.:: Tutto il mio mondo per te... ::.

Parte 12

15 La morte nell’anima

La prima notte aveva pianto disperatamente, cercando in qualche modo di riaprire il portale, che inesorabile e crudele, l’aveva strappata al suo sogno più bello. Aveva trascorso le ore insonni a chiamare il suo nome, e a creare piccoli campi di forza. Non sapeva nemmeno come ci fosse riuscita. La sua magia, così sconosciuta ai suoi occhi, era radicata nel suo essere, come una cellula di energia allo stato puro. Aveva lottato fino alle prime luci dell’alba. Poi, inevitabilmente, aveva raggiunto il culmine dello sconforto. Era inutile continuare a provare… Probabilmente da sola, non ce l’avrebbe mai fatta.

Per non rischiare di afferrare una lametta e tagliarsi le vene, era andata contro ogni logica possibile a lavorare. Aveva lottato con i vestiti, con la stanchezza interiore e fisica, e si era diretta in ufficio. Poi lì, aveva acceso il computer ed aveva nuovamente incontrato i suoi occhi. Quegli occhi chiari che l’avevano fatta tremare, quegli occhi che davanti ai suoi avevano pianto troppe lacrime.

Aveva cominciato a piangere disperatamente, sotto gli occhi dei suoi colleghi. Avevano cercato di capire quale fosse il motivo, ma non era riuscita a dire nulla di sensato. Poi cosa avrebbe potuto dire??? Nulla di più che un niente… Aveva ascoltato i loro mille pensieri tutto il giorno… Pensieri contrastanti che l’avevano ossessionata. Parole sconnesse e confuse, come in un chiacchiericcio scomposto di un locale affollato. Aveva rischiato di impazzire, quando tappandosi con energia le orecchie, aveva continuato ad ascoltare quel baccano incontrollabile. Erano dentro di lei, ossessionanti parole confuse. All’ora di pranzo era scappata via, ma non prima di essersi presa una lunga settimana di ferie. Non ce l’avrebbe fatta altrimenti.

Qualcosa dentro di lei si era rotto inesorabilmente, lasciando un vuoto incolmabile, ricco di sangue fluido. Una voragine aperta, pronta a sputare il suo veleno dentro di lei. Quel breve viaggio le aveva lasciato una sensazione di infinita perdita nell’anima. L’aveva distrutta inesorabilmente, chiudendola in sé stessa come un riccio di fronte al pericolo. Ma le spine che sentiva… erano dentro di lei, a graffiarla e trafiggerla senza possibilità di difesa.

Era trascorsa quasi una settimana, dal suo ritorno, e il dolore incessante che le pulsava nelle vene, non aveva fatto altro che crescere senza sosta. Aveva evitato tutti, chiudendosi in casa. Evitando il genere umano e i suoi pensieri idioti, evitando ogni anima viva. Lei sola, in casa sua, come unica compagna un’amica fedele, e i sei dvd che glielo riportavano davanti agli occhi ogni istante. Sola nella sua folle ricerca di aiuto… Sola nel suo folle amore strampalato verso un vampiro di un’altra dimensione.

Mille volte aveva cercato di riaprire il portale, ma ogni maledetta volta, vedeva apparire una luce fioca di fronte a lei, che lentamente svaniva nel nulla. Sola, unica strega di un mondo senza magia, unica anima dannata da un sentimento benedetto e potente come una testata nucleare. Si sentiva sconfitta. Ogni istante la voglia di morire le bussava alla mente, come un demone istigatore. Ma se fosse morta, nessuno avrebbe più potuto fare nulla per lei, tanto meno lo avrebbe mai potuto rivedere. E rivederlo oramai, era diventata la sua unica ragione di vita.

Aveva trascorso le sue giornate, nel silenzio di casa sua. Evitando la pseudo marionetta che figurava da suo ragazzo in quel mondo che odiava, evitando gli amici, staccando il telefono, e non rispondendo al campanello di casa. Sola nell’ossessione incontrastabile, di un ricordo troppo nitido per essere irreale, sola nella disperata ricerca di un qualcosa che la potesse salvare da quella perdizione profondamente illimitata.

Mille volte aveva cercato di convincersi che tutto era stato solo un sogno. Realistico e meraviglioso, ma solo un sogno. Quando riusciva quasi a sentire il dolore lenirsi lievemente, una scossa la strattonava e la faceva correre. Le faceva aprire la borsa con le lacrime agli occhi, e afferrare tremante il suo diario, che ora come mai custodiva gelosamente. All’interno la cosa più preziosa della sua vita. In lacrime apriva la pagina sollevata, e osservava disperata il delicato contenuto. Era sempre lì, candida e immacolata prova di ogni cosa. Oramai avvizzita e secca, ma sempre rilucente come una stella guida. Piccolo fiore arido d’acqua, ma colmo di luce e di amore infinito. La sua rosa era sempre lì, a ricordarle il giuramento fatto a quell’uomo ormai troppo lontano. Ti prego non dimenticarti di me… Non avrebbe mai potuto farlo… Lo amava come mai aveva fatto in tutta la sua vita, e malediva sé stessa e il cielo per averle fatto provare quell’emozione così forte. Lo aveva sempre amato, ma un personaggio si può amare, continuando a vivere… Una persona reale, quando la si perde, ti toglie la voglia di vivere, lasciando solo amaro in bocca e disperazione.

Una sera aveva deciso di accendere il pc, e in maniera distaccata aveva cominciato a leggere la posta che non guardava da giorni. Mille e-mail di Marco, che chiedeva spiegazioni, e altrettante dei suoi amici seriamente preoccupati dalla sua assenza. Le mancava solo lo sfogo che le dava la kick, le mancava il suo istruttore, quello che prima avrebbe paragonato all’osservatore. Ma ora l’osservatore non c’era più, e non ce l’avrebbe mai fatta a continuare a vederlo in quel modo. Flavio ora rimaneva Flavio… nulla di più.

Lesse qualche cosa distrattamente, poi si limitò a cancellare tutto. Anche quel virtuale contatto con il mondo la disturbava… La sua casa… la sua tomba, le donava tutto quello di cui aveva bisogno…

Abbassando lo sguardo prima di sollevarsi dalla sedia e chiudere tutto, incrociò gli occhi tristi di Tabata.

S: Come farò a ritornare a vivere piccola?? – i suoi occhi si inumidirono inesorabilmente, cercò di ricacciare le lacrime in fondo alla gola, ma il dolore che provò la fece gemere disperatamente. Una scarica di singhiozzi disperati si impadronì di lei, lasciando ricadere sul viso le ciocche dei lunghi capelli neri. La vide… la accarezzò… Era tutto quello che, oltre la rosa, le rimaneva di quel mondo. La ciocca dorata, le sfiorava il viso delicatamente, facendole nascere dentro una rabbia incontrastabile. Corse in bagno e si guardò qualche istante nello specchio. Afferrò un paio di forbici, e con un taglio netto alla radice, sradicò quella falsa testimonianza della sua magia. Una magia talmente ignobile, che non le permetteva di fare l’unica cosa importante. Che non le permetteva di tornare tra le braccia dell’unico uomo al mondo che l’avrebbe resa felice.

La guardò adagiarsi a terra. Delicata come un foulard di seta purissima. Rimase ad osservarla rapita, da sotto lacrime copiose che le invadevano crudelmente il viso.

Alzò lo sguardo e si osservò nello specchio. Terribili solchi neri le rigavano la pelle candida, ombre scure e profonde, le spiccavano da sotto gli occhi. I lunghi capelli neri arruffati, la facevano apparire davvero una strega. Orribile megera senz’anima. Poi la rivide. Lucente ed armoniosa nei suoi capelli. Fascio di luce nel buio profondo della notte. Inorridì. Afferrò le forbici nuovamente e tagliò via di nuovo il maledetto ciuffo di capelli. Lo vide cadere, lo allontanò insieme all’altro che giaceva a terra inerte. Alzò gli occhi e tutto fu di nuovo come se nulla avesse fatto. La saetta delicata, spiccava tra i suoi capelli, come se mai fosse stata tagliata. Gridò di rabbia, e con un attacco furente, afferrò la ciocca, e la strappò via fino alla radice. Il dolore lancinante, le fece chiudere gli occhi. Cadde a terra, mentre una sensazione di fuoco liquido, le massacrava il cuoio capelluto. Osservò vittoriosa il ciuffo di capelli biondi che con rabbia, ancora stringeva nelle mani, e appoggiò la testa al muro rilassandosi. Scoppiò a ridere divertita. Il dolore si era affievolito, e ora lasciava un senso di pace dentro. Quell’emozione così forte l’aveva scaricata un po’ e quel dolore ardente, pareva lenire un po’ quello del suo cuore. Voltò lo sguardo e incrociò gli occhi della gatta. Aveva osservato tutto incuriosita, e ora pareva sorriderle. Si sollevò di scatto, e l’angoscia le attanagliò ogni nervo, fino a farla tremare di nuovo. Nei suoi capelli, l’essenza di luce brillava ancora sotto il neon della lampada. Lampo inesorabile, che squarcia il cielo nero.

Scosse la testa e corse via, quasi calpestando il piccolo essere, che correva intorno ai suoi piedi. Si gettò sul letto, e disperata chiuse gli occhi alla ricerca di sé stessa.

T: Anche nel buio più profondo la luce vince sempre Sam…

Si irrigidì, aveva ascoltato quella voce, come se qualcuno fosse dentro di lei, un’altra volta… Poi capì che erano pensieri di qualcuno… Ma era sola in casa… Si voltò di scatto e tutto ciò che vide fu il muso della gatta bianca che la osservava attentamente. Scosse la testa… - Strega pazza e visionaria – rise divertita

T: Non rinnegare un dono così grande… - si avvicinò un po’ e appoggiò il corpo candido e vellutato sulle gambe della padrona – hai la possibilità di fare grandi cose…

Sam indietreggiò… guardò disperata la compagna, e scoppiò in lacrime. Vinta dalla sua pazzia irrazionale, ora faceva parlare anche un gatto.

T: Un famiglio Sam… e tu hai il grande dono di leggere il pensiero di chiunque – i suoi occhi riflettevano la luce della finestra come cristalli purissimi

La osservò tra la nebbia dei suoi occhi martoriati dal sale, osservò quel corpo delicato che la guardava benevolo. Sorrise dolcemente.

S: Se non sono pazza perché non hai comunicato prima con me??? – i suoi occhi scrutavano l’azzurro profondo di quelli di Tabata. Troppo simile in quel momento a quelli del vampiro. Si voltò di scatto per allontanare quel pensiero troppo doloroso.

T: Perché ogni cosa accade, quando è giusto che accada… - le si acciambellò sinuosamente sulle gambe ripiegate. Avvertì un brivido sulla pelle della padrona e la osservò di nuovo – Non sei sola… Ci sono altre simili a te… Basta provare a cercarle…

Accarezzò quella che per anni, aveva visto come un animale da compagnia, con uno sguardo nuovo negli occhi. Stavano cambiando molte cose… Troppe tutte alla svelta… Si sentì vinta dalla stanchezza e spostandola delicatamente si accoccolò accanto a lei. Appoggiò la testa accanto a quella di Tabata, e la lunga ciocca bionda le ricadde sul viso. Delicatamente l’afferrò, e accarezzandola chiuse gli occhi.

Finalmente riuscì a dormire qualche ora tranquilla. Non era più sola, e qualcuno oltre lei era a conoscenza dei fatti. Qualcuno con cui parlare di tutto e sempre.

Si svegliò alle prime luci del crepuscolo. Una luce rosa, dipingeva i muri della sua stanza, con ombre delicate. Osservò attentamente, tutti i colori dipinti dalle mani esperte di un artista… Il regalo del sole, ogni volta che va a riposare.

Si sollevò delicatamente e vide che Tabata non c’era più accanto a lei. Scese dal letto, ancora insonnolita. Erano giorni che non riusciva a chiudere occhio, e anche se quel sonno ristoratore era stato uno dei migliori della sua vita, la stanchezza era ancora lì a bussare sulla sua schiena indolenzita.

Sapeva dove l’avrebbe trovata… Probabilmente seduta sul davanzale del salone, a dare la sua solita buona notte al sole. L’aveva osservata più di una volta… Il musetto estasiato, a scaldarsi con gli ultimi raggi del tramonto.

Attraversò il corridoio in penombra ed entrò nella stanza. Il davanzale era vuoto… La vide acciambellata sulla poltrona del pc, ancora acceso.

S: Che fai bambina??? – si accovacciò di fronte a lei, e strofinò la sua testa corvina, contro quella candida della gatta.

Non vi fu risposta. Sorrise… Probabilmente aveva sognato. Delicatamente la tirò in braccio, e dopo essersi seduta al suo posto, l’adagiò sulle sue gambe. Prese il mouse tra le mani e aprì mozilla.

S: Cercherò qualche cosa sulle wicca – ridacchiò – ho fatto un sogno strano sai bambina??? Tu mi dicevi che ci sono altre come me… Ne dubito… ma staremo a vedere. – un dolce miagolio da sotto la sua testa la fece sorridere di nuovo, e sulla barra di ricerca scrisse “ wicca congreghe”

Vagò tra centinaia di siti, ma proprio come aveva immaginato, nulla era veramente serio. Mille informazioni sul genere, trafiletti e siti dedicati, ma nulla di reale ed esplicito.

T: Non si fa così… - sobbalzò – tocca lo schermo…

La gatta la stava osservando divertita, sorreggendosi a stento dopo lo spavento della padrona.

S: Sei stata tu???? – la sua voce era un sibilo nervoso

T: Per arrivare dove vuoi tu… Devi essere come loro…

Non rispose, si limitò ad obbedire ed a toccare lo schermo titubante. Non accadde nulla.

T: Sammy… - la gatta stava facendo qualcosa di simile allo scuotere la testa, e quella cosa le strappò una risata divertita – devi chiedere cosa vuoi… Uff

S: Hei!!! Non fare la nervosa!!! Potevi salutare prima no???

T: L’ho fatto… - un miagolio

S: Ah… Ok… - si scambiarono uno sguardo divertito e tornarono a prestare attenzione al monitor.

Con mano incerta, Samantha sfiorò lo schermo pronunciando una richiesta, e subito, una finestra diversa dalle altre si aprì davanti ai suoi occhi.

S: OH mio Dio!!! – la sua voce era strozzata dall’emozione. Una casella di posta elettronica parlava direttamente alle streghe naturali.

“Se sei arrivata fin qui, contattaci. La congrega sarà felice di accoglierti fra le sue braccia”

Sembrava uno di quegli slogan dell’ Hamway ma la cosa importante era che non era davvero più sola!!! Qualcuno con un po’ di magia al mondo c’era veramente. Si trovava a Torino. Rise divertita

S: E dove se no??? – strinse forte l’artefice di quel momento di gloria, e scrisse subito una mail a quella che si faceva chiamare la sacerdotessa.

Pochi istanti dopo, una risposta tempestiva, le chiedeva di presentarsi alla congrega il sabato. Rise felice, le rimanevano ancora altri giorni prima di dover rientrare in ufficio. Sarebbe partita qualche giorno per la città delle streghe.

De giorni dopo si trovava sul treno diretto al nord. Vista la giornata feriale era praticamente vuoto, e la cosa le piacque. Non aveva voglia di fare chiacchiere inutili, le bastava la sensazione che le riversava tutti quei pensieri nella testa. Era troppo presa a parlare con sé stessa, per poter dare retta a chiunque. Un’euforia irrefrenabile, le scorreva nelle vene. Non si sentiva più tanto triste. Sicuramente alla congrega avrebbe imparato molte cose. O quanto meno, avrebbe potuto cercare aiuto per poter ritornare da lui. Osservava estasiata i colori che la campagna circostante le regalava. Tinte variopinte, opera dell’artista indiscusso che è Dio.

Sentiva la mancanza di Tabata, avrebbe voluto portarla con se, ma la sua compagna le aveva detto di preferire il suo appartamento, ad un trasportino ed un albergo di quella città.

Ora il treno correva velocemente verso il suo destino. Mancavano poche ore all’arrivo e la sensazione di pace si faceva sempre più forte.

Non si accorse troppo presa dai suoi pensieri, che qualcuno era entrato nello scompartimento. Una figura scura si era seduta poco distante da lei.

Il rumore delle pagine del giornale, la trascinò via dai suoi pensieri. Detestò la persona che aveva invaso la sua tranquillità, ancora prima di voltarsi.

Lo vide… Passò lo sguardo dagli stivali neri, percorrendo la linea sinuosa delle gambe muscolose, sotto i jeans attillati. Neri e strappati… Un brivido le percorse il corpo. Uno spolverino di pelle nera era adagiato sul sedile di fianco, ebbe paura a proseguire. Con un rapido sforzo di volontà fece salire ancora un po’ lo sguardo. Lo posò sul torace scolpito, accarezzato da un’attillatissima t-shert rossa. Il fiato le morì in gola. Alzò di scatto gli occhi e incontrò il viso divertito del ragazzo che le era di fronte. Occhi verdi come il mare in primavera, ed un viso statuario di un pallore lunare. Capelli neri come l’ebano ad incorniciare quel viso perfetto sotto ogni punto di vista.

N: Ciao!!! – la sua voce la sconquassò facendola ritornare con i piedi per terra ad una velocità vertiginosa – Scusami ti ho spaventata???

Non era lui. Sospirò amareggiata. Fino ad un istante prima, avrebbe giurato che alzando lo sguardo avrebbe incontrato il viso di William. Scosse la testa rimandando in dietro le lacrime. Non riusciva proprio a pensare ad altro che a lui. Una dolcissima condanna a morte.

S: Ciao… - incrociò gli occhi verdi e distolse lo sguardo per non rabbrividire. Luminosi di un verde quasi fosforescente. Se non fosse stato giorno lo avrebbe davvero scambiato per un vampiro.

N: Ti do fastidio?? – lo sguardo del ragazzo si era fatto amareggiato, aveva percepito il suo distacco forzato. Era nitido sul suo viso. – se vuoi cambio scomparto…

S: No figurati!!! – si sforzò di sorridere, ma i suoi occhi erano arrossati dalle lacrime che disperatamente aveva ringoiato - Ti avevo scambiato per un’altra persona…

N: Una persona molto importante vista la faccia delusa – il suo sorriso era opacizzato da una lieve linea di dispiacere.

S: Si molto… - si costrinse a risollevare gli animi – Ma va bene lo stesso dai… Un po’ di compagnia fa sempre bene – scosse la testa e la lunga ciocca di capelli biondi le ricadde sul viso.

N: Cos’è una nuova moda?? – indicò divertito il flusso dorato che le scorreva tra i boccoli neri.

S: Hemm – si vergognò un po’ pensando che lui la potesse scambiare per una di quelle punk mezze matte – No diciamo che ci sono nata

N: E’ naturale??? – era allibito, ma il suo sguardo cambiò di colpo come a ricordare qualche cosa. – Si potrebbe pensare che tu sia una streghetta allora… - le sorrise divertito

Il cuore le mancò di un battito, aveva raggiunto con una semplicità assurda, la verità di un segreto celato a tutti. Una strana sensazione di dejavoux l’assalì. Quegli occhi rilucenti le ricordavano qualcuno. Il bagliore, la vitalità di qualcuno già visto da qualche parte. Si sforzò per cercare di capire chi fosse la persona che aveva gli stessi occhi di quel ragazzo splendido, ma tutto ciò che rimase fu il silenzio dei suoi ricordi. Si rassegnò sorridendo. - Streghetta pazza e visionaria - rise

S: Si una strega cattiva e indisponente – allontanò i mille pensieri dalla sua testa e si soffermò ad osservare il suo sguardo attento – Scusami per l’ignoranza di prima… Anzi piacere io sono Samantha..

Allungò una mano verso la sua. Quando avvertì il contatto con la sua pelle, la sentì fresca, morbida e vellutata. I suoi occhi la guardavano divertiti.

N: E io sono Nicholas – una voce talmente maschile da far sciogliere qualsiasi donna. Resistette a stento, poi un flashback di Spike la ricondusse violentemente ad uno stato di calma. – piacere mio Sam… posso chiamarti così vero???

Ancora la sensazione di familiarità… La mise a tacere cominciando a chiacchierare con lui.

Passarono il tempo che li divideva dalla fermata del ragazzo, a chiacchierare allegramente. La compagnia di quel giovane, riusciva ad allontanare tutti i sensi di rigidità dal suo cuore. Le parve davvero di essere seduta in un treno, con qualcuno che conosceva da sempre. Risero insieme per qualche battuta, e fumarono una sigaretta vicino al finestrino. Gomito a gomito, con il vento che gli spettinava i capelli scuri. Il contatto con la pelle del suo braccio, le dava scariche di adrenalina molto particolari. A stento riusciva a camuffare l’agitazione, quando allontanava istintivamente il suo braccio da quello del ragazzo. Lui era radioso, avvolto dal sole, come un dio greco. Avvertiva i suoi pensieri delicati, che l’accarezzavano nei momenti di silenzio. Tutto perfetto fino al suono di arrivo in stazione. Il cuore le sobbalzò nel petto.

S: Sei arrivato vero??? – il suo sguardo avvilito seguì i pochi gesti del ragazzo, che stava radunando le sue cose per scendere

N: Si purtroppo… - era a sua volta amareggiato – Questa è stata la prima volta che il viaggio di ritorno a casa mi è volato via come il vento….

Si guardarono un istante. Avrebbe voluto chiedergli il numero, ma l’insicurezza glielo impedì. Poi un senso di colpevolezza la invase prepotentemente, rimettendola a sedere.

N: Vado altrimenti il treno riparte – i suoi occhi le accarezzavano il viso con dolcezza

S: Si… Chissà che non ci si rincontri qualche volta nella vita… - un lungo fremito la scosse quando lo vide avvicinarsi lentamente. La baciò su una guancia con la dolcezza di un bambino.

N: Vedrai che ci rincontreremo presto Samantha – stava sussurrando nel suo orecchio – La persona che ami, sarà la più fortunata del mondo ad averti accanto

Risalirono le lacrime… Non sarebbe stato fortunato… Non sapeva nemmeno se l’avrebbe più rivisto…

Il ragazzo la cinse con un abbraccio dolcissimo, così che lei potè nuovamente assaporare il suo profumo, e la freschezza della sua pelle candida. Incrociò i suoi occhi verde cristallo e sorrise.

Lo vide andare via, con le sue poche cose in mano, e lo spolverino in dosso.

Cercò tra la folla fuori dal vetro, la sua statuaria figura, ma non riuscì ad incontrarlo tra le persone in stazione. Quel ragazzo splendido era stato inghiottito dai flutti di gente in corsa con il tempo, ed era sparito definitivamente.

Il senso di solitudine la invase nuovamente lasciandola di nuovo in balia delle lacrime. Così tanto simile a lui, ma così profondamente diverso. Era stato solo un salto all’indietro nel tempo, per ricordarle nuovamente di aver perso qualcosa di veramente importante. Aprì di scatto la borsa e ne trasse fuori il libricino nero. Aprì la solita pagina e sospirò asciugandosi l’ultima lacrima ribelle.

Passò l’ultimo tratto del viaggio con gli occhi chiusi ed in silenzio con il diario tra le mani, a riguardare nella sua mente tutti i particolari del viso del suo William.

Un’ora dopo era alla stazione di Torino.

Un taxi la condusse in hotel, attraversando la città, fino ad un quartiere di periferia. Durante il tragitto una sensazione di oppressione profonda, le avvolse lo stomaco.

Scese dalla macchina e senza nemmeno cenare, si mise a riposare. Fece sogni confusi quella notte, troppo confusi per essere ricordati sotto la luce del nuovo giorno.

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