cercò di concentrarsi sui rumori che provenivano dall’esterno. Le voci erano vicinissime. Il rumore del caricatore. Spari. E la sua pelle che si lacerava ancora. Sentì lo spavento di lei, ma riuscì a rimanere immobile, a bloccarla con più forza. Il dolore esplose profondo e pulsante, mentre riusciva a sentire le voci che si allontanavano, finalmente. E poi il silenzio. E il crollo sul pavimento. Faith che si precipitava a soccorrerlo una volta ancora. Il suo viso così vicino, così preoccupato. L’ultima immagine prima di perdere i sensi.

 

Quando si riprese tardò a capire in che posto si ritrovava. Letto. Dolore. Un bruciore sottile alla schiena. Era sdraiato a pancia in giù e nudo sotto il piumone. Continuava a rimanere immobile per cercare di mettere a fuoco gli ultimi ricordi. Scorse una figura accanto a sé. Il suo respiro, il movimento ritmico di un essere umano. I capelli neri sparsi sul cuscino. Il viso quasi del tutto coperto, e la sua bocca inconfondibile. La stanza era buia, per quel che poteva vedere, ma allo stesso tempo doveva essere giorno. Dalla finestra filtravano alcuni raggi che davano un’atmosfera irreale a quel luogo. Sentì bussare alla porta. Cercò di alzarsi, ma una fitta più forte lo fece desistere. Vide gli occhi della ragazza aprirsi per precipitarsi fuori dal letto.

 

“Buongiorno Anya.”

“Non è un buon giorno. Quindi piantala di fare la gentile.”

“Luna storta, eh?”

“E indovina di chi è la colpa? Ti avevo detto di stargli lontano. E invece lo butti giù dal letto alle tre del mattino, di corsa. Come dovrei sentirmi?”

“Non lo so…ma sono sicura che me lo confiderai tra poco.”

“Sei una serpe. E io che ho sacrificato il mio prezioso tempo libero per aiutarti…”

“Ora mi hai proprio rotto i coglioni. L’ho svegliato perché è l’unico con la macchina, ed ero a tre chilometri dall’albergo. Perché Spike era ferito. Credi che mi sia divertita?”

“Potevi chiamare un taxi. Tanto cosa cambiava per te?”

“Bella mia, e come lo spiegavo? Quello non respira, due buchi di pallottola conficcati nella schiena…beh, in effetti…dici che mi avrebbe portato in ospedale o alla polizia? Vuoi capire che non me ne frega niente di Xander? Avevo bisogno di una mano, tutto qua. Puoi tenertelo, il tuo moccioso…”

“Tu sei solo invidiosa. Perché non puoi più averlo. Perché non hai nessuno da spupazzarti.”

“Cara mia, di meglio lo trovo ad ogni angolo. E poi che diavolo ci trovi in quello stoccafisso? Nel mio letto c’è qualcuno che sicuramente vale mille volte più di lui.”

“Sempre ad elemosinare gli scarti di Buffy, eh? Ma tra un po’ la pacchia sarà finita. vedrai. Tutto tornerà al suo posto.” La ragazza gettò una sacca ai piedi della cacciatrice, per poi girare le spalle ed andarsene. Faith rimase a guardarla mentre saliva in macchina. Xander era alla guida, e si teneva la testa. Accennò un saluto verso la sua direzione, e lei ricambiò. Raccolse la borsa e chiuse la porta.

Accese la luce del tavolino. Si sedette su una sedia e rimase immobile.

“Il mostro è andato via?”

“Sì, scarto di Buffy. Ha portato le provviste. Se ti senti meglio puoi fare colazione.” Aprì la sacca, togliendo fuori una bottiglia in plastica dal contenuto inconfondibile. C’erano anche dei vestiti e un quaderno.

“Carino il nomignolo. Quella ha più di mille anni e non ha ancora imparato a stare al mondo.” Spike si sedette sul letto, con una smorfia di dolore. Faith sorrise, ma aveva gli occhi lucidi.

“Ho capito come sono arrivato qua. Ma mi sono perso qualcos’altro? Com’è che sono nudo?”

“Oh, bella. Sei tu che non usi né mutande né boxer. I pantaloni che avevi erano un lago di sangue. Mica ti potevo coricare con quei cosi addosso…”

“Ah. Mi hai spogliato tu?”

“Ti vergogni? Non sei il primo uomo che vedo nudo. Forse il primo vampiro…ma non fa molta differenza, credo.”

“Di bene in meglio. E…tanto per sapere, perché sono finito qua e non nella mia accogliente cripta?”

“Vedi un po’ tu…quelli ti avevano visto. E probabilmente riconosciuto. Sei un vampiro abbastanza famoso, quanto ci voleva per loro scoprire la tua tana? Di me invece non sapevano neanche l’esistenza, ho cambiato albergo tre volte nell’ultimo mese e tanto per cambiare, per entrare qua ci vuole un invito. Da te, no.”

“Mmmm, sei furba, ragazza.” Faith si avvicinò, per sedersi accanto a lui, sul letto. Controllò la schiena accuratamente, poi sorrise.

“Tra un po’ sarai come nuovo. Ti è andata bene. Se avessero beccato la spina dorsale…”

“…sarei tornato in sedia a rotelle per un mesetto.”

“Già. Angel mi ha detto anche dove è posteggiata quella che avevi un tempo, pensa tu…”

“L’hai chiamato?”

“Certo. Ero preoccupata. Non rinvenivi in nessun modo. Mi hai spaventata.”

“Oh, si sarà fatto quattro risate. Ma forse adesso mi considererà un po’ di più, ho salvato la sua protetta…”

“Che ti importa? Un giorno mi spiegherai perché lo odi così tanto.”

“E’ una lunga storia.”

“Grazie per ieri. Avevi previsto quegli spari? Per quello mi hai fatto da scudo?”

“No. Volevo solo saltarti addosso, come scusa non era male.” Faith rise di gusto, mentre Spike rimaneva quasi serio.

“Non mi credi?” lei non rispose, continuando a ridere. Si avvicinò al suo viso, accarezzando la nuca e guardandolo negli occhi.

“Beh, comunque grazie.” Faith allontanò la mano, come se si fosse scottata. Si alzò e prese a camminare nervosamente. Guardava per terra. “Voglio andarmene, Spike. Sto impazzendo qua.”

“Per quello che ti ha detto Anya?”

“Non solo. Ma sto crollando un’altra volta. Mi sono dovuta trattenere. Pensavo ardentemente a come potevo farla fuori. In un attimo ho visto almeno cento modi per ucciderla in maniera cruenta.”

“Ah beh, ma quell’effetto lo fa a tutti, non ti preoccupare per così poco. Non dargliela vinta.”

“Il problema è che io posso farlo. Che ho sentito il sangue darmi alla testa, ho visto buio per un istante e stavo per allungare una mano. Ne sono capace. È la realtà.”

“No, non l’avresti fatto. Non ti conosco molto bene, ma non credo che…senti, vuoi un giro di chip?”

“Eh?”

“Dai, trova un modo per togliermelo e te lo presto…così risolvi i tuoi problemi di aggressività verso gli umani…funziona, te lo garantisco.”

“Oh, ma guarda…così faccio felice anche te…”

“E finalmente potrò morderti…starti vicino mi fa pensare male, credi che sia facile per me?” Faith riprese a ridere. Spike cercava di rimanere serio, ma fu contagiato.

“Ti adoro, Spike. Sei il mio uomo ideale. Comunque credevo che starmi vicino ti facesse pensare ad altro. O almeno, così sembrava dalla tua reazione di ieri in chiesa…”

“Che…vuoi dire?”

“Ma, non so…cosa avevi in tasca?” Fece appena in tempo a scostarsi, che un posacenere piuttosto pesante volò verso la sua direzione, per andare a frantumarsi sul muro di fronte. La ragazza guardò i pezzi sparsi sul pavimento, mentre Spike si accendeva una sigaretta, come se non avesse fatto niente.

“La mia reazione era esattamente uguale alla tua, tesoro, anche tu eri eccitata.”

“Può darsi…ma cosa c’entra il portacenere? Dovrò rimborsarlo all’albergo.”

“A volte la mano è più veloce della lingua…” Sentirono bussare. Faith si avvicinò guardinga alla porta, aprendola piano.

“Scusi, signorina, ho sentito un rumore…sta bene?”

“Oh si, mi scusi…sa, devo avere la tv troppo alta…mi spiace…”

“Non importa…sa questa è una città un po’…particolare, e le aggressioni sono all’ordine del giorno…”

“No, no…non si preoccupi, va tutto bene. Grazie per l’interessamento, mi fa piacere che ci sia qualcuno che controlli la situazione qui in giro.” Quando chiuse la porta cercò di non ridere. Vide Spike in piedi, con il lenzuolo arrotolato, messo in modo da coprire le zone strategiche.

“E tu dove stai andando?”

“A prendere un po’ di sole, naturalmente. Vorrei fare una doccia.” Faith si avvicinò al vampiro, impedendogli di aprire la porta del bagno.

“Forse è meglio che aspetti un po’. Fammi chiudere la finestra, prima…”

“Sei piena di attenzioni, signorina…potrei veramente pensar male…” Lei sorrise apertamente. Guardò Spike negli occhi per una frazione di secondo. Poi si mise in punta dei piedi, e raggiunse la sua bocca. Era fresca e umida, e non respinse il suo bacio. Inizialmente fu delicato, dolce. Ma in pochissimi istanti si trasformò in qualcosa di diverso. Lui mollò il lenzuolo, che cadde ai loro piedi, ed iniziò ad accarezzarle il viso, i capelli, spingendola leggermente verso la porta. Faith sentiva il contatto con la sua pelle nuda, e si sentì avvampare. Fu lui a fermarsi e a guardarla un attimo, come se si rendesse conto in quell’istante di quello che era successo. Attimi, minuti. Tutto relativo e sfumato.

“Questo…è il pagamento del pedaggio per una doccia.” Sorrideva ancora pronunciando quelle parole. Cercava di sdrammatizzare, ma le idee si confondevano e galleggiavano negli occhi chiari del vampiro.

“Bene. Allora devo ancora pagarti il letto.” Questa volta fu lui a baciarla, diventando sempre più audace e sensuale, sfiorando la pelle della ragazza, percorsa da brividi incontrollabili. Lo spinse via delicatamente.

“O-okay…debiti saldati. Ora è meglio se vado a chiudere questa finestra. magari…non so…che ne dici di coprirti?” Lei raccolse il lenzuolo, porgendoglielo.

“Perché, tanto non mi hai già visto nudo?”

“Beh, non così. In realtà no. Ho mentito. È stato Xander a spogliarti.” Lui prese il lenzuolo, sorridendo.

“Tutte queste provocazioni finiranno per scottarti, Faith.”

“Mi piace il caldo, non preoccuparti.”

“Allora sbagli a baciare un vampiro.”

“Mi piace anche sperimentare…” Sgusciò dentro il bagno, chiudendo rapidamente la porta dietro di sé.

Chiuse le imposte e accese la luce dello specchio. Osservò il suo volto riflesso e l’espressione stupita che aveva. Aprì l’acqua e si bagnò abbondantemente il viso, prima di prendere fiato ed uscire.

Spike era nuovamente seduto sopra il letto, che guardava gli abiti che gli aveva portato Anya. Alzò lo sguardo verso la ragazza.

“Faith…” Lei fece segno di far silenzio. Lui ubbidì senza fiatare, dirigendosi verso il bagno, coprendosi con gli abiti puliti. Lei lo osservò di sfuggita, facendo finta di risistemare il letto. Poi si fermò non appena sentì la porta chiudersi. Rimase immobile. Ascoltò il rumore dell’acqua che scendeva. Si sedette su una poltrona, con le mani che le coprivano il viso. Le sembrava ancora di sentire quelle labbra sulla sua pelle. Non riusciva a focalizzare come fosse successo. Era tutto uno scherzo, era tutto un gioco…era tremendamente sola in quella città. E Spike era l’unico che le avesse offerto una mano. Non doveva fare come al solito. Attaccarsi alle persone che le dimostravano un po’ di interesse. Ricordava le parole dello psicologo del carcere. Doveva trovare la sua strada, la fiducia in sé stessa. Non partire in quarta, come sempre. Perché Spike? Aveva a che fare con Angel? Erano tutti e due dei vampiri. Stavo sostituendo l’uno con l’altro? Scarto di Buffy. Rise di se stessa. Parlava peggio di quell’accidente di strizzacervelli. Che doveva per forza trovarci qualcosa di losco dietro ogni sua parola. In fondo era solo un bacio. Era attrazione fisica. Lui era tremendamente interessante. E mezzo nudo. Aveva sbirciato, quando era svenuto. L’aveva guardato a lungo. L’aveva desiderato. Si infiammava facilmente, lei. Era sempre stata così. Ed era anche curiosa. Voleva sapere quanto poteva essere fredda la pelle di un vampiro. Il suo corpo. La sua bocca. Scosse la testa. Prese il quaderno che le aveva portato Anya, cercando di immergersi nella lettura della traduzione del fantomatico libro. Avrebbe fatto finta di niente. evitare l’argomento. Appoggiò quelle pagine sulle ginocchia. Cosa stava pensando lui in quel momento?

 

Spike era sotto l’acqua. I palmi delle mani rivolti verso il muro. La schiena che bruciava ancora un po’, ma quasi non se ne accorgeva. Lei l’aveva baciato. Senza nessun segnale serio. Scherzi. Scherzavano, prima, no? La notte, in chiesa. Quando aveva pensato ardentemente a quella bocca…non avrebbe mai creduto che…non così presto…assaggiarla. Tremendamente calda, piena, morbida. Come quei capelli lunghissimi. Prese lo shampoo e ne aspirò il profumo a lungo. Aprì gli occhi, per darsi dello stupido. Tanto lei scherzava. Scherzava sempre. E lui? che gli era saltato in testa? Perché non l’aveva fermata subito? Era una ragazzina, nient’altro. Tolse del tutto l’acqua calda. Sorrise. Non importava, in fondo. Era stato piacevole. Ma adesso come si doveva comportare? Far finta di niente? Lei cosa si aspettava? Era ancora mattina. Doveva rimanere rinchiuso fino a sera inoltrata. Sicuramente ne avrebbero riparlato. Chiuse ancora gli occhi, mentre si sciacquava la schiuma dal viso. Uscì dalla doccia. Osservò tutte le boccette che c’erano in bagno. Niente profumi. Una semplice crema per il viso e una per il corpo. Trucco in abbondanza. Aprì il rossetto. Un leggerissimo odore di vaniglia. Quello della sua bocca. Che non era truccata quella mattina, ma che portava ancora le tracce di quel profumo. Si vestì. Ci mise ancora un po’ prima di uscire. Aveva quasi paura di affrontarla. Ma preparò il suo più bel sorriso.

 

Faith fissava la porta. Quando lui uscì sentì il suo battito cardiaco accelerare improvvisamente.

“Com’era la doccia?”

“Fredda. Utile.” Si sedette sul letto, lontano da lei. Aveva la bottiglia di sangue tra le mani. La aprì e iniziò a tracannare lunghi sorsi. Lei continuò a leggere un istante.

“Ho la traduzione.”

“Ah. E…perché gli serve ammazzarti? A parte il gusto di far fuori una cacciatrice, si intende…”

“Quello tu lo conosci bene, eh? Non si capisce…oddio, non c’è un motivo. È un rituale. Niente portali che si aprono, niente effetti collaterali…una specie di tradizione che portano avanti per secoli. Che porta fortuna, in pratica. Devono ammazzarmi e basta. Possibilmente prima di Natale. Quindi hanno due mesi di tempo. E sono tanti. Una marea. E di solito ci riescono.”

“Tutto qua?”

“Pare di sì.”

“Okay. Li affronteremo. Bisogna trovare il loro nascondiglio. Se sono in tanti avranno bisogno di un posto piuttosto spazioso, magari, visto che a loro piace tanto il fuoco si potrebbe…non so, dargli un’arrostita?” Spike si era avvicinato alla poltrona. Faith si era alzata e stava sulla difensiva.

“Che succede? Vogliamo parlarne?”

“Un gioco, no? Tutto un gioco. Piacevole ma un gioco.”

“Va bene. Chiamalo come ti pare.”

“Perché, cos’era per te?”

“Mi pare lo chiamino bacio. Caldo. Profondo. Spontaneo. Eccitante. Ma se vuoi chiamarlo gioco, non c’è problema.” sfacciato. Sicuro di sé. Lui la fissava, cercando di metterla in imbarazzo. Lei si sentiva confusa, ma sorrise ugualmente.

“In effetti non sei male.”

“Grazie. Anni di esperienza. E poi mi impegno sempre in tutto quello che faccio.”

“Buono a sapersi.” Faith si allontanò da Spike. Prese lo zainetto e se lo mise a tracolla.

“Dove vai?”

“Dovrei mangiare, mio caro. Fare un po’ di spesa. E ho bisogno di prendere un po’ d’aria e sole. Tu non scappi, vero?”

“Dove vuoi che vada? Almeno hai la tv via cavo...” Si era avvicinato, mentre lei teneva già una mano sulla maniglia, voltata verso la porta.

“Faith.” Lei si girò verso Spike, che era ormai ad un passo. Riprese a baciarla, come se niente fosse, tenendola per i fianchi, facendo scivolare le mani dietro la schiena. Lei rispose senza farsi pregare, immergendo le dita nei capelli ancora umidi.

“Stai finendo il bagno schiuma.” Lei annuì, staccandosi dal ragazzo.

“Per me questo gioco non è ancora finito, cacciatrice.”

“Vedremo.” Lei si risistemò i capelli, per poi uscire precipitosamente.

 

Caffè. Fissava quella tazza da parecchio tempo ormai. Rinchiusa in un bar, con il sole che fuori splendeva alto, che giocava con i riflessi del suo orologio. Fogli sparsi sopra il tavolo. Idee ancora più sparse che giravano attorno ad un chiodo fisso. Già. Proprio un chiodo. La cameriera si avvicinò un’altra volta, con il suo bel completino lindo e inamidato, a chiedere se ne voleva ancora. Faith ripose al sorriso, e si immerse nel liquido bollente. Era fuori da un paio d’ore. E ancora non aveva voglia di tornare. Cioè, una parte di lei voleva essere là, a continuare quello che avevano iniziato. Ma poi ci ripensava. Anya. Le sue parole. Scarto di Buffy. Iniziava ad odiare sempre di più il fantasma di quella ragazza. Tutto doveva essere confrontato, e lei usciva sempre perdente. E odiava essere una perdente. Ma ciò che più la spaventata era ripercorrere le sue stesse tappe. Si era innamorata di Angel. Anche lei. Se quello poteva essere amore, visto che non era contraccambiato…e flirtava con Spike.

Giocava con lo zucchero. Il quaderno accanto a sé, aperto e sempre fermo alla stessa pagina. Sapeva benissimo che doveva pensare ad altro. Ma era troppo tempo che non si trovava un uomo tra le mani e…rise da sola. E aveva scelto di giocare con il suo nemico naturale…si alzò dalla sedia. Pagò il conto. Passò accanto all’albergo, tirando dritta. C’era ancora del tempo. Vide la sua stanza, la finestra chiusa. Lo immaginò sdraiato sopra il letto, con il telecomando. Tornò a passeggiare tranquillamente, osservando la gente che correva da una parte all’altra, nella vita frenetica di ogni giorno. Quella che lei non aveva mai avuto.

La cripta. Entrarci era una tentazione. E perché resistere? Guardare tra le sue cose. Scendere nei sotterranei e sbirciare. I disegni. Le foto. Il mondo di un vampiro stranissimo. Buffy. Sempre presente. Faith rideva di sé stessa. Tutte quelle parti di vita intima violate…tutto per convincersi che stava sbagliando. Che poteva anche scoparselo, se voleva, ma il cuore di Spike stava da un’altra parte. E lei sapeva bene quanto era difficile dimenticare Buffy…Tornò in superficie. Continuava a vagare senza meta, passando davanti all’albergo senza fermarsi. Doveva agire. Doveva aspettare la notte.

 

Spike era stufo di aspettare. Non riusciva a chiudere occhio e la tv funzionava da schifo. Peggio che nella sua cripta. Per passare il tempo aveva iniziato anche lui a guardarsi intorno. a scoprire qualcosa in più dell’inquilina di quella stanza. Ma non aveva trovato niente di strano. Cassette, un’enorme quantità di musica inascoltabile anche per le sue non tenere orecchie. Niente di personale. A parte i vestiti. Niente di sexy. Magliette sdrucite e jeans, pantaloni in pelle. Nessun vezzo inutile. Niente di niente. Ordinò qualcosa con il servizio in camera. Sprofondò ancora una volta nella poltrona e chiuse gli occhi. Per molte ore non aveva pensato a Buffy. Era quasi un conforto. Ma gli faceva anche paura. I fantasmi della cacciatrice ormai gli facevano compagnia da parecchio tempo, e quasi gli mancavano. I mesi si accumulavano, ma cos’era per lui il tempo? Concetto relativo e dilatato. Come il suo viso che non invecchiava, il suo corpo che si rigenerava. Come quelle ferite nella schiena che ormai non pulsavano più di tanto. Tutto relativo.

 

Faith entrò di soppiatto, cercando di non far penetrare i raggi del sole che tramontava all’orizzonte. Vide Spike nella sua poltrona, con il viso appoggiato al bracciolo. Per terra una bottiglia quasi vuota di whisky. Il posacenere pieno di cicche. L’aria impestata dal fumo. Il vampiro aprì gli occhi. ma si vedeva che non aveva molta voglia di reagire. La guardava fissa, mentre appoggiava qualcosa sopra il letto e apriva una finestra ormai in ombra.

“Senti, ho capito che tanto non creperai mai di cancro, ma c’era bisogno di ridurre la stanza in queste condizioni? E vedi di alzare il culo, che adesso sgomberiamo.”

“Ciao, amore, bentornata.”

“Se, se…come no.” Faith si avvicinò al vampiro, tirando su la bottiglia.

“E questo? Ecco perché il conto dell’albergo era così salato…” Lui sorrise, incurante dei rimproveri.

“Sei stata via tutto il giorno. Mi stai evitando?”

“Già. E dovevo farlo da prima.”

“Vieni qua” Lui la tirò verso di sé, facendola quasi cadere. Si trovarono ad un soffio l’uno dall’altro. Spike prese ad accarezzarle il viso, delicatamente.

“Sei bella…”

“E tu sbronzo da far schifo.” Ma non si ritrasse.

“Non avevo niente da fare…E sono incazzato. Dawn è andata dal padre e non mi ha neanche salutato. Ho telefonato.”

“Per quello il mio armadio è aperto? Non ti preoccupare per Dawn. Vedrai che la bambolina sarà passata magari alla cripta e non ti ha trovato…Impossibile che si sia dimenticata di te…” Lui sorrise ancora. Giocava con i capelli di Faith, come ipnotizzato.

“Mmmm, forse hai ragione. Comunque là dentro mi aspettavo di trovare qualcosa di diverso.”

“Che vuoi dire?” Faith chiuse gli occhi. Spike continuava con le sue carezze, sfiorandole il collo.

“Non so…catene, frustini, lingerie in cuoio…”

“E’ così che ti piacciono le donne? Vuoi essere dominato?” Fece finta di strozzarlo. Spike tirò la testa indietro, ridendo sguaiatamente…

“Non ho detto questo…”

“Beh, sai cosa regalarmi al compleanno, tesoro…” Glielo sussurrò in un orecchio, mordendogli leggermente il lobo.

“Comunque ti ho letto nel pensiero, amore, ho preso qualcosa che ti piacerà…una sorpresa…ma prima dobbiamo andare via. Qua potrebbero trovarci. Raccatto la mia roba e si parte.” Faith era di nuovo in piedi, lontano da lui. Spike continuava a guardarla, mentre apriva la sacca e ci infilava dentro tutto quello che trovava, alla rinfusa.

“Non ti sei neanche arrabbiata…in fondo ho violato la tua privacy…”

“Beh, siamo pari. Ho fatto un salto a casa tua.”

“Cosa? E perché diavolo…io almeno avevo una scusa…”

“No, non avevi scuse neanche tu, quindi piantala di fare la commedia. E’ un modo per conoscerci meglio…non credi?” Spike si alzò dalla poltrona.

“Cristo. Sei più pazza di me.”

“Beh, te ne sei accorto…”

“Dove si va?” Faith intanto svuotava l’armadietto del bagno. Il vampiro si avvicinò al letto, cercando di sbirciare nei due involucri trasparenti che aveva portato la ragazza.

“In un posto dove hai abitato anche tu. Abbandonato, un po’ tetro…Giù le mani!” Spike rimase a bocca aperta. Due costumi.

“Che cazzo vuol dire?”

“Halloween, tesoro. Non mi sono mai travestita. Quest’anno voglio farlo. E se ti va di venire con me…se no, amen. Lo riporto indietro.”

“Tu sei pazza.”

“Inizi ad essere ripetitivo.”

“Scusa un po’, io mi dovrei travestire da vampiro? Ma che roba è?” Lei rideva.

“Beh, mettiamola così…non hai neanche bisogno di trucco…”

“E poi guarda…un mantello…Conte Dracula…io lo conoscevo, e non andava in giro vestito in questo modo schifoso!”

“Dai, non ti obbligo…è meglio del cinema, no?”

“Io non lo faccio.”

“Okay. Io sto andando, Spike.” Portò la borsa verso la porta, mollandola lì.

“Tu che fai? È buio, ormai. Non voglio essere trovata.”

“Vengo con te. Ma non mi travesto.” Buttò il vestito per terra. Faith lo raccolse. Tirò le chiavi della moto al vampiro, che le mancò.

“L’hai ripresa?”

“Certo. Andiamo.” L’aria era piacevolmente fresca. La moto molto scomoda per chi si ritrova con abiti e qualcosa che somigliava ad una valigia…Ma Faith si sentiva bene ugualmente, sbirciando scorci di realtà. I bambini venivano fuori a gruppi dalle loro case, con ogni ben di Dio e schiamazzando allegramente. Lei non ne aveva mai avuto l’occasione, le sembrava di non esser mai stata bambina…

Raggiunsero la magione. Spike era titubante. Quel posto aveva troppi ricordi, e tutti spiacevoli. Ma entrò ugualmente. Il posto non era cambiato molto. Faith lo aveva un po’ ripulito, ma ciò non cambiava le sensazioni che riusciva a provocargli.

“Come ti è venuto in mente? Preferivo l’albergo. Di sicuro più comodo. Non ho bei ricordi qua. Grazie a quel bastardo del tuo amichetto!” Gettò le chiavi sopra un tavolo, cercando di recuperare dalla tasca dei pantaloni troppo stretti le sue sigarette. Lei intanto accendeva dei lumi nella sala principale, quasi correndo da una parte all’altra..

“Sei una lagna, sempre a lamentarti… Dammi cinque minuti, mi cambio e si esce. A proposito, questo è tuo…” Aprì la confezione del suo abito, che Spike ancora non aveva visto. Gli lanciò la sua giacca in pelle. Bucata. Ma tornava al suo proprietario. Lui sorrise, accarezzando il cuoio consumato. Gli faceva compagnia da tanti anni…

“Ma vuoi davvero travestirti? E’ così che prendi sul serio la tua missione, cacciatrice?” Lei non rispose. Era scomparsa dietro una porta. Quando venne fuori rideva come una bambina. Ma non lo sembrava affatto.

“Eh…che vuoi fare con i mostri? Sedurli? Cos’è questa roba?”

“Xena, Spike. Ma non sei tu il teledipendente?”

“L’avevo capito…ma non sei troppo nuda?”

“E questo ti spaventa o…” Si era avvicinata al vampiro, che rimaneva impalato a fissarla.

“…o ti piace? Spiegami un po’, perché non l’ho capito.”

“Ti diverti, eh? Ti piace prendermi per il culo?” Sembrava improvvisamente serio. Faith non se l’aspettava.

“E se la smetto di fare il bravo ragazzo, tu che fai?” Lei indietreggiò appena, mentre Spike si muoveva lentamente, andandole incontro.

“Scappi? Togli fuori i tuoi paletti? Oppure….” Si tolse la maglietta.

“Perché non ci proviamo? Così vediamo un po’ come va a finire…” Faith aveva trovato un tavolo dietro di sé non poteva più muoversi. O forse non voleva muoversi. Spike le tolse i capelli dalla faccia, toccando appena la pelle nuda del collo. Lei respirava a fatica. Lui se n’era accorto, e sorrideva. Faith finì per fare un salto e sedersi sopra il tavolo. Lui le aprì le gambe, dolcemente, senza trovare nessuna resistenza. I corpi aderenti. Le mani di Spike che iniziavano una lenta esplorazione del suo profilo.

“Non dici più niente? Cosa devo capire? Chi tace acconsente, cacciatrice? O hai paura di me?”

“Tu sei bravo a capire ciò che provo…non è vero? Senti le variazioni dell’adrenalina o qualcosa del genere? Cosa senti in me? Paura?” Lui la baciò nel collo, ispirando profondamente. Faith gli sfiorava i capelli, come per invitarlo a proseguire.

“Sento che sei calda. E morbida. E invitante…e non faccio l’amore con una donna che respira da secoli…no. Non hai paura. Ma potrei sbagliarmi. Perché in questo momento non capisco più un accidente.”

“Prova a baciarmi. Magari ti schiarisci le idee…”

“Hai ripreso a sfidarmi, ragazzina? Dimmelo…” Le mani di lui le stringevano la gola, ma lei non smetteva di sorridere. Una fitta alla testa lo sorprese, e mollò la presa.

“Ma vuoi l’invito in marca da bollo? O devo chiederti di scoparmi, per piacere? Come se tu non ne avessi voglia, eh?” Spike si allontanò improvvisamente. Faith risistemò i capelli, tossendo appena. Non riusciva a guardarlo negli occhi. Non credeva alle parole che aveva pronunciato. Ma sapeva di provare tutto quello che aveva detto.

“Perché? Perché io?”

“Perché no? Cos’hai che non va?”

“Beh, tanto per iniziare sono un vampiro. E tu una cacciatrice.”

“Nessuno di noi due vuole uccidere l’altro…e poi non fa la cosa più eccitante? Beh, prova a pensare che tu sei un uomo. E io una donna…In questo caso siamo compatibili…” Saltò giù dl tavolo. “Accidenti a me, adesso vuoi farmi sentire una cogliona per quello che ti ho detto, per quello che faccio? Scusa. Ho sbagliato, paparino. Ho recepito male il messaggio. Pensavo interessasse anche a te…” Andò verso la sua borsa ed iniziò a togliere fuori i paletti, sistemandoli nel costume. Spike si accese una sigaretta.

“Dove credi di andare?”

“A fare il mio dovere. Ad uccidere i cattivi. Così magari riesco a convincermi di far parte dei buoni…E poi il piacere è finito, no?” Spike le sbarrò la strada.

“Ma tu provi piacere ad uccidere, non è vero?” Faith gli tirò uno schiaffo, allontanandosi da lui. Il vampiro rimase a terra, perplesso, per poi iniziare a ridere. Lei lo sentì da lontano, e non riuscì a non sorridere. Si fermò un attimo, intenta a guardarsi la mano con la quale l’aveva colpito. Riusciva a tenerle testa. Capitava di rado. Si spaventò quando si accorse che era appena dietro di lei.

“Ah beh…ora ti ho fatto paura, non è vero? Non dovresti essere un po’ più attenta? Posso strisciare accanto a te quando voglio…”

“E farmi cosa?”

“Tu vieni con me.” La prese per i polsi, per avvicinarla a sé. Poi prese a baciarla, senza darle tregua, bloccando ogni suo movimento.

“Mmmm, non lo so….mi hai quasi fatto cambiare idea, mi hai fatto incazzare….” Ma la sua voce era roca, e persa, mentre Spike le baciava il collo e il viso.

“Io so quello che vuoi…”

“Allora dimostramelo…” La prese in braccio, come se fosse un fuscello. Non smetteva di baciarla. Finì per depositarla sul tavolo, tornando alla posizione di pochi minuti prima.

“Dov’eravamo rimasti?” Non ci fu risposta. Non ci furono più parole. Né ruoli da interpretare. Né sarcasmo. Ma  passione e calore che battagliava con il gelo.

 

Dopo la frenesia dei sensi, che in effetti li aveva consumati a lungo, lui la portò a letto. Nel silenzio più assoluto. La sdraiò sopra le lenzuola cambiate di fresco, cercando qualcosa per coprirla. Si coricò accanto a lei, tornando ad accarezzare quella pelle bianca, quei capelli morbidissimi. Era come se nessuno dei due volesse spezzare l’atmosfera con delle parole. O contaminare quei momenti con i loro pensieri. Solo sorrisi. Solo una strana ed infinita dolcezza, che li lasciò uno tra le braccia dell’altro, a chiudere gli occhi e far finta che tutto fosse tremendamente normale. E bello.

 

Faith si lasciò andare al sonno. Si sentiva stranamente tranquilla. Solitamente buttava fuori gli uomini dalla sua vita e dal suo letto, con velocità impressionante. Come se  avesse paura del risveglio, di far vedere cosa poteva esserci dopo. Di far scoprire la vera Faith, quella che andava oltre il sesso occasionale e sporadico, passionale e vuoto. Oltre lo sfogo del corpo.

Sentirsi sicura. Malgrado la natura del vampiro che gli stava accanto. Malgrado sapesse benissimo che senza quel chip lei non sarebbe stata là a pensare niente. Appunto, non sarebbe stata da nessuna parte. Se non all’inferno. Aveva visto gli occhi di Spike illuminarsi a volte di una vena cattiva, e cambiare il suo volto, e vedere i suoi denti che potevano morderla, e non per un gioco erotico innocuo. Stava bene e basta. E non voleva chiedersi il perché. Rimanere tra quelle braccia ancora un po’. Sorrise pensando a Rossella O’Hara. Domani è un altro giorno. E domani l’avrebbe affrontato. In fondo Spike era molto meglio di tanti altri. Sapeva riconoscere molti lati del suo carattere. Non doveva fingere di essere niente di diverso da quello che effettivamente era. Una cacciatrice. Forte. E debole allo stesso tempo. E sola. Esattamente come lui. Le sue carezze erano lontane e dolcissime. Si addormentò di botto.

 

Spike continuava a guardarla. Sembrava un’altra persona, quasi indifesa e “normale”. Con il trucco sbavato, rannicchiata sul suo petto. Un peso leggero e caldissimo. Lui continuava a chiedersi il perché. Perché quella creatura così strana era finita per darsi a lui, senza preoccuparsi delle conseguenze. Una donna. Una ragazzina. Una cacciatrice. L’aveva sognato tante volte, amare così Buffy, in modo completo e carnale. E poi tenerla accanto a sé, proteggerla e quasi cullarla. Stava sostituendo una con l’altra? Faith era diversa. E forse incomprensibile. Ma calda e profumata come non avrebbe immaginato. Viva, naturalmente. Ricordava ogni minima espressione del suo volto. Ogni cambiamento dell’eccitazione. Ogni singolo bacio. Era stravolto. E travolto dall’accaduto. Mentre lei se la dormiva tranquillamente, come se nulla fosse successo. Sentiva il battito del suo cuore. E quanto aveva desiderato morderla! Farla sua, “marchiarla” e renderla simile a lui…no, non era proprio così. Ma sentire il sapore del suo essere, del suo sangue, senza ucciderla...Sarebbe stata diversa. I pensieri si rincorrevano all’impazzata. confusi e strani, come avvolti in una nebbia fitta. E poi lasciavano quelle sensazioni così forti. Di possesso. La sua piccola amante. Ma chi possedeva chi? Sorrise, ascoltando quel respiro. Osservando le curve del suo corpo disegnate dal lenzuolo. Doveva stare attento. Era troppo propenso alle ossessioni. E quella notte sembrava proprio la prima dose di una droga fortissima ed inebriante. Riuscì a spostare Faith senza svegliarla. Si alzò da quel letto, coprendola amorevolmente, per poi andare a prendersi da bere. Quel poco che era rimasto della bottiglia dell’albergo. E una sigaretta. Seduto di fronte a lei, nudo, a guardarla ancora.

 

Qualche ora più tardi venne svegliato da un urlo. Lui era rimasto nella poltrona di fronte e poi si era addormentato. La vide seduta sul letto, con un’espressione terrorizzata. Corse da lei e le prese le mani. Sanguinavano. Le unghie consumate. La abbracciò, stringendola a sé.

“Ehi, che succede?” Lei non rispondeva, ma continuava a singhiozzare violentemente.

“Beh, non è una bella reazione…ti sei resa conto di chi ti sei portata a letto stanotte? Tipo…effetto ritardato del più grosso errore della tua vita?” Nessuna parola. Lui iniziava ad essere seriamente spaventato.

“E’ stato un incubo…dai, ne hai visti così tanti nella tua vita che camminavano su due zampe…cosa hai visto di così terribile? A parte la mia faccia, si intende…” Faith sbucò fuori dal suo piccolo rifugio. Spike cercò di asciugarle le lacrime. Lei tremava.

“L’hanno fatto…lei è tornata…”

“Chi? Ti prego, non dirmi Glory…tutto ma non lei…” Fece segno di no con la testa.

“E’ Buffy…Willow…l’ha fatta tornare…”

“Piccola, non è possibile. Buffy è morta, non può tornare.”

“Sei tu che non capisci…” Le mani le coprivano il viso. Spostò i capelli, spettinandoli ancora di più.

“Io lo sento…Ho sempre sentito le altre…Quando Kendra è morta, e io non sapevo di essere la prescelta…è stato un dolore fortissimo, al petto. Quando è morta Buffy, ed io ero in galera, e nessuno mi ha detto niente, perché Angel non c’era, era a Pylea…Io l’ho sentito. E ora…ora…” Spike l’abbracciò di nuovo, cercando di bloccare il suo tremore. Non riusciva a credere alle sue orecchie. Non era possibile, basta. Certo che le aveva fatto un bell’effetto…erano le conseguenze di quella sbornia di sesso?

“Ora…capisco. La pacchia è finita, l’ha detto Anya…ricordi? Sono tutti coinvolti…l’hanno riportata qua! Dawn…hanno mandato via Dawn…Ma Buffy non sta bene…guarda le mie mani!”

Lui le guardò sul serio. Era come se avesse scavato. E sicuramente quella notte non erano così…le ricordava bene, come ogni centimetro della sua pelle…Cercò di scuoterla, di farla calmare. Ma per tutta risposta lei svenne. Come colpita da un fulmine. La tenne tra le braccia, accarezzandole il volto devastato. Buffy. Non era possibile. Ma aveva anche visto ciò di cui era capace Willow. Magia nera. Pericolosa. Ingovernabile. Proprio uno scherzo da Halloween.

 

Rimase priva di sensi per una mezz’ora. L’alba stava per nascere, e Spike poteva sentirlo anche da lontano. Continuava a tenerla tra le braccia, mentre cercava di mettere ordine nei suoi pensieri, nella sua testa. Le cacciatrici. Legate da un destino comune, quello di uccidere ed essere uccise. Legame profondo che andava aldilà di qualsiasi umana comprensione. Lui poteva capire, almeno in parte. Sapeva cos’era un legame. Il legame tra il Sire e il suo childe, ad esempio. Il suo morboso legame con Drusilla. Ogni volta che la rivedeva sentiva il richiamo del sangue. Più che vedere il collo di una bella ragazza.

Buffy viva. Poteva essere vero. Una parte di lui voleva uscire e cercarla, mettersi una coperta addosso e scappare verso la casa dei Summers. Ma poi osservava Faith, abbandonata in quel modo come una bambola rotta. Doveva stare là, con lei. Anche perché aveva paura. Che Faith avesse ragione. Che Buffy fosse a casa sua, tornata dall’inferno, con le mani rovinate e il vestito nero che le avevano messo quando l’avevano sepolta. Buffy. Non era possibile. Si ritrovò a piangere, senza neanche accorgersene. In silenzio. Lacrime che scendevano senza un motivo apparente. La casa era avvolta nel buio totale. Le candele ormai consumate.

Accarezzava la ragazza, i suoi capelli lunghissimi. Aveva un’ossessione per quei capelli. Ne percepiva l’odore anche ad un metro. Sperava che si svegliasse presto. Per sapere qualcosa di più. Per capire. Quando vide i suoi occhi aprirsi sussultò appena. Lei alzò la testa, rimanendo a guardare il viso del vampiro, così vicino…

“Stai bene?”

“Si. Ora sto un po’ meglio. Perché sei ancora qua? Perché non sei da lei?” Spike ascoltò quelle parole, incredulo.

“Io non…”

“E’ già l’alba, vero? Deve essere così.” La ragazza si alzò, lasciando il vampiro confuso. Entrò nell’altra stanza e portò con sé gli abiti di entrambi. Si vestì con calma. Una freddezza glaciale sembrava scesa tra loro due, e Spike non ne capiva il motivo. O almeno, non del tutto. Osservava quelle mani rovinate, che ancora tremavano appena, mentre cercava di abbottonarsi i pantaloni.

“Spiegami cosa sta succedendo.” Faith alzò gli occhi, finendo di infilarsi il maglione.

“La mia missione è finita. Quindi o me ne vado o chissà cosa mi combina il Consiglio. Capaci di rimettermi in galera.”

“Ma che diavolo stai dicendo?”

“Te l’ho detto. L’amore della tua vita è tornata. Ormai sarà a casa sua. Cullata dalle due streghe. Chissà cosa ne penserà Angel…” Sorrise appena, in modo obliquo, come se la sua testa non funzionasse più a dovere.

“Ne sei certa? Come possono aver fatto una cosa del genere? Non ne hanno il potere…”

“Certo che ce l’hanno. Se poi ci metti quella pazzoide di Anyanka hai il quadro completo. Non sono più la sfidante in carica. Torno ad essere la numero due. O forse lo sono sempre stata…” Si sedette sopra il letto, guardando ancora le sue mani. Spike cercò di abbracciarla, ma lei si sottrasse.

“Tesoro, è stato bello stanotte. Ma finisce qui. Non hai sentito? E’ tornata. E ti conviene correre, perché appena Angel saprà della cosa si dimenticherà di tutto, persino di quel bambino che tanto ama.” Si alzò, precipitandosi fuori della stanza. Spike la inseguì, per poi rimanere bloccato sulla porta d’ingresso. Lei era nel giardino, lontana, vicino al sole che nasceva.

“Sta lontano da me, vampiro!”

“Perché, maledizione? Che accidenti ti ho fatto?” Lei iniziò a ridere.

“Non è quello che mi hai fatto. Ma quello che potresti farmi adesso. È molto peggio.”

La vide allontanarsi, camminando all’indietro. Per poi salire sulla moto e sfrecciare via velocissima.

 

Il vento ancora fresco della mattina la fece subito sentire meglio. Era scappata come un ladro da quella che aveva scelto come sua dimora, almeno prima di sapere quello che era successo. Non sentiva più Buffy. Non sapeva più niente. Tranne che era viva. Che aveva scavato con le sue mani per uscire da quella bara.

La collina. Rimase seduta sul prato, a guardare il risveglio della città, senza sapere neanche che pochi giorni prima c’era proprio Spike in quello stesso posto, con la stessa morte d’animo nel cuore. Doveva essere felice. Lo sapeva. Felice per Buffy, per i suoi amici, per il mondo intero. Una delle migliori cacciatrici mai esistite era tornata. Lei non faceva parte di quel club esclusivo. Avrebbero festeggiato a lungo il suo ritorno. E lei era semplicemente invidiosa. Fino al midollo. Come se veramente quella bionda ragazza le avesse rubato un pezzo di vita. Ma chi era il vero ladro?

La gente affollava le strade, chi per andare al lavoro, chi per andare a scuola. E lei continuava a rimanere persa nei suoi pensieri, con gli occhi chiusi, ad assaporare gli odori di quel prato verde ed accogliente, ormai pieno di foglie autunnali. Doveva chiamare Wes. Doveva avvertire il Consiglio. Ma non se la sentiva di parlare a nessuno. Aveva solo voglia di menar le mani. Di annullarsi. Di scappare ancora.

Si sdraiò, ignorando l’umidità della rugiada mattutina. Ripensò alla notte prima. A Spike, alla sua bocca, il suo corpo…Malgrado tutto era felice di quello che era successo tra loro. Perché oggi sarebbe stato troppo tardi. Ora poteva tornare nell’ombra. Non era il primo uomo. Né la prima volta che si trovava bene a letto con qualcuno. Ma sicuramente per lei era strano sentirsi così. Consapevole che tutto era finito ancora prima di iniziare sul serio. Di solito non le importava. Ragionava come un maschio vecchia maniera: ignorare dopo il sesso. Obiettivo raggiunto. Colpito e affondato. Rise di se stessa. Delle sue paranoie. Aveva bisogno di un caffè. Di qualcosa di caldo. Si alzò, cercando di sistemarsi. Doveva essere un disastro. Controllò le tasche e quanti soldi le erano rimasti. Decisamente pochi. Riprese la moto e si avviò a casa di Buffy. Non era pronta per affrontarla, ma tanto non lo sarebbe mai stata.

 

Spike sembrava un’anima in pena. Quella furia era entrata ed uscita dal suo spazio vitale in un lampo, devastando qualsiasi cosa aveva incontrato nel suo cammino. Si ritrovò a spaccare mobili, senza avere praticamente nessun sollievo. Intrappolato dalla luce. Quel sole che odiava, linfa per il mondo intero, tranne che per i vampiri. Faith che era scappata via. Ritrovò il costume che lei aveva il giorno prima. Cercò di sentire il suo odore. Era dovunque. Nelle sue mani, nelle lenzuola.

E poi questa storia di Buffy…Non ne poteva più. Cercò tra la roba di Faith. Era stata premurosa. Aveva portato anche il sangue per lui, quando aveva svuotato la stanza d’albergo. Bevve avidamente fino all’ultima goccia. Per poi sfracellare la bottiglia contro un muro. Cercò di calmarsi. Si sentiva escluso una volta ancora. Dalla gang dei perfettini. Che avevano fatto tutto per conto loro. Lui neanche sapeva che avevano intenzione di riportare Buffy in vita. Dall’altra cacciatrice. Che si era infilata nel suo letto, nella sua carne in profondità come un chiodo, per poi lasciarlo sanguinante e pieno di domande. Giochi. Sempre e solo un gioco? Buffy. Rimase seduto un istante sul letto. Cercando di ricordare il suo volto, la luce dei suoi occhi, il suo corpo senza vita riverso al suolo. Lei era tornata. E doveva vederla. A tutti i costi.

 

“Che ci fai qui?” Anya come il solito non era al suo massimo di gentilezza. Faith la spinse via dalla porta, entrando in casa Summers. Xander si alzò dal divano, andando a soccorrere la sua amata, riversa per terra.

“Chi ti ha invitata?”

“Non sono un vampiro. Non ho bisogno di un invito.” Willow si avvicinò, con il viso serio e stanco, parandosi davanti alla cacciatrice.

“Che succede, Faith?”

“Dimmelo tu, strega. Sei felice di quello che hai fatto stanotte?”

“Che vuoi dire?”

“Ma, non so…dov’è? Sta dormendo?”

“Di chi parli?” Cercava di fare l’indifferente, ma stava perdendo la pazienza.

“Buffy, chi altro….Mi prendete per scema? O credete davvero di poter tenere tutto segreto?” Willow aprì bocca un’altra volta, ma Tara l’anticipò.

“E’ di sopra. Sta riposando.” La ragazza venne fulminata dagli sguardi degli amici.

“Bene.” Faith andò verso la cucina, preparandosi un caffè. Xander la raggiunse.

“Come hai fatto a…scoprirlo?”

“Caro mio, non ci vuole molto…voi siete dei semplici umani, magari qualcuno si sta specializzando in arti magiche, ma quello che sono io, che è Buffy…neanche potete immaginarlo. E avete fatto un grosso errore ad escludere il Consiglio da questa storia. Non sapete neanche di cosa sono capaci. Io ci sono passata…”

“Noi avevamo paura che…” Willow entrò nella stanza.

“Non ti dobbiamo nessuna spiegazione. Tu comunque non fai neanche parte del Consiglio. Daremo a Giles tutte le informazioni.”

“Certo. Sono cazzi vostri.”

“Perché non te ne vai? Non ci fai niente qua.”

“Beh, provate a spostarmi da questa casa se vi riesce.” Faith appoggiò la tazza, fronteggiando la strega.

“Lo sai che la magia nera è pericolosa? O credi di cavartela con qualche trucchetto del cazzo? Hai chiamato Giles?”

“Non ancora.”

“Bene. Complimenti.” La cacciatrice uscì dalla stanza, avviandosi verso le scale. Willow le lanciò telepaticamente una sedia, ma lei fu più veloce, difendendosi e spezzandola in più pezzi.

“Tesoro, non ti conviene farlo mai più. Sono già abbastanza girata di palle.” Nessuno commentò. Faith salì le scale, per poi entrare nella stanza di Buffy.

La ragazza era sdraiata sul letto, ma sveglia. Guardava verso la finestra e sembrava molto malinconica.

“Ciao Faith.”

“Buffy…” Rimase davanti alla porta aperta.

“Puoi anche entrare.” Così fece, per andare a sedersi sul letto, accanto a lei.

“Ti hanno fatto uscire da galera?”

“Ci voleva una cacciatrice. Non avevano molte alternative. Magari adesso mi ci fanno rientrare.”

“Come l’hai saputo?” Faith non rispose. Le mostrò le mani. Buffy rimase a bocca aperta, senza parole.

“Non dire niente. Lo so, sono uno dei tuoi incubi peggiori. Rimarrò qua finché non ti riprendi del tutto. O fino a quando non mi cacciano. Non ti lascio sola. C’è un casino a Sunnydale, ultimamente, ed è meglio se rimani nascosta.”

“Perché stai facendo questo?”

“Non per te, tranquilla. Se mi comporto bene non avrò il Consiglio alle calcagna. In fondo noi abbiamo la buccia dura, non è vero? Quanto ti ci vorrà? Poi sparirò. Magari è la volta buona che riesco a rifarmi una vita normale. Che dici, istruttore di arti marziali? Potrebbe essere una carriera interessante…” Sorrise forzatamente. Non aveva mai visto Buffy in quelle condizioni, e malgrado tutto le dispiaceva per lei. Un pochino. Era molto pallida e con un’espressione smarrita.

“Sai dov’è Dawn? Non l’ho vista e…non l’ho chiesto. Ho avuto paura di chiederlo…”

“Sta bene. È con tuo padre. L’hanno mandata via per...come dire…la resurrezione? Spike si è preso cura di lei.”

“Spike…l’aveva promesso…”

“E’ stato di parola.” Willow si affacciò alla porta.

“Dovresti lasciarla riposare.”

“Va bene. Ma vi avverto. Ora chiamo Wesley. Non me ne frega niente di quello che pensate.” Buffy guardò le due che si fronteggiavano.

“Cos’è questa storia?”

“Chiedilo alla tua amichetta.”

“Faith” Buffy le prese una mano. “Non dire niente a Wesley, per favore. Dammi un altro giorno…per riprendermi…per capire…per Angel…” Aveva gli occhi lucidi e la voce tremava appena. Faith si avvicinò al viso di Buffy. Tutta la sua rabbia sembrava svanita. Davanti agli occhi sfrecciò un ricordo. Lei che si risvegliava dal coma. Sola. Confusa. Buffy non era sola. Ma comunque persa.

“Un solo giorno. E lo faccio per Angel. Domani torno qua. E lo chiamo. O lo chiami tu davanti a me. A te la scelta.”

“Grazie.”

La ragazza uscì dalla casa, passando davanti a tutti, con fare altezzoso. Vide Anya ferma accanto alla porta, con un’espressione grottesca.

“Buh!” Le aveva avvicinato un pugno al volto, e lei era sobbalzata come una bambina.

“La cattiva se ne va, coniglietta, stai tranquilla.” Sorrideva sfrontata. Mentre Anya batteva in ritirata verso Xander, borbottando parole incomprensibili. Aveva ancora quella sensazione orrenda, la voglia, il desiderio di saltarle al collo e vederla esalare l’ultimo respiro. Un buon modo per sfogarsi…

Quando chiuse la porta si sentì subito male. Era schifata dall’atteggiamento della gang. Ma in fondo non poteva aspettarsi niente di diverso. Riprese la moto e partì. La lasciò vicino al cimitero. Aveva bisogno di un rifugio, di stare sola in qualche modo.

 

La cripta le era sembrata una buona idea. Ma quando entrò non riuscì a credere ai suoi occhi. Non appena si abituarono al buio, naturalmente…Una coperta gettata per terra, rumori di battaglia. Spike era là, circondato da tre vampiri. Non c’era tempo per pensare. Si gettò su uno di loro, sfogando finalmente la sua rabbia repressa. Nel giro di pochi minuti tutto era finito. Lei rimase appoggiata al muro, a respirare affannosamente, con un sorriso soddisfatto.

“Mi ci voleva…”

“Che ci fai qui?” Spike era per terra e giocava con un paletto, senza guardarla.

“Volevo stare sola. Non credevo di trovarti qua. Né di trovare loro.”

“Piccola imboscata per l’amichetto della cacciatrice, immagino…Dovevano essere appostati qua da stanotte. Volevano sapere dove trovarti.”

“Ora lo sanno. Magari non potranno raccontarlo a nessuno…” Rise sguaiatamente, fino alle lacrime. Spike si alzò, sorridendo.

“Che ci trovi da ridere? Non mi sembra così divertente.” Lei smise a fatica. Rimasero a guardarsi un istante, per poi sfuggire una volta ancora. Faith guardava per terra. Proprio quello che voleva evitare, affrontarlo una volta ancora. Si alzò, fulmineo. Era di fronte a lei, allungava la mano delicatamente verso il suo viso.

“Sei ferita.” Vicino alla bocca. Lei non sentiva il dolore, ripiena di adrenalina com’era, ma di sicuro non era grave. Vide il vampiro davanti a lei, osservare il dito sporco di sangue. Mille espressioni sfumate, eppure chiarissime. La guardò negli occhi, prima di pulirsi la mano sui pantaloni. Faith sorrise, accarezzandogli la pelle bianchissima del viso. Poi la sua mano passò dietro la nuca, e dolcemente iniziò a baciarlo. Spike rimase intontito per un istante, ma lei sembrava così calma…Faith sentì la lingua del vampiro accarezzarle dolcemente il graffio, e portar via ogni traccia di sangue, con movimenti delicati e sensuali. Poi si dedicò nuovamente alle labbra, a cercare la lingua di lei e giocarci, in una piccola danza erotica. Lei lo spostò per respirare. L’espressione che lesse nel suo viso era buffissima, ed, infatti, Faith riniziò a ridere.

“Tu sei…malata. Non sai…cosa vuol dire per me, non puoi neanche immaginarlo…” Faith non fiatò, alzando le spalle, mentre Spike continuava a rimanere attaccato a lei, con uno sguardo a metà tra l’incuriosito e il compiaciuto. E poi fu nuovamente un bacio. Facile abbandonarsi. Crederci. Perdersi. Nelle sue mani che la stringevano, nella piccola violenza delle sue labbra, della sua lingua. Facile. Semplice. Bello. Ma non reale. Bere da lui le sue bugie. Negli occhi chiusi di Faith apparvero frammenti di immagini. Ricordi della notte. Del suo corpo che si scioglieva come burro. Ma era nella sua cripta. E sapeva bene cosa c’era al piano di sotto. Quei disegni. Quelle foto. Non era più così facile. Anche se ogni suo muscolo urlava il desiderio. Crederci. Niente più. Abbandonarsi ancora. Godersi ancora quelle carezze, quelle mani fredde e allo stesso tempo così calde. Aprì gli occhi. spostò il viso di lui, accarezzando quegli zigomi, quella bellissima bocca. E poi lo spinse via. Abbastanza lontano da non poterlo toccare allungando una mano.

“Sono stata da Buffy.” Lui non rispose.

“Sta abbastanza bene. Un po’ shockata, ancora…ma non tarderà a riprendersi.” Ancora non aprì bocca. Andò al frigorifero, alla ricerca di una bottiglia. Bevve avidamente il liquido ambrato, dandole le spalle.

“Angel non sa ancora niente. Né il Consiglio.” Ancora silenzio.

“Allora è vero.” Parlò in un soffio. Non che avesse mai dubitato seriamente, ma quelle parole lo lasciarono comunque sorpreso. Come se l’idea prendesse improvvisamente consistenza.

“Perché, le ferite che ho nelle mani non ti sembravano abbastanza vere?”

“Io non ti conosco, cacciatrice. Il fatto di essere stati a letto insieme mi da un certo tipo di informazioni. Ma mi mancano molti tasselli. E io almeno lo ammetto. Tu invece continui a comportarti come se mi conoscessi da sempre.” Un lungo sguardo. Come se la spogliasse.

“Forse ho letto qualcosa sul tuo conto. Forse mi hanno raccontato chi sei.”

“Lo immagino. Anche a me hanno detto tante cose su di te. Ma ti concedo il beneficio del dubbio. O sei stronza come ti descrivono?” Lei sorrise, cercando di allentare la tensione.

“Forse lo sono molto di più.” Lui accese una sigaretta, continuando a bere dalla bottiglia.

“Perché sei qui, Faith?”

“Non volevo tornare alla magione. Non volevo vederti. E non ho un soldo in tasca per pagarmi l’albergo.”

“E visto che sono qua…cos’hai intenzione di fare? Scappare un’altra volta?”

“Beh, se mi offri da bere posso anche rimanere.”

“Okay. Prometto che non ti salto addosso. Sono stanco di ritrovarmi sul pavimento.”

“Preferisci il tavolo?”

“Solo quando ho una bella ragazza sotto. O sopra.” Le allungò la bottiglia, sfiorandole appena la mano. Faith sentì l’alcool scenderle direttamente nello stomaco, provocandole una vampata ed un colpo di tosse.

“E’ un po’ forte…”

“Adatto all’occasione, direi.” Continuava a non toglierle gli occhi di dosso. E lei cercava di sostenere lo sguardo.

“Che farai con Buffy?”

“E’ il tuo chiodo fisso? Non vedi l’ora che io mi tolga dai piedi per andare a trovarla?”

“Dimmi che non ci hai pensato. Dimmi che non sei tornato qua per darti una sistemata e correre da lei.”

“Mmmm, parla la sapientona. Credi di conoscere proprio tutto di me, eh?” Faith girò le spalle. Non aveva voglia di discutere, si toccò il labbro, chiudendo gli occhi, assaporando ancora una volta il sapore di quel bacio nella sua mente.

“O sei semplicemente gelosa?” Faith tardò un istante a rispondere. Cercando le parole adatte, ne bastava una…ma in fondo chi aveva ragione? In quel momento sentirono un rumore che li mise immediatamente in allarme. Che scemò subito dopo l’entrata di Dawn nella cripta. Faith vide Spike trasformarsi e sorridere, aprire le braccia e prendere la ragazzina, che felice urlava che Buffy era viva.

“Lo so, briciola, lo so.”

“Vieni con me…l’hai già vista? Io sono appena arrivata…Oddio Spike, non posso crederci…” Dawn piangeva e rideva allo stesso tempo. Faith rimase a guardarli incantata, prima di uscire dalla stanza. Si sentiva di troppo, e stanca. Troppo stanca. La giornata era diventata improvvisamente buia, con nubi cariche di pioggia. L’aria annunciava tempesta, e Faith iniziò a piangere, mentre con calma si allontanava dal cimitero. Un rifugio. Annullarsi. Dormire. Spegnere ogni stimolo, ogni fiato, ogni parola. Guardò il suo viso in una vetrina, un riflesso di una ragazza che a venti anni se ne sentiva il doppio. Continuava a vagare, lentamente. La magione di Angel appariva solitaria e deserta come al solito. Entrarci era doloroso. Vedere il tavolo spaccato e ogni cosa all’aria era deprimente. Andò direttamente verso la sua borsa, per prendere il lettore cd. Il volume altissimo e il mondo fuori. Togliersi la giacca e immergersi nella musica. Essere tutt’uno con Lei. Rimanere alla luce delle candele e cantare a squarciagola, muovendosi con lei.

 

I tried so hard

And got so far

But in the end

It doesn’t really matter

I had to fall

To lose it all

But in the end

It doesn’t really matter…(Linkin Park, In the end)

 

Sfinirsi. Perdersi. Gettarsi sul letto e rimanere quasi incosciente. Per non sapere. Per non capire. Per cercare di non soffrire più. Per non sentirsi più fuori posto. Per non sentirsi più di troppo.

 

Spike. Andare verso quella casa trascinato da Dawn. Che rideva, e parlava e sembrava non prender mai fiato. Mentre lui rimaneva avvolto nella coperta, e correva da un’ombra ad un’altra, aiutato dal tempo che sembrava sempre più scuro e tetro. Varcare quella soglia e trovare tutti riuniti attorno ad una brocca ricolma di caffè. Aspettare che la ragazzina chiudesse tutte le persiane. Scrutare quei sorrisi e combattere la paura. Di rivederla. Di scoprirla cambiata. Per il suo soggiorno all’inferno. E poi vederla. Mentre scendeva le scale, vestita di bianco. Come una visione angelica. Ma il suo viso non traspariva gioia. E gli altri sembravano non accorgersene. Non vedere il suo sforzo per sorridere, per cercare di apparire normale. Per cercare di parlare. Tanti bambolotti impegnati a congratularsi con loro stessi per l’impresa madornale fatta. Che non vedevano niente. Incrociare i suoi occhi. sentirla vicina. Provare a toccarla, e poi sfiorare il suo corpo in un abbraccio. Pronunciare il suo nome. E sentire le lacrime montare con un’irruenza tale da lasciarlo sconfitto. Ascoltare il suo ringraziamento formale per aver protetto Dawn. Niente più. Sprofondato sul divano, come se fosse uno della gang. Come se tutti i presenti non avessero tenuto nascosto l’incantesimo per riportarla indietro, come se tutti ignorassero le conseguenze. Quelle che lui leggeva negli occhi della cacciatrice. Veder andar via tutti quanti, così felici ed ingenui. E lui che non si muoveva. Mentre Dawn scompariva dietro la porta della cucina.

“Come stai?”

“Bene”

“Okay. E dovendo dire la verità?”

“Cosa vuoi dire?” Buffy sembrava sulle spine.

“Che non stai bene. E che puoi ingannare chi ti pare ma non me.” Lei non rispose.

“Devo abituarmi. È…molto tempo che sono stata via.” Freddezza, ma i suoi occhi sembravano sul punto di piangere.

“Se vuoi parlarne…ho una certa esperienza della morte e del ritorno, magari in forma non proprio umana…”

“No…non mi va, Spike. Voglio solo riposare.” La ragazza si alzò in piedi, dirigendosi verso la porta, come per congedarlo. Poi si voltò verso di lui, che era rimasto immobile davanti al divano.

“Qua nessuno mi parla di demoni. Di battaglie. Di vampiri. Perché?”

“C’è Faith.”

“Nessuno mi parla di lei.”

“E ti stupisci?”

“No, in fondo, no. Ma lei è sola e…”

“Non è sola. Pensa a riprenderti.”

“Io non mi…”

“Non ti fidi di lei. Beh, fidati di me. Non la perdo d’occhio.” Abbozzò un sorriso e lei lo imitò.

“Oddio, l’ho sparata grossa, magari ti fidi più di un serpente a sonagli e…” Buffy fece un cenno negativo con la testa.

“Sto più tranquilla se so che sta con te. Grazie, Spike. Di tutto.” Gli diede un bacio sulla guancia. Il viso della ragazza era ancora molto serio e triste. Chiuse la porta in faccia al vampiro, che rimase un attimo interdetto. Che doveva aspettarsi?

La serata stava appena iniziando. E il buio pure. La coperta la lasciò in quella casa. Voleva quasi tornare a riprendersela, ma quella porta chiusa lo lasciò interdetto. Scrutò il cielo, che minacciava tempesta ma ancora non si decideva, e andò via. Aveva la testa spaventosamente vuota. Tutte le emozioni di quelle ore sembravano avergli causato solo una tremenda confusione. Buffy era diversa. Bellissima e viva. Ma diversa. O era lui ad essere cambiato? Sentire qualcosa che somigliava al calore, alla passione che aveva provato mesi prima. Dolore. Perché doveva continuare a soffrire come un cane?  Prima perché lei era persa, e ora per cosa? Perché l’aveva ritrovata? Perché continuava a sperare in un suo gesto come un ragazzino? Perché quella bocca che si avvicinava al suo viso l’aveva fatto sussultare ancora? Sentì la rabbia esplodere. Immotivata, forse. Inevitabile, certamente. Non riusciva a controllarsi. Nelle strade ancora popolate di gente, si ritrovò a spaccare un idrante. E rimanere fermo a sentire l’acqua che bagnava i suoi vestiti. Buffy. Ossessione. Amore. Sperare di trovare una via d’uscita. Ma non era facile. Neanche con lei morta. Figurarsi adesso…Faith. Sorrise al nulla. Vicino ad una fermata d’autobus adocchiò una signora che parlava animatamente con altre due. Si avvicinò con fare indifferente, e sfilò il portafogli dalla borsa aperta. Una marachella. Come i bambini. Era veloce e impossibile da fermare, ovviamente. In un vicolo controllò il risultato del suo furto. Abbastanza per passare una serata decente. Era strano come certe piccole cattiverie riuscissero a farlo sentire vivo…Prendere una scorta di sangue. Una bottiglia di whisky di prima qualità. E poi chissà cos’altro…

Si ritrovò alla magione, con i sacchetti della spesa e altre sorpresine. Lei doveva essere sicuramente là.

 

Faith sentì un rumore. Aveva abbandonato la musica e si era messa per terra, di fronte al camino acceso, a guardare delle antiche carte sulla città. Doveva trovare il covo di quei vampiri. Prese un paletto, per appostarsi vicino alla pesante tenda che copriva la porta. Vide Spike entrare e butto giù l’arma, nel silenzio assoluto. Incrociò i suoi occhi e il suo sorriso. Non si aspettava un suo ritorno. Non così presto. E quasi non l’ascoltava mentre la inondava di parole senza senso.

“Aspetta…riassumi…vuoi portarmi a cena fuori? Vedo una bottiglia, ma dov’è il resto della cassa che ti sei fatto? No, ma dico…ti ricordi che abbiamo un esercito che ci cerca? Oddio, che mi cerca…e poi, cosa cazzo è successo stasera? Cos’è, un Buffyeffetto?” Spike aprì la bottiglia di whisky, tracannando un lungo sorso, con evidente soddisfazione.

“Amore mio, stai tranquilla…non è successo niente di particolare. Ho solo voglia di svagarmi…insomma…sempre la solita routine…e che tu ci creda o no, questo è il mio primo goccio.” Lei lo guardò incuriosita, mentre si toglieva la giacca in pelle e l’avvicinava al fuoco. Sembrava a casa sua. Diede uno sguardo fugace agli studi che stava facendo la cacciatrice, per poi chiudere le carte e gettarle tra le fiamme. Faith non disse una parola. Ridacchiava. Lui intanto si sfamava con le sacche di sangue. La ragazza andò nella stanza da letto, per infilarsi un vestito quasi nuovo e sistemarsi un po’. Se lo ritrovò dietro, all’improvviso, che le prendeva la spazzola dalle mani e iniziava a districare delicatamente i nodi dei capelli. Faith non fiatò. Lo lasciò fare, come se fosse tutto normale. Ma iniziò a chiudere gli occhi.

“Hai la pelle d’oca.”

“Chissà perché.” Appoggiò la spazzola sul letto, non prima di averle accarezzato fugacemente il collo. Si allontanò rapidamente com’era entrato in quella stanza, e Faith finì di truccarsi. Si guardava riflessa nello specchio. Non sapeva cosa pensare. Ma non aveva voglia di pensare. Vivere il momento. Ne aveva passate tante nelle ultime ventiquattro ore. Aveva cambiato idea e prospettiva miliardi di volte. E aveva voglia di pensare solo a se stessa.

“Sei bellissima. Sembriamo quasi una coppia normale.” Lui sorrideva rimettendosi la giacca, mentre squadrava la ragazza compiaciuto.

è questo che vuoi credere? Ci travestiamo da fidanzatini e andiamo a cena fuori? Mmmm, carini. Meno male che Halloween era ieri…dove sono i fiori e i cioccolatini?”

“Quelli li ho saltati, mea culpa. Ma ho di meglio. Le aprì la porta, per condurla fuori. Un’auto. Elegante. Scura.

“Sono colpita. Hai rubato qualcos’altro stasera?”

“Sì. Un po’ di libertà.”

Lui le aprì lo sportello. Faith rideva come una scema…Ma salì di corsa. Spike mise in moto, accese lo stereo e partì a tutta velocità. Lei aprì il finestrino, per godersi l’aria umida della sera. Sorrideva alla notte nascente.

Andarono fuori città, in un piccolo locale lontano dal mondo. Quando scese dalla macchina lei lo bloccò un attimo, per guardarlo negli occhi. nessuna parola. Lesse il suo stesso dolore. Identico. Riconoscerlo in lui. rabbia e voglia di uscirne.

“Per una sera…ti prego, non voglio essere quello che sono. niente di quello che sono. Di quello che sei. So cosa ti sto chiedendo, ma ti prego…” Con un dito lo zittì. Semplicemente. Un sorriso. In fondo faceva comodo anche a lei. Sedersi in un tavolo appartato. Criticare le altre coppie “convenzionali” presenti nel ristorante. Flirtare con lo sguardo, e con i piedi…Bere dell’ottimo vino. Ordinare un dolce al cioccolato.

Uscire un po’ brilli, e trovarsi appoggiati al muro, avvinghiati in un bacio caldissimo, mentre le persone che andavano via da quel posto li squadravano scandalizzati. E fare un segnaccio, con la faccia deformata in una smorfia cattiva, e poi ridere, mentre osservava quella gente allungare il passo e borbottare.

“Mi dispiace, non riesco…ad essere una brava ragazza, una brava fidanzata…nessuno mi ha insegnato le buone maniere…mi sento così ridicola…”

“Sei perfetta. Molto meglio di quelle persone laggiù. Sei viva. Sei vera.”

Ridere ancora e baciarsi, e sfiorarsi, e sentire i corpi reagire sin troppo in fretta. Correre verso il parcheggio, verso la macchina, e fermarsi ancora a divorarsi con la bocca… E cercare un qualsiasi posto per stare soli. Trovarlo poco lontano, in una stradina poco battuta. Una casa abbandonata davanti. Spike fermò l’auto. Faith tornò a baciarlo, cercando di spogliarlo per accarezzare la sua pelle. Smania, follia. Come altro chiamarlo? La pioggia intanto si era decisa finalmente a venir giù dal cielo. Lei si fermò ad osservarla, cercando di chiudere il finestrino prima di allagare tutto.

“Faith, io…” Lei si girò a guardarlo. Per quel poco che poteva vedere in quel posto dimenticato da Dio. Un accendino, la fiamma che tremava al suo respiro. La ragazza tornò a sfiorargli il viso, e cercare la sua bocca, mentre lui cercava di dire qualcosa.

“Ricordi quello che hai detto prima? Oggi non siamo quello che siamo. Allora fa l’amore con me, Spike. Adesso. Tutto il resto mandalo al diavolo.” Leggere i suoi occhi. Tutta la passione di cui era capace. In quei sedili. In quell’auto rubata. In quella sera rubata al loro destino, al loro dovere, al vuoto che provavano…

Rimanere avvinghiati e scomodi. I finestrini appannati da un solo respiro. Un solo cuore che batte. Ma abbastanza per due. Abbastanza per perdere ogni cognizione del mondo. Ogni ricordo di dolore. E tornare a ridere di se stessi, nel buio della notte. Uscire seminuda dalla macchina per respirare un po’ d’aria fresca. Con gli odori del dopo pioggia, fortissimi, sensuali. Spike che alzava i fari per vederla ballare, svestita, con l’autoradio che urlava. Accendersi una sigaretta e andare a raggiungerla, per abbracciarla e ballare con lei. E baciarla ancora, come se non riuscisse a saziare la sua sete. Tornare dentro l’auto, accendere il riscaldamento, e rimanere ancora un po’ sdraiati. Sentirsi normali. Senza esserlo mai stati prima.

Spike la coprì con la sua vecchia giacca. Faith si lasciò accarezzare ancora, per poi chiudere gli occhi e addormentarsi. Sembrava serena, tranquilla. Lui continuava a guardarla, sconvolto dalle sensazioni che provava. Così forti ed intense. “Oggi non siamo noi”. E cosa siamo, allora? Due solitudini che si incontrano? Due corpi che cercano di scaldarsi? Si sentiva un idiota. Non era mai stato un granché con le rime, con le poesie. Neanche da vivo, figurarsi da morto…Sistemò meglio Faith, e poi mise in moto la macchina.

Il viaggio fu lentissimo, ma quelle poche miglia furono coperte lo stesso troppo velocemente. Non aveva molta voglia di tornare alla realtà. Si sentiva così strano…per una volta aveva avuto il desiderio di non essere un vampiro. Di rimanere in quella stradina abbandonata e guardare l’alba insieme a lei. Ma poi non poteva fare a meno di pensare al suo sapore, al gusto del suo sangue. Giocare. Sembrava che quella ragazza si concedesse sempre un po’ di più, per poi tornare indietro e scappare. E in fondo gli faceva comodo, perché in quel momento lui non capiva chi cazzo era, non solo cosa voleva.

Erano arrivati. Scese dall’auto e prese Faith in braccio delicatamente. Non voleva svegliarla. Era immerso nei suoi pensieri, tremendamente confusi, e neanche si accorse che nella magione doveva essere entrato qualcun altro. Rimase bloccato quando se lo ritrovò davanti.

“Che cosa le hai fatto?” Angel sembrava proprio incazzato.

 

Angel e Spike. Di fronte l’uno all’altro. Per un millesimo di secondo. Non fece in tempo a rispondergli. Wesley gli strappò Faith dalle braccia, e si ritrovò sbattuto al muro.

“Cosa diavolo le hai fatto?”

“Niente che non volesse anche lei…” Un altro colpo. Stavolta era a terra, ancora frastornato, mentre subiva l’ennesimo calcio in faccia. Riuscì a reagire, ma il tempo per parlare proprio non c’era. In fondo era da parecchio che desiderava fare a botte con Angel. Rimase a guardarlo, ridendo, con gli occhi spiritati, mentre si asciugava il sangue che gli usciva dalla bocca. Stavolta c’era Angel per terra a subire i suoi colpi.

Wesley intanto cercava di rianimare Faith. L’aveva portata dentro la stanza da letto. Rimase sconvolto dall’accorgersi che sotto la giacca di pelle era completamente nuda. Lei aprì gli occhi, come se si risvegliasse da un come profondo.

“Urka. Mi sa che sto ancora sognando…”

“Stai…bene?” Lui cercava di coprirla, imbarazzatissimo dalla situazione.

“Non ti ha morso?”

“Uh?” Faith iniziò a ridere. Ora era decisamente sveglia. Wesley si girò, cercando nella borsa aperta dei vestiti da passarle.

“Forse bisognerebbe spiegare…ad Angel cosa…” Lei non lo lasciò continuare. Si mise un maglione lunghissimo e filò fuori dalla stanza. Rimase sulla soglia a guardarli combattere. Erano così diversi…Spike sembrava proprio divertirsi, furioso e imprevedibile. Angel era il più determinato e letale. Tutti e due avevano messo su la loro faccia incazzata, faccia da vampiro. Era possibile trovarli sensuali? Nella lotta?

“Ehi, time out. La volete piantare?” Angel si voltò a quelle parole, e Spike ne approfittò per assegnare un nuovo colpo.

“Stai bene?” Le corse incontro preoccupatissimo, prendendola per le spalle.

“Meglio di te senz’altro.” In effetti la sua faccia iniziava a portare i segni della lotta.

“Che ti salta in testa? Che ci fai qua? Oddio, non che mi dispiaccia vedere due bei maschioni che si picchiano per me…ma mi vuoi spiegare?”

“E me lo chiedi? Mi fai capire che sei in pericolo, che una banda di vampiri europei è sbarcato da queste parti per ucciderti. Che quello là ti ha salvato da un agguato prendendosi un paio di pallottole e poi scompari. Non ti fai più sentire. Lasci l’albergo. Nessun recapito. Willow e Xander non rispondono al telefono…che devo pensare? Ho mollato tutto e sono venuto a trovarti…scopro la tua roba in questa casa, ma è tutto distrutto…la prima cosa che ho pensato è che t’avessero preso…poi entri svenuta tra le braccia di un vampiro…”

“Dormivo, Angel, dormivo.” Spike li aveva raggiunti.

“Per te era normale credere che c’entrassi qualcosa con la sua scomparsa, vero? Che potessi farle del male, magari anche ucciderla…” Angel si girò verso di lui. si fronteggiavano in silenzio, mentre Faith continuava a sorridere, divertita.

“Forse non ti fidi di me?”

“Come potrei fidarmi? Io ti conosco. Potevi benissimo esserti approfittato di lei e…” Rimase in silenzio un attimo. Spike intuì cosa stava per succedere ed iniziò ad indietreggiare. Angel gli fu nuovamente addosso, ancora più imbestialito di prima. Lo sollevò per gettarlo nuovamente contro la parete.

“E poi non dimentichiamo la tua ossessione per le cacciatrici…vero, Spike? Due morte, di una ti innamori, e di questa? Che ne vuoi fare, oltre che portartela a letto?” Wesley se ne stava in disparte. Faith lo raggiunse.

“Questa storia che riescono a sentire gli odori…io non la sopporto. Ma provare con l’acido muriatico? Una bella sniffatina per uccidere ogni recettore…che ne dici?”

“Mi sa che ricrescerebbero. Come li fermiamo?”

“Boh…quasi mi diverto…Senti, ma se adesso gli dico che ero consenziente che cosa succede secondo te? Spacca la faccia anche a me, lo impaletta o gli fa i complimenti?”

“La seconda che hai detto mi sembra la più probabile, in ogni caso. È meglio se fai qualcosa, Faith…” In effetti Angel era sopra Spike, ormai bloccato.

“Ehi. Ora basta. Non ha fatto niente di male.” La ragazza gli toccò una spalla. Lui ringhiò, per poi darsi effettivamente una calmata e spostarsi da quella posizione.

Spike si tirò su a fatica.

“Ma che bella serata…ci mancava solo questa…credi di avere l’esclusiva su tutte le cacciatrici da Buffy a cent’anni? Ti hanno eletto protettore della loro castità? Siccome non puoi scopartele che la maledizione ti fa tornare monello, vai in giro a spaccare la faccia a tutti quelli che ci provano?”

“Spike, non è il momento.”

“Tu non stare là a difenderlo, porca puttana! Ah, scordavo, lui è Angel, il cavaliere senza macchia, difensore dei derelitti…” Stavolta fu Faith a tirare un pugno a Spike. Con i denti stretti lo implorò di stare zitto. Lui per tutta risposta uscì come una furia dalla casa.

“Tienitela pure…” disse rivolto ad Angel. Faith sentì una fitta al petto nel vederlo andare via in quel modo. Ma allo stesso tempo rise della situazione. Angel le stava davanti con uno sguardo interrogativo, ma senza parole. Wesley intanto parlava senza che nessuno lo degnasse di attenzione.

“Va bene, l’ho fatto. Contento? Ma non è colpa sua.”

“Perché?”

“Perché cosa?”

“Ti sei innamorata di lui?”

“Come sei romantico…no. Avevo voglia di compagnia.”

“E c’era bisogno di scegliere uno come lui? Un vampiro?”

“Ma a chi cazzo vuoi fare la predica? Tu con Buffy hai combinato qualcosa di diverso?” Angel cercò di rispondere, ma la mano di Faith fu più veloce di ogni commento. Non se l’aspettava.

“Bene, ora sei alla mia altezza. Faccio quello che mi pare nel mio tempo libero.” Lui rimase seduto per terra a guardarla, scoraggiato.

“Io amavo Buffy. E non sono Spike. Lui ha solo un chip, ma non…”

“…l’anima, lo so. Ma il fatto che mi stia aiutando, più delle vostre amichette, ti fa capire qualcosa? E poi te l’ho detto, non devo giustificarmi con te, né con nessun altro. Vado a letto con chi mi pare.”

“Devi…stare attenta, Faith. Chiuso l’argomento.” Ma si vedeva quanto era dispiaciuto. Lei tornò nella sua stanza da letto, per finire di vestirsi. In fondo Angel aveva ragione, quanto poteva fidarsi di Spike? Ma allo stesso tempo i pensieri che la tormentavano erano altri. Dirgli la verità, o qualcosa che ci somigliava. “Sai, caro, mi scopo lui perché tu non sei disponibile…” Ma quanto era vero? Seduta sul letto si guardava le scarpe. Non era così che avrebbe voluto risvegliarsi. Chissà dove era finito Spike. Chiuse gli occhi, cercando di rivedere quella serata…era stato tutto perfetto. La cena, la musica, la macchina. Senza riflettere, senza sentirsi niente altro che una donna normale, che aveva un appuntamento con un uomo normale. Anche se era finzione. Ma quanto lo era sul serio? Il ricordo dei suoi baci, delle sue parole, del suo corpo…Faith si aggrappava  a quelle sensazioni devastanti e brucianti. Un piccolo frammento di amore. Ne aveva fame, tanta. Non avrebbe voluto finire così la serata. Ma stare tra le braccia del suo amante. Addormentarsi, risvegliarsi con il sole alto. E il mondo a correre dietro alle sue stronzate, fuori da quel posto. Sentiva le loro voci nell’altra stanza. Concitate, preoccupate. Per quel piccolo segreto svelato. Cacciatrici e vampiri. Legame intenso e strano, letale. Spike. Che sicuramente era tornato da Buffy, lasciandola sola a sbrogliare la matassa.

Angel bussò. La porta si aprì lentamente. Il suo sguardo era tremendamente dolce, e quasi intimidito. Adorava quegli occhi. così caldi che sembravano accarezzarla.

“Tutto bene?”

“Sì.” Entrò, per andare a sedersi accanto a lei.

“Perché non vieni a scaldarti? Il camino è acceso.” Sorrise, disarmante.

“Devo parlarti, Angel. Tu…non sai quello che sta succedendo. Ed io non so da che parte iniziare.” La sua voce tremava appena. Ma era decisa a dirglielo, raccontargli tutto. Subito.

“Altre sorprese? Ancora devo riprendermi da questa, dammi tempo…” Faith abbassò lo sguardo.

“Ti ho deluso molto, non è vero?”

“Non è delusione. Sono solo preoccupato per te.”

“Non sai mentire, Angel.”

“Vorrei vederti felice, serena. E lui non mi sembra la persona adatta. Ma da che pulpito viene la predica…io sono un disastro in quanto a relazioni, non credi?” Sorrideva ancora. Le prese la mano, stringendola appena.

“Non è un impegno per la vita. So cosa aspettarmi da lui. e lo accetto per quello che è. Non sono una bambina. Ho ridimensionato le mie aspettative. Non esiste la persona perfetta per me.”

“Beh, dalla perfezione a Spike c’è un’ampia gamma di vie di mezzo…”

“Non posso avere te…è già tanto che l’ho capito, Angel. un passo alla volta, ricordi?” L’aveva detto in un soffio, guardandolo negli occhi, e vedendolo sussultare appena.

“Faith, io…”

“Non dire niente. Cancella dalla memoria le mie ultime parole e non dire niente. per favore. Ho capito. Lo so. Non ti chiedo niente e non voglio niente. adoro il nostro rapporto, così com’è adesso.” Angel rimase a guardare la sua mano. Per lui era così difficile, era così ingenuo nelle faccende di cuore che faceva quasi tenerezza. Non si rendeva conto di quanto fosse facile innamorarsi di lui….

“Perché non mi parli del bambino? Come sta?” Il suo viso si illuminò. Le parole sembravano sgorgare senza fine. Descrizioni di ogni piccolo gesto, di ogni smorfia, di ogni piccola crescita. Non parlava di Darla. Ma quando accennava alla madre un’ombra attraversava il suo volto. Faith sapeva benissimo che ancora era tutto troppo fresco, troppo difficile da capire, persino per lui. quel figlio dal destino ignoto, che l’aveva riempito di gioia e paura. Per la sua incolumità. Paura di perderlo. Di vederlo diventare un qualcosa di incontrollabile e crudele.

“Lo hai lasciato a Los Angeles? Per me? Mi sento in colpa…”

“Non ci pensare neanche. Ero troppo preoccupato…e poi Wes ha fatto un incantesimo di protezione molto forte…è al sicuro. Devi vedere Cordelia, ha tirato fuori un istinto materno che neanche lei lontanamente si aspettava...è così felice che non gli sto più trai piedi, così se ne può occupare lei..."Risero insieme.

”Mi odierai, adesso. Sei venuto invano.”

“Non pensarlo neanche. Wesley sta studiando le carte su questo ordine tedesco di ammazzacacciatrici. Sistemiamo la faccenda insieme e poi torno da lui.”

“Non è così semplice.” Faith si alzò per andare a chiamare l’Osservatore. Si ritrovarono insieme nella stanza, di fronte ad una tazza di te bollente. La bevanda era confortante, per quello che aveva da dire…

“Lasciatemi parlare. Senza interruzioni, o non riuscirò a dire tutto…” Lei prese fiato, trangugiando un sorso. Iniziavano a preoccuparsi.

“Riguarda Buffy.” Il volto di Angel si oscurò leggermente, ma non aprì bocca.

“Willow e Tara l’hanno…riportata indietro. Non so come, un incantesimo, qualcosa del genere. Io l’ho sognata. Ero…con lei…come se fossi nel suo corpo. So che vi sembrerà strano, ma…”

“Magia nera.” Wesley sembrava averla presa bene, ma guardava la sua tazza, e il volto era immerso nel vapore.

“Un sogno non sempre si avvera, non è una profezia o…” Angel era incredulo e cercava di razionalizzare, ma aveva gli occhi sbarrati, e la sua voce tremava.

“L’ho vista. Ieri. Ancora non sta benissimo…ma è lei. È qua.” Il silenzio che seguì quelle parole era molto chiaro. Angel si alzò, per voltar loro le spalle ed avvicinarsi alla finestra. Come per nascondersi.

“Mi ha chiesto di non dirtelo fino a domani. Ha bisogno di tempo. ha bisogno di capire. Ti avrei chiamato io.” Faith lo raggiunse, toccandogli un braccio. Lui non si girò, ma le strinse la mano, riconoscente. Dopo qualche istante tornò a sedersi, e parlare con Wesley, che nel frattempo si faceva tutto un suo ragionamento che nessuno ascoltava.

“Che ne sarà di me? Chiamami egoista, ma a questo punto vorrei avere le idee un po’ più chiare.” Wes si schiarì la gola, quasi imbarazzato.

“Non lo so, sinceramente, non so cosa il Consiglio deciderà…in realtà sei tu la cacciatrice in carica, già da anni…ma…”

“Tornerò in galera? Lo so che non ho pagato abbastanza per tutte le stronzate che ho fatto, ma io là non ci torno. Ho imparato a fronteggiare i miei fantasmi, i miei sensi di colpa in un altro modo…combattendo per i buoni, se così lo vogliamo chiamare, e…”

“Non andrai in prigione. Te lo prometto.” Angel era nuovamente accanto a loro. Gli occhi erano lucidi, ma sicuri.

“Ho promesso a Buffy che sarei rimasta qua fino a quando non starà meglio. Poi me ne andrò. Questo è il suo territorio e io ne ho le palle piene da un pezzo.”

“Ne riparleremo. Non prendere decisioni affrettate…Giles?”

“Non sa ancora niente.” Guardarono Angel uscire dalla stanza, in silenzio.

“Mi preoccupa…aiuta gli altri, ed è bravissimo in questo, io gli devo la vita e tutto quello che sono adesso ma…non si fa aiutare da nessuno. Macina tutto dentro di se.”

“Vuole affrontare i suoi spettri da solo. E il fatto di rimanere in questa stanza, adesso che Buffy è…viva…è difficile. Molto difficile. Il loro legame è sempre stato molto potente, e forte. Immagino che adesso…si incontreranno…”

“Già.” Faith sbirciò dalla porta semiaperta. Angel si era seduto davanti al camino, reggendosi la testa con un braccio. Il suo volto sembrava assente. Lontano mille miglia. Wesley lo raggiunse. Lei si chiuse nella stanza.

Iniziò a riordinare la camera, come un’automa, preparandosi per la notte. Per ciò che rimaneva della notte, ormai poco. Si ritrovò a piangere quasi senza accorgersene. Spense la candela, aspirando l’odore forte della cera. Accoccolata sotto le coperte cercava di pensare a qualcosa di bello. Per non sentirsi troppo sola, per non sentirsi la ruota di scorta di niente e di nessuno. Lo scarto di Buffy. Lo scarto del mondo. Intero.

 

Spike. Ferito. Bruciato. Da quei colpi. Dallo sguardo di Faith. Stava combattendo ancora. Ancora danzava contro qualcuno nelle tenebre di quello scorcio di notte. Se l’era andata a cercare. In quel bar in cui non poteva più entrare. Perché i suoi simili lo odiavano. Il traditore. Sfogarsi. Non sentire dolore e le ferite. Anche se quelle che più lo facevano stare male erano dentro. Era l’irruenza di Angel. di chi per lui era stato un esempio troppi decenni prima. E poi un nemico. Un rivale. E uno spettro con il quale confrontarsi troppo spesso. Lui era il buono. Quello con l’anima. Che aveva rubato il cuore di Buffy. Ed era sempre il più forte, il più grande il migliore. Da cattivo e da buono. Gli occhi di Faith. Lei che lo difendeva. Lei che poco prima gli aveva regalato il calore del suo corpo e una speranza. Ma mai quello sguardo. Mai quell’ammirazione.

La luce dei lampioni. Quella della sigaretta. La nuvola di fumo che si alzava pallida per poi svanire nel nulla. Il cimitero ripulito dai vampiri. Camminare alla ricerca di qualcosa di forte. E non trovare niente. il vuoto. Casa Summers. Nel buio assoluto. Fermarsi di fronte a quell’albero, come tempo prima. E poi scorgerla. Sotto il portico. Sulle scale. Avvicinarsi. incrociare i suoi occhi, quasi per chiederle il permesso.

“Ciao Spike”

“Non è molto prudente star fuori la notte. Almeno finchè non ti riprendi.”

“Non credo ci sia nessun pericolo.” Si sedette accanto a lei.

“Dovrei leggere gioia sul tuo viso. Perché non ne vedo?” Buffy sorrise, amara.

“Bella domanda.” Nessuna risposta. La ragazza lo guardava negli occhi, tremendamente tristi. Lui rimase spaventato e incuriosito allo stesso tempo.

“Perché sei qua?”

“Passeggiavo. Non credevo di vederti qua fuori.”

“Loro non lo sanno.” Parlava a voce bassissima, quasi un sussurro.

“Cosa?”

“Che stavo meglio prima. Che la luce mi ferisce. Che ogni cosa mi fa male. È tutto troppo intenso. E mi distrugge. Là stavo bene. Non sapevo dov’ero. Ma non mi importava. Non voglio più combattere. Non voglio più niente. Sono stanca di tutto questo…” Spike la accolse tra le sue braccia. Quelle parole erano spaventose. Ma plausibili. Perché Buffy doveva essere finita all’inferno?

“Devo andare avanti. Per loro. Sono così felici…Dawn. Willow. Hanno bisogno di me. mi amano così tanto che…non hanno pensato a niente…”

“Siamo stati così egoisti. Non so cosa dire…cosa fare…vorrei poter cancellare il tuo dolore…assorbirlo come una spugna…”

“Tu non c’entri, Spike…”

“Io…non sono diverso... Darei la mia vita per te. e ti amo…quanto loro…o forse anche di più…” Lei si spostò. Rimase a guardarlo, tra le lacrime che affollavano i suoi occhi. non era la prima volta che le rivelava i suoi sentimenti. E la sua reazione, forse, era anche meno cruenta del solito. Ma lei si alzò, per fuggire via, lasciandolo là, da solo, ad accendersi l’ennesima sigaretta. A riflettere su ciò che aveva detto. Ma i pensieri sembravano sfuggirgli.

L’alba si stava avvicinando una volta ancora. Si affrettò verso la magione. Entrò. Vide Angel seduto di fronte al camino. Il riflesso delle fiamme sul suo viso. Non si degnarono di uno sguardo. Spike attraversò la stanza in silenzio.

“Se le fai del male ti uccido.” Non rispose. La stanza di Faith era immersa nel buio. Le pesanti tende coprivano i primi raggi di sole. Rimase impietrito. Concentrato sul rumore regolare del respiro di lei. Pensò a Buffy. Alle sue terribili parole. A ciò che aveva provato nel sentirla nuovamente tra le sue braccia, quei pochi istanti. Ovattato. L’unico vocabolo che gli veniva in mente. Come se tutto fosse distante e strano, avvolto in una nebbia fitta e sfumata. Si tolse gli abiti, per infilarsi in quel letto, dove un’altra cacciatrice dormiva placidamente. I suoi sensi affilati come lame potevano sentirla. Il calore del suo corpo era sconvolgente.

“Non pensavo di rivederti tanto presto.”

“Perché, riesci a vedere qualcosa?” Lei si allontanò un attimo, e accese una candela. Spike la guardò, immersa nelle coperte. Allungò una mano per ritrarla subito. Era nuda. Faith si avvicinò al vampiro, facendo aderire il suo corpo, delicatamente. Gli accarezzò dolcemente la bocca, per poi scivolargli sopra. Spike senti i suoi capelli che gli sfioravano il petto. E si sorprese a baciarla ancora, attirarla verso di sé.

“Siamo due stronzi, vero? A chi pensi quando fai l’amore con me?” Lei continuava a baciargli il collo. Sussurrava quelle parole con voce bassa e sensuale. Ridacchiando. Spike le fu sopra.

“E tu chi sogni, bambina? Quali mani vorresti sul tuo corpo? Chi vorresti tra le gambe?” Averlo dentro. Voltarsi e mordere il cuscino, per non far rumore. Conficcargli le unghie sulla schiena e chiudere gli occhi. Per sentirlo meglio.

“Questo no!” Lui le strappò il cuscino, baciandola violentemente.

“Non vuoi che lo sappia? Ti vergogni?” con una mano le teneva il collo. Il viso trasformato e crudele. Lei quasi gli spezzò le dita, ma non era arrabbiata…

“E tu invece? Lo stai facendo solo perché c’è lui nell’altra stanza?” Spike sorrise ancora, tornando quasi umano, immergendosi ancora in lei.

“No…perché sei bella, e calda…e mia…adesso sei solo mia…mia” Stava praticamente ringhiando. Ma lei non ci faceva più caso. Quelle parole bastavano. Bastava anche meno. Pur di continuare a sentirlo. Essere desiderata, amata. Provare un piacere intenso, devastante, completo. E abbandonarsi sul suo petto. Provando a prendere fiato. Mentre lui le accarezzava i capelli. E poi tornare a baciarlo. Stavolta con calma, dolcezza, trasporto.

“Potrei innamorarmi di te.” I suoi occhi le sembravano sinceri. Puliti.

“Ladies and gentlemen, mandiamo ora in onda la cazzata dell’anno…Piantala, Spike. Tappa quella bocca infernale.” Era furiosa. Lui non si aspettava una reazione del genere.

“Non voglio prese per il culo. Non ne hai bisogno. Penso di essere già abbastanza disponibile…non ho bisogno di moine o roba di questo tipo per cedere, per scoparti….mi piace farlo…e credo che lo farò ancora. Il fatto che questa stronzata la togli fuori adesso mi fa solo pensare male.”

“Che vuoi dire?”

Ma…non so…Angel? è un modo per ferirlo? O Buffy…tanto era da lei prima di infilarti qua dentro…”

“Non ti fidi di me? Chissà quante te ne ha raccontato Angel…”

“Io e te non siamo mai soli, neanche quando facciamo l’amore. loro sono sempre con noi. A scaldarci il cuore o buttarlo alle ortiche. Siamo simili, tesoro. E so di aver bisogno di te. che sto bene con te. ma non voglio innamorarmi, Spike. E non voglio crederti. Perché tu ami lei. E nessun’altra. E io ti servo, tutto qua. Ti serve un corpo, una rivincita. Una derelitta che ti somiglia. E il bello è che mi sta bene così. Mi sta bene giocare. E prendere ciò puoi darmi. Ma non fare promesse. Non darmi speranze. Non ne hai bisogno per ottenere ciò che vuoi.”

“Tu…non sai quello che voglio…quello che cerco…” Spike era sconvolto dal modo di parlare di Faith. Lei stava seduta di fronte a lui, guardandolo negli occhi con una sicurezza assoluta e disarmante.

“Liberati dai fantasmi, vampiro. Poi possiamo anche riparlarne.”

“Aiutami a liberarmene…” Provò ad abbracciarla, quasi intimidito. Ma lei lo lasciò fare, senza dir niente. la candela si spense ormai consumata. Faith rimase tra le braccia di Spike. Chiuse gli occhi, sistemandosi comoda, per cercare di riposare. Un paio di lacrime scivolarono incontrollate. Voleva essere dura con lui. voleva salvarsi da quello che lentamente stava provando, che cresceva. Lui sapeva essere così dolce, persuasivo. Continuava  a stringerla. Si abbandonò lentamente al sonno, mentre sentiva ancora le sue mani sulla pelle nuda.

 

Spike rimase a vegliarla. Come la notte prima. Cercando di combattere con tutto quello che provava. Amore. Odio. Desiderio. Confusione. Faith aveva ragione. C’erano troppe ombre, troppe cose ancora da chiarire. Ma quando stava con lei tutto scompariva all’istante, diventava tremendamente facile. E ora averla lì…sua. Quel senso stranissimo che aveva con ogni donna. Proprietà. Volerne l’esclusiva assoluta. Come per farne la sua schiava. E poi era lui che invece era schiavo della passione. Di ogni respiro che lei poteva regalargli. Confusione. E certezza. Nell’averla per sé. Chiuse gli occhi, cercando di riposare, di non pensare. Ma non riusciva a staccarsi da quel corpo.

 

Quando aprì gli occhi se lo trovò davanti. Il volto serio, troppo serio. Sentiva sempre quell’irrefrenabile desiderio di spaccargli la faccia.

“Alzati. Ora.”

“Cosa cazzo vuoi?” Parlavano a voce bassissima. Angel guardò Faith, le accarezzò lievemente il volto. Questo fece imbestialire Spike.

“Non toccarla.”

“Beh, se ti interessa qualcosa di lei vedi di alzarti dal mio letto e venire nell’altra stanza.” Scomparve così com’era apparso. Spike spostò delicatamente Faith, per poi infilarsi un paio di pantaloni e raggiungere l’altro vampiro. Wesley era curvo su alcune carte. Il sole doveva essere ben alto in cielo, e almeno qualche ora aveva dormito.

“Allora?”

“La situazione è presto chiara: per finirla con questo Ordine dobbiamo muoverci alla svelta e bene.”

“Non sembrava una cosa così difficile…perché non te ne torni dal tuo cucciolo e ti levi dalle palle? Possiamo occuparcene noi, senza di te…” Angel sorrise obliquo.

“Credi che sia così facile? Non lo è, William. Per niente. Sono in tanti, e ne stanno reclutando altri. Proprio perché la cacciatrice sembra così invincibile…Ecco perché questi due giorni di calma piatta. Se non ci occupiamo del loro capo, rimarremo sempre al punto di partenza.”

“E scommetto che il cervellone ha partorito qualche piano geniale…sbaglio? Allora, capo, cosa suggerisci?” Spike continuava a girargli intorno, scimmiottandolo. Wes intercettò la mano di Angel, fermandolo prima che traducesse in forza la sua rabbia.

“Non è che se fate così la situazione si risolve prima o meglio…abbiamo lo stesso scopo…quindi vediamo di lavorare tutti insieme. Faith è in pericolo, e a questo punto lo è anche Buffy. Lei, forse, anche di più. È ancora troppo debole, se ho capito bene…”

“Non sanno della sua esistenza. Buffy deve solo rimanere nascosta.”

“Di questo non ne sono tanto sicuro. Non possiamo rischiare comunque. Ci sono alcuni posti da controllare e lo faremo stanotte. Uniti. Senza bisticci, possibilmente. Ne siete capaci?”

“Non lo so…puoi stare lontano dalla mia ragazza?” Spike sorrideva apertamente, fronteggiando Angel.

“Sei così sicuro che sia la tua ragazza? Non conosci bene Faith. Quando si sarà stancata di te ti butterà come una scarpa vecchia. Quindi fai ancora in tempo a non farti venire una delle tue solite ossessioni…” Nuovamente stavano per arrivare alle mani.

“Ehi, papy…guarda che tuo figlio è maschio e ancora non ha un dente. Quella che sta là dentro è mia, non è una lattante, e non dorme in una culla…” La tensione si tagliava a fette.

Wesley buttò una tazza per terra, attirando la loro attenzione.

“Finito?”

“Ehi, così la svegli…” Angel si voltò a guardare Spike. Il tono della sua voce era così seriamente preoccupato che non poté fare a meno di ridere.

“E’ andato…non c’è verso…” Il biondo cercò di colpire il bruno, che riuscì comunque a scansare il calcio, sempre senza smettere di ridere.

“Signori, ci decidiamo? Il nuovo capo di questa setta ha dei poteri un po’ particolari…” Aveva nuovamente l’attenzione di tutti e due.

“Nuovo? Che vuol dire? Quando l’hanno cambiato? Quello che mi ricordo io era un grosso idiota, pazzo ma idiota….” Spike era incuriosito dagli sviluppi.

“Lotte clandestine…hanno tenuto il rituale di uccidere una cacciatrice ogni 50 anni, ma adesso sono decisamente più organizzati.”

“Beh, non credo…noi li abbiamo trovati che cercavano Buffy quando era ancora…morta? Sì, il termine dovrebbe essere questo…quindi non sapevano neanche chi era la cacciatrice attuale…”

“Non lo so. Non ne sarei così sicuro. C’è qualcosa sotto. Buffy è tornata dopo quanto? Uno, due giorni? Ariesith riesce ad individuare il sangue di una cacciatrice e segue quello per la sua…” Angel e Wesley si guardarono un istante.

“Certo…non avevano individuato Buffy ma…”

“Dawn.” Rimasero tutti in silenzio. La situazione si stava decisamente complicando.

 

“Dawn…mi sembra piuttosto strano…che c’entra stavolta? A me questi sembrano proprio stupidi…scambiare Dawn per la cacciatrice?” Spike era visibilmente preoccupato, anche se cercava di non darlo a vedere. Faith uscì dalla stanza in quel momento. Sembrava l’ombra di se stessa, camminava come un automa verso di loro.

“Se vi chiedessi del caffè? Caldo, magari…” Nessuno rispose, rimasero a guardarla.

“Okay, non devo essere uno spettacolo decente…per quello ho bisogno di un caffè, forte…e di una doccia bollente. Ma scommetto che qua non c’è acqua, vero?”

“Beh, una volta c’era…Non la rubavamo dalle tubature?” Spike guardò Angel.

“Sì, appunto, rubavamo…probabilmente c’è ancora, ma di sicuro non è calda. Noi non…avevamo bisogno di una doccia calda….” Faith si avvicinò ad una scatola di biscotti che stava sopra il tavolo, riparato alla meno peggio. Guardò le carte e fece una smorfia.

“Che palle.” Spike rise, mentre la guardava allontanarsi tranquillamente verso la sua stanza.

“Una vecchia vasca da bagno c’è. Bisognerebbe scaldarle dell’acqua…forse con dei secchi o qualcosa del genere…il camino è ancora acceso, basterebbe ravvivarlo un po’.” Angel parlava a voce bassa, guardando il vampiro.

“Riesci a farlo?”

“Meglio di te senz’altro.” Spike si mise all’opera, mentre Angel e Wesley continuavano a discutere. Dopo aver messo l’acqua a scaldare si avvicinò nella stanza di Faith.

“Ti abbiamo svegliata?” La ragazza osservava il suo volto allo specchio, cercando di togliersi il trucco rimasto con un fazzoletto di carta.

“Non lo so. Sono sveglia e basta.” Si sedette accanto a lei, guardando l’immagine riflessa allo specchio.

“Che buffo. Non ti vedo.” Lui prese a baciarla sul collo.

“In compenso ti sento…” Lo lasciò fare, chiudendo gli occhi languidamente.

“Questo risveglio non è male. Poteva essere meglio, ma non è male.” Lui sorrise, baciandola sulla bocca.

“Ti sto preparando un bagno.”

“Wow. Potrei abituarmi a questi vizi…”

“La doccia in albergo sarebbe stata meglio, senz’altro…”

“Vero…Ho una fame nera. Vado a rubare un altro po’ di biscotti. Mi sa che dovrò accontentarmi del te di ieri…”

“Perché non vai in bagno? Dammi qualche minuto e sarai riverita come una principessa…” La baciò ancora, delicatamente.

“Stiamo ancora facendo finta di essere una coppia normale? Cercando di ignorare che stiamo progettando lo sterminio di una setta di vampiri? Dimmelo, Spike.” Lui scosse la testa, uscì dalla stanza senza fiatare. Faith intanto si mise a cercare degli abiti puliti da mettersi addosso. In fondo cosa contava? Aveva solo bisogno di non pensare. E poi comunque non riusciva a dimenticare quelle parole: “Potrei innamorarmi di te.” Le sentiva dentro, come in un eco dolcissimo. Anche se continuava ad essere pessimista. Ma quanti uomini le avevano detto parole del genere? Nessuno. Proprio nessuno.

Nel bagno era quasi tutto pronto. L’acqua nella vasca, un braciere cercava di riscaldare l’ambiente. Lei si spogliò lentamente, ammucchiando gli abiti da una parte, per poi aggiungere il bagno schiuma ed immergersi. Chiuse gli occhi. era una sensazione tremendamente piacevole e dolce. Nessun pensiero. Solo relax. Spike entrò nella stanza, ma rimase a guardarla da lontano.

“Devi aiutarmi per sciacquarmi.”

“E ti fidi?” Rise di quelle parole, alzandosi in piedi e scuotendo i capelli pieni di schiuma. Spike le fu subito accanto, e con una pazienza infinita versò l’acqua calda sopra la sua testa. Poi la aiutò con un asciugamano, anch’esso scaldato davanti al fuoco. Nessuno dei due parlava. I gesti sembravano rallentati e solenni, come in un rituale magico. Lui la stringeva tra le braccia, massaggiando il suo corpo delicatamente con la spugna. Faith rimaneva passiva, a godersi quelle piccole attenzioni. Per poi ringraziarlo con un bacio, lungo, sensuale, dolcissimo. Lui uscì dalla stanza, mentre lei lentamente si rivestiva. Tutto era durato sin troppo poco. Ma l’aveva lasciata stravolta. Spike si comportava come il più tenero degli amanti. Poteva averla, e lo sapeva. Ma aveva preferito accarezzarla ed aiutarla, senza chiedere niente in cambio. Innamorarsi di lei. Lei che ora si guardava allo specchio sentendosi così strana e confusa. Si pettinò i capelli, per poi raccattare gli abiti sporchi e tornare nella sua stanza. Lo trovò là. Che l’aspettava.

“Ehi.”

“Ora va meglio?”

“Decisamente. Anche se ho ancora un po’ di freddo…” Sorrise maliziosa.

“Il camino è acceso. Devi asciugarti quei capelli, o ti prenderai un malanno.”

“Perché stai facendo questo per me?”

“Perché me lo chiedi?” Ad un passo di distanza. Lei tornò a baciarlo, intensamente, sentendo il desiderio invadere il suo corpo. Spike la allontanò delicatamente.

“E’ una nuova strategia?”

“Per cosa? Mi hai detto che non ne ho bisogno per ottenere quello che voglio. Che strategia dovrei utilizzare?” Lei scosse la testa. Raggiunse ancora la sua bocca e lo baciò a lungo.

“Qualunque cosa sia… sta funzionando.” Faith uscì dalla stanza, e poi dalla casa. Il sole splendeva alto, doveva essere il primo pomeriggio. Rimase seduta nel giardino, con una spazzola in mano, cercando di asciugare i capelli. Il calore del sole la faceva sentire un’altra, più positiva e tranquilla. Chiuse gli occhi. Sorrideva. Ogni cosa perdeva di significato. Conosceva quella sensazione, era da un pezzo che ci combatteva. Ma stava iniziando ad innamorarsi di lui. E lui ci stava giocando. Perché non aveva bisogno di un olfatto eccezionale per sapere che Spike voleva infilarsi nella vasca con lei. Che quella notte, e quei giorni che stavano passando insieme erano speciali. Persino per uno che di anni ne aveva parecchi. Uno che non aveva l’anima. Abituato alle relazioni pericolose con donne pericolose…sorrideva, Faith. Si sentiva quasi forte. Anche se la paura di sbagliare continuava a rimanere accanto a lei.

Spike la guardava da lontano. Angel lo osservava, mentre sbirciava dalla finestra stando attento ai raggi. Sorrise del suo ex compare, per poi concentrarsi sui volumi che Wesley aveva portato da LA.

 

“Dovevo immaginarlo. Non potevi che essere qui.” Faith si voltò, ma aveva già riconosciuto la sua voce.

“Immagino che avrai una teoria a riguardo.”

“Dov’è lui? Ho chiamato LA.”

“Angel. Certo. Beh, sai com’è, stavamo prendendo il sole insieme e si è dissolto…” Faith si alzò in piedi. Buffy era ancora piuttosto pallida, ma la sua lingua era piuttosto biforcuta, come sempre.

“Cos’è, gli sbavi ancora addosso?”

“Tu non sai niente di me, ricordi? Sei stata via a lungo. Tu non sai più un cazzo di quello che succede da queste parti. Comunque vai pure, lo trovi dentro. L’ho informato della tua piccola resurrezione.” Buffy si avvicinò al portone.

“Vuoi l’elenco degli altri miei ex ancora in circolazione? Scommetto che potresti trovare qualcuno adatto a te….Oppure, visto che ti piacciono tanto i vampiri, perché non ti prendi Spike? Magari ti interessa…ieri notte ha detto di amarmi, questo dovrebbe eccitarti, no?” Faith la colpì con uno schiaffo. Quelle gelide parole avevano fatto breccia nel suo stomaco, nelle sue viscere. Anche troppo. Sorprendentemente Buffy cadde a terra.

“Va all’inferno. Oh, scusa, sei appena tornata…scordavo.” Le porse la mano per rialzarsi, ma lei non accettò. Faith la seguì dentro la casa, per niente e nessuno al mondo si sarebbe persa quello spettacolo.

Spike ed Angel erano immersi nella lettura. Wesley cercava di aprire un’antica mappa delle fogne della città. Buffy rimase stranita nel vedere quella scena. Spike alzò lo sguardo e pronunciò il suo nome. Angel sobbalzò. Rimase immobile a guardarla, come se le parole fossero scomparse dal suo vocabolario. Faith si allontanò da lei, come per osservare il tutto da lontano. Buffy corse da Angel, e lui l’accolse tra le sue braccia. Gli occhi lucidi, un’espressione a metà tra il dolore e la felicità. Le baciava i capelli. Spike non riuscì a rimanere in quella stanza. Raggiunse Wesley che nel frattempo aveva raccattato tutto quanto e stava andando via. Faith rimase ancora un istante. Vide Angel e Buffy che si baciavano. Incrociò gli occhi del vampiro e si sentì morire. Corse, nella camera da letto Spike si stava accendendo una sigaretta. Nessuno voleva parlare. Raccattò una bottiglia che aveva messo da parte, versò il whisky nelle tazze del tè del giorno prima e propose un brindisi.

“Ai nostri Romeo e Giulietta. Che continuano ad amarsi tra una morte ed un’altra. Che riescono ad affrontare tutto tranne la loro relazione. Un esempio per tutti noi.” Tracannò dalla bottiglia un lungo sorso. Faith scolò la sua dose tutta d’un fiato, per poi gettare la tazza alle sue spalle. Spike la prese tra le braccia, con un’espressione allo stesso tempo divertita e triste.

“Che dici, possiamo competere con loro?” La ragazza lo fece letteralmente volare. Wesley fece appena in tempo a scansarsi.

“Ragazzi, devo scappare dalla finestra? No, basta dirlo…se volete un po’ di privacy”

“I fantasmi, Spike. A volte ritornano. In carne ed ossa. Ti ho già avvertito ieri notte. L’amore non esiste. Sei solo una scopata, una bella scopata. E dosa le parole quando stai con me. Quante ne hai dette ieri? A me, a lei? Usi lo stesso copione per tute e due?” Lui non rispose.

“Non ti paragonare ad Angel. Non ti paragonare a nessuno. Sei solo un figlio di puttana d’altri tempi, amore mio. E le tue recite mi stanno stancando. Sei entrato nel mio letto e nel mio corpo. E quasi ci riuscivi con il mio cuore…ma perché cazzo lo hai fatto, perché quelle parole? Solo perché ieri notte le hai detto che l’amavi e lei ti ha rifiutato? Ripeto, fino alla nausea. Sei una bella scopata, e niente di più.”

“Neanche tu credi alle parole che stai dicendo.” Faith era davanti a lui e lo guardava con disprezzo. Illusioni. Ne aveva avute tante nella sua vita. Questa di diverso aveva gli occhi azzurri. E gli mancava il battito cardiaco.

“Sapevo a cosa andavo incontro. Avevo semplicemente ragione. Tu la ami, la vuoi…ma Buffy è là con Angel. E tu mi fai credere qualcosa di diverso. Ma in fondo sono io la stronza. Come sempre.” Aprì la porta di scatto. Angel era seduto sulla poltrona, e Buffy era sopra di lui. Parlava a voce bassa. Lui le accarezzava i capelli. Faith incrociò nuovamente gli occhi del vampiro, ma questa volta gli sorrise. Angel amava quella ragazza. Come anni prima, come quando li aveva conosciuti. Odiava Buffy per questo. Perché in una cosa Spike aveva ragione: quei due non sapevano costruire una relazione degna di essere chiamata tale. Lei non riusciva ad uscire dal suo bieco egoismo ed accettare tutto di lui. E Angel continuava a proteggere quella creatura come se fosse una statua di cristallo pregiato e delicato. Mentre non faceva altro che massacrare ogni piccola cosa bella che quel ragazzo portava nel suo cuore freddo. Malgrado tutto era bello vederli così. Malgrado tutto.

Faith tirò dritta, mentre Buffy si irrigidiva nel scorgere la sua figura allontanarsi. Tornò al sole. Quello che vedeva così di rado oramai. Wesley era là nel giardino. Faith neanche si era accorta che era uscito dalla stanza.

“Tutto bene?”

“No. Insomma, come al solito. È complicato. Se no, che gusto c’è?” Si sedette accanto a lui. Il sole aveva un altro significato adesso.

“Parlami di questo nuovo mostro. Magari riesco a distrarmi.”

“Si chiama Ariesith. Riesce ad individuare il sangue di una cacciatrice lontano un miglio.”

“E come diavolo fa? E perché non mi ha ancora preso, allora? Ne ha avuto l’occasione più volte…”

“Gli piace giocare con le sue vittime. Da quello che ho capito vi ha fatto credere che…non so….è un incompetente…o comunque non un pericolo serio, non è vero?” Faith annuì.

“Per quanto riguarda il suo potere di trovare le cacciatrici ci sono diverse versioni di una leggenda. Una volta agiva da solo, e ne ha ucciso parecchie. Poi si è unito a questo gruppo, sfidando il capo e massacrandolo prima del colpo di grazia. Ha circa 300 anni ed è un amante dell’arma bianca. Sfida le prescelte in un’arena, davanti ad un folto pubblico. Possibilmente cattura anche persone importanti per le cacciatrici.”

“Plateale.”

“La definizione calza a pennello. Non so perché non è ancora entrato in azione. È probabile che sia…confuso? Due cacciatrici al posto di una…per non parlare di Dawn…”

“Che c’entra la ragazzina?”

“Ha lo stesso sangue di Buffy e questo deve averlo ingannato, o almeno così credo.”

“Troppe cose non quadrano. Spike mi ha salvato la vita, altro che arena…in quella chiesa i proiettili erano veri, e destinati a me.”

“Non ho tutte le risposte.”

“Bisogna attaccare prima che lo facciano loro, allora.”

“E’ proprio quello che stavamo discutendo prima del tuo risveglio. Che ne diresti di…sai, per non lasciare niente di intentato…”

“Spade?” Wesley sorrise. Lui le aveva portate da LA. Sapeva a cosa sarebbero andati incontro. Era decisamente rassicurante. Era un pezzo che non si allenava con il suo Osservatore, ma non le dispiaceva affatto. Il pomeriggio dipingeva un’atmosfera bellissima in quel giardino. Alcune piante sempreverdi si alternavano ad arbusti ormai rinsecchiti dall’autunno. Un letto di foglie veniva spostato dall’elegante lotta trai due contendenti. Wesley la riprendeva di continuo per la sua scarsa tecnica, ma la forza era innegabile. Ci metteva l’anima e si vedeva. Usava l’arma come un prolungamento del suo essere. Disordinata, letale, risoluta, imprevedibile. Le ombre si allungavano con il passare del tempo e finalmente Wesley si arrese, stremato. Ma soddisfatto. Faith lo era ancora di più, si sentiva svuotata dalle emozioni e pronta per affrontare qualsiasi cosa. Videro Buffy uscire dalla magione. Le gote arrossate, i capelli spettinati.

“Vado…a prendere Dawn.” Disse all’Osservatore.

“Bene. Conviene non perdere tempo…torna il prima possibile.” Lei annuì e filò dritta.

“Mi preoccupa un po’.”

“E’ ancora spaesata. Starà bene. Abbiamo una pellaccia, noi due…” Faith sorrideva amaramente. Wesley le diede una pacca sulla spalla. Decisero di andar a prendere qualcosa da mangiare.

“E quei due? Li troviamo cotti prima del tramonto? Dobbiamo pensare ad uno spuntino anche per loro?”

“No, Faith. Angel si è portato una scorta di sangue…più che altro non so se Spike accetterà qualcosa da lui…” Lei rise, divertita. Si dirigevano alla tavola calda poco lontano. Si sentiva bene. Mai avrebbe creduto e sperato di trovare un amico o qualcosa che ci somigliava, in un osservatore. Erano cambiati tantissimo, tutti e due. Non si trattennero molto. Il tempo era decisamente volato e bisognava agire. Rientrarono alla magione, stupiti di trovare Spike ed Angel che tranquillamente spaparanzati davanti al camino discutevano in modo assolutamente sereno.

“Ehi. Se questo è l’effetto di toglierci dalle palle…me ne vado di nuovo…” Spike le andò incontro, ma Faith lo trattò freddamente. Non aveva dimenticato le parole di Buffy. Doveva tenere le distanze.

“Ma Buffy e Dawn? Non erano con voi?”

“Scherzi? Dovevano tornare qua.” Angel sobbalzò. Prese il cellulare, mentre guardava fuori dalla finestra. Ormai era buio. Non aver risposta non lo fece sentire affatto meglio. E ancora peggio fu vedere, qualche istante più tardi, Tara e Willow che entravano dalla porta, ferite e stanchissime.

“Le hanno prese. Willow ha tentato di fermarle, ci ha provato... Ma erano troppi e Buffy…sembrava non riuscire a reagire…ogni suo colpo sembrava una carezza…hanno lasciato questo messaggio per voi.” Wesley fece sedere la piccola strega, per darle da bere, e vedere le ferite. Niente di grave, qualche graffio. Ma tutte e due avevano forzato troppo i loro poteri, esaurendo solo le energie.

“Come hanno fatto ad entrare? Come sono riusciti a prenderle?”

“Sostanzialmente per imprudenza. Dawn faceva i capricci, doveva aspettare un’amica per avvertirla che non potevano andare a non so quale festa…ma quando Leila è arrivata…era una di loro, ed è stata invitata…” Tara piangeva. Angel prese il pezzo di carta lasciato dai vampiri. Faith si avvicinò, mentre Spike continuava ad imprecare come un matto. Era una mappa. Il loro covo.

“E’ sicuramente una trappola.”

“Spiegatemi un po’…cosa gliene frega di noi se hanno già una cacciatrice? O quest’anno hanno deciso di ucciderne due?” Spike le fu addosso.

“Non te ne fotte un cazzo di salvarle, non è vero?” Faith gli tirò un pugno.

“Razza di coglione…sto solo cercando di capirci qualcosa. Dalle informazioni che abbiamo non se ne capisce niente. E’ tutto molto strano. Scusami tanto se ho ancora voglia di usare il cervello…” Spike si avventò nuovamente, ma Angel lo bloccò.

“Sta cercando di ragionarci sopra. Dobbiamo farlo tutti, senza perdere la testa. Questa è sicuramente una trappola, e molte cose non hanno senso…perché Buffy non è riuscita a difendersi? Perché ci vogliono là?” Si calmò un attimo. Angel era preoccupato sicuramente quanto lui, ma riusciva sempre a mantenere il controllo.

“Scusami…io non…”

“Tu…sei uguale agli altri…c’è qualcun altro che vuole attaccarmi? Che crede che io non sia una cacciatrice, che non voglia fare il mio lavoro? Ti credevo un tantino diverso.” La sua voce era tremendamente rabbiosa. Anche Willow tentò di scusarsi, ma lo sguardo di Faith non ammetteva repliche. Fronteggiava Spike mentre gli altri stavano a guardare in silenzio. Lui cercò di allungare una mano verso di lei, ancora chiedendo perdono.

“Fottiti, vampiro. Ne riparleremo dopo aver spaccato il culo ai signorini. Sempre se avrò ancora voglia di parlarti. Adesso vedi di trovarti un’arma e andiamo. Non perdiamo altro tempo.” Spike rimase indietro, mentre Angel e Faith continuavano a parlare delle incongruenze e Wesley cercava di interpretare la mappa. Salirono in macchina e in breve tempo si trovarono all’imboccatura delle fogne, nel lato est della città.

Buio. Odori non proprio gradevoli. I due vampiri conoscevano quella parte del mondo sommerso di Sunnydale. E andavano avanti. Il tunnel finiva in uno slargo, una specie di stanza. Sembrava che qualcuno ci fosse passato da poco. Improvvisamente un odore strano fece girare la testa a Faith e Wesley, e prima ancora di realizzare qualcosa stramazzarono a terra. Angel e Spike cercarono di soccorrerli, invano. Svenuti. Delle pesanti sbarre chiusero ogni uscita.

“Bene, ora si che siamo nella merda…”

“Stai zitto. Stanno arrivando.” Una decina di persone si avvicinavo chiacchierando amabilmente. Il padrone di casa si poteva distinguere da lontano. Riccamente agghindato, sorridente, affascinante. Si accostò alla gabbia, tranquillamente.

“Bene, signori. Buonasera. Mi spiace, ma dovrete raggiungere i cari umani nel mondo dei sogni. Nathaniel, i bastoni…” In un istante due vampiri armati di lance li tramortirono con delle fortissime scosse elettriche. Ariesith applaudì dell’impresa, facendo alzare le sbarre. Il gioco era appena cominciato.

 

Risvegliarsi. Faith si riprese quasi per ultima. Si guardò intorno, mentre cercava di scacciare la nebbia dai suoi occhi. Legata. Catene. Ad un muro. Scarsa umidità. Come se quel posto fosse stato in qualche modo bonificato. Anche gli altri erano nelle sue stesse condizioni. Si risvegliò anche Spike, che con un ringhio cercò di staccare le catene, senza ottenere nessun risultato. Videro Ariesith avvicinarsi.

“Bene, signori. Ripeto il mio benvenuto nella mia piccola dimora. Immagino che voi sappiate già qualcosa di me, come io so molte cose di voi.”

“Beh, che sei un gran figlio di puttana penso che sia lampante a tutti…cos’altro? Che ti vesti veramente male…una vergogna per la nostra categoria…”

“Il senso dell’umorismo non ti manca mai, vero William?” Il vampiro si avvicinò, sempre sorridendo. Accarezzò il volto del suo avversario, ridendo delle sue proteste.

“Povero il nostro Spike…cattivo, buono, cosa sei? Questo chip che ti hanno conficcato nel cervello ti confonde le idee…o è il tuo amore per lei che ti frigge la materia grigia?” Indicò Faith.

“Uhm, mi sa che hai sbagliato cacciatrice…”

“Non credo, bellezza…di te mi occuperò più tardi…vediamo cosa possiamo fare per far stare meglio questo collega….” Impose le mani sulla sua testa. Spike chiuse gli occhi, senza riuscire a muoversi, per poi tremare violentemente ed abbandonare il capo su una spalla.

“Che cazzo gli hai fatto?”

“Niente, amore. L’ho liberato. Non da te, si intende…quello è più difficile…”

“Sto…sto bene…non ti preoccupare…” Spike ancora non apriva gli occhi, e si vedeva che stava soffrendo tremendamente. Ariesith continuava ad andare su è giù per la stanza, guardando le sue vittime. Buffy e Dawn erano tra loro.

“Questa volta il nostro pubblico è veramente interessante. Abbiamo un osservatore, un’ex cacciatrice, una futura cacciatrice, la cacciatrice in carica…mamma mia, quanta gente…e poi il vampiro con l’anima. Il padre del prescelto. Del bambino del miracolo….Non siete contenti?” Si riferiva ad un pubblico nutrito che stava davanti a loro. Faith era confusa, di cosa diavolo stava parlando? Buffy cercò di dire qualcosa, ma fu subito zittita.

“Mia cara, la magia è pericolosa. Ti hanno strappato da chissà dove, ma sei tornata qua senza i tuoi poteri…che beffa, eh? La più potente cacciatrice degli ultimi secoli che rinasce da umana…le tue streghe sono patetiche, e giovani, troppo giovani ed inesperte. O credevate che Anyanka potesse aiutarvi sul serio? È sempre stata un demone da quattro soldi, e da umana non è molto meglio…”

“Io…non sono più…”

“No, bella. Ma l’ironia più grande è che la tua dolce sorellina, che porta a spasso il tuo stesso sangue, sarà il futuro della categoria. Non è una bella combinazione? Appena Faith morirà, e morirà oggi, Dawn sarà “attivata”. Buffo, eh? Prima avevo pensato di uccidere Faith, in quella chiesa, così la mia sfida dei cinquanta anni sarebbe stata con una bambolina inesperta…ma no, non c’è gusto…voglio divertirmi. Voglio un rituale con i fiocchi. E mi piace avervi tutti qua.” Il silenzio regnava sovrano. Tutti sembravano piuttosto sconvolti dalle rivelazioni di quel vampiro. Solo Spike iniziò a ridere…

“Io non credo ad una parola…sono tutte cazzate…perché non ci uccidi subito e la pianti con questa buffonata?” Ormai stava meglio, anche se il suo corpo sembrava più che altro appeso a quelle catene.

“AH, William…non hai mai capito ne rispettato le regole. Per questo non sei diventato il capo di questa bella congrega….Per questo ti hanno escluso prima del mio arrivo…Per questo sarai sempre un perdente…Se vuoi fare l’outsider devi essere veramente potente…come Angelus…lui era un fuoriclasse…ma poi guarda come si è ridotto…lui e le sue profezie, lui e il suo bambino magico. Mi dà il voltastomaco.” Si avvicinò ad Angel, che completamente serio e distaccato continuava a non fiatare.

“Cosa vuoi? Tutte queste pagliacciate a cosa ti servono? Per legare a te queste pecore?”

“Oggi è la notte della sfida…la tua protetta sarà mia. E voi morirete tutti. Se invece lei vince e mi uccide, sarete liberi. È semplice, mio caro.”

“Perché invece non ti batti con me? Non hai abbastanza fegato?”

“Non mi serve a niente…tutto qua…”

“O hai paura?” Ariesith rise di gusto.

“No…non posso crederci…stai cercando di provocarmi…per difendere la brunetta…no, non ci casco. Puerile. Liberatela! Voi siete il suo pubblico. Le persone alle quali è legata. Fa parte della cerimonia.” Due vampiri si avvicinarono a Faith, sciogliendo le catene. Lei li eliminò velocemente, estraendo un paletto dallo stivale.

“Ohi, ohi, ohi…così imparerete…ma devo insegnarvi tutto io? Sempre perquisire una cacciatrice, mai sottovalutare la sua forza…e la sua bellezza…” Un inchino davanti a lei. Faith non aprì bocca. Tolse dalla tasca un legaccio e piegò i capelli. Si sentiva abbastanza bene, ormai. Ariesith si teneva a distanza e si fece aiutare da un servitore a togliere la lunga giacca chiara. Faith ne approfittò per avvicinarsi a Spike.

“Tutto bene?” Gli sfiorò il volto sofferente.

“Mi sento come se mi avesse cotto un uovo sulla zucca…con l’olio bollente…Falli neri, cacciatrice!” Lei sorrise. Tolse il maglione, rimanendo con una canotta sdrucita. Lo baciò, tenendogli la testa con una mano. Lui la guardò stupito.

“Ehi, penso sempre che tu sia un grandissimo bastardo…ma potrebbe essere il mio ultimo bacio…chissà che non mi porti fortuna…”

“Madame è pronta? Un ultimo desiderio?”

“Vediamo un po’…caviale? Champagne? Nah…mi accontento di vedere la tua testa rotolare in questo pavimento…Poi ci penserò io a spazzar via quella poca cenere che rimarrà di te…” Lui rise. Le porse una spada, una magnifica arma con una ricca impugnatura.

“Credi di riuscirci? Io penso di no. Ho già ucciso sei di voi. Ma sette è sempre stato il numero perfetto…”

“Ma tu pensa…e io che non ho contato quanti coglioni ho fatto fuori…ho sbagliato?” Faith provò la lama, velocissima, tagliando di netto le catene di Angel.

“Ottima fattura, meglio di guerre stellari…permetti che io mi premunisca, non è vero? Lui ci lascerà combattere. Ma che io vinca o perda non importa…così avranno una chance in più…”

“Io combatto lealmente…se vincerai tutti saranno liberi…la mia parola è sacrosanta…”

“Un vampiro che parla di sacro…l’unica cosa sacra che ho è la mia vita. E credo in pochissime cose. Sono tutte qua dentro, mio caro. E non riuscirai a togliermele facilmente.”

“E’ da vedere, cacciatrice…in guardia…e tieni il tuo mastino lontano da me.” Faith si voltò verso Angel, che annuì. Si spostarono verso il centro della sala. Il pubblico fece spazio e il combattimento finalmente ebbe inizio.

Ariesith era piuttosto atletico. Faith se ne rese conto immediatamente. Gli altri vampiri continuavano a stare in silenzio, e ben presto la cacciatrice si rese conto che anche i suoi amici erano al sicuro. Sorrise. Non aveva molto da perdere. Comunque Angel li avrebbe salvati. Partì all’attacco con una ferocia inaudita. Aveva voglia di lottare, di dimostrare a tutti i presenti la sua forza. Ma soprattutto a se stessa. Era nuovamente la cacciatrice. L’unica e sola.

La lotta durò a lungo. I soli rumori che si sentivano erano quelli delle lame che si confrontavano. Due rivali altrettanto validi.

“Non mi capitava da tempo…sei brava, ragazzina…” Il vampiro riusciva sempre a rialzarsi in tempo, ma lei non si arrendeva.

“Scommetto che ti sei pentito…ti conveniva seriamente uccidermi con la pistola e affrontare Dawn…” Gli avversari si studiavano, a qualche metro di distanza.

“Ma hai voluto fare il grand’uomo, vero? In effetti, si vede che hai 300 anni.” Lei rideva. Rossa in volto, spavalda.

“Non cambia niente….vorrà dire semplicemente che ci metterò più tempo…e avrò più gloria nell’ucciderti…Voi cacciatrici, non siete più pure come una volta. Quella legata al muro è stata morsa due volte e ha amato un vampiro. Tu hai ucciso degli uomini per il puro piacere di farlo, e hai concesso il tuo corpo ad uno di noi…io sono quello che ristabilisce l’ordine, le regole…vampiri e cacciatrici devono combattere e morire.” Faith lo guardò incuriosita.

“Ma ti stai ascoltando o dai solo aria alla bocca? Per quello che ti serve l’aria, naturalmente…” La lotta riprese ancora più feroce. Ariesith non si aspettava né una tale forza né una tale resistenza, e dava segni di cedimento. Anche Faith iniziava a stancarsi, ma cercava di non darlo a vedere. Fu ferita comunque. Il braccio sinistro iniziò a sanguinare copiosamente, all’altezza della spalla.

“Non riuscirai mai a sconfiggermi, ragazzina.” Il vampiro fece scorrere il dito sulla lama, catturando le gocce di sangue, per poi succhiarle avidamente, come un bambino.

“Bene. Ora hai visto cosa mi scorre nelle vene. Vediamo cosa c’è nelle tue….” Fulminea. Imprevedibile. Letale. Wesley poteva essere fiera di lei. Lo trafisse all’altezza dello stomaco, rigirando la lama ben bene. Ariesith cadde a terra, con un’espressione stupita.

“Te l’ho detto…sei troppo sicuro di te…troppo maschione…ma non ti preoccupare, ci penso io a metterti la testa a posto…Benvenuto nel nuovo millennio.” Un colpo preciso, in due tempi. La spada che lasciava le sue viscere per incidere il collo. Polvere. Faith si lasciò andare sul pavimento. Angel in un lampo si avvicinò a soccorrerla, prendendole la spada e minacciando i presenti. Ma nessuno si avvicinava. Come detto dal loro ex capo, tutti si allontanarono in silenzio.

Faith sorrise al vampiro.

“Ehi…ce l’ho fatta…qual’è il mio premio?”

“Una bella vacanza tutto spesato?”

“Okay…al mare. Ma con chi cazzo vado? La protezione solare per voi non la hanno ancora inventata…” Angel l’aiutò ad alzarsi, per poi liberare tutti gli altri. Spike sembrava quello messo peggio, riusciva a malapena a camminare. Lo prese in braccio, malgrado le proteste. Mai come in quel momento l’aria fresca fu un toccasana.

Tornarono tutti alla magione. Ancora c’era molto da discutere, e anche se la notte ormai volgeva al termine. Le rivelazioni di Ariesith avevano lasciato decisamente il segno. E un nuovo equilibrio era decisamente difficile da trovare.

 

Il ritorno in silenzio. Molte cose andavano chiarite, e molte cose sembravano nuove e impossibili da capire. Angel caricò Buffy, Spike e Dawn in macchina, mentre Wesley e Faith decisero di proseguire a piedi. La sua ferita andava meglio. Era convinta che a quella doveva la sua salvezza. Il vampiro, affamato di gloria e di orgoglio, voleva assaggiarla. E lei era riuscita a reagire. Sfruttare una debolezza dei succhiasangue.

“Come ti senti?”

“Euforica. E stanca. Vorrei dormire per giorni.”

“Beh, te lo meriti…”

“Credi alle parole di quel pazzoide?”

“Si. Tutto quadra. Il motivo per il quale non ti ha ucciso subito, la platea…Buffy è fuori gioco. Non credo sia una bella esperienza per lei.”

“Ha preso parecchie bastonate ultimamente. Quasi mi dispiace…ma in realtà…non so, anche io ho sempre desiderato una vita normale. Ora ha la possibilità di averla, finalmente.”

“Si ma…pensa al suo ruolo…ormai era…come dire, abituata…ora deve cambiare completamente la prospettiva della sua esistenza. Ci sono le basi per una bella depressione, altroché.” Faith rimase in silenzio. Non ce la vedeva, la migliore cacciatrice di tutti i tempi, a tornare a scuola o cercarsi un lavoro normale, in attesa…dell’attivazione della sorellina. Quella ragazzina non era che una specie di clone. E per quello prescelta. Wesley stava nuovamente parlando, e lei non lo ascoltava. Si voltò e lui sorrise.

“Ora sarai più tranquilla, dicevo…dove hai la testa?”

“Dentro un bel bagno caldo, ovviamente. Ma tornare alla magione non mi sembra l’ideale…perché più tranquilla?”

“Buffy è tornata…ma tu sei la cacciatrice. Niente più rivalità né cose di questo tipo.”

“Non è così. Quella là mi sta sulle palle, e su questo c’è poco da fare. E sarà sempre nella mia vita.”

“Non devi viverla in questo modo. Siete due persone molto diverse che fino a ieri avevano lo stesso compito.”

“Basta. Non ho voglia di parlarne. Non più. Voglio solo dormire tutto il giorno.” Wesley annuì. Si fermò, ormai erano arrivati alla magione, e si mise a frugare in tasca.

“Tieni. Vattene in albergo e dormi. Penso che qui ci sarà abbastanza confusione.” Una carta di credito. Faith lo abbracciò, quasi togliendogli il respiro. Corse in casa, senza neanche guardare le persone che discutevano a voce bassa, ed entrò nella stanza dove aveva dormito negli ultimi giorni. Vide Spike sotto le coperte. Prese la sua sacca ed iniziò a riempirla velocemente. Il vampiro aprì gli occhi.

“Che fai?”

“Vado via. Letto vero, doccia calda, servizio in camera.”

“Beh…in effetti non riesco a camminare molto bene, ancora…mi verrebbe male offrirti il servizio di questa mattina.” La ragazza si sedette accanto a lui. Gli accarezzò il viso provato. Lui chiuse gli occhi, assaporando quel tocco delicato.

“Cosa ti ha fatto?”

“Uh, fuso la testa…e il chip, credo. Secondo il sapientone questi sintomi sono temporanei e dovuti al fatto che quel pezzo di metallo era ancorato in una certa zona del cervello, corteccia motoria o qualcosa del genere.”

“Allora sei nuovamente un cattivo ragazzo…devi esserne contento…”

“Pensa che potrei morderti in questo momento…senza fitte, solo un enorme ed incommensurabile piacere…” Sorrise, mostrando i denti. Faith non disse niente. Si intristì un attimo.

“Allora sei dell’altra sponda?”

“Oh, ti sembro gay?”

“Non scherzare. Tornerai ad uccidere?” Spike rimase in silenzio per un istante di troppo. Faith si alzò per poi allontanarsi dal letto.

“Vedrò di affilare i miei migliori paletti, tesoro. Tutto per te.”

“Aspetta…non volevo dire che…” Ma lei era già andata via, lasciandolo gridare alla stanza vuota.

Faith si guardò intorno. Buffy somigliava sempre più ad una bambina sperduta, Angel le stava accanto come sempre. Ma i suoi discorsi non la consolavano più di tanto. Spike continuava ad urlare.

“Che succede?”

“Uhm, gli ho fatto la bua, credo. Starà bene. E…voi? Angel, rimani a Sunnydale?”

“Non a lungo…è quasi l’alba, appena farà buio me ne andrò. Devo tornare da Connor.” Vide la sofferenza negli occhi di Buffy, le lacrime scorrere copiose. Poi scappò via, e Angel non la seguì.

“Io non…devo occuparmi di mio figlio.”

“Ne hai tanti di figli, bello mio…sparsi qua e là…persone che contano su di te per essere salvate e redente. Sarai sicuramente un ottimo padre.”

“Di un bambino umano? Che non potrò accompagnare a scuola la mattina, alle gite, a Disneyworld? Mi odierà.”

“Non lo credo possibile. Devi solo aver pazienza. E amore. E sono due cose che tu hai a vagonate, mio caro.” Faith andò ad abbracciarlo. Lo strinse forte, come poco prima aveva fatto con Wesley. Lo baciò sulle labbra rapidamente, cercando di ignorare il suo sguardo stupito. Poi uscì dalla casa, portandosi via la sua sacca. Fu investita da un’alba bellissima. I colori del cielo erano così caldi che non poté fare a meno di sorridere, e fermarsi un attimo in contemplazione.

“Felice, eh?” Buffy le parlava da un angolo in ombra del giardino.

“Non proprio ma mi accontento. E tu?”

“Una pasqua. Io non ho più un posto in questo mondo e lui se ne va.” Faith lasciò la sacca per terra.

“E tu lo lascerai andare via?”

“Che devo fare? Supplicarlo di rimanere?”

“Lo ami?”

“Io…”

“Non hai mai smesso. Vero?” La ragazza non rispose. Ma non ne aveva bisogno.

“E allora cosa cazzo ti trattiene?”

“E me lo chiedi? Tutto! Dawn, il suo destino…io devo occuparmi di lei e…”

“Balle. Semplici cazzate. Se vuoi giustificarti così…secondo me è tutto il resto che ti rompe…un figlio che non è il tuo, se doveva esserci un Miracle child doveva essere il vostro, non è vero? E invece si è scopato Darla…e tu non lo sopporti.”

“Tu lo sopporteresti? Sinceramente…”

“Piantala di fare la santarella…Riley cos’era? Per te ci sono sempre due pesi e due misure.” Silenzio. “Non rispondi, eh? Io credo che tu non abbia il coraggio di rischiare. Di mollare tutto e tutti per lui. Angel ha una missione, tu non più. Puoi accettare di avere accanto un uomo più forte di te? Con milioni di responsabilità, che è il centro dell’universo per tante persone? Puoi accettare di scendere dal piedistallo? E non fare l’amore con lui, ma amarlo comunque? Cosa sei disposta a buttare via per un uomo così? Ora sei grande, cacciatrice. A te la palla. Lui non ti chiederà mai niente. Perché ti ama talmente tanto che vorrebbe vederti felice con chiunque altro. E adesso, malgrado tutto, sarà contento per te. Perché sarai fuori da guai e potrai avere una vita normale. Quella che lui non potrà mai darti. La vita è fatta di scelte, e noi, solo noi l’abbiamo in mano. Possiamo farne di giuste e di sbagliate. E accettare le conseguenze è la cosa più difficile.” Aveva parlato tutto d’un fiato, e quasi non credeva alle sue stesse parole. Ma Buffy sembrava indifesa, e per una volta lei, Faith la ribelle, la cacciatrice crudele e senza cuore, poteva permettersi di fare la predica alla prima della classe. Si sentiva decisamente soddisfatta. Anche se in cuor suo sperava che Angel trovasse qualcosa di meglio di quella là. E che era tanto facile fare la paternale agli altri, quando la propria vita cadeva in pezzi.

Tornò a camminare, lasciandosi alle spalle tutto quel casino. Le strade erano ancora vuote, ma la cittadina sembrava quasi più bella del solito.

All’albergo la guardarono stranamente, era difficile che qualcuno arrivasse alle sette del mattino, ma lei lasciò correre. La stanza era pulita e ordinata. La prima cosa da fare: acqua calda, infilarsi sotto l’agognata doccia, con il suo shampoo e il bagnoschiuma. Rimase là sotto per un’eternità, e finalmente si abbandonò alle lacrime. I motivi erano tanti, e tutti schifosamente reali. Spike. Che l’aiutava a sciacquarsi in quella vasca d’altri tempi. Che aveva baciato per la prima volta su una porta del bagno. Spike. Che forse avrebbe ucciso un giorno. Prima di essere uccisa. Ma che aveva amato più volte, aldilà di ogni convenzione, accogliendo quel corpo freddo dentro di sé, lasciandosi andare come non mai. Spike che amava ancora Buffy e giocava con lei. Ma sapeva parlare al suo cuore, quando voleva. Riuscì a sorridere di se stessa. La prima tentazione che aveva, come sempre, era di prendere quello stramaledetto telefono e sfogarsi con Angel. Ma anche lui era incasinato niente male. Persino asciugarsi le faceva pensare a Spike. Alle sue mani. Non lo sopportava. Non sopportava di sentirsi così male…

Il letto. Dopo aver sistemato i capelli e medicato l’ennesima ferita di battaglia. Accendere la tv per seguire le notizie del mattino. Infilarsi sotto le coperte e aspettare il sonno. Chiudere gli occhi e lasciarsi scivolare, mentre con una mano cercava la pelle di ghiaccio di un vampiro che non c’era, che non ci sarebbe più stato, accanto a lei.

 

Lui era ancora ancorato in quel letto. Furioso. Faith era andata via lasciandolo come un idiota. Il suo corpo stava iniziando a prender forza, le sue membra vigore. Ma la rabbia che aveva dentro era la cosa che più cresceva. Avrebbe voluto inseguirla. Parlarle. Spiegargli. Anche se non sapeva bene cosa, come... Del suo chip. Di Buffy. Del mondo intero. Letto di ghiaccio senza il suo corpo da stringere. Senza lei da abbracciare. Sentire il suo calore e perdersi nella morbida curva del suo seno. Il suo battito cardiaco. Sentirlo farsi più veloce o più lento a seconda dell’eccitazione. Vedere i suoi occhi chiudersi nell’estasi, e quel sorriso così raro e prezioso. E invece le sue parole, quelle non dette, quei piccoli silenzi che creavano incomprensioni e baratri. L’avrebbe cercata. Inseguita. Pedinata. Per averla ancora. Per amarla ancora. Per non lasciarla più andare via nel calore del giorno.

Angel entrò a dare un’occhiata. Spike lo guardò incuriosito. Il suo eterno nemico e rivale che gli offriva una tazza.

“Devi pensare molto bene a quello che vuoi fare della tua esistenza. Hai avuto una chance. Hai visto cos’è la vita dall’altra parte. Non sprecare ciò che hai imparato.”

“Va a farti fottere, quando hai tempo. Sono stufo delle tue lezioncine del cazzo.” Angel rise.

“Io ti conosco William. E ho visto come la guardi. Pensa bene a quello che vuoi fare.”

“E secondo te posso riuscirci? A rinnegare la mia natura, a non uccidere più nessuno, adesso che posso nuovamente farlo? Forse farebbe meglio ad impalettarmi, prima che sia troppo tardi…o vuoi farlo tu?. Darla non c’è riuscita, perché io dovrei farcela?”

“Darla…era diversa. Ho cercato di salvare la sua umanità, Spike. Finché ho potuto. Ma tu sei sempre stato un demone, da quella notte in cui hai trovato Dru. È diverso.”

“Il solito paladino…eh? Vuoi convertire uno come me alla tua causa? Ho aiutato Buffy, e poi Faith solo per sfogare la mia rabbia…non potevo più uccidere umani, e allora ho cambiato bersaglio.”

“Non è vero. Non lo credi neanche tu. E già il fatto che ne discuti con me…mi sembra quasi che stai cercando una conferma ai tuoi sospetti. Sei diverso, Spike. Ti hanno cambiato. E tu questo lo sai.”

“Non sarò mai come te.”

“Non credo che qualcuno te l’abbia chiesto. E poi non te lo auguro neanche. Non lo auguro a nessuno.”

Uscì così come era entrato. Odiava quella calma che riusciva sempre a tenere anche nelle situazioni più difficili. Lo odiava e basta. Il suo mentore. Il suo maestro. Quello che era sempre più avanti di lui. Nel bene e nel male. Tornò a chiudere gli occhi. Doveva solo aspettare. Cercava di concentrarsi sul suo corpo. Cercando di muovere lentamente gli arti. Tornare a prendere il possesso dei suoi muscoli. Poi trovarla. Un passo dietro l’altro.

 

Faith dormì tutto il giorno. Si svegliò con una fame tremenda, e ordinò subito una pizza. Ormai era buio, e la sua testa era piena di pensieri contrastanti. Che non riusciva a cacciare. Guardò la carta di credito di Wesley e sorrise. Non voleva approfittarne, gliel’avrebbe restituita presto. Non sapeva che fare. Rimanere a Sunnydale? In fondo era la bocca dell’inferno, e lei rimaneva la cacciatrice. Prima di uscire finì la pizza, innaffiandola con una coca. Cercò di sistemarsi, trovando un vestito decente, ancora pulito. L’indomani avrebbe lasciato tutto il resto in lavanderia. Il Bronze. Aveva voglia di bere, di ballare, di scordarsi anche il suo nome. Al risveglio aveva avuto un attimo di sconforto. Di confusione. Come se non sapesse dov’era, con chi era. Prima di realizzare la sua solita solitudine.

Il locale era affollato, come sempre. Musica dal vivo. Facce giovani e nuove. Sorrise, lasciando il cappotto su una poltrona. Vide Buffy insieme a Willow, mentre discutevano in un tavolo appartato. Le osservò a lungo. La cacciatrice aveva ancora il volto provato, e la strega sembrava quasi disperata. Ma a Faith faceva quasi piacere. Doveva soffrire solo lei?

Andò al bancone. Il barista voleva un documento che lei non poteva dargli. Ancora minorenne, anche se la sua testa e il suo corpo erano già vecchi da tanto. Un sorriso. Una battuta. Facile trovare la chiave per aggirare il problema dell’età. E bere una birra. Sentire la bevanda rinfrescare il palato e scendere diretta nello stomaco, in un’euforia di schiuma. E prendere un’altra. E sorridere anche ad un ragazzo seduto con degli amici in un tavolo vicino. Guardarlo a lungo. Osservare le sue mani e i suoi occhi. Per poi farsi più audace. E averlo vicino. Carino, il ragazzo. Molto carino. Spiritoso, nelle sue quattro battute banali. Begli occhi chiari. Accettare un drink. Inventarsi una biografia. Una di quelle normali. No, non sono di Sunnydale. Sono in visita da parenti. Si, sono sola. Si, studio anch’io, ma non mi piace. Adoro la musica metal. Questo gruppo non è male. Ti va di ballare? Copione. Recitato bene. Come tante altre volte nella sua vita. Per avere un barlume di normalità. E guardare Buffy da lontano. Lei si che ne aveva la possibilità, adesso. Di avere una banale normale vita da ventenne. Ballare. Scordare. Sentire le mani calde di quel ragazzo sulla sua pelle. Non era Spike. Non era lui. Diverso. Piacevole, ma diverso. Tornare indietro, agli anni passati quando un corpo valeva l’altro. Quando l’importante era provare un po’ di calore e piacere tra le lenzuola, nei sedili di una macchina, in qualsiasi posto. Dove era bello prendere e buttare via. Decidere e scappare. Chiudere gli occhi e concentrarsi su quel ragazzo. Neanche ricordava il nome, Faith. Solo un volto. Un sorriso. Ma non era Spike, non Spike…

Scacciare il pensiero, con un altro sorso. Un’altra carezza più audace. Sapeva sedurre, lei. Cacciatrice. Fino alle ossa, al midollo. E annuire. Cercare un posto più adatto. Dove trasformare quegli ammiccamenti in qualcosa di più. In fondo perché no? Strusciarsi ancora su quel corpo. Baciarlo. Giocare con la lingua, inseguendola e catturandola, per poi spingerla via. E ridere. E uscire dal locale. Abbracciati. Ben coperti contro il freddo della sera. Notare la nuvoletta di vapore che usciva dalla sua bocca. Un respiro. Spike non aveva un respiro. Non ascoltare le parole che quel corpo pronunciava. Sentire solo il suo braccio attorno alla vita e la sua risata così semplice e cristallina. E poi vederlo. Fermarsi. Davanti a loro. Spike. Lo sguardo serio. Risoluto.

“Vattene.” Sentire il battito cardiaco accelerare. Sudare appena.

“Vai via tu.”

“Ehi, ma che diavolo…” Il diavolo era davanti al giovane umano. Con il suo ghigno vampiresco. Che godeva della paura del rivale. Bastò sfiorarlo, per vederlo darsi alla fuga, precipitosamente.

“Il tuo cavaliere non ha le palle.”

“Non ho fatto in tempo a controllare.”

“Strano…ti sei fermata alla sua bocca? In effetti potevano scacciarvi dal locale…”

“Non sembrava male…Mi spii?”

“Sì.” Di fronte a lei. Tristezza. Rabbia. Desiderio. Paura. Osservare la mano che si avvicinava alla sua spalla.

“Faith.”

“Cos’altro vuoi da me? Buffy è dentro. È sola. Non ha raggiunto ancora il suo angelo. E chissà se mai lo farà.”

“Non me ne fotte un cazzo.” Lei iniziò a ridere.

“Sei ridicolo…I giochi sono finiti…tu sei un vampiro e io la cacciatrice. Ti conviene girare alla larga. Cambia città se vuoi bere qualcuno…” Tolse fuori il paletto. Lui continuava a guardarla negli occhi, e Faith cercava di mantenere il controllo.

“Una volta mi hai detto che potevamo essere qualcosa di diverso. Un uomo e una donna. Senza confonderci con i nostri ruoli.”

“E’ passato un secolo. Hai ucciso qualcuno nel frattempo? O stavi aspettando me?” Spike rimase bloccato a guardarla. Lei si pentì subito di quelle parole, in fondo non le pensava veramente, aveva solo voglia di ferirlo.

“Non ti ucciderei mai.”

“Non ne sono convinta.”

“Per questo hai paura di me?”

“Io non…” Pensò rapidamente a quello che poteva trasmettere, agli ormoni impazziti che probabilmente potevano dargli quel segnale.

“Anche per quello, sì.” Continuava a guardarla, smarrito. Non si aspettava questa risposta. L’ironia era sparita, e il paletto abbassato. Ma lui rimaneva comunque un nemico di quella ragazza. Non più alleato.

Faith si voltò, per tornarsene in albergo, lentamente. Stava male. Tutto quell’alcool, tutti quei tentativi di dimenticare e poi tornare nuovamente da capo. Perdersi in quegli occhi a volte così crudeli, a volte così giocosi. Paura. Come dirglielo? La paura era di se stessa, nient’altro. Di desiderarlo troppo, di volerlo al punto di calpestare la propria dignità, il dovere. E perdersi. Morire per lui. Si sentiva sempre sull’orlo di un baratro sconfinato. Lei che amava la morte e l’aveva sfidata mille volte. Lei che cercava faticosamente di tirare avanti senza commettere gli errori del passato. Ma che era attratta dalla fine. L’aveva persino sognato. Lui che beveva avidamente dal suo collo, per poi ricambiare. E trovare l’eternità. Tra le sue braccia o altrove. Cacciatrice. Fatalmente persa nel desiderio di assaporare quell’ultima definitiva sfida. Chi si sarebbe disperato per lei? Angel. Wesley. Il Consiglio che doveva attivare Dawn…poco importava. Poco importa. La sua testa continuava a giostrare in quei pensieri così pesanti. Faith che avrebbe voluto solo passare una serata normale, con un ragazzo normale…che però non era Spike…

Sapeva di essere inseguita. Era a pochi metri da lei, sempre in silenzio. Forse anche lui stava riflettendo su quell’accidenti di relazione bislacca che avevano messo su. Si ritrovò ad aprire la porta della sua stanza, ma poi si voltò indietro. Lo vide accanto a sé, troppo vicino per respingerlo, troppo. Sentire il cuore farsi veloce, le mani sudare.

“Non voglio perderti. Non voglio farti paura. Voglio solo te, per quello che sei. Non ti cambierei e non voglio essere diverso da quello che ero prima…prima della fusione del chip.” Sentire le sue mani che le sfioravano il viso.

“Per quanto, Spike? Fino a quando non ti stuferai? Fino a quando il mio viso rimarrà da ventenne? E poi? Vorrai rendermi come te? O quello che vuoi sono una manciata di notti da passare a scopare allegramente, come due ragazzini? Magari facendo finta di essere una coppia normale…cosa vuoi da me, Spike?” La sua voce era stridula e acida. Ma continuava a lasciarlo fare. Sentire la sua bocca che si avvicinava al collo, in una bacio sensuale e dolcissimo. Ferma contro quella porta, con la chiave in mano che perdeva di consistenza. Tutto svaniva nelle sue labbra, nel calore che scoppiava dal suo corpo. Faith sapeva che non si sarebbe fermato, che non le avrebbe risposto. E una parte di lei accettava tutto questo. Voleva amarlo, senza pensare, senza soffrire…ma poi si girò ancora. Cercando di riprendere il controllo. Di aprire quell’uscio. Che l’avrebbe bloccato per forza.

“Invitami.” Era difficile non farlo.

“No.” Seduta sopra il letto. A guardare il suo volto alterato, aldilà di quella invisibile barriera che non tagliava fuori tutte le sfumature.

“Tu vuoi risposte che io non posso darti. E che forse neanche vuoi sul serio…perché è anche questo rischio che ti avvicina a me…in questo siamo uguali, cacciatrice. So che mi potresti uccidere. So che ne avresti il coraggio. Che una notte potrei trovarmi un paletto ad un millimetro dal cuore, come quello che stringi tutto il tempo sotto il cappotto. Che potresti farmi fuori per una cazzata che magari non conoscerò mai, come dimenticarmi del tuo compleanno e cose di questo tipo…ma io voglio provarci lo stesso. Sono un demone, Faith. Non ti lascerò andare via per il tuo bene. Di Romeo e Giulietta ne bastano un paio…credo di amarti. Abbastanza per volerti con tutto me stesso, per combattere per te. Contro la mia natura, il tuo destino di prescelta del cazzo, la fame di sangue e di battaglia. E non sogno di vederti felice con qualcun’altro. So che potrei riuscirci io. Perché ti conosco. E ti capisco. E lo voglio. E non togliere fuori Buffy. Io non l’amo. E lo sai. Lo senti. È vero che ho voglia di uccidere ancora. Quel tizio…quando ho visto le sue mani sul tuo corpo…l’avrei ammazzato in mille modi diversi. Ma non l’ho fatto.” Aveva parlato tutto d’un fiato. Lei non credeva alle sue orecchie.

“Non capisci che mi stai dando la conferma ai miei sospetti? Tu mi uccideresti. Se io un giorno decidessi di andar via, che non sto bene con te…tu lo faresti. Questa è libertà? Questa è una relazione normale?”

“E noi due siamo normali? Ma quando mai? Guardati, cacciatrice. Il destino si diverte con noi. Vuoi prenderti un po’ di felicità tutta per te? Perché io ti conosco quando sei felice…aldilà della maschera, delle cazzate che puoi dire o fare…io so chi sei. E non mi importa come andrà a finire. Lo affronterò quando il problema verrà fuori…dimmi che anche tu non provi quello che provo io. Dimmelo, se lo pensi.” Lei rimase in silenzio. Spike con i pugni appoggiati alla porta invisibile, con lo sguardo profondamente serio e risoluto. Spike che parlava direttamente al suo cuore. Faith tolse le mani dalle tasche. Guardò il paletto che aveva stretto fino a pochi secondi prima. Lo appoggiò sul letto.

“Com’è successo? Come siamo arrivati a questo punto?” Lui rise, passandosi le mani sui capelli.

“E che ne so? Non hai una domanda di riserva? Il giorno che inizierò a ragionare su ogni mio sentimento o impulso vorrà dire veramente che mi è cresciuta un’anima, e magari andrò in giro a fustigarmi con tanto di cilicio e frusta…nah…Io non voglio pensare. Io sento. Fin dentro le viscere, lo stomaco, il cuore.”

“Che non batte…”

“Formalità, bambina. Il tuo batte per tutti e due, se ti serve questo. Lo ascolterei per ore intere.” La ragazza si avvicinò alla porta. Spike sembrava rinchiuso in una vetrina che non poteva sfondare. Allungò la mano per accarezzargli il viso. Tutte quelle parole la avevano convinta. Da un bel pezzo. Ma si sentiva ancora troppo fragile, esposta. Gli occhi del vampiro sembravano rapiti da ciò che aveva davanti. Faith aveva la sensazione di potersi tuffare là dentro, una pozzanghera di mare chiaro. Sincero. Pulito. Come un demone potesse fare questo effetto ancora non riusciva a capirlo. Ma lo fece entrare. E sentì il rumore di quella porta che si chiudeva alle sue spalle. Prima di immergersi ancora in quel corpo, in quella bocca. Amarlo. Senza pensare al domani. Avere una persona con la quale condividere tutto. Un letto. Una missione. Il destino. Consumarsi nella passione e annegare. Per poi riemergere e godersi quel piccolo angolo di felicità. Tutto suo.

 

Lui dormiva profondamente. Faith prese il telefono e fece quel numero che conosceva a memoria.

“Ciao. Come sta Connor?”

“Bene…secondo Cordelia gli sono mancato tanto. Non so se è vero. Ora è accanto a me e se la dorme tranquillo.”

“Sei a letto? Non l’ho svegliato…”

“Sì, sono a letto, no, non l’hai svegliato. Stai tranquilla. Cosa succede?”

“Avevo voglia di sentirti…e chiederti una cosa, ti sembrerà una cazzata ma…ti fa paura essere felice?”

“Certo. Divento un po’ intrattabile se sono felice…del tutto felice…del tutto felice...del tutto intrattabile...

E non lo sei? Adesso che hai il bambino, volevo dire..."
"E' strano...ho paura di perderlo, di non essere adeguato come genitore, di...non lo so. Di non avere il diritto di essere felice."
"E' quello che provo anche io."
"Perché?"
"Per la mia missione...per quello che ho fatto e non ho scontato...non lo so. Di non meritarlo."
"Tutto questo non ti deve impedire di amare..."
"E tu invece? Non fai che sacrificarti e...fustigarti..."
"Carina questa parola...è diverso. Sono diverso. Perché pensate tutti che la mia scelta sia l'unica? È una scelta. È una mia scelta. E basta. Questo non vuol dire che le altre siano da buttare."
"Hai rinunciato a Buffy."
"Non potevo darle niente."
"Potevi darle il tuo amore."
"Non stiamo più parlando di me, è vero?" Faith non rispose.
"Spike è lì con te..."
"Sì."
"E vuoi la mia benedizione?"
"No, è che..."
"Non mi piace. Lo sai. Ma ti ama. E questo, per uno come lui, può bastare. Mi fido di te, Faith."
"Davvero? È che io non ragiono più...io credo di amarlo e..."
"Cerca di essere felice, allora. Non devo darti l'autorizzazione io."
"Dormi bene, Angel. E grazie."
"Per cosa?"
"Perché ci sei sempre."
"Buonanotte, Faith. Per meglio dire, buongiorno..." Lei stava piangendo, ma non era triste. Rimise a posto la cornetta del telefono, per poi tornare a letto. Lui l'abbracciò, stringendola delicatamente.
"Devo essere geloso? Ciò che provi per me devi dirlo A ME, non a lui, Faith."
"Allora stai attento a quello che dici o fai...perché ti amo, vampiro..."
"L'ho sempre detto che sei pericolosa, cacciatrice...ma mi sa che ti amo anche per questo..." Voleva essere felice. E si lasciò invadere da quella sensazione. Profonda. Calda e gelata allo stesso tempo...