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Parte 15

18 Al di là del mare - Prima parte

 

Era da poco ritornata dal circolo Wicca, ed era sfinita. Le ragazze, parevano divertirsi a farla diventare matta. Insegnare loro qualche cosa, stava diventando sempre più un’utopia. Per lei fare magia, era talmente naturale, da farle apparire gli sforzi delle altre così assurdi. Soprattutto, era snervante il continuo dover ripetere le cose. Non si era mai vista in grado di fare la maestrina, e soprattutto ora, se ne stava rendendo conto. Per di più quella sera, la sua cara amichetta, aveva preferito uscire con Luca… Ovvio… E chi non avrebbe preferito una seratina romantica, ad un cerchio di sabbia consacrata, una stella di Davide e 10 ragazze alle prime armi? Lei sicuramente avrebbe preferito anche il caro, buon vecchio Maurizio Costanzo Show, a quella tortura. La cosa assurda era, che nemmeno riusciva a volergliene. Era stata lei a rinchiudersi all’interno dei suoi sogni, lasciando il mondo fuori. Era giusto che gli altri camminassero in strade assolate. Di strega mezzo vampira ne bastava una sola.

Finalmente, era riuscita a mettersi qualche cosa di comodo in dosso. Se solo ripensava al piumone color cachi che le avevano dato come mantello rabbrividiva. Solo poche settimane prima, vedendolo in dosso alle streghe della congrega di Torino, era scoppiata a ridere. E la cosa ancor più sconcertante, era che a suo tempo, aveva giurato a sé stessa, che non avrebbe mai e poi mai indossato una cosa del genere. Invece, poche ore prima di essere nel suo letto, andava in giro vestita come la strega di Blaire… - Che vita di merda -  Non era più riuscita ad aprire il portale, faceva da maestrina e gruppetti di streghette estasiate, e per di più, ora era stata anche invitata a presidiare, un raduno a Los Angeles… Dio… Non che le dispiacesse, sole, mare, grattacieli e soprattutto tanto shopping, ma davvero questa volta la cosa le pareva paradossale. Le avevano telefonato nel pomeriggio da Londra, come e dove avessero preso il suo numero, sarebbe rimasto per sempre un mistero della fede, e l’avevano fermamente invitata, a presentarsi al raduno in quella che avevano chiamato la città degli Angeli. E se quello era stato un invito, ora lei poteva anche dirsi la fatina dai capelli turchini. Per qualche istante si era scervellata, per cercare di capire, che città fosse la città degli angeli, poi le erano venute alla mente, le parole che mille volte le aveva già detto James… “Non sai che ti perdi, a non venire nella città degli angeli…” Lei sapeva bene, che lui, si riferiva più che altro a sé stesso, quando diceva quelle parole…

Ora si ritrovava dopo mille volte che si era rifiutata di andare, a “dover” andare per forza. Era palesemente disturbata dalla cosa, e il suo dissenso, si era fatto sentire bene, proprio durante la telefonata del pomeriggio. Non riusciva a capire come mai, se davvero la consideravano ancora la capostipite, continuavano ad obbligarla a fare cose che non voleva assolutamente fare.  Tutto quello che riuscivano a dirle ogni volta, era che lei aveva dei doveri verso la comunità segreta, e che doveva adempiere con orgoglio alla sua missione…

La cacciatrice della congrega Wicca. Finalmente riusciva a capire un po’ del fastidio provato da Buffy, nella sua vita di prescelta. Una missione da sfigate, che oramai le accomunava in maniera paradossale. Due poveracce, con solo obblighi e doveri. Sbuffò…

Era sdraiata sul letto, le gambe accavallate, e le braccia incrociate sul petto. Lo sguardo infuriato, ma soprattutto confuso, a cercare una via di fuga anche da questo. Fino a quel momento era riuscita a sfuggire al mondo, ai suoi amici, ora invece, questa congrega, le dava ordini… Il problema maggiore però, rimaneva il fatto di non riuscire a dire loro di no.

Inaspettatamente, e contro ogni logica, aveva chiesto una settimana di ferie, ed ora stava aspettando il fattorino, che le avrebbe portato i biglietti aerei. Almeno la congrega, le pagava interamente il viaggio. Una settimana di vacanza a Los Angeles, con il solo obbligo, di due sere al raduno.

S: E Priscilla non viene – ringhiò. Odiava anche solo l’idea, di trovarsi in mezzo ad un mucchio di persone che la osannavano deliranti, senza avere nessuno al suo fianco che fosse di sua conoscenza. Sapeva, che probabilmente ci sarebbe stata la sacerdotessa conosciuta a Torino, ma per lei era e rimaneva comunque una sconosciuta. Priscilla era stata obbligata a rimanere a custodire le novizie, anche quando Samantha aveva insistito energicamente, perché le fosse permesso di accompagnarla. Non c’era nessuno che potesse farlo se non lei, le avevano risposto, quindi sarebbe dovuta rimanere a Roma, senza discussioni. Questa cosa l’aveva fatta infuriare ancora di più, ma senza risultati di nessun genere. Non avrebbe potuto portare con sé, neanche Tabata, il viaggio troppo lungo, l’avrebbe massacrata, e soprattutto la profilassi l’avrebbe costretta a rimanere in quarantena in uno studio veterinario, per praticamente tutta la durata del soggiorno. Questo la lasciava ancor più in balia della solitudine. Praticamente, stava per attraversare l’oceano, sola come un cane, per andare in pasto alle sue fans scatenate. Dio come riusciva a capire James ora… Obbligati dalla fama, a fare quello che gli altri vogliono che tu faccia e soprattutto, a sopportare ogni sorta di invasione.  Solo che almeno lui, da questa cosa, ne traeva sani e cospicui profitti…

James… L’unica faccia amica, nella città degli angeli… Questo la metteva ancora più a disagio. Erano diventati molto amici in quelle settimane trascorse. Si erano sentiti praticamente una volta al giorno, e le loro uscitine virtuali, erano diventate una buona abitudine rilassante. Si erano uniti in una magica amicizia, che però rimaneva virtuale sotto ogni punto di vista. La aveva esortata più volte a partire, ma il suo terrore in un contatto troppo ravvicinato con il sosia del suo vampiro, l’aveva sempre fatta desistere. Ora invece, contro ogni aspettativa, si trovava a dover camminare le sue stesse strade, e a dover respirare la sua stessa aria. Probabilmente con la sua fortuna, lo avrebbe anche incontrato da qualche parte. Non voleva vederlo… Questa era la verità… Ovviamente, aveva sempre evitato di dirglielo, limitandosi a tirare fuori mille scuse. Non aveva la benché minima intenzione, di uscire, con la cosa che più in quel mondo, le riportava alla mente ricordi magici. Ancora talmente dolorosi da far male, come lame affilate nella carne viva.

Ora invece, contro ogni suo ragionevole dubbio, si trovava obbligata, a uscire con lui. Certo, avrebbe potuto fingere che non fosse partita, ma come già ben sapeva, la sua sfiga, era qualcosa di talmente fisico, da potersi tagliare con un… Non un grissino, qui ci sarebbe voluta un’accetta degna di un Titano.

Poteva solo continuare a sperare in qualche disguido, o in qualche aiuto del cielo.

Da un mese e tre settimane a quella parte, la sua vita era stata completamente stravolta, oltretutto, senza via di uscita alcuna. Vittima del suo “dono”… Almeno così lo chiamavano Priscilla Tabata e le altre… mentre lei, lo reputava solamente il frutto della sua solita e proverbiale sfiga.

Sentì il suono del campanello, e scocciatissima, si diresse alla porta. Sapeva già, chi era il rompiscatole, che l’andava ad importunare a quell’ora… Era stata avvisata sull’arrivo del corriere della congrega. Su queste cose, veramente anche su molte altre, queste persone non avevano proprio orari. Erano quasi le dieci e mezza di sera, ma qualcuno, ancora aveva da lavorare.

S: Si??? – Fu più per proforma, che per sapere chi fosse. Lo osservò un po’ dall’occhiello della porta. Un ragazzetto lentigginoso, con pochissimi capelli. Grassottello e sudaticcio… Quello che probabilmente, poteva essere, il simbolo degli sfigati italiani…

Corriere: Sono qui per portarle una cosa da parte di Fiori

Scosse la testa… Quel nome in codice aveva dell’inverosimile. Ridicolo e senza un filo di originalità.

Aprì la porta, e rimase a guardare il ragazzo che le porgeva sorridente, una busta con la ceralacca sopra. Alzò gli occhi al cielo sconfitta. Quel nugolo di vecchiume, andava rispolverato un po’, e solo lei avrebbe potuto farlo. La ceralacca… Tipico di gente, che non ha capito ancora, di trovarsi nel ventunesimo secolo…Afferrò energicamente la busta, e diede una piccola mancia al ragazzo. Lo vide fare un inchino e girare sui tacchi. Si sbrigò a chiudere la porta per non rischiare, di scoppiare a ridergli in faccia. Quella era davvero gente strana, e se lei da qualche tempo si sentiva fuori posto in quel mondo, quelle erano persone che davvero erano ancora rimaste ai tempi dell’inquisizione.

Aprì la busta distrattamente, rimanendo per un po’ a guardare i biglietti aerei che vi erano contenuti. Annuì compiaciuta, tralasciando per un attimo la stizza dell’obbligo incontrastabile. Le avevano prenotato un posto in Bussines Class… Degno di un alto esponente… Di che però ancora non si sapeva. Tirò fuori dalla busta anche la prenotazione per l’hotel e lesse la lettera della super mega sacerdotessa dei suoi stivali.

“ Signorina Samantha De Luca

Le diamo il benvenuto tra di noi come reincarnazione della nostra capostipite, e la invitiamo a partecipare, alla convention che si terrà a Los Angeles i giorni 25 e 26 Maggio. Il luogo rimarrà segreto fino al momento dell’appuntamento. I partecipanti verranno scortati la sera stessa, fino ad una villa fuori città, da autisti fidati. Il soggiorno e il viaggio saranno completamente a nostre spese. Siamo compiaciuti di poterle regalare una settimana di riposo,  sulle spiagge della città degli angeli. Il soggiorno partirà dalla domenica notte del giorno 21 Maggio fino alla domenica notte del giorno 28. Non vediamo l’ora di poterci deliziare della sua compagnia.

Cordiali saluti

WM”

Alzò disperatamente lo sguardo verso la finestra. Buttarsi di sotto??? Sarebbe potuta essere una cosa meravigliosa, se non fosse stata ancora così maledettamente attaccata alla vita, per via di una speranza troppo dura a morire. Una speranza con due bellissimi occhi azzurri, e una testolina di capelli biondissimi, che pareva ipnotizzarla con i suoi richiami.

Tutto così assurdo… Una ricerca disperata di una vita normale, che probabilmente non sarebbe mai arrivata. Come si sentiva simile a Buffy ora… Quasi riusciva a comprenderla…

Stava aspettando la solita telefonata, ma questa volta, sperava con tutta sé stessa, di non sentire il cellulare squillare. Era terrorizzata solo dall’idea di dire a James che sarebbe andata a Los Angeles. Lui ne sarebbe stato entusiasta sicuramente, ma lei non lo era affatto. Probabilmente questa volta se ne sarebbe accorto. Soprattutto non sapeva come giustificare il fatto, che così inaspettatamente, aveva deciso di attraversare il mare. Solo fino al giorno prima, la sua risposta era stata irremovibile. Mille scuse, ma solo un significato… NO

Soprattutto cosa avrebbe potuto dirgli??? Sapeva benissimo che tipo di lavoro svolgesse, e certo, non avrebbe potuto imputare al suo impiego, il lungo e tempestivo viaggio che si approntava a fare. Non la divideva nemmeno una settimana dalla partenza… e trovare una scusa credibile, le risultava davvero impossibile. Si mise a rimuginare sotto gli occhi attenti del gatto.

T: Hai paura di incontrarlo… - si era sollevata a sedere e ora la guardava dritta negli occhi – Sai meglio di me, che il tuo problema è solo questo…

Tacque. Come al solito Tabata, aveva colpito nel segno. Ma aveva omesso un piccolo particolare, quella che lei aveva semplicemente ridotto al termine di paura, era angoscia allo stato puro. Sottile e invasiva, lacerante e soffocante. Terrore disperato, di incontrare il sosia di quello che ormai da più di un mese, era la sua ossessione preponderante.  Non rispose fingendosi incredula, ma dopo poco smise di fingere. Con loro non aveva nessun senso, le leggevano dentro, come attraverso un vetro purissimo. Tacque annuendo.

T: Secondo me ti fai troppi problemi – maledetta gatta stronza, sempre stramaledettamente obbiettiva e pratica – Devi solo spassartela per una settimana – sbadigliò – e soprattutto, con un ottimo accompagnatore

S: Si e magari darmi alla pazza gioia tra le lenzuola – si morse la lingua, quando vide la gatta guardarla, con quello che per una persona, sarebbe stata un’espressione divertita

T: Anche se fosse? – la vide avvicinarsi e lottò contro la voglia disperata di strangolarla – E’ un bel po’ che non lo fai… rischi di diventare acida davvero – la vide sogghignare sorniona.

Un rantolo le uscì dalla bocca, strozzandole una marea di insulti giù in fondo nella gola, avrebbe volentieri voluto farla a pezzi. La gatta saltò giù dal letto con leggerezza, e si sedette un po’ più lontano ad osservarla.

S: Ma perché non ti ho fatta sterilizzare??? – aveva urlato senza nemmeno pensare – Probabilmente saresti stata meno bastarda – Ora le voltava le spalle. Poteva sentire i suoi occhi azzurri osservarla divertiti. – Tabata sta sera levati di mezzo o finisce male davvero!!!

T: Guarda che io lo dico per te – sbadigliò di nuovo – Poi non è detto che due persone che si incontrano, debbano andare a letto – si fermò sulla porta e si voltò nuovamente – se lo dici è perché evidentemente ci hai pensato tu per prima – fuggì via appena in tempo per evitare una ciabattata sulla testa.

S: Stronza!!!!!

Arginò la rabbia disperatamente. Quella gatta, riusciva con poche parole, a metterla a nudo, quasi fosse il suo inconscio a parlare. Era tutto vero, ci aveva pensato lei più volte. Aveva pensato di fare l’amore con James, addirittura lo aveva sognato. Poi ogni volta, il senso di colpa l’aveva lacerata fino a farle male. Nei sogni si sentiva spiata, e più di una volta aveva visto qualcuno alla finestra. Sogni talmente inquietanti da rovinarle inesorabilmente le giornate. Sapeva benissimo di non provare nulla per il ragazzo, ma qualcosa dentro di lei, la spingeva tra le sue braccia. Si era sempre detta che il problema, probabilmente, era solo dato dal fatto che James era reale. Unica soluzione trovata, lasciarlo virtuale per tutta la vita, evitando così ogni tentazione. Ora invece, la obbligavano ad abbracciare la sua paura peggiore, il fatto di trovarselo di fronte in carne e ossa. Il fatto di poterlo toccare, di poterci ridere insieme. Di uscire come due persone normali, di dividere del tempo prezioso, con lui. Si mise le mani nei capelli, in un gesto di terrore. Cosa avrebbe fatto davanti a quegli occhi così uguali a quelli di lui??? A quel corpo che le ricordava disperatamente quello di William?? – Te lo fai, ti diverti e stai zitta – si getto con la faccia sul cuscino. Quelli erano i pensieri che la torturavano ogni giorno – Cazzo Sam, ma chi non vorrebbe essere al tuo posto??? – Istintivamente si passò il cuscino sopra la testa, spingendolo quasi a soffocarsi.

S: Io non vorrei stare al mio posto!!!! – gridò a sé stessa, con la voce attutita dalle piume del cuscino – e questo credo possa bastare!!!

Ci fu un attimo di silenzio, poi i pensieri tornarono, più stupidi che mai. Non riusciva a credere, che qualcosa dentro di lei, riuscisse a rinnegare quel sentimento così grande. Li scongiurò di tacere, ma erano troppi e confusi. Si mise a sedere con un gesto nevrotico, e lanciò il cuscino contro l’armadio. Tutto tacque di nuovo.

Avrebbe finto… Non gli avrebbe detto nulla, avrebbe finto di aver peso il cellulare. Avrebbe finto di andare a Torino per lavoro, avrebbe finto di sparire per una settimana….

Il suono del telefono le diede l’ennesimo colpo al cuore. Osservò il display… Lui…

Attese qualche istante, e il telefono ritornò muto. Sospirò, quella sera non ce l’avrebbe fatta, ma qualcosa in lei la faceva sperare in una nuova chiamata… Afferrò il dvd e si mise a guardare come al solito le gesta del suo vampiro. – Quello si chiama James Marsters Sam… - spense istintivamente. Corse alla radio e spinse play sul pulsante di riferimento del cd. Inorridita ascoltò Rest in Peace… Quella stessa canzone che ascoltava ogni sera – Anche questo Sam

S: E no cazzo!!! Questo no!!! si Sam anche questo..

Si gettò sul letto sconfitta e gridò con la faccia nuovamente nascosta in un cuscino. Un letto talmente grande, da farle desiderare di cambiarlo troppo spesso. Un letto che troppe volte aveva sognato di dividere con lui – Con James? – Sgranò gli occhi, saltò a sedere sul letto, e incrociò di nuovo gli occhi della sua compagna.

S: Non con James Marsters… - un sibilo nervoso – Con William The Bloody maledizione!!!

T: Di cosa parli??? – si accostò al letto titubante

S: Del mio letto… - osservò lo sguardo indagatore della gatta, ma non rispose. Litigò ancora un po’ con i suoi pensieri, fin quando il telefono tornò a squillare sotto i suoi occhi.

S: Pronto Jimmy??? – la sua voce era un po’ titubante, ma la vitalità del suo interlocutore, le diede un po’ di sollievo

ciao Sammy!!! >Scusa l’ora, ma sta sera ho fato davvero tardi – le sembrò di vederlo sorridere. –che facevi di bello baby??

S: Nulla di speciale, mi rotolavo nel letto disperata – perché lo aveva detto?? Si maledì

J: Che cosa è successo?? – la sua voce ora appariva preoccupata – Ti ha fatto qualcosa qualcuno? Dimmelo e faccio una strage… - lei rise

S: No è che non sapevo che cosa mettere in valigia… - ecco lo stava facendo

 J: Parti?? Dove vai di bello??? Vieni a trovarmi?? – Lo sentì ridere

S: Si vengo a trovartiTesta di cazzo che stai facendo!!!!!

Ci fu un attimo di silenzio sottile, poi la voce del ragazzo le balbettò nelle orecchie

J: D.. Dici sul serio??? Non stai scherzando vero?? – perché era così maledettamente contento?? Perché la cosa non pareva affatto infastidirlo?

S: Ti dispiace? – pregò con tutta sé stessa che dall’altra parte arrivasse una risposta affermativa

J: Stai scherzando o no??? – Aveva alzato la voce… Voleva una risposta

S: No…

Di nuovo quel silenzio carico di elettricità. Le scariche nel telefono apparivano sinistre e potenti come non mai.

J: N.. Non posso crederci… - un tono troppo strano per essere capito

S: Jimmy, non voglio venire ad invaderti la vita – una scusa al volo – Una mia amica si sposa a Los Angeles, e mi ha invitata…

J: Ah… - Ancora il tono indecifrabile – Ma quanto rimarrai allora?

S: Una settimana… - Perché glielo stava dicendo??? Probabilmente, ora, anche se contro voglia, si sarebbero visti.

J: Allora avrai del tempo per me!!! Avevo paura che venissi, e non avremmo potuto stare un po’ di tempo insieme – un fiume di gioia dall’altro capo del mondo. Un colpo nello stomaco, che la fece gelare. Era felice, e il tono precedente, era solo servito per coprire la delusione. Troppo felice!!! – Bambina finalmente riuscirò ad abbracciarti!!! Yuuuuuuuu!!! – Staccò il telefono dall’orecchio e con gli occhi fuori dalle orbite, cercò il conforto di Tabata. Sogghignava compiaciuta…

J: Sammy ci sei?? – silenzio

S: S.. si, stavo ascoltando… - ridacchiò nervosa

J: Piccola, sembra non ti faccia piacere – voce dispiaciuta… Troppo dispiaciuta!!!

S: No ma stai scherzando!!! Non Vedo l’ora!!!– la voce le era diventata roca. Cercò di deglutire, ma si rese conto che, tutta la saliva era sparita. Gemette piano al dolore nella gola.

J: Ti porterò a cena, al mare, in giro… Ti farò divertire come una pazza!!! – Stava facendo tutto da solo… - Ma quando hai il matrimonio???

Per poco non si tradì, dicendo quale matrimonio???

S: Hemm… il venticinque e ventisei di maggio… Poco fuori città Verrò a LA dal ventuno al ventotto… – di nuovo silenzio

J: Sam… Ma è settimana prossima… - qualcosa nella sua voce aveva tremato impercettibilmente – Dio… Sarai da me tra meno di una settimana… - Era emozionato!!! – Piccola allora ora ti saluto… devo inevitabilmente sistemare delle cose… I giorni in cui sarai libera, voglio essere tutto tuo – lo sentì ridere, e un senso di vertigine le avvolse la testa. Era stramaledettamente felice anche lei, del fatto che lui fosse al settimo cielo, per il suo arrivo.

S: O… Ok… Allora ci sentiamo

J: Si piccola ci sentiamo domani sera e ti faccio sapere per bene, ma sta sicura, che non ti lascerò da sola nemmeno un minuto – sentì il solito bacio della buona notte, ed il telefono divenne nuovamente muto…

Lo guardò per un po’. Si ritrovò felice, con tanta voglia di partire, e di stare con lui. Ma nel profondo un grandissimo senso di colpa la stava logorando lievemente.  Poi probabilmente non ci sarebbero stati problemi… Non è detto che due persone debbano necessariamente finire a letto…  Soprattutto non era assolutamente detto che lui lo volesse… Erano solo buoni amici…

Quella notte fece sogni sconnessi, pieni di visi strani e sconosciuti. Sognò nuovamente il ragazzo del treno, ma lui parve non vederla.

Poco meno di una settimana dopo, era su di un aereo per viaggi intercontinentali, a sorseggiare un coktail analcolico e a leggere una rivista americana, con un senso di smarrimento inspiegabile dentro. La mano nella borsa per tutta la durata del viaggio, ad accarezzare la sua rosa bianca simbolo della magia di quell’amore perduto…

2° Parte

Era atterrata alle 18:30 all’aereoporto di Los Angeles. Una confusione assurda, e una frotta di persone di corsa, la investì come un uragano. Era arrivata a destinazione con un’ora di ritardo. Cosa aspettarsi?? Mille volte si era domandata, se per qualche strano motivo, fosse proprio la sua presenza sui mezzi di trasporto, a far si che questi ritardassero inesorabilmente ogni volta. Dovette aspettare un bel po’ prima di poter recuperare il bagaglio, ma contenta del fatto che non si fosse smarrito nulla, si diresse velocemente verso l’uscita. Ringraziando il cielo, James, le aveva detto di non riuscire ad andarla a prendere in aereoporto. Era riuscito e spostare tutti gli impegni, ma quella sera, nonostante fosse domenica, aveva da fare fino alle 21. Meglio di così non sarebbe potuta andare. Avrebbe addirittura preferito che lui si fosse fatto vivo solo la mattina dopo. Le ci sarebbe voluto un po’ per prepararsi psicologicamente all’incontro, ma non era riuscita a dirgli di no, quando le aveva detto che era troppo ansioso di vederla. E lei lo era??? Questa era una domanda alla quale aveva dato molteplici risposte, ma la più credibile era stata un potente ed irremovibile NON LO SO.

Ora doveva solo cercare l’incaricato dell’hotel. Le super streghe, le avevano sistemato per bene ogni cosa… Antiquate, ma sicuramente organizzatissime e previdenti.

Uscita, una vampata di caldo afoso le tolse il respiro. L’aria condizionata per tutto il tempo, le aveva abituato il corpo a climi molto più freschi di quello che ora la stava accogliendo. Barcollò un po’, lottando qualche istante, contro un senso di vertigine e nausea che le avevano attanagliato lo stomaco. Lentamente cercò di riprendersi, sorreggendosi sul maniglione della sua immensa valigia da viaggio. Se qualcuno si fosse soffermato ad osservarla, probabilmente si sarebbe chiesto, cosa poteva contenere, quell’astronave dalle dimensioni assurde. Effettivamente, all’interno non aveva messo molto. Una valanga di costumi, creme, cremine e un asciugamano da spiaggia. Qualche vestitino fresco, tre paia di Jeans, tra cui i suoi preferiti, mai da nessuna parte senza di loro. Ancora qualche toppino e due tailleur leggeri. Ok… Aveva messo anche una marea di sandali e stivali, due vestiti da sera e un paio di abitini niente male, ma a sentire le proposte di svago del suo accompagnatore, si era detta che le sarebbero serviti come il pane. Poi avrebbe fatto shopping… Ridacchiò… La cosa più sostanziosa comunque, era proprio quella che a lei non serviva affatto… Aveva dovuto portarsi dietro, i libroni che le erano stati dati a Torino. Quei libri, che aveva usato per nemmeno due settimane. Così inutili per lei, quanto indispensabili per le altre. Erano la cosa più voluminosa e pesante, e il solo pensiero di doverli scorazzare, la faceva incazzare ancora adesso.

Una ragazza piuttosto grassoccia, la investì di corsa, facendola quasi stramazzare a terra. La guardò perplessa andare via, reggendosi in equilibrio precario sui suoi stivaletti con il tacco alto. Non si era nemmeno degnata di chiedere scusa, troppo presa dalla fretta che le si leggeva stampata sul volto. Avvertì una mano sorreggerla, e di scatto si voltò per guardare a chi appartenesse. Un giovane dai lunghi capelli neri, la teneva per un braccio sorridente. Non riusciva a vedere i suoi occhi attraverso gli occhiali scuri, ma sicuramente non potè far a meno di notare, quanto fosse affascinante il suo viso.

G: Arial??? – la guardò aspettando una risposta. Il sorriso stampato sul viso abbronzato, circondato da ciocche nere ribelli, lucide come l’ebano laccato.

S: Ti prego evita di chiamarmi con quel nome almeno tu – si liberò dalla presa e tornò padrona di sé stessa e del suo equilibrio ancora un po’ precario.

G: Ah mi scusi! Comunque non mi sono sbagliato, e questo già è tanto… - lo vide allargare il sorriso a dismisura, e si preoccupò per la salute della sua mascella scolpita. – Io sono Giulian, e sono stato mandato da Fiori…

S: E rose… - lo vide aggrottare la fronte, nel gesto di chi non comprende di cosa si sta parlando – Nulla Giulian… Ho detto bene vero??? – si passò una mano sulla fronte per asciugare le prime gocce di sudore - E’ solo che ritengo questo nome in codice, molto poco degno di James Bond – Ridacchiò. Lui la seguì a sua volta, con una risata calda e schietta.  Le piacque.

Lo seguì fino all’auto, una lussuosa jaguar nera degna di una vip… sorrise estasiata. La stavano trattando veramente da regina, e davanti a quella scena, la stizza svanì come per incanto. Decise finalmente che si sarebbe goduta quei giorni senza fiatare. Il ragazzo le aprì la portiera, con un gesto degno del miglior gentleman in commercio e, dopo averla richiusa delicatamente, si apprestò a mettersi al volate.

G: Direzione Hotel Sunshine… il più bello della costa – ultimo sorriso prima di mettere in moto l’auto. Lo osservò guidare, sicuro e veloce, come una persona reduce da un corso di guida sicura. Si rilassò e schiarì la voce.

S: Ok… Quindi tu saresti???

Si voltò lievemente, e riuscì ad intravedere dalla fessura che lasciavano scoperta gli occhiali, un fortissimo riflesso verde smeraldo. Pregò Dio con tutta sé stessa, perché i californiani non fossero stati tutti così belli, altrimenti sarebbe stata una settimana troppo massacrante…

G: Io sono la sua guardia del corpo… - lo squadrò dalla testa ai piedi sgranando gli occhi. Lo vide sorridere nuovamente – mi hanno mandato per farle compagnia ed esaudire ogni suo desiderio

Era davvero troppo anche per lei. Anche dopo tutte le cose assurde che aveva passato.

S: Stai scherzando vero??? – quello che uscì dalla sua gola, fu più un mugolio che una frase articolata. Lui scoppiò a ridere di nuovo.

G: No Arial – si voltò a guardarla senza staccare lo sguardo dalla strada – Dico davvero… Io sono quello che le farà da accompagnatore nella città degli angeli – spostò lievemente lo specchietto per guardare meglio la strada.

S: Voi siete pazzi!!! – parve non darle ascolto limitandosi ad immettersi su una super strada molto trafficata – A parte il fatto che io mi chiamo Samantha e non Arial, e che devi darmi necessariamente del tu o prendo un taxi – stava gesticolando nervosamente sotto lo sguardo divertito del ragazzo – non credo davvero di aver bisogno di una guardia del corpo, a meno che qualcuno a mia insaputa non voglia ammazzarmi!!!!!!!  - lo vide ridere di nuovo

G: No per carità!!! – scosse la testa divertito – Ma le sacerdotesse sapevano che non aveva nessuno qui, e mi hanno detto di starle… Starti scusami – rise di nuovo – vicino per portarti dove vuoi – lo guardò allibita, credeva davvero in quello che stava dicendo. Quasi fosse un agente in missione…

S: Beh puoi dire alle signore, che ho un buon amico da queste parti, e che sarà lui a farmi da cicerone – si voltò di scatto verso il finestrino ed incrociò con un gesto inconsulto le braccia. Aprì il canale telepatico.

G: Che caratterino ragazzi… Proprio come mi avevano detto – i suoi pensieri la assalirono – Ma non mi avevano detto quanto fosse carina… - Arrossì, ma lui non potette vederlo, troppo preso dalla guida – E’ un vero peccato che non mi voglia con lei… Ma tanto ci sarò lo stesso, mi hanno detto di non perderla mai di vista..

S: Cioè… Praticamente vorresti seguirmi??? – si morse la lingua e quasi non andò a sbattere contro il cruscotto quando lui frenò di colpo. La guardò paonazzo.

G: Hai sentito??? – era profondamente imbarazzato

S: Si!!! – altezzosa e radiosa, conscia della sua prima vittoria americana. – E vorrei capire che cosa state cercando di fare…

Lui la guardò qualche istante, alla ricerca di qualche cosa da dire, poi scosse la testa sconfitto.

G: Mi è stato detto di non perderti di vista… - aveva ricominciato a guidare – sei sotto una specie d’esame, ma per me lo hai già bello che superato – sorrise ancora intimidito

S: Esame per fare cosa??? Ma possibile che non si riesca mai a stare tranquilli??? Mi avete promesso una vacanza e invece mi ritrovo a scuola???? – era tremendamente irritata. Più conosceva queste persone, più si addentrava nelle loro menti contorte e meno riusciva ad apprezzarle. Una vera e propria gabbia di matti.

G: Non posso dirti di più di quello che ti ho detto Samantha… - calmo e posato… La osservò abbassando gli occhiali sul naso. Finalmente riuscì ad incontrare i suoi occhi. Meravigliosi e dolcissimi. Si sciolse di fronte a quello sguardo complice – prometto che nemmeno mi vedrai… Fai finta di avere un angelo custode che si prende cura di te…

S: Non ci penso proprio… - aveva parlato senza convinzione, e lui aveva sorriso annuendo.

G: Ok… Fingiamo che non ci sarò – riprese la strada verso il mare.

Lo vide apparire, come una distesa immensa davanti ai suoi occhi. Le onde altissime, si alzavano ritmicamente all’orizzonte, e gruppi di albatros bianchissimi, fendevano l’aria da padroni incontrastati. Osservando le loro evoluzioni, i loro tuffi verso l’abisso scuro, si dimenticò della discussione… Sarebbe stato il suo angelo custode… Senza pensare, aveva accettato anche questa situazione paradossale. Poi lui le piaceva… Le era particolarmente simpatico.

Parcheggiarono di fronte all’hotel. Un meraviglioso complesso, ornato di fontane con zampilli altissimi e variopinti. Il tramonto dipingeva l’acqua, con pennelli d’artista, e l’arcobaleno si stagliava lì, dove l’acqua si diradava in mille goccioline finissime. Osservò estasiata il panorama tutt’intorno. La spiaggia sottile a pochi passi, e il sussurro del mare ad accarezzarle il cuore. Avrebbe voluto tanto che lui potesse vedere tutto quello che lei stava ammirando. Scosse la testa, e si obbligò a proseguire. Gli mandò l’ennesimo di quei baci affidati al vento.

Giulian si occupò di tutte le pratiche di accettazione, mentre lei veniva scortata nella sua camera al quindicesimo piano. Il ragazzo delle valige, aprì la porta con una card magnetica e con un gesto della mano la invitò ad entrare. Quello che vide la lasciò senza fiato. Con un ampio cerchio della testa abbracciò tutta la stanza, dai mobili intarsiati in mogano pregiato, alle tende finemente lavorate. Dai fiori sul tavolino di cristallo, fino al letto a baldacchino, coperto da meravigliose lenzuola di seta bianchissima. Avanzò di qualche passo, assaporando l’odore di pulito che le solleticava l’olfatto. Non si accorse nemmeno che il ragazzo era andato via. Camminò sulla moquette vellutata, fino alla finestra e scostò una tenda. Il mare al tramonto, sembrava un dipinto ad olio sulla finestra chiusa. Uscì sul terrazzo e chiudendo gli occhi assaporò ogni più piccola particella di salsedine che, libera dal suo elemento di origine, vagava nell’aria tersa di quella sera tiepida. Osservò il sole morire, e diede il buon giorno, come ogni sera ormai da quasi due mesi, al suo amore lontano. Quello era il momento in cui, riusciva davvero a sentirlo ad un passo da lei. Si soffermava ad immaginare i suoi occhi aprirsi piano, come il risveglio delle stelle nel cielo. Da principio, piccoli bagliori nel cielo imbrunito, dopo luci splendenti guida di migliaia di marinai. Lei di fronte a quegli occhi era stata un marinaio al sicuro, ora invece, lontana da quel bagliore, era diventata naufrago alla deriva della vita. Si cinse il corpo con le braccia, e deglutì per ringoiare le lacrime. Dei lievi colpi alla porta la salvarono da un pianto tristissimo, ma inevitabile.

G: Samantha??? – gli aprì la porta

S: Hai sistemato tutto Angel??? – gli sorrise timidamente

G: Si tranquilla – rispose dolcemente al suo sorriso – Mi piace Angel – rise - Cosa vuoi fare questa sera??

Lo guardò per un po’, e quasi non si trovò a dispiacersi per quello che stava per dirgli.

S: Giulian… Sta per arrivare il mio amico… - abbassò lo sguardo dispiaciuta – Mi spiace, io non sapevo…

G: Non preoccuparti… - lo vide indietreggiare di qualche passo fino alla porta – non mi vedrai nemmeno… Lo giuro

Quelle parole, questa volta non le diedero fastidio, si limitò ad annuire e a sorridere nuovamente. Lo vide uscire dalla porta.

S: Giulian… - allungò una mano quasi potesse toccarlo. Lui si girò a guardarla nuovamente – Puoi chiamarmi Sam… Samantha non mi piace…

Un breve sguardo d’intesa, poi vide la porta chiudersi definitivamente.

Si diresse in bagno e in breve tempo si trovò sotto la doccia.

Erano le 20.48 ed era praticamente pronta. Tirata a lucido come non mai. Stava per incontrare l’uomo che l’avrebbe finita, ma al quale comunque, aveva imparato a volere bene davvero.

Si guardò nello specchio qualche istante ancora. Il vestito nero, le accarezzava delicatamente il corpo come una seconda pelle. Osservò le lunghe gambe affusolate, che vertiginosamente sprofondavano verso il basso, infilandosi in un paio di sandali neri con dei tacchi altissimi. I lunghi capelli raccolti da un ferma capelli dorato, le incorniciavano il viso con piccoli boccoli ribelli. Sarebbe piaciuta a lui?? A quel vampiro lontano?? A quell’uomo sopravvissuto ad un secolo di storia??? Probabilmente non lo avrebbe mai saputo, fece cadere le mani lungo i fianchi sconfitta. Non sarebbe mai riuscita ad uscire da quell’ossessione così profondamente radicata in lei. Probabilmente prima o poi, anche l’ultima speranza sarebbe svanita nel nulla, e di quella vitalità che le rimaneva, non sarebbe rimasta nemmeno la più piccola traccia. Sarebbe inesorabilmente morta dentro. Guardò l’orologio ancora una volta. Erano quasi le nove, e James si sarebbe precipitato da lei. Era convinta, che quella sera sarebbe impazzita dal dolore.

Si sedette sul divano e accese la tv. Gettò uno sguardo distratto ai fiori freschi che erano stati sapientemente messi ad adornare il tavolo, e con stupore, si rese conto finalmente del biglietto al loro interno. Lo aprì con delicatezza, sfiorando la carta satinata. Una filigrana ingiallita, finemente lavorata.

“ Ben venuta nella città degli angeli… Spero che ogni tuo sogno si avveri piccola fata dei boschi”

Nessuna firma. Rilesse molte volte le righe scritte a mano. Una calligrafia corsiva, inclinata e curata nei dettagli. Passò una mano sull’inchiostro, e  non potè fare a meno di notare, che sotto le parole scritte, non vi erano solchi di pressione. Osservò ogni dettaglio, i riccioli sulle maiuscole, e la delicatezza dei tratti. Istintivamente portò il foglio al naso, e si rese conto che la carta aveva un buon odore di vaniglia… Il suo preferito… Sorrise e ripose il biglietto con cura. Probabilmente i fiori erano un regalo di James, per darle il benvenuto. Li osservò e accarezzò una rosa rossa nel mazzo. Bussarono nuovamente alla porta. Un ragazzo in divisa le portò una scatola con un biglietto.

“ Piccola arriverò un po’ in ritardo, ma non vedo l’ora di stringerti forte. Your James “

Osservò la calligrafia con attenzione. Bella e  ordinata, ma palesemente non la stessa del foglio precedente. Posò la scatola su di un mobile e corse a confrontare il primo con il secondo biglietto. Senza ombra di dubbio scritti da due mani diverse. Cercò di immaginare a chi potesse appartenere quella calligrafia così bella e lieve, ma non riuscì a dare nessuna risposta a quella domanda. Soprattutto non riusciva a capire il senso della frase che era stata scritta, dolcissima e appassionata, diretta al bersaglio, come una freccia appuntita. Osservò ancora un po’ la lettera rigirandola tra le dita, ipnotizzata da quel mistero che le aleggiava intorno. Si diresse dopo, ad aprire la scatola che il suo amico le aveva mandato. Sciolse il fiocco azzurro, che teneva insieme il pacco e l’aprì. Al suo interno un mazzo enorme di rose bianche, tenuto da un fiocco dorato. Incastrato all’interno un altro biglietto.

“ Ho promesso di ricoprirti di rose, e questo è solo l’inizio. Ben venuta Sammy…”

Un colpo al cuore. Era davvero ad un passo dall’incontrarlo. E lui la stava accogliendo in modo speciale. Desiderò di sparire nel nulla, per non dover affrontare anche quella prova. Si sentiva sperduta, troppo lontana da casa, e solo ora se ne stava rendendo conto davvero. Quella sarebbe stata una settimana senza vie di fuga, una settimana per chiunque altro da ricordare… Ma per lei sarebbe stato lo stesso??? Si portò una mano sugli occhi e adagiando la testa sullo schienale del divano candido, sospirò cercando di rilassarsi. Gettò un occhio al televisore, e quello che vide la fece sorridere. Finalmente riusciva a vedere una di quelle famose puntate di Angel, di cui aveva tanto sentito parlare. Aveva incontrato anche lui… Bello e tenebroso, con quegli occhi così tristi, da far sanguinare, anche il cuore più arido. Ricordava di averlo chiamato in qualche modo, e poi di esserselo trovato davanti come per incanto. Ricordava la scena in cui li aveva visti stringersi… probabilmente ora erano insieme, per cercare di vivere il loro amore.  Avrebbero creato insieme quel magnifico bambino, che in qualche modo avrebbe salvato i mondi dalle tenebre. Sospirò di nuovo, ma questa volta, il suo sospiro, era un’onda di tristezza, che si rifrangeva sulla sua vita. Avrebbe tanto voluto poter vedere quel bambino, poterli vedere insieme, finalmente felici. Avrebbe voluto sapere come andavano le cose. Una lacrima le rigò il viso e smentire i suoi pensieri. Avrebbe solo voluto essere lì con lui, per poter vivere la sua vita, e sfuggire a quella realtà, che ancora una volta, la stava prendendo in giro.

L’apparire del viso di Connor la fece sorridere, e finalmente capì le piccole differenze che dividevano il suo mondo da quello del suo vampiro.

S: Ma quando mai Angelus ha fatto un figlio con Darla!!!! E soprattutto un figlio così brutto!!! – rise divertita ascoltando i dialoghi del ragazzino. Un personaggio insulso, messo lì per un qualche strano motivo, da Joss Whedon… Sempre lui a smuovere le pedine di questi serial…. Non riteneva affatto necessario, un componente del genere, soprattutto visto lo spessore del personaggio di Angel. Osservò Cordelia, e non potè far a meno di ridere nuovamente. E’ vero che la maturità cambia le persone, ma una Cordelia “intelligente”, era troppo anche per una come lei, che di cambiamenti ne aveva subiti a bizzeffe.  Cercò di non pensare più a nulla e distaccatamente si dedicò alla visione.

Verso le 21.40 lo squillo del telefono la fece sobbalzare.

Receptionist: Signorina, c’è una persona che la sta aspettando nella hall, cosa devo dire???

Un istante di silenzio, fece ripetere nuovamente la domanda.

S: D.. Dica che scenderò immediatamente – riagganciò la cornetta, con un veloce gesto meccanico. Rimase lì, immobile, con il fiato corto. Non poteva essere altri che lui… Giulian aveva giurato che non si sarebbe fatto vedere, quindi, in poche parole, era arrivato il grande momento. Forse avrebbe preferito la delicata invadenza del suo angelo custode a James Marsters… – Dio mi sento morire  - Non mosse un muscolo, troppo impegnata a sorreggersi sulle gambe, che inaspettatamente erano diventate molli e tremolanti. Un po’ barcollando si avvicinò allo specchio verticale, per osservarsi nuovamente. Sotto ogni punto di vista era perfetta, ma forse non abbastanza per lui. – Cosa ti frega di lui???? - Si sistemò di nuovo i capelli, e diede una velocissima rinfrescata al trucco. Cominciò a camminare verso la porta… Uno, due, tre passi, poi i piedi si inchiodarono nuovamente. Poteva udire forte nelle orecchie, ogni battito del suo cuore. Una vampata di caldo la colpì facendola nuovamente vacillare. Mosse le gambe come pietrificate, ed allungò la mano fino ad afferrare il pomello dorato della porta. Rimase ferma ancora qualche istante, il capo chino, il respiro accelerato, e il cuore che faceva affluire istericamente il sangue nelle sue vene. Disperatamente, cercò di recuperare il controllo di sé stessa, ma cominciò a tremare, sentendo il fiato morirgli in gola. Aprì la porta e a passi incerti, coprì la distanza che la divideva dall’ascensore. Il corridoio vuoto, le dava un senso inaspettato di sicurezza, nessuno l’avrebbe vista. Schioccò le dita e svanì nel nulla.

Al piano terra, le porte scorrevoli, fecero apparire alle poche persone presenti, un ascensore completamente vuoto. Nessuno vi badò. Titubante mise un piede sul parquette lucido, ed entrò nel grande salone. Si guardò intorno ma non vide nessuno di conosciuto, soprattutto, non vide la testa bionda di James. Tirò un sospiro di sollievo.

G: Sam…

Il cuore saltò una decina di battiti prima di ricominciare a irrorare sangue. Aveva riconosciuto la sua voce, ma non riusciva a capire come avesse potuto vederla.

G: E’ arrivato???  - non si mosse, era alle sue spalle. – Quando ho detto che non mi avresti nemmeno visto, parlavo di me – lo sentì ridere e si voltò per incontrare il suo viso. Lo vide appoggiato alla parete destra dell’ascensore. Un completo scuro, gli si adagiava sul corpo atletico, e la camicia bianchissima, faceva risaltare ancora di più l’abbronzatura dorata della sua pelle.

S: Come fai a vedermi?? – stavano parlando sotto voce

G: Per lo stesso motivo, che permette a te di vedermi – le sorrise irradiando la stanza di luce. Troppo belli i californiani, e soprattutto lui… La sua predilezione per i mori, era sempre stata uno stampo nella sua vita, almeno fin quando non aveva posato gli occhi su William… - Si cambia

G: Abbiamo usato la stessa magia, e la cosa ci rende immuni, l’uno da quella dell’altra – le si avvicinò sfiorandole il viso con il dorso della mano – Sei uno splendore sta sera… Fortunato il tuo accompagnatore…

Arrossì vistosamente, e lui ne parve particolarmente compiaciuto.

S: Quindi anche tu sei un mago – sviò il discorso per evitare di svenire – Pensavo che fosse uno di quei casini tutti al femminile – ridacchiò

G: In che senso casini?? – la guardò fissa negli occhi

S: Ah… Probabilmente tu sei uno di quelli che lo chiama dono – si voltò e inconsapevolmente cercò di nuovo il viso di James.

G: Se è il ragazzo biondo che è entrato prima, ti sta aspettando in macchina – un brivido le percorse la schiena – Penso ti stia aspettando da un po’ oramai… Ma non credo che così ti vedrà facilmente – i suoi occhi dolci le sfiorarono ogni parte del corpo, fino a tornare ad accarezzarle la pelle levigata del viso – Come mai hai deciso di sparire? Ci hai ripensato???

S: E’ una lunga storia… Troppo complicata e pazza da spiegare – ridacchiò nervosa, e con un paio di passi veloci entrò nell’ascensore trascinandolo con sé. – Magari quando avremo un po’ di tempo… - non glielo avrebbe mai detto.

Le porte si chiusero alle loro spalle e con un nuovo schiocco di dita tornò visibile. Lui ora era sparito.

S: Giulian?? – aveva allungato una mano nella direzione dove prima era lui, ed aveva toccato il suo torace scolpito. La ritrasse istintivamente, quando la scossa di adrenalina le colpì le tempie. Lo sentì ridere divertito.

G: Ora tu sei fuori dall’incantesimo e non puoi più vedermi. - Si riaprì l’ascensore al quindicesimo piano. Lo vide ripartire, guidato dalla sua mano invisibile. Quando scese per incamminarsi all’uscita, si voltò un secondo indietro per cercare di vederlo. Nulla…

G: Buona serata – un soffio impercettibile nelle orecchie.

A grandi passi coprì lo spazio che la divideva dal suo accompagnatore. Una piccola fermata davanti alla porta girevole, e poi il dolce fresco della notte, che le regalava l’unica vera visione celestiale di tutta quella serata. Uno stupendo William, con in dosso un completo scuro, la aspettava appoggiato su di una macchina sportiva nera, che sotto la luce della luna pareva rilucere di luce propria. Un mazzo di rose bianche tra le mani, e il sorriso più dolce del mondo stampato, solo per lei, sul viso dai lineamenti perfetti. In meno che non si dica, e contro ogni buon proposito, si ritrovò tra le sue braccia a ridere felice, per quel piccolo regalo che la vita le aveva fatto in quella fresca sera primaverile.

3° Parte

Era lì, sorridente tra le sue forti braccia, incapace di lasciare la presa. Lui la stringeva facendola volteggiare a qualche centimetro da terra, come in un dolce gioco da innamorati. Stretti e vicini, come due persone che non si vedono da tempo, e che hanno sofferto molto per la forzata lontananza. Fu inaspettatamente, come se quello fosse il milionesimo incontro, come se quel ragazzo fosse parte della sua vita, praticamente da sempre. Assaporò il suo profumo delicato, lo riconobbe subito, il suo preferito. Una speziata fragranza di Calvin Klain, la stessa che una volta aveva regalato a Marco. Sulla sua pelle però, aveva ancor più quel sapore buono che riusciva ad inebriarle le narici. Si beò della sua voce, nascondendo estasiata, il viso nel bavero della giacca. Si convinse che tutto fosse davvero come lo aveva sempre sognato, il suo cuore cercò di convincersi disperatamente che lui fosse lì con lei. – Finalmente… - Si scostò di poco, per immergere i suoi occhi in quelli di lui. Belli e accesi come tizzoni ardenti. Luminosi e dolcissimi sotto il chiarore lunare.

J: Ben venuta piccola – le posò un casto bacio sulla fronte. Il più dolce dei baci mai ricevuti da un uomo. Qualcosa le cancellò il sorriso dalle labbra, facendola rimanere perplessa davanti a quel viso meraviglioso irradiato di gioia. Lui la osservò qualche istante ipnotizzato, non accorgendosi del cambiamento, scambiandolo forse per un momento di complicità. Le accarezzò la lunga ciocca nera che le sfiorava lo zigomo, e la scostò di poco per poter osservarle meglio il viso. Le sue ciglia lontane, parevano sfiorarle la pelle, come piume delicate. – Sei più bella di quello che potessi immaginare… Il mondo virtuale non ti rende onore Sammy…

Rimase zitta a cercare una spiegazione di fronte a quel senso di inadeguatezza che l’aveva pervasa, ma quando incrociò lo sguardo lievemente preoccupato di lui, sorrise fingendo a fatica che tutto fosse a posto. Lo baciò con delicatezza sulla guancia. Di nuovo, il brivido sottile prese a percorrerle una linea designata sulla sua schiena scoperta. Avrebbe voluto poter credere che fosse un brivido di piacere, ma lì dove la sensazione tracciava un solco invisibile, restava un senso di gelo innaturale. Si scostò da lui leggermente, rimanendo a fissare quei lineamenti che tanto amava. Identico anche nella più piccola ruga del viso all’uomo che amava, ma così stranamente diverso. Sorrise di nuovo per cercare di scacciare i pensieri che come uragani, le turbinavano in testa.  Gli passò una mano nei capelli spettinati, e osservò attentamente l’abbronzatura perfetta, che colorava il viso tanto amato. L’innaturale pallore era svanito, sotto i caldi raggi del sole californiano.

S: Sono tra le braccia del mio divo preferito!!! – battè le palpebre fingendo un attacco di svenimento, e osservò attentamente il modo di ridere del ragazzo che ancora la stringeva con energia. Sospirò piano, nascondendo quell’attimo di sconforto in un respiro più forte. Quello non era lui… Sfiorò in maniera casuale il suo collo, e vi posò sopra il braccio. Dentro di sé, l’ultima barriera che la divideva dalla realtà dei fatti si spezzò, la sua pelle calda e liscia, non le riusciva a donare quella sensazione di pace, che solo il dolce contatto con quella del vampiro riusciva a darle. Una lacrima ribelle, si affacciò ai suoi occhi, e fu subito intercettata dalla mano delicata di James.

J: Spero che sia una lacrima di Gioia Sammy – la stava guardando fin nel profondo dei suoi occhi, cercando una risposta disperatamente.

S: Si – mentì amaramente a quello scherzo del destino – Mi sembra di essere al centro di una favola

Cosa avrebbe potuto dirgli??? Nulla se non quello. Lui era al settimo cielo e la stringeva con un affetto inaspettato. Con una risposta contraria avrebbe solo potuto ferirlo e magari farla apparire una una pazza ai suoi occhi… Sospirò di nuovo… Pazza era l’appellativo giusto per una come lei, almeno in quel mondo di merda… Probabilmente se mai avesse raccontato ad anima viva quella storia, si sarebbe ritrovata tempestivamente rinchiusa in un manicomio. Appoggiò istintivamente la testa al suo viso, e lui posò un nuovo bacio sulla sua fronte levigata. Fu un nuovo pugnale nel cuore, che la costrinse a rompere quel contatto, troppo ravvicinato.

Lui la osservò ancora un poco, prima di raccogliere da terra il mazzo di rose che era caduto nella foga del primo abbraccio. Glielo porse con un gesto galante.

J: Ho promesso di ricoprirti di rose, e lo farò – le sorrise nuovamente scoprendo i denti bianchissimi – per una settimana le tue strade saranno coperte di petali bianchi.

Lo guardò accecata da tanta bellezza. Delizioso e gentile, come poche persone al mondo avrebbero potuto essere. Avrebbe voluto poter dimenticare ogni cosa, cancellare tutti quei ricordi insensati con un colpo di spugna, per potersi sentire felice davvero. Gli cinse la vita con un braccio e con un lieve grazie, incrociò nuovamente i suoi occhi sfiorandogli il viso con un dito.

Si incamminarono stretti, le teste appoggiate l’una sull’altra, verso la macchina alle loro spalle. Le aprì lo sportello, e con meno delicatezza di Giulian, lo richiuse.

J: Questa sera non voglio farti stancare ulteriormente, quindi ho pensato ad una serata tranquilla – lo osservò mentre avviava la macchina con mani sicure. Esplorò le dita della sua mano. Così affusolate e perfette. Chiuse gli occhi e deglutì di fronte ad un nuovo attacco di nostalgia. Quelle mani l’avevano stretta qualche mese prima, e si erano aggrappate a lei in un momento di profondo sconforto. Quelle mani avevano cercato sicurezza tra le sue braccia, tremanti e disperate. – Non quelle mani Sam… Quelle di William – si schiarì la voce cercando di nascondere il roco suono che le lacrime amare, le avevano strozzato in gola.

S: Sono nelle tue mani Jimmy – posò una mano sulla sua cercando di riprendersi, ma il contatto la fece trasalire nuovamente. Lo vide portarsela alle labbra per baciarla delicatamente,  e infine posarla sulla sua gamba tesa. Il contatto con il muscolo perfettamente scolpito la lasciò senza parole. Si rammaricò di non aver mai potuto toccare la gamba di Spike per poter paragonare la cosa. Il pensiero  la fece sorridere, fin quando un attacco di ilarità la prese senza riflettere. Lui la guardò piacevolmente divertito.

J: Ti faccio ridere streghetta??? – senza distogliere lo sguardo dalla strada, aveva di nuovo accarezzato una sua ciocca dei suoi capelli morbidi.

S: Riflettevo sul fatto che milioni di donne, vorrebbero poter toccare questa coscia – nascose il viso tra le mani e rise più forte. La tensione dentro di lei, finalmente si stava allentando. Rise con lei, e la sua voce le accarezzò il cuore.

J: Milioni di donne vorrebbero STACCARMI questa coscia ragazzina – le fece una linguaccia simpatica, che si interruppe sotto un colpo delicato nello stomaco.

S: Evita di fare il divo biondino!!! – stava facendo una smorfia offesa – queste battute lasciale fare a me, fanatico!!!

Le diede una spintarella e ricominciarono a ridere insieme, come due amici di vecchia data, che finalmente, dopo tanto tempo, si erano ritrovati.

J: Hai mangiato?? – la guardò con la coda dell’occhio, mentre aumentava notevolmente la pressione sull’acceleratore.

S: Ho pensato di aspettarti… Ho fatto male??? – Infilò le unghie nella gamba del ragazzo quando vide il la lancetta inclinarsi vertiginosamente verso destra.

J: Auh!!! Cos’è un modo originale per dirmi di rallentare??? – rise di nuovo – No hai fatto bene, nemmeno io ho mangiato, ed avevo pensato ad un ristorantino niente male. Soprattutto lontano da occhi indiscreti.

La risata della ragazza inondò l’abitacolo, come un fiume argenteo e zampillante.

S: Hai paura che gridino al nuovo flirt del bel divo tenebroso??? – si voltò a guardarlo per scrutare ogni minima espressione del suo viso, ma non vide cambiare nulla in quel sorriso smagliante.

J: No è che voglio tranquillità… Al flirt ci penseranno domani in spiaggia, per sta sera voglio solo la tua compagnia – con una sterzata veloce, interruppe la conversazione. Aiutò, ridendo di cuore, la ragazza mezzo stordita a risollevarsi da sopra le sue gambe.

Quella frase l’aveva lasciata senza parole, ma malincuore si obbligò a non approfondire il discorso. Meglio non addentrarsi troppo in argomenti imbarazzanti, ma soprattutto pericolosi…

S: Ora diranno che stavamo facendo giochetti zozzi sulla super strada James!!!! – lo guardò un istante prima che ricominciasse a ridere. Troppo bello per essere vero. Troppo vivo per essere lui. Si ricompose sul sedile fingendosi indignata.

J: Dai una come te non ama la velocità???

S: Io adoro la velocità ragazzino – lo indicò con un dito, ma lo ritrasse quando lui finse di morderlo – m.. ma solo quando sono io a guidare.

Inchiodò, bloccandole il tracollo sul cruscotto con il braccio libero.

J: Ok allora guida – la guardava divertito fuori dal suo sportello. Gli occhi sfavillanti di chi ha tutta la vita nelle mani.

S: Ma se non so nemmeno dove andare!!! Ma tu sei matto!!! – lottarono per un po’ con lo sportello aperto, fin quando alla fine non riuscì a richiuderlo. – Muoviti ed entra in macchina psicolabile – scosse la testa divertita – sono in balia di un pazzo

Lo vide alzare gli occhi al cielo, ma non udì le parole che pronunciò. Qualcosa le disse però, che quelle parole erano quelle che più di una volta aveva sentito dire al suo Spike…

S: Non ho capito cosa hai detto – lo scrutò attraverso gli occhi verdi.

J:  Ho detto Bloody Hell!!!! Sono in macchina con una testa dura – le fece una pernacchia e riprese la strada ad una velocità elevatissima.

Lo guardò qualche istante ancora, poi con un sospiro lungo, si dedicò al panorama che Los Angeles le regalava. Quella sera avrebbe dovuto tenere lontano ogni ricordo… Almeno avrebbe dovuto cercare di farlo in ogni modo per evitare di distruggere sé stessa….

Parcheggiarono poco distante dal locale, e sotto braccio si diressero a quello che Sam scoprì di essere un ristorante italiano. Lo guardò per qualche istante dalla testa ai piedi, fin quando non lo vide arrossire nervoso.

J: Ok, ok… Ammetto che non sono stato il massimo per quanto riguarda la fantasia, ma questo è il mio ristorante preferito e si mangia da Dio – teneva gli occhi bassi e nervosamente giocava con le chiavi dell’auto.

S: Tranquillo – con una pacca sulla spalla sdrammatizzò il momento – Adoro mangiare italiano sai??? – rise e vide alleggerirsi la tensione sul viso di lui – E soprattutto, la cosa che mi interessa di più quando mangio, è la buona compagnia accompagnata da un’allegra conversazione.

Entrarono nel locale poco dopo. Un uomo impettito si precipitò ad accoglierli con mille moine. Sam osservò il modo di fare del tizio con distacco, il tipico lecca culo assetato di denaro… ma se a James quel posto piaceva…

Furono scortati a pochi passi dall’uomo, fino ad un separè in disparte. James lo aveva chiamato un luogo tranquillo, lei lo vide più come una gabbia soffocante. Vide il metre uscire e le tende chiudersi inesorabilmente al suo passaggio. Si gettò a capofitto nel menù, per non dar spazio al nuovo imbarazzo. Erano di nuovo soli, come una coppietta di innamorati al primo appuntamento. Una coppietta di innamorati molto ricchi, visti i prezzi sul menù! Si ripromise di pensare ad aprire un ristorante da quelle parti, se era ovunque così, doveva essere davvero un buon affare. Soprattutto se avesse inserito nel menù veri piatti italiani. Sorrise impercettibilmente, ma si riscosse non appena avvertì il contatto della mano del ragazzo sulla sua. Non la ritrasse a stento. Il primo istinto era stato quello di scattare all’indietro e nascondere entrambe le mani sotto le gambe. Tipico da bambina…

J: Ti piace qui??? – la stava fissando da quel pozzo azzurro che erano i suoi occhi. Rimase per un po’ incantata a guardarli, a cercare ogni pagliuzza indaco al loro interno. – Sammy??? – si svegliò di colpo.

S: Hemm… Si scusami – sorrise vistosamente cercando di ricordare cosa le avesse chiesto – si si, è davvero un bel posto

J: Per me si mangia bene, ma a questo punto sarai tu a dirmelo. – lasciò la sua mano e prese ad accarezzarle il viso. – Ma lo fai con tutte o proprio a me sto sceneggiato??? – sorrise fingendo che tutto fosse a posto.

Il cameriere irruppe nella stanzetta, tirandola fuori da quella situazione imbarazzante. – Ma chi non vorrebbe essere al tuo posto??? – i soliti discorsi insensati della sua testaccia strampalata – Io!!! E taci!!. – Con un colpo di tosse, camuffò l’inevitabile sospiro di sollievo.

Lo vide ordinare un piatto di spaghetti con le vongole e astice per secondo. Sarebbe morta dopo il primo succhio alla prima chela… Ordinò del risotto alla crema di scampi ed un’insalata verde.

J: Insalata??? – la guardava allibito, probabilmente era abituato a gente di buona forchetta, magari alle vere americane grassocce, ma quello sicuramente non rientrava tra i pregi della ragazza in questione.

S: Sai.. La dieta… - non seppe cosa altro dire. Lo vide strabuzzare gli occhi ed alzarsi di colpo. La prese per un polso e la fece sollevare in piedi di fronte a lui. Arrossì sotto lo sguardo impertinente, che le percorreva ogni piccola curva ed insenatura. – Finiscila!!! – si rimise a sedere di scatto

J: Se dalle mie parti facessero tutte la dieta che fai tu diventerebbero così??? – lo guardò intimidita – Beh allora dammi bene tutto e mi metto a fare il venditore porta a porta!!! – la tagliava con quegli occhi ossessionanti. Lame affilate di un rasoio color del cielo.

S: Ne faresti di soldi – ridacchiò – ma mica per la dieta, ma per la malefica faccia da schiaffi – rise di cuore quando incontrò lo sguardo imbronciato di lui – pensaci un domani se Holliwood dovesse darti un calcio nel…– con una pacca sul sedere lo rispedì alla sua sedia. – Non è la dieta Jimmy, solo che ammetto di non essere una gran mangiona, anzi…

J: Beh si vede – ridacchiò – tra qualche chilo sparirai definitivamente

S: Cos’è ti stai vendicando??? – gli puntò un coltello facendolo nuovamente sorridere – Dio vorrei vederti ridere per sempre… - quel pensiero non era diretto a lui ma a qualcuno troppo lontano da lì – Non sono secca, sono a peso forma – scosse la testa in gesto altezzoso, facendo si che il fermaglio crollasse sulle sue spalle. Una cascata di capelli corvini ricadde sul vestito nero, lasciando finalmente intravedere completamente la ciocca bionda sapientemente celata. Afferrò i capelli, cercando di ricomporli, ma la mano del ragazzo glielo impedì. Le abbassò il braccio con delicatezza, e sporgendosi sul tavolo ancora di più, passò due dita sull’oro dei capelli.

S: Una condanna sta cosa… - sbuffò contrariata

J: Ma davvero è naturale??? – lo sentì cercare la radice alla base dei capelli.

S: No io sono una punk di un gruppo rock trasgressivo… Mi chiamo DarkSam – scosse la testa

J: Scema – lo sentì sfiorare tutta la lunghezza dei capelli – è che è strano no??

S: Si – scosse la testa allontanando la sua mano – più che altro snervante… Nemmeno la tinta riesce a coprirla bene…

J: Ma guarda che è bella… Sembra un raggio di luce nel buio…

S: O che romantico!!! – si portò le mani alla bocca e lo schernì con lo sguardo adorante – Che divo ragazzi!!!

J: Ma guarda che sei stronza eh!!! – si ritrasse al suo posto, e si versò un bicchiere d’acqua. – Dicevo così per dire… - non la guardò. Si pentì per quello che aveva fatto, questa volta probabilmente ci era rimasto male davvero.

S: Pensavo che fosse un altro modo per fare il cascamortoOddio perché l’ho detto????? – Abbassò gli occhi di scatto, per non rischiare di incontrare quelli di lui. Avrebbe voluto sotterrarsi sotto i famosi tre metri di terra. Al massimo avrebbe scavato per uscirne fuori e Spike un domani, le avrebbe detto di capire quello che aveva provato. Rabbrividì. Quella situazione imbarazzante, le stava facendo oltre che dire cose insensate, anche pensare cose profondamente idiote.

J: Non faccio il cascamorto… - era serio, troppo – non amo essere uno scemo che blatera cazzate per farsi bello… - Evitò il suo sguardo più che potè perché sapeva di aver esagerato - Non credo di averlo mai fatto… Mi comporto come mi sento di fare, e soprattutto dipende molto da chi ho di fronte. Mi spiace se hai frainteso il mio atteggiamento Samantha – l’aveva chiamata Samantha!!! Le ricordò suo padre quando ce l’aveva con lei per qualche motivo. – Vado un secondo in bagno…

In quel momento le sembrò un po’ sé stessa nei momenti di difficoltà.

S: Anche i divi fanno la pipì?? – si coprì il viso con le mani in un gesto plateale – Ok come non detto sto zitta… - Lo osservò di sbieco, senza farsi vedere, e fu felice di vederlo sorridere di nuovo. Non ce l’aveva con lei, stava solo facendogliela pagare, avendone oltretutto ogni diritto.

J: Dio quanto sei scema! – lo vide sparire dietro la tenda con il sorriso stampato sul viso. Era bello vederlo ridere, avrebbe voluto avere più ricordi del sorriso del suo alter ego… Tutti i sorrisi della fiction, erano veramente quelli di James Marsters.

S: Sei un adorabile bastardo James Marster… - sorrise nella direzione in cui era sparito.

Tornarono a chiacchierare allegramente. Per un magico motivo, nessuno dei due riusciva a prendersela per le cose dette dall'altro. Una confidenza infinita li legava con un filo invisibile. Probabilmente erano stati aiutati dalle interminabili telefonate, da quei strampalati incontri virtuali, da quelle e-mail giornaliere, numerose e continue. Nonostante avessero molto poco da raccontarsi ancora, non vi fu un momento di quella serata in cui le loro voci tacquero. Verso la mezzanotte lasciarono il locale. Il cameriere quasi non baciò il terreno dove camminavano, incantato dalla cospicua mancia che James aveva chiuso nel libretto di pelle nera. Lo guardò irritata, e non cercò nemmeno di camuffare il suo dissenso. Incrociò quegli occhi avidi e scrutò dalla testa ai piedi l’omuncolo imbarazzato. Uscita si sarebbe presa una marea di insulti alle spalle, ma il suo senso del buon gusto, le impediva di accettare un comportamento del genere.

Avanzò verso la porta sotto braccio al suo accompagnatore.

S: Credo che avrebbe accondisceso anche a farsi frustare per qualche dollaro di più – con uno sguardo di sbieco, controllò che l’uomo avesse afferrato ogni parola. James cominciò a ridere senza pudore. Su quello erano molto simili. Schietti e senza peli sulla lingua.

J: Sei una peste piccola… - guardò l’uomo dietro di loro, fingendosi particolarmente indignato.

S: Semplicemente amo le persone con il senso della misura – avanzarono uscendo dalla porta a vetri. – La prossima volta mi sputerà nel piatto – gli diede una lieve gomitata di intesa.

J: Non ci sarà una prossima volta… - la guardò ammiccante – Non credo sia il massimo vero??

Risero di nuovo correndo veloci verso l’auto poco distante.

Rimasero per un po’ appoggiati allo sportello, ansimando per lo scatto. Lui continuava a ridere di cuore, con le mani appoggiate sulle ginocchia piegate e la testa china verso la strada. Gli occhi socchiusi in piccole fessure finissime. Lei lo seguiva con gli occhi rivolti al cielo e le mani sui fianchi. Osservò le milioni di stelle nel cielo, e quasi senza accorgersene, si ritrovò con la testa poggiata sulla schiena di lui.

S: Quando verrai a trovarmi ti preparerò una cenetta con i fiocchi. – la testa adagiata sulla sua schiena, ad assaporare il suo profumo e a contare i battiti veloci del suo cuore – vera cucina italiana.

J: Possiamo farlo una di queste sere a casa mia se vuoi – lo vide inclinare la testa, per cercare di guardarle il viso. La cicatrice sul sopracciglio le ammiccò nella luce della luna. Come idea le piaceva, nonostante i suoi strampalati sogni notturni – non è detto che dobbiamo finire a letto – quel pensiero la rassicurò. Tabata era sempre stata una buonissima consigliera.

S: Ok… Quando vuoi Spike – sorrise estasiata ritornando a guardare le stelle

J: Quel vampiro ce l’hai sempre in testa vero??? – In due parole aveva raccontato la sua vita. Sospirò cercando di rispondere.

S: Si… Purtroppo si – Quel purtroppo era stato solo un modo per non risultare troppo pazza. Nel suo vocabolario un purtroppo dedicato a William, ancora doveva essere inventato, e probabilmente non sarebbe mai stato possibile inventarlo.

Lo sentì scuotersi sotto di lei, in una lieve risata di scherno. Non riuscì a biasimarlo e si limitò a ridacchiare a sua volta.

J: Tu sei una piccola adorabile pazza – si voltò ed in un rapito gesto la cinse fra le braccia. Ora erano seduti a terra, lei con le spalle posate sul suo petto, a guardare le stelle. – Non sto facendo il cascamorto lo giuro – la sentì ridere e le diede un lieve pizzicotto su di un braccio – sto solo cercando di farti capire che sono stato bene con te e che sono veramente felice che tu sia qui.

Si accomodò meglio nell’incavo del suo torace, e si chiuse tra le sue spalle forti. Osservò le sue mani incrociate sulle sue gambe e per necessità, per non rischiare di impazzire, finse di essere a Sunnydale tra le braccia del vero Spike.

S: Andiamo a casa… - lo sentì annuire dietro di lei – ho bisogno di riposare…

J: Ok piccola – lo sentì lasciare lentamente la presa e il fresco della notte la fece stringere nelle braccia. – Hai freddo?? – si tolse la giacca e la poggiò sulle sue spalle candide. Ci fu un ultimo istante in cui i loro occhi si incontrarono di nuovo. Si perse nel blu sconfinato di quel mare purissimo e volò con il pensiero lì, dove il suo vampiro biondo stava camminando per le vie di un cimitero scuro. Quanto erano diversi quei due esseri tanto uguali… Uno parte integrante della luce del sole, che anche di notte pareva irradiarsi dalle ciocche dei suoi capelli, uno anima rinnegata figlia del buio profondo e della candida luna.

Le aprì nuovamente lo sportello e ritornarono in hotel. Rimasero ancora un po’ a parlare in macchina, fin quando lei non si decise a scendere. Lo sfiorò sulla guancia con un bacio e aprì lo sportello. L’afferrò inaspettatamente tirandola dentro di nuovo.

J: Dimmi che non ti sei annoiata – detto da un divo di Holliwood aveva del paradossale – dimmi che sei stata bene con me – lo squadrò allibita

S: Jimmy ma che stai dicendo! Certo che sono stata bene! Anzi… Sono stata divinamente… - gli accarezzò la mano e lo vide sorridere. – Ci vediamo domani no?

J: Certo che ci vediamo domani! Ti farò diventare un carboncino… Il pallore ti sta d’incanto, ma sono curioso di vederti abbronzata e con un bel costumino addosso – gli diede una gomitata e si apprestò a scendere.

S: Sei un adorabile bastardo James Marsters – rise allontanandosi. Non si voltò nemmeno quando lo sentì gridare.

J: Ok!!! Ti chiamo domani!!! – lo sentì ridere e quando la porta girevole finì di portarla all’interno della hall, udì una fragorosa sgommata e un rombo sordo accompagnato da un grido di gioia. Non potè far a meno di ridere.

G: E se ti fossi fatta del male? – trasalì all’inaspettato suono della sua voce. Si voltò di scatto e lo vide avanzare verso di lei.

S: Ma non la finirai mai di farmi prendere questi colpi???? – gli si avvicinò di qualche passo sorreggendo a fatica il suo sguardo serio. Si guardò intorno e si rese conto che erano soli all’interno del salone.

G: Parlo sul serio Sam… - le braccia incrociate e le gambe divaricate a segno di rimprovero – Avete fatto i pazzi con quella macchina per tutta la sera

S: Effettivamente… - ridacchiò cercando di ammorbidire il suo sguardo glaciale

G: Tu non puoi fare questa cazzate Sam… Tu sei la capostipite!

S: Che palle con questa storia!!!! Oltre che ospitare ogni tanto uno spiritello biondo, sono anche una ragazza di 25 anni!!!

G: Non ti permetto di parlare in questo modo! – avanzò minaccioso quasi a volerla picchiare

S: Ehi… Scendi dalle nuvole maghetto da strapazzo!!! Non sei nessuno per parlarmi così – vide tutta la sicurezza con la quale la stava sovrastando barcollare e sgretolarsi. Si sentì in colpa per le parole pronunciate e in fretta gli voltò le spalle indignata dirigendosi verso l’ascensore – limitati a seguirmi e evita di immischiarti. Io sono io e tu sei tu… - nonostante tutto non era nessuno per dirle quelle cose… Doveva metterlo in chiaro in qualche modo.

G: Sam… - la vide entrare e voltarsi verso di lui. Il verde dei suoi occhi brillava gelido ed imperscrutabile.

S: Mi vai a genio Giulian… Ma cerca di stare al tuo posto… Non sei nessuno per trattarmi così – le porte si chiusero inesorabilmente e la portarono via.

G: Hai ragione… Sono solo il tuo stupidissimo angelo custode… - svanì nel nulla

 

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