.:: Tutto il mio mondo per te... ::.

Parte 13

16 La congrega

Si era svegliata molto presto. Avvolta da una strana sensazione. Ricordava di aver sognato qualcosa… piuttosto ricordava di aver sognato qualcuno di importante… Rimase ancora nel letto a scervellarsi su chi fosse questo qualcuno, ma tutto fu inutile. Le ombre della notte erano svanite al primo battere di ciglia. Non se ne curò più di tanto.

Aveva aperto la finestra della stanzetta, ed aveva assaporato gli odori dell’erba bagnata dalla rugiada. Il balconcino si affacciava proprio sopra una distesa verde. Era fuori dalla grande metropoli piemontese.

Un senso di agitazione la invadeva fin dentro alle ossa. Presto sarebbe entrata nel posto dove si radunavano tutte le streghe italiane. E molto presto avrebbe conosciuto la sacerdotessa. Sarebbe stata all’altezza della cosa??? Un po’ smarrita ne dubitava… Non sapeva usare i suoi poteri, e lo stare di fronte a gente così preparata, la metteva veramente in soggezione.

Rimase a farsi scaldare dai primi raggi del sole per un bel po’, finchè non decise di scendere a fare colazione nel ristorantino dell’hotel.

Si fece una lunga doccia ristoratrice, e indossò una lunga gonna di lino grezzo con sopra un top uguale. Si legò i lunghissimi capelli neri, cercando di controllare il volume dei boccoli ribelli e cercò di camuffare un po’ la ciocca bionda. Troppo appariscente in mezzo a quel corvino intenso… Ci rinunciò amareggiata. Scese al piano di sotto pochi istanti dopo.

Il ragazzo alla reception le indicò un po’ goffamente, la sala da pranzo e, dopo averle restituito il documento si rimise a sbrigare le sue faccende. Lo udì fare degli apprezzamenti su quella romana che girovagava per le ale dell’hotel, e sorrise. Quel potere le dava la possibilità di non avere segreti con nessuno, nemmeno con gli sconosciuti.

Entrò nella stanza e si accomodò ad un tavolo in luce, il sole era molto caldo quella mattina, e lei lucertolina adorante dei raggi solari, se ne beava estasiata.

Nell’attesa si mise ad osservare le poche persone sedute. Una vecchia signora era accomodata placidamente su una poltroncina di vimini al capo opposto del ristorante, e le sorrideva benevola. Mille pensieri la invasero… Nessuno era suo. Le poche anime raccolte per mangiare, nel silenzio delle loro voci, alzavano un brusio di pensieri, pari ad uno sciame di mosche frenetiche.

Fastidiose parole inarticolate, all’interno della sua testa.

Una ragazza bionda un po’ paffuta, la raggiunse al tavolo, e le servì del the caldo. Anche lei avvolta nei suoi pensieri… Se non fosse stata attenta alle labbra della gente, probabilmente avrebbe potuto trovarsi in qualche strana situazione, piuttosto complicata da spiegare.

Spalmò un po’ di burro sulla fetta di pane tostato, e cominciò a mangiare svogliata. L’ agitazione la invadeva inesorabile, non lasciando spazio per nulla, se non per sé stessa.

Un flashback la trascinò verso il buio per qualche istante. Un ragazzo dai capelli neri, le voltava le spalle. Nel silenzio della notte, lo vedeva avanzare a pochi passi da lei. Lo seguiva di nascosto. Un brivido. Si stava voltando, e il contatto visivo con i suoi occhi le fece gelare il sangue nelle vene. Occhi dolci, passionali, venati di un verde smeraldo quasi fosforescente… Nicholas!!! Lo vide entrare in una porta antica. Lo vide arrestarsi ed indietreggiare di qualche passo. Nascosta come un topo in un cespuglio, lo vide voltarsi verso di lei e scrutare nel buio nella sua direzione. Un bagliore di luce fuoriuscì dalle labbra come il riflesso sull’avorio… Un vampiro!!! Lo vide sorriderle… Un gemito le salì alla gola, quando si vide scoperta. Lo vide tornare sui suoi passi, noncurante della persona nascosta nei cespugli, per poi svanire nell’oscurità dell’edifico sinistro dove si stava addentrando…

Si scosse al suono della voce della cameriera.

Scosse la testa, ancora imbambolata, per rispondere alla domanda della ragazza, e si chiuse nelle braccia per ripararsi dal brivido che la stava percorrendo…

Cameriera: Che ragazza strana…

S: Cosa?!? – il suo pensiero le era arrivato come una lancia, e ancora offuscata dal sogno, non si era resa conto che la cameriera non aveva parlato.

La ragazza la guardò un po’ perplessa, cercando di capire di cosa stesse parlando, ma il silenzio che seguì, la fece allontanare, in una nuvola di pensieri confusi.

Non badò a nulla, né alla gaffe né tanto meno ai discorsi mentali che la ragazza le rivolgeva inconsapevolmente, troppo avviluppata dal susseguirsi di immagini che le si paravano a circolo continuo, davanti agli occhi.

Quando incrociò il viso sorridente della donna di fronte, si riscosse dai suoi pensieri. Lasciò la colazione a metà, e ritornando sui suoi passi si diresse nuovamente nella sua stanza.

S: Strega pazza e visionaria… - le mani tra i capelli e la testa china – Quel povero ragazzo nella parte di un vampiro??? – scosse la testa chiudendo gli occhi, a cercare conforto negli occhi azzurri di William – Oramai sei fuori Sam… Speriamo che questa gente possa aiutarti…

Le ultime ore che la dividevano dall’appuntamento, furono interminabili. Le era stato detto di presentarsi dopo il tramonto, in un posto nel centro di Torino. Si era fatta portare da un taxi, poco distante dall’indirizzo giusto… Tanto per allentare la tensione facendo due passi. Torino la faceva stare male… Le dava un senso di oppressione profonda nei polmoni, come se una mano le pigiasse forte sul costato. La forza gravitazionale di quella città, pareva di gran lunga superiore a quella degli altri posti, e mentre camminava, i suoi passi si facevano sempre più pesanti… Non riusciva a capire per quale, motivo si sentisse così sfinita… Cercò di dare la colpa all’agitazione e all’aria palesemente diversa dalla sua.

Guardò una cartina topografica, e si infilò in un vicolo… Il tramonto stava già colorando il cielo, e poche centinaia di metri la dividevano dal luogo dell’appuntamento. La congrega la stava aspettando…

Proseguendo per la stradina, non potè far a meno di osservare i palazzi altissimi, che la sovrastavano. Il cielo era un piccolo drappo rettangolare sulla sua testa, tinto dei colori del tramonto, e una sensazione claustrofobica, le fece accelerare il passo notevolmente. Barcollò pochi metri dopo, e si appoggiò ansimante, allo stipite dell’entrata di un negozietto appartato. Guardò la vetrina. Lunghi pugnali contorti, spiccavano da sopra un drappo di raso nero. Con loro cd con musiche di autori strani, e altri manufatti tetri. Osservò dentro, strizzando gli occhi per cercare di mettere a fuoco la figura che si intravedeva dal vetro sporco, e incrociò lo sguardo vitreo di un ragazzo vestito di nero. Quegli occhi così gelidi la fecero proseguire. Quella era la città che dava vita al triangolo magico… Quella era la città che più di ogni altra al mondo, trasudava magia, da ogni anfratto.

Riprese a camminare sfinita. Un passo dopo l’altro, uscì dal vicolo e si immise in una strada un po’ più grande. Guardò la cartina ancora una volta e proseguì. Alzando gli occhi a guardare nuovamente il cielo, il cuore le mancò di un battito. Imponente, fascio di energia solidificata, lama a fendere il buio, era lì. La mole, la sovrastava togliendole irrimediabilmente il respiro. Pochi minuti prima il monumento veniva coperto dai palazzi elevati, ora nemmeno venti passi dopo, tagliava il cielo dall’alto della sua mastodontica imponenza. Lo osservò rapita, boccheggiando alla ricerca di un po’ di aria. Scura e minacciosa, vegliava sulla città. Sentinella mistica di luce e di ombra.

Corse con quanto fiato riuscì a racimolare, via, verso il vicolo nel quale ci sarebbe stato l’appuntamento. Voltò l’angolo, e in preda ad un senso di smarrimento alzò gli occhi verso il cielo. Era di nuovo al sicuro da quegli occhi centenari che vegliano sul bene e sul male delle anime.

Pochi passi più avanti era finalmente ferma a fissare il civico tre. Bloccata nei muscoli e nella mente, rimaneva immobile ad osservare la porta chiusa e il citofono con su scritto Fiori.

Troppo strampalata come situazione, anche per lei… Ragazza semplice, tornata da pochi giorni da un’altra dimensione ricca di demoni e vampiri e con un bagaglio di energia incontrollata. Scosse la testa divertita e voltandosi ritornò sui suoi passi. Uno due… e il segnale di distacco della porta la fece girare nuovamente. Qualcuno aveva aperto, la porta si era dischiusa… Aspettò di vedere uscire una persona, ma il desiderio di normalità fu vano. Nulla… Il portone era stato aperto per lei. Alzò gli occhi per osservare le finestre… Nulla… Sicuramente l’avevano vista arrivare, l’avevano vista esitare, ed avevano capito chi fosse… Non voleva assolutamente credere ai mille pensieri sconclusionati che le ronzavano nella testa…

S: Non mi hanno sentita attraverso l’energia della mia aurea o cose del genere… - i suoi pensieri la tenevano inchiodata lì – Non hanno visto in una sfera di cristallo che stavo arrivando… - mosse un passo involontario verso quella porta socchiusa – Hai fatto tanta strada sbrigati ed entra!!! – si obbligò a proseguire.

La porta schiudendosi, rilasciò un cigolio tetro, che avrebbe fatto rabbrividire un morto, ma lei non se ne curò, entrò nella penombra chiudendo piano l’uscio alle sue spalle. Cominciò a salire una rampa di scalini avvolti nell’ombra. La scala pareva interminabile… Una scala che saliva di cinque rampe fino alla sommità del palazzo. Nessun’altra porta. Istintivamente contò gli scalini… trecentosessantacinque, e se avesse messo in conto anche quello dell’uscio sarebbero stati trecentosessantasei… Una coincidenza stupida pensò, quando la sua testa le disse che quelli erano i giorni dell’anno solare.

Il respiro corto, fino alla porta massiccia che la divideva dalla congrega, un portone scuro e antico… Palesemente tipico di quello che poteva essere un luogo di raduno di maghi e streghe.

Un pensiero l’avvolse incontrollabile… ridestandola dal senso di smarrimento e facendola scoppiare a ridere.

S: Se ci trovassi il mago Otelma là dietro??? Potrei sopravvivere??? – l’attacco di ilarità si accentuò quando alla porta si affacciò una ragazza incappucciata. Il suo sguardo la scrutò perplesso, alla ricerca di una motivazione per le sue risa.

S: Nulla, nulla scusami – il risolino non l’aveva abbandonata, nonostante la faccia contrariata di quella che doveva essere una componente della congrega Wicca – Sono agitata – si sforzò di smettere ma con veramente scarsi risultati. La ragazza la invitò ad entrare e la precedette in un lungo corridoio avvolto nella penombra.

Probabilmente un’altra persona si sarebbe preoccupata del fatto di essere sola, in mezzo a gente strana… Magari vittima di qualche sacrificio truculento, ma lei era troppo avvinta dal viso paffuto del mago pancione, per riuscire a pensare, almeno in quel momento a cose truci.

Proseguì dietro alla figura che la precedeva, attraverso il corridoio… Un forte odore di incenso le inondava le narici, dandole un lieve senso di nausea.

Ragazza: Se questa è una strega io mi faccio suora!!! – il suo pensiero le strappò un’altra risatina. Se non era una strega, era una pazza allora… Da un lato non sapeva quale fosse la verità. Incrociò lo sguardo contrariato, della sua guida, e le lanciò un sorriso ulteriormente divertito. – Mah… Anche punk… - ovviamente si stava riferendo alla sua ciocca bionda… Sorrise nuovamente divertita.

Ragazza: Io non credo che ci sia molto da ridere – si era di nuovo voltata per proseguire – Ti consiglio di ricomporti, prima di andare a cospetto della sacerdotessa.  – che idiota!!! – Il suo pensiero la trafisse di nuovo, nonostante fosse girata, era sicura che la ragazza stesse pensando… Non poteva credere che le avesse dato dell’idiota così palesemente.

Si violentò per non scoppiare di nuovo in una ancor più fragorosa risata. La scena era assurda, e nella sua testa, ora aleggiava il viso di Vanna Marchi… Se non si fossero sbrigate sarebbe morta sul posto. Il suo viso si contrasse in mille smorfie, quando si trovò di fronte ad una porta chiusa. Doveva cercare di rimanere seria, ma in casi come quello, le risultata veramente difficile. Soprattutto quando la sua testa parlava da sola. Quello era sempre stato un grande problema per lei, fin dagli anni della scuola.

La vide entrare nella stanza dopo averle detto di aspettare, con un gesto della mano. Troppo seriosa come cosa, troppa convinzione…. Non ce l’avrebbe fatta, sarebbe scoppiata a ridere di fronte alla sacerdotessa. Si diede un pizzicotto per cercare di calmarsi, ma tutto quello in cui riuscì, fu il farsi venire un probabile lividino su una coscia.

Attese in silenzio per un po’. Non riusciva a sentire nulla da dietro la porta chiusa. Un po’ scocciata cominciò a camminare avanti e dietro in un breve tratto di pavimento. Osservò attentamente ogni venatura delle mattonelle, e come una bambina nervosa, si mise a dare qualche calcetto al vuoto…

Ragazza:  Puoi entrare Samantha… - trasalì al suono di quella voce, e incrociò lo sguardo altezzoso di una nuova ragazza incappucciata. Sorrise all’idea di dover andare in giro in quel modo… Scosse la testa impercettibilmente, ma il suo sguardo fece trasparire qualcosa, vista l’espressione interrogativa della figura che la invitava ad entrare. Non sarebbe mai andata in giro, o da nessuna parte incappucciata come un monaco di qualche monastero sperduto… Ci mancavano i cappucci neri e la situazione sarebbe stata talmente paradossale, da far pensare a quelli del Cu Clux Clan…

Oltrepassò l’uscio un po’ titubante. Solita penombra più che con una congrega di streghe, si avrebbe potuto pensare, di essere al cospetto di una setta vampirica…

S: Sempre a quello pensi Samà!!!! – si costrinse a non pensare… qualcuno là dentro avrebbe potuto ascoltare i suoi discorsi strampalati con sé stessa. Se lo poteva fare lei, probabilmente avrebbe potuto esserci qualcun altro al mondo con il suo potere, ma era un po’ scettica riguardo al fatto che quel qualcuno fosse proprio lì dentro.

Uno schiocco di dita alle sua spalle accese una dopo l’altra le candele della stanza.

S: Ok – tremò all’idea che qualcuna di quelle donne l’avesse sentita – Come non detto!!!!

Ci fu qualche minuto di silenzio infinito, nel quale si vide osservare dalle altre, come un fenomeno da baraccone. La scrutavano avvolte da mille pensieri… Tutte scettiche sul fatto che lei potesse avere dei poteri magici, di livello elevato. La cosa non le piacque affatto. Era sotto esame… e questo non le era mai piaciuto… Nemmeno quando aveva tenuto l’esame di maturità… Era stato uno dei motivi per il quale non aveva proseguito gli studi universitari. Quella sensazione la mandava fuori di testa, nel vero senso della parola. Si sgranchì le corde vocali con un colpo di tosse e ruppe il silenzio.

S: Chi è di voi la sacerdotessa??? – il suo era stato un sibilo roco, che aveva spiazzato tutte le donne riunite di fronte a lei. Probabilmente l’espressione irritata sul suo viso… Non seppe bene, avvertì solo poco dopo, la pressione di una mano alle sue spalle. Si voltò. Un’altra giovane dai capelli rossi, avvolta nel solito manto indaco, le era arrivata alle spalle, sorridendole bonariamente.  Avvertì i suoi pensieri… L’unica in quel covo di matti a non avere atteggiamenti ostili nei suoi riguardi. L’unica che non la stava giudicando affatto.

Occhi buoni di un verde splendente, un ovale delicato costellato di lentiggini deliziose, e lunghi capelli rossi che si intravedevano a ciocche attraverso la stoffa che le incorniciava il volto. Simile in maniera impressionante alla sua strega del cuore… La cara Willow, che ora giaceva addormentata, da qualche parte, in un universo parallelo al suo.

P: Io sono Priscilla, Samantha – la sua voce era calda e calma – Sono stata chiamata, per prendermi cura di te in caso fossi accolta nella congrega. – La osservò da capo a piedi senza parlare. Si limitò ad ascoltare le sue parole – Sono la sacerdotessa della congrega di Roma… - Roma… Allora esisteva una congrega vicino casa sua!!! Streghe ovunque!!! Si sforzò di non ridere di nuovo… la cosa era veramente paradossale – Ci puoi dire quali sono i tuoi poteri??? E soprattutto come ne sei venuta in possesso…

Tacque… Ora davvero l’avevano spiazzata. Gli avrebbe potuto candidamente raccontare del suo viaggetto nella dimensione del suo telefilm preferito, gli avrebbe potuto dire di leggere nella mente dei vampiri di tutto quel mondo, magari anche di aver narcotizzato, mediante un lupo fatto di fumo, il male supremo, e avrebbe potuto dire loro di parlare con la sua gatta che tra parentesi era il suo famiglio da compagnia…. L’avrebbero presa a calci nel sedere e spedita a casa in un battere di ciglia. Si sforzò di non scoppiare nuovamente a ridere.

S: I poteri che ho non li conosco bene, a parte il fatto che mi state assordando con una marea di pensieri scettici sulla mia persona – osservò lo sguardo stupito delle donne con una nota di soddisfazione, soprattutto nell’osservare il viso imbarazzato della ragazza che le aveva dato dell’idiota – come li ho acquistati… diciamo che prima mi controllate bene, poi se in caso faccio un breve riassunto della cosa Ok??

Aspettò una risposta. La mano sulla sua spalla si strinse… le ricordò la sera al Bronze, quando un’altra mano fredda le dava coraggio e conforto… Il suo sguardo si offuscò per un attimo.

Sacerdotessa: Gli faremo l’esame al cospetto della capostipite… - una donna un po’ più anziana delle altre si era alzata e si stava dirigendo verso una porticina sulla destra.  – Prepariamo il tutto per il rituale.

Le altre la seguirono, ma quando Sam fece per andare con loro, la voce di Priscilla, le intimò di fermarsi.

P: Tu aspetterai qui…  - la vide sparire dentro l’uscio a sua volta.

Di nuovo un esame. La solita sensazione di smarrimento, l’avvolse prepotentemente lasciandola con le gambe frenetiche a compiere piccoli circoli nella stanza ormai vuota.

La capostipite… Ora avrebbe avuto a che fare con litanie in lingue strane e con pozioni puzzolenti. Ridacchiò. Ma se quelle donne erano davvero delle streghe, probabilmente avrebbero potuto fare qualche cosa per il suo problema. La sensazione era diventata ancora più forte, ma il gioco valeva la candela… Almeno ci avrebbe provato…

Dopo un po’ di tempo la fecero entrare nella stanza, dove otto donne incappucciate sedevano a cerchio intorno ad una croce di Davide disegnata con del sale rituale. Si sforzò di fingersi preoccupata, per nascondere il divertimento a quella scena. Convinte al cento per cento di quello che stavano facendo, la guardavano da sotto i cappucci con aria seria e concentrata. La ragazza rossa, quella che a sua detta avrebbe dovuto prendersi cura di lei in caso gli fosse piaciuta, la fece sedere all’interno del pentagono sacro. La vide riprendere il suo posto nel cerchio umano, che avevano creato con i loro corpi. Tutte abbassarono la testa. Si passò una mano davanti al viso per nascondere lo sguardo divertito, e deglutendo a fatica, si costrinse a diventare seria ed a chiudere gli occhi. – Oggi muoio – un lieve brivido la percorse, quando la voce della sacerdotessa ruppe il silenzio. La udì parlare in celtico, e meravigliata, scoprì di capire ogni singola parola. Aprendo gli occhi osservò la donna che con lo sguardo rivolto all’insù, evocava qualche strana forza ancestrale. Il cappuccio era ricaduto all’indietro e i lunghi capelli neri, le ricadevano liscissimi, sulle spalle. Scomposti, come serpenti in un nido.  Le mani rivolte al cielo a chiamare l’essenza suprema. L’ilarità era svanita, lasciando un dolce senso di torpore. Lentamente cadde in trance, sotto il fiume di parole cantilenate.

I suoi occhi la inondarono, e fu come cadere inesorabilmente in un fiume di sensazioni, cristallino e puro come lo sguardo di quegli occhi che amava. Per qualche strano motivo, era stata catapultata, in un sogno dove l’unico compagno era il suo adorato vampiro dai capelli biondi. Corse ad abbracciarlo. Lo strinse forte, ma la presa svanì, quando il suo corpo scomparve tra le sue mani.  Si ritrovò sola, al buio, a tremare di orrore per quella nuova perdita, fin quando una luce fioca comparve in lontananza. Lo cercò nel buio… William se ne era inesorabilmente andato. Tornò cosciente, ma ancora in trance. Osservò la scena che aveva di fronte. Le donne a terra, la guardavano incredule. La sacerdotessa, aveva interrotto la sua litania, e ora giungeva le mani con occhi strabuzzati. Guardavano lei… adoranti e stregate da qualcosa… Era di nuovo vittima dello spirito di Arial… Lo capì solo quando Priscilla la chiamò per nome. Osservò il suo corpo. Rilucente come una stella, levitava al centro del pentagono magico. Una ciocca di capelli liscissimi e biondi, le ricadeva sul toppino di lino grezzo che aveva indossato la mattina, come una spiga di grano in mezzo alla sabbia. Non padrona del suo corpo ascoltava la sua voce parlare. Vide accendersi delle candele in lontananza, e si ascoltò narrare la storia dell’altro mondo che aveva visitato. Qualcuno lo stava facendo per lei, qualcuno al quale sicuramente avrebbero creduto. Ringraziò l’essenza e non lottò più per contrastarla. Un senso di pace l’avvolse e fu subito scuro. Cadde in un torpore inesorabile, e lentamente i suoi sensi si addormentarono.

Si svegliò, adagiata sul divanetto della sala in cui era stata accolta. Un mormorio di gente arrivava da fuori la porta socchiusa. Capì che le persone all’interno della congrega erano aumentate notevolmente. Si passò una mano sul viso e si mise a sedere. Ancora un po’ stordita, rimase qualche attimo a massaggiarsi le tempie, poi si diresse all’uscio da cui filtrava una debole luce. L’aprì piano. Tutte talmente indaffarate, da non accorgersi del suo risveglio. Dallo spiraglio che dava sul corridoio, vide un gruppetto di ragazze parlare animatamente, mentre altre correvano in un’altra stanza, della cui presenza prima non si era assolutamente accorta.

Entrò lievemente nel corridoio, e con il lieve chiudersi la porta alle spalle, avvertì le altre persone della sue presenza.

Il gruppetto agitato che aveva visto pocanzi, le corse in contro e la sommerse di mille domande.

Priscilla uscì dalla stanza poco dopo, togliendola dall’imbarazzo di non saper cosa rispondere. Le fulminò con lo sguardo. Si ritrassero a capo chino.

P: Arial… Ti sei svegliata finalmente – il suo sorriso era radioso. Degno di un’innamorata al primo appuntamento.

S: Non sono Arial… - le dolevano gli occhi, e un po’ infantilmente se li stropicciò – Lei usufruisce del mio corpo come con un alberghetto, ogni tanto – sorrise, ma lo sguardo contrariato della strega rossa, la fece desistere.

P: Vieni con me e ti spiegheremo come stanno veramente le cose…

La seguì senza fare storie. Entrò in una stanza nuova, e venne subito colpita da un fortissimo odore di incenso. Una stanza piena di immagini e sedie… Asettica e priva di significato. La sacerdotessa le corse subito incontro… Erano molto cambiate da quando poche ore prima era entrata in quel posto. I loro sguardi e i loro pensieri ora, erano pieni d’amore nei suoi confronti. Paragonabili, ad un nugolo di fans impazziti, davanti al loro divo del cuore.

Sacerdotessa: Arial… finalmente sei tornata da noi… - di nuovo quel nome… si obbligò a tacere – la profezia parlava chiaro, ma purtroppo avevamo perso la speranza, e non ti avevamo riconosciuta… Perdonaci

Troppo…

S: Di cosa dovrei perdonarvi??? Del fatto che non vi siate accorte che ho un fantasmino che ogni tanto si impossessa di me???

Gli occhi della sacerdotessa ebbero uno scatto nervoso.

Sacerdotessa: Tu non capisci Samantha… Tu sei la reincarnazione della capostipite…

Stava rischiando di fare una carneficina… Pochi giorni prima la Scooby ed i vampiri… Un amore folle per un personaggio di una fiction…  E ora, anche nella sua normalità, veniva minata nella ragione da una congrega di esaltate, che oltretutto era stata lei a cercare… Si mise a sedere sconfitta.

S: Ok spiegatemi come stanno le cose – sospirò stremata… la sua vita era stata sconvolta sotto ogni punto di vista in pochissimo tempo, e soprattutto ogni forma di normalità, era stata soppiantata da quello, che poco tempo prima, avrebbe chiamato follia collettiva. La sua razionalità si stava andando a suicidare nel cesso, e questa manica di donne convinte che tutto fosse normale, stava tirando lo sciacquone euforicamente.

Fu la rossa a parlare per prima…

P: Una profezia ha aleggiato sul mondo wicca per centinaia di anni… - il suo sorriso era splendente. Quella faccia estasiata le dava i brividi – Diceva che la capostipite, sarebbe tornata, per riportare alla luce la grande magia sopita…

Nulla di più semplice… Si passò una mano davanti al viso.

Sacerdotessa: Diceva che sarebbe giunta come una straniera dalle vesti candide, con una saetta di luce a guidarle il cammino… - La follia impersonificata!!! E quando mai aveva visto saette nel cielo??? Tutto terso e brillante… Sospirò in preda allo sconforto.

S: C’era il sole stamattina e soprattutto io sono italiana… - la sua voce le folgorò e scoppiarono a ridere

P: I tuoi capelli Samantha – la sua risata argentina le martoriava le tempie, già provate dall’emozione di prestare il corpo alla capostipite… - La tua ciocca bionda

Niente popò di meno!!! Sospirò nuovamente.

Sacerdotessa: Tu sei giunta a noi per insegnarci tante cose Samantha… - a quelle parole rabbrividì – devi darci la conoscenza immensa per aiutare questo mondo a rifiorire.

Uno strano presentimento la invase, ferendola nel cuore, come uno stiletto affilato.

S: Io devo aiutare voi??? – la sua voce era strozzata dal terrore… Non avrebbero potuto aiutarla – Io ho bisogno del vostro aiuto!!!

P: Aiuto per cosa??? – la ragazza la guardava perplessa. Come potevano loro, piccole streghe inesperte, aiutare la capostipite???

S: Ma stai scherzando vero??? – le lacrime avevano cominciato il loro cammino sul suo viso pallido, mentre una rabbia disperata, cominciava ad invaderle il corpo, come una tempesta incontrastabile – Ho sentito che vi raccontava del mio viaggio

Sacerdotessa: Si una cosa stupefacente!!! – era divertita

S: Stupefacente???? Io mi sono innamorata lì!!! – i loro sguardi la seguivano increduli, ascoltava i loro pensieri sconnessi – Io voglio riaprire quel portale!!! Tornare tra le sue braccia!!! E dovevate aiutarmi voi!!!!

Tacquero. Le guardò esterrefatta. Nemmeno un gruppo così assortito di streghe, aveva una soluzione al suo problema… E cosa più assurda, chiedevano a lei di insegnar loro qualche cosa.

S: Io non so usare la magia!!! Cosa volete che vi insegni!!! – c’era furia nelle sue parole. Si sentiva presa in giro dal mondo, e dall’entità che le aveva dato quel potere così inutile.

La sacerdotessa si voltò senza parlare. Si allontanò di qualche passo ed aprì un baule, che pareva antico come il mondo stesso.

Sacerdotessa: A questo c’è rimedio Samantha – poco dopo era tornata, leggera come un farfalla e le porgeva dei libri antichi. Tomi grandissimi incisi con parole assurde, che sconcertata capiva perfettamente. – Questi contengono il sapere ancestrale… Probabilmente manca qualche cosa… ma quando la tua anima si risveglierà, non ci sarà bisogno di nessun libro…

Le sorrideva adorante…

Lei, la piccola Sam… quella che aveva perso i genitori qualche anno prima… quella che aveva superato gli ostacoli della vita, con le unghie e con i denti e provocandosi ferite profonde nell’anima, quella che fino a poco più di una settimana prima stava per sposarsi, ora vedeva ogni cognizione logica… ogni cognizione che duramente si era guadagnata… sgretolarsi irrimediabilmente tra le mani.

Era diventata qualcosa che non riusciva a capire, qualcosa, che a detta di un gruppo di streghe, avrebbe riorganizzato il mondo…

S: Voglio morire… - si mise le mani davanti agli occhi

P: Tu non sai che grande dono hai Samantha… - la sua mano le accarezzò di nuovo una spalla

S: Io so solo che sono venuta qui con la luce della speranza nel cuore, e voi l’avete distrutta in meno di un attimo… - cercava di asciugare le lacrime che copiose le inondavano il viso.

La osservarono in silenzio, cercando di comprendere quel dolore che appariva così grande.

Passarono lunghi minuti di silenzio, nei quali parlò a sé stessa e al suo vampiro lontano. Poi una luce nuova cominciò a brillare nel suo cuore.

Levò di scatto la testa e sorrise tra gli sguardi inebetiti delle due donne. Probabilmente una speranza c’era ancora… e quella speranza era proprio dentro di lei.

S: Ok – le vide sorridere felici – sarò quello che voi volete che io sia… farà bene sia a me, che a voi

Qualcosa nei suoi occhi le lasciò un po’ perplesse, ma la capostipite era tornata fra loro, e non vi badarono. Si limitarono ad annuire.

L’indomani era sul primo treno di ritorno a casa, con la strega rossa a fianco, e un bagaglio voluminoso in più…. Conscia del suo grande potere, e della lunga a faticosa strada da fare… Ma ce l’avrebbe messa tutta… Non per il mondo, non per le streghe della congrega… Solo per lei, e per quegli occhi azzurri, che la accompagnavano oramai, lungo ogni istante della sua vita.

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