.:: Tutto il mio mondo per te... ::.

Parte 17

20 Il Gran Consiglio

Era rimasto al suo fianco tutto il giorno, se rimanere fuori da una villa ad osservare le finestre chiuse potesse essere chiamato stare al suo fianco, a cuocersi sotto il sole rovente della spiaggia affollata, e a sudare nel suo completo scuro da duemila dollari. Aveva osservato ogni più piccolo movimento, in modo tale da poterle essere vicino in qualunque situazione, magari se l’avesse sentita urlare avrebbe potuto sfondare la porta con un gesto della mano.... Ma poi come lo avrebbe spiegato alla folla che si sarebbe radunata per il fracasso??? La notte era stato l’ombra della sua ombra, silenzioso e vigile compagno, degno del migliore degli angeli custodi mandati da Dio. Aveva camminato a pochi passi da lei, ed aveva assaporato il suo profumo guardandola camminare per la cucina attraverso i vetri chiusi. L’aveva seguita fin davanti a quella porta levigata, così vicino da poterla prendere per mano per portarla via. Avrebbe voluto poterla fermare, ma non era né uno dei suoi compiti, né tanto meno uno dei suoi diritti. Avrebbe voluto strapparla dalle grinfie di quel divetto da due soldi, ma non era nella condizione di poterlo fare. Quindi, amaramente, si era limitato a rimanere appoggiato ad un albero poco distante. Aveva osservato il mare per un po’, immergendosi nella potenza smisurata dei suoi flutti, fonte energetica della sua magia, fin quando non aveva sentito le voci avvicinarsi. Si era infilato nell’ombra della notte ed aveva osservato e ascoltato tutto, nascosto come un ladro a pochi passi dalla veranda dove i due ragazzi stavano guardando le stelle. Lo aveva visto allontanarsi e anche se nemmeno lui era riuscito a darsi una spiegazione del proprio comportamento, si era fatto vedere. Aveva avanzato in un fascio di luce ed era entrato nel suo campo visivo. L’aveva vista sorridere, e questo gli aveva fatto bene al cuore, non sentendosi più tanto indiscreto e fastidioso ai suoi occhi. L’aveva vista fargli un cenno con la testolina deliziosa e le aveva risposto con un impacciato cenno della mano, svanendo nuovamente nell’ombra al ritorno del ragazzo.

Li aveva visti entrare definitivamente in casa verso le tre ad aveva disperatamente aspettato di vederla uscire per tornare in hotel, ma questo contro ogni sua preghiera, non era mai successo.

Ora era mattina ed era sfinito, non era riuscito a chiudere occhio. La panchina del parco di fronte la villa del damerino biondo, sicuramente non era stata l’alternativa migliore per la serata. Aveva aspettato speranzoso tutta la notte di vederla uscire, e invece era da prima arrivata l’alba, poi il sole alto nel cielo, e quella dannata porta aveva continuato a rimanere chiusa. Aveva deciso di aspettare ancora un po’, e si era diretto a fare colazione ad un bar poco distante. Aveva camminato verso il punto di ristoro, senza mai lasciare la vista dell’uscio chiuso, poi dentro si era accomodato in modo tale, da non perdere nessun movimento dell’esterno della casa. Era profondamente indignato dal comportamento di quella ragazza, che nonostante sapesse che lui era lì, non si era degnata di preoccuparsi come avrebbe trascorso la notte. – Sei tu il pazzo che la segue Giul!!! Cosa vuoi da lei?! - Beh, non poteva volergliene, era lui ad essere continuamente fuori posto, e come gli aveva detto già un bel po’ di volte, lei non lo voleva tra i piedi. Si ripeteva senza sosta quelle parole nella testa, cercando di placare la rabbia che stava crescendo dentro a dismisura. Ok, non avrebbe dovuto essere lì, non era un problema che avrebbe potuto riguardarle, e sicuramente lui era un rompi palle da oscar, ma era anche stramaledette vero che lei non avrebbe dovuto andare a letto con qualcuno in così breve tempo!!! Soprattutto con uno così!!! Le mani sulla tazzina di caffè, cominciarono a tremare, il senso di rabbia stava prendendo il sopravvento senza logica e soprattutto senza possibilità di controllo. Guardando l’orologio si era diretto alla cassa per pagare, e subito dopo, a grandi passi, aveva coperto nuovamente la distanza che lo separava dalla cancellata. Si era fermato ancora un po’ per decidersi su cosa fare, guardando attentamente le finestre ancora mute della casa.

Si era rigirata nel letto più di una volta, in balia di un sonno non sonno piuttosto snervante. Si era accoccolata meglio sul cuscino ed aveva abbracciato quello di fianco senza nemmeno aprire gli occhi. Si sentiva sicura, protetta, come se in quel momento qualcuno vegliasse su di lei in qualche modo. Con un lieve mugolio si era appisolata nuovamente tranquilla.

Stava osservando i suoi capelli così neri, quando il suo braccio si era avvolto attorno a lui. Aveva sorriso dolcemente posando una mano sulla testolina che giaceva addormentata sul suo petto, e aveva chiuso nuovamente gli occhi rilassandosi.

Qualche ora dopo, il suono del campanello lo svegliò di soprassalto. Guardò l’orologio ancora stordito dal brusco risveglio e scoprì che erano già passate le dodici e trenta. La sera avevano fatto veramente tardi, e lui avrebbe voluto continuare a dormire per riuscire a riposare ancora un po’... Soprattutto avrebbe voluto poter non spezzare, quale momento dolcissimo, che la teneva legata a lui in un soffice abbraccio dettato dal profondo sonno. Osservò nuovamente il sorriso stampato sulle labbra rosee di Sam, e si convinse a non far scappare quel momento di calma così tenera. Chiuse gli occhi di nuovo sperando che il misterioso scocciatore desistesse pensando che la casa fosse deserta.

Il nuovo scampanellio lo fece drizzare a sedere, e il lieve mugolio che la ragazza emise lo fece infuriare. Quel qualcuno, chiunque fosse, stava incrinando quel momento magico, e se l’avesse svegliata sarebbe sicuramente morto per mano sua. Con delicatezza si sfilò dall’abbraccio, bloccandosi proprio nel momento in cui le sue palpebre iniziarono a muoversi. Le posò una mano sulla fronte e delicatamente cominciò ad accarezzarle il viso.

J: Shhh... Continua a dormire piccola... Ci penso io – osservò il lieve cenno del capo, nel torpore del sonno era riuscita a sentirlo e si era riaddormentata placidamente. Infilandosi in fratta i jeans tagliati, per paura di una nuova scampanellata, corse giù per le scale, cercando di fare meno rumore possibile.

In quel momento che la divideva dalla veglia, aveva sentito arrivare la sua voce da molto lontano. Come per magia si era trovata tra le sue braccia, e si era convinta che nulla fosse più importante di quello. Aveva evitato di allontanare il sonno, convinta di poterlo tenere finalmente con lei per sempre. Come se tutto fosse di nuovo al suo posto.

J: Ma si può sapere chi diavolo è??? – Stropicciandosi gli occhi infastiditi dalla luce che filtrava dalle finestre aprì la porta. Il suo viso trasfigurò in un’espressione attonita, quando incontrò lo sguardo vitreo del ragazzo moro che lo fronteggiava con aria truce – Tu??? Come sei arrivato fin qui??

Il viso di Giulian non cambiò minimamente di espressione, le sue labbra si mossero velocemente in una frase atona e scostante.

G: Sono venuto a prendere Sam... - si appoggiò allo stipite della porta, avvicinando i suoi occhi verdissimi a quelli azzurri del suo interlocutore – Sono andato a cercarla e non l’ho trovata nella sua stanza... - freddo come il ghiaccio di un iceberg dei mari glaciali, soprattutto la stessa mastodontica fermezza radicata nello sguardo – Rischieremo di fare tardi al matrimonio...

James lo osservò stralunato... Qualcosa in quello sguardo lo riusciva a mettere completamente a disagio, come se quell’uomo ce l’avesse con lui per qualche motivo veramente serio.

Aprì gli occhi per un istante, poi li richiuse stirandosi nel letto fresco. Una lieve brezza salmastra, le accarezzava la pelle, dandole refrigerio dal caldo già quasi insopportabile. Si voltò di nuovo, immergendo il viso nel cuscino morbidissimo. Avrebbe voluto poter dormire per altre diciotto ore,  ma una giornata così bella non poteva andare sprecata. Poi, sbuffò, era arrivato il giorno del maledetto raduno di pseudo idioti, quindi tra qualche minuto Giulian avrebbe bussato alla porta. Anzi, riflettè, era strano che non l’avesse ancora fatto, il sole così alto nel cielo era segno palese dell’ora tarda. Stanca guardò l’orologio, le dodici e quaranta... Veramente strano... In un gesto scostante adocchiò qualche differenza nel letto, le tendine del baldacchino erano sparite, e soprattutto insieme a loro era sparito il baldacchino... Rimase per un po’ in stato catatonico a pensare quando avessero potuto fare quei cambiamenti, e in un attacco di veglia improvvisa si rese conto di non avere ricordo del suo ritorno in hotel. Si levò di scatto a sedere, squadrando il contorno... Palesemente non si trovava in camera sua, e le immagini alle pareti le dicevano in un sinistro silenzio, in che stanza si trovasse... Immobile con il cuore a tremila, cercò di ricordare i fatti avvenuti la sera prima, la cena, la terrazza, Giulian e poi??? Il nulla più totale regnava sovrano nella sua mente. Abbassando lo sguardo verso sé stessa, emise un gridolino disperato.

S: Oddio cosa ho fatto??? – scattò subito in piedi cercando disperatamente le sue cose, vagando in intimo per la stanza vuota. James non c’era, ma sicuramente lo avrebbe trovato da qualche parte in quella casa, e le avrebbe raccontato ogni cosa... Su quello non ci sarebbero stati dubbi.

J: Io non ho capito come sei arrivato fin qui!!! – ringhiò in direzione della figura che lo sovrastava sprezzante – Potrei chiamare la polizia sai??? – lo vide ridere sarcastico e fu preso dalla voglia inarrestabile di sbattergli la porta in faccia. Con un rapido gesto il suo interlocutore arrestò il suo gesto inconsulto, con la mano e con un piede in un gesto di inequivocabile diniego.

G: E per cosa?? Per essere venuto a suonare alla tua porta, per accompagnare una mia amica ad un matrimonio???

J: Levati da mezzo!!! – la voce gli tremava in gola, come fosse tramutatosi in pochi istanti in un bambino spaventato. Quel ragazzo riusciva con i suoi occhi, a metterlo completamente in difficoltà.

G: Chiamala o faremo tardi – fu più un ruggito che una frase articolata. Tutta la rabbia accumulata si stava facendo strada nel suo buon senso.

J: L’accompagnerò io non ti preoccupare – osservò senza deglutire la risata sardonica di Giulian... Da quegli occhi tutta la consapevolezza del mondo, si riversava su di lui come un fiume in piena.

G: Non puoi... Non sei stato invitato – spinse la porta un po’ di più e riuscì ad aprirla di nuovo senza il benché minimo problema.

Aveva udito due persone discutere al piano di sotto. Si disinteressò del fatto in sé, ma si diresse velocemente verso la rampa di scale. L’unica cosa importante in quel momento, era capire come mai si trovava ancora lì e soprattutto cosa fosse successo la sera prima. Con passi leggeri ma scomposti, si lanciò a capofitto per le scale.

J: Vattene!!! – la sua voce le era arrivata nelle orecchie come una freccia. Si era da poco svegliata e la luce e soprattutto i rumori, le risultavano ancora fastidiosamente amplificati. Si fermò a pochi passi dalla svolta osservando di nascosto la scena. Un gemito sommesso le affiorò alle labbra quando incontrò il viso di Giulian fuori dalla porta. In quel momento fu come morire per la seconda volta. Si ritrovò in lacrime senza nemmeno accorgersene, e soprattutto senza capirne il motivo. Era sicura di non essere colpevole di quella situazione così assurda, ma non sapeva fin dove si erano potuti spingere gli eventi. Non conservava alcun ricordo dopo l’ultima chiacchierata nel salotto, ma qualunque cosa fosse successa, sicuramente avrebbe dovuto ritenersi colpevole.

G: Ti ho detto di chiamarla... Odio dovermi ripetere... - il ringhio sommesso nella sua voce la fece rabbrividire. Fu come essere a cospetto di una bestia centenaria, pronta a divorarli entrambi.

J: Sta dormendo – rise in maniera un po’ incerta – ho detto che l’accompagnerò io... - cercò di fronteggiare il suo sguardo feroce, ma indietreggiò non essendone in grado.

Per un istante ebbe veramente paura... Leggeva nei suoi occhi una rabbia inspiegabile... Ma perché quell’uomo si era così tanto accanito su di lei??? Perché non la lasciava stare??? Si fece forza e irruppe al piano di sotto.

S: Che succede qui??? – la sua voce tremò impercettibilmente, ma fu sicura dai suoi occhi che lui se ne fosse accorto e soprattutto, se ne fosse intimamente compiaciuto.

J: Il tu amichetto ha fatto irruzione – la guardò sfinito. In quel momento le fece veramente tenerezza. Un ragazzo normale che fronteggiava un’entità che solo lei riusciva a capire a pieno. Infilò di scatto il suo sguardo in quello vitreo del moro che la scrutava in cerca di qualcosa.

S: Perché sei qui?? – resse a stento il fuoco che si divampò da quegli occhi glaciali. Riusciva a far sentire piccola anche lei, solo con un semplice sguardo

G: Sono venuto a prenderti... - le sue iridi la graffiavano come artigli acuminati – faremo tardi... - sentì un nodo alla gola e lottò con la disperata ricerca di lacrime di sfogo.

James si era fatto da parte e ora passava ripetutamente il suo sguardo tra l’uno e l’altra. Qualcosa nei loro occhi così verdi, li rendeva così spaventosamente simili... In un attimo capì, che quelli che entrambi possedevano erano gli stessi occhi carichi di forza interiore... Gli stessi occhi....

S: Tu non sai proprio trattenerti dall’essere così vero??? – la osservò ancora... Pareva che quei due si conoscessero da sempre, e per un attimo si scoprì profondamente geloso di quel legame così forte che pareva unirli indissolubilmente. Si trovò a stringere la mascella sperando di non vederla andare via da quella porta, soprattutto insieme a quell’uomo tanto irritante ai suoi occhi. Lo vide girarsi ed andare via e per un attimo sperò che fosse finita...

G: Ti aspetto fuori... Sbrigati, non ho nessuna intenzione di fare tardi...

Strinse i denti cercando di trattenersi, e annuì, contro tutto quello che la sua anima le diceva di fare. Lo vide svanire dietro la cancellata, e si apprestò a chiudere la porta per non vedere più la sua sagoma allontanarsi. Quell’ordine irrevocabile, le aveva aperto una ferita nell’orgoglio della sua anima, ma non pareva farle così male. Si appoggiò con la schiena alla porta, e osservò il viso stralunato del ragazzo che in silenzio la stava osservando.

S: Mi dispiace... Non so cosa dire... - scosse la testa cercando di allontanare la rabbia, che pareva esploderle nelle tempie.

J: Dimmi solo che non andrai con quello stronzo... - la guardò quasi supplichevole.

S: Tutto questo non sarebbe successo, se non fossi rimasta qui... - nascose il viso tra le mani cercando di rallentare il battito disperato del suo cuore. Tutto l’accaduto si sarebbe potuto evitare solo semplicemente ritornando in hotel... - Perché sono ancora qui??? Cosa è successo ieri sera??

J: Niente... - lo vide voltare lo sguardo in un punto lontano di un’altra direzione, poi di scatto si trovò di nuovo avvinta dai suoi occhi così chiari. – Ti sei addormentata – le sorrideva dolcemente avvicinandosi – eri così serena... non ho voluto svegliarti...

Quelle parole le diedero un po’ di sollievo. In tutto quel casino, almeno non si era gettata nelle fiamme di un ulteriore rimorso verso sé stessa.

J: Ti ho spogliata e messa sotto le lenzuola, hai dormito tra le mie braccia tutta la notte... - ora la sovrastava con la sua magnifica figura, cercando di poterla guardare negli occhi, che inesorabilmente si erano abbassati per sfuggire nuovamente alle lacrime. Aveva sognato di essere con lui, e per l’ennesima volta aveva mentito a sé stessa. Gli si gettò tra le braccia in un gesto di ricerca di protezione. Lo strinse più forte che potè, cercando di allontanare da lei, ogni dolore, ogni paura, e soprattutto cercò di allontanare il suo ricordo per cancellarlo in maniera radicale. Il battito accelerato del suo cuore, la fece quasi impazzire, facendola allontanare di scatto da quell’abbraccio così caldo e rassicurante.

S: Devo andare... - si diresse verso la sua borsa e l’afferrò di scatto

J: Ti accompagno io!!! – le corse dietro nella speranza di fermare i suoi passi veloci

S: No Jimmy... E’ meglio di no... - sfuggì nuovamente al suo viso, e a tutto quello che riusciva a farle affiorare dentro.

J: Ma c’è qualcosa fra di voi??? – l’afferrò per un polso bloccando il suo tragitto verso l’aria aperta.

S: E’ un po’ lunga da spiegare, ma sicuramente non quello che pensi tu – in quel momento la sua mente era completamente spoglia da qualsiasi briciolo di inventiva. Si divincolò dalla stretta e aprì la porta, i raggi del sole la inondarono di calore riuscendo ad allontanare un po’ di quel freddo che l’aveva avvolta come un mantello pesantissimo e soffocante.

J: Ti posso chiamare vero??? – l’aveva seguita a poca distanza e ora la guardava timidamente.

S: Certo che puoi – gli sorrise – tu puoi fare tutto quello che vuoi – e senza pensare, lasciò un lievissimo bacio su quelle labbra morbide. Scoprì di conoscere in qualche modo già quel sapore buono che le lasciarono in bocca. In una corsa senza pensieri, si diresse verso la moto parcheggiata fuori dal cancello ancora aperto, respirando finalmente all’aria aperta. La osservò sorridendo dolcemente, e chiuse la porta lasciando andare via quella ragazza eccezionale.

Nel percorso per raggiungerlo, aveva sentito partire il potente rombo del motore. Il ragazzo rimase a fissare davanti a sé, senza curarsi del suo arrivo. Senza parlare si voltò ed attraverso il casco nerissimo, i suoi occhi la sondarono fino in fondo all’anima. Il cuore le mancò di un battito, e per qualche istante cercò di annaspare aria disperatamente. Sicuro come sempre, le allungò il secondo casco, togliendo la moto dal cavalletto e tornando a fissare la strada davanti a lui. Cercò di parlare, ma ogni singolo pensiero, ogni singola frase trovò un muro invalicabile, a fermarla in fondo alla gola.

Ad occhi bassi infilò il casco, che pareva fatto a posta per lei, e salì in sella.

G: Reggiti forte! – nemmeno il tempo di replicare in qualche modo, che il bolide cominciò la sua corsa sulle strade della California baciata dal sole.

Si strinse forte a lui, nella ricerca disperata di quel contatto che li aveva visti così vicini, ma che ora pareva essersi inevitabilmente incrinato. Chiuse gli occhi e cercò di non piangere... C’era qualcosa che la legava a lui, e Il fatto di averlo forse perso, le dava un dolore inspiegabile.

Erano arrivati in albergo in pochissimo tempo, sfrecciando come una saetta carica di elettricità attraverso le strade trafficate. Gli aveva ridato un po’ impacciata il casco, abbozzando un timido sorriso al quale però, lui non si era minimamente sforzato di rispondere. Era rimasto tutto il tempo, nella sua fredda imperscrutabilità, e senza una parola, l’aveva accompagnata all’ascensore. Aveva osservato le porte aprirsi, ed era entrata con un barlume di speranza negli occhi... Niente, le porte per la prima volta si erano richiuse, senza che lui si muovesse per seguirla. Un respiro affannoso, l’aveva indotta alle lacrime, e sola, nel silenzio della salita in ascensore, era scoppiata in un pianto sommesso. Non era riuscita a parlargli, bloccata da quel timore sottile, che quello sguardo duro le aveva sapientemente insinuato dentro... Aveva taciuto come lui, permettendo che quel silenzio li dividesse ulteriormente senza una ragione. Si chiedeva come una cantilena interminabile, il perché di quel comportamento. Avrebbe giurato che tra di loro ci fosse una buonissima amicizia, se poi così si poteva chiamare il legame che unisce due persone che si conoscono da nemmeno tre giorni, e invece, ora si trovava di fonte una persona piena di astio nei suoi confronti... Una persona alla quale teneva moltissimo in maniera quasi inspiegabile.

Non appena il campanello di arrivo dell’ascensore fece spalancare le porte sul suo piano, corse con quanto fiato aveva in gola verso la porta sicura della sua stanza. Con mani tremanti e incerte si apprestò ad aprire la porta e correndo fra le lacrime, nascose il viso fra le lenzuola candide. Se quella avrebbe dovuto essere una vacanza, allora perché le faceva stare così male???

Con le mani sul viso si lasciò andare allo sconforto, cercando masochisticamente di ricordare ogni sua minima espressione. Quegli occhi tanto gelidi ed inferociti, l’avevano tagliata fin nelle ossa, lasciando grandi squarci dolorosi nelle sue membra. Aveva letto in fondo a quei pozzi di un verde sconfinato, rancore allo stato puro... Denso e melmoso, come la più pericolosa delle paludi.

L’aveva giudicata senza nemmeno parlare, l’aveva allontanata come un essere indegno, lasciandola lì a tremare per la paura di averlo perso. Ma perché tutto quel bisogno di essere sicura di avere il suo affetto??? La linea che la legava a lui, cominciava a delinearsi nitidamente, attraverso i secoli che la dividevano da quella donna della quale era parte integrante. Quel ragazzo dai lunghi capelli neri, così soffici da provocare il desiderio irrefrenabile di accarezzarli, era stato qualcosa di importante... qualcosa che mai avrebbe potuto comprendere a pieno, se non con il suo aiuto. Corse al telefono nell’ultimo sprazzo di ricerca di serenità.

S: Pronto?? Senta... il ragazzo che mi ha accompagnata... è li da qualche parte??

La voce metallica dall’altra parte del telefono attese qualche istante prima di rispondere.

Receptionist: No mi spiace Signorina De Luca... Credo che il signor O'Neill si sia allontanato dall’hotel poco fa...

Riagganciò poco dopo con la morte nel cuore. Quella era la prima volta da quando si erano conosciuti, che l’aveva lasciata completamente sola... Finalmente sapeva il suo cognome... troppo impegnata ad affibbiargli epiteti scontrosi, si era sempre dimenticata di questo particolare. Non sapeva nulla di lui... Le poche cose di cui era a conoscenza, erano praticamente piccoli scorci di brevi discorsi confusionari. Per la prima volta si sentì davvero stupida, e rigettandosi sul letto si affidò ai suoi mille pensieri.

Era dovuto uscire per non scoppiare. Aveva afferrato il casco come una furia, scacciando la voglia disperata di correrle dietro. Alle volte davanti a lei, riusciva davvero a sentirsi uno stupido... E da stupido si era comportato!!! Nei suoi occhi aveva letto troppo dolore tutto insieme, e per la sua paranoica paura che qualcuno potesse farle del male, si era spinto nuovamente troppo oltre. Soprattutto ora davvero non sapeva come uscirne...

Volando sulla sua moto per le strade assolate, cercò di allontanare il suo pensiero da lei, ma come un tarlo affamato, il ronzio dei ricordi di quella giornata, gli logorava l’anima da dentro. Poteva vantare quattrocento e più anni di saggezza, oramai ne aveva anche perso il conto, poteva vantare un altissimo tasso di obbiettività conquistato attraverso i secoli, ma quella donna, Arial o Sam quale fosse il suo nome, era da sempre riuscita a farlo uscire di testa. Troppo impegnato nel bisogno disperato di cercarla, aveva ancor più incrementato la sua iperprotettività nei suoi confronti... Soprattutto dopo averla vista morire per mano di... Azarot... Rabbrividì solo al pensiero del suo nome e scotendo la testa inclinò ancora di più l’angolatura del polso sull’acceleratore, aumentando notevolmente la pressione che la mano faceva sulla plastica del manubrio. L’aria fredda e sferzante, attraverso la visiera aperta, riusciva ad asciugare le lacrime che cominciavano ad affiorare nei suoi occhi, così roventi e dolorose da annebbiargli la vista.

Ogni notte riviveva quel momento, riviveva quell’istante in cui aveva visto il suo corpo sgretolarsi sotto l’influsso di una magia, troppo grande anche per lei che era energia mistica allo stato puro. Ogni notte correva cercando di aiutarla, arrivando solo quando il corpo esanime ricadeva al suolo in una matassa di ciocche bionde scomposte. Ogni notte piangeva tutte le lacrime più amare del mondo, tutte le notti stringeva tra le braccia quel fragile corpo senza vita. Ogni notte ripeteva la promessa fatta, ogni notte da oramai più di quattrocento anni.

Nella sua lunga vita aveva ideato ogni genere di espedienti per non farsi scoprire, invecchiando il suo corpo sotto il trascorrere degli anni, per non destare sospetti in nessuno. Abbandonando la sua bell’Irlanda, la sua isola verde nel grande mare, con la morte nel cuore, abbandonando tutto e tutti ogni volta, per ricominciare da capo da qualche altra parte. Aveva cavalcato le strade del mondo, visitando ogni paese, camminando nella sua solitudine senza tempo, solo per credere alle parole di quella donna che lo aveva messo al mondo. Aveva creato un impero nascondendosi nella magia, che lei gli aveva lasciato, cercandola ovunque e aspettando il suo ritorno. Nel disperato bisogno di ritrovarla un giorno aveva istituito la congrega, mettendone a capo una persona fidata, per non attirare troppo l’attenzione su di sé. Si era fatto amare dai pochi adepti per la sua dolcezza smisurata e per la prima volta si era nuovamente sentito parte di qualcosa... Aveva percorso l’ultimo secolo accanto a loro, spostandosi nelle sedi sparse per il mondo per non dare nell’occhio alle persone normali. In quel piccolo mondo, il suo essere così diverso e speciale, la sua unicità nel suo genere, erano qualcosa di accettabile.

Si era trasferito a Los Angeles al suo sesto ringiovanimento, come copertura la solita multinazionale, che si tramandava da un paio di secoli... Ma mai a nessuno aveva confidato chi fosse realmente... rimanendo così, solo Giulian O’Neill il mago irlandese che non invecchia mai.

Riassaporò la sensazione che la lettera da Torino gli aveva regalato. Delle iniziate lo informavano che il suo unico bene era risorto, dando ragione alla predizione che una sacerdotessa aveva fatto quasi quattrocento anni prima... Sua madre... Aveva riletto con le lacrime agli occhi, quella lettera, un migliaio di volte, tenendola con sé come una piccola reliquia, come se fosse parte di quella donna svanita per mano di sé stessa troppo tempo prima. Lei era tornata...

Aveva chiesto con una curiosità insaziabile, ogni piccolo particolare di lei, immaginandola fin nei particolari più lievi. Aveva ascoltato il racconto del suo viaggio fantastico, beandosi della potenza della sua magia rinata. Ne aveva avuto solo piccoli particolari, ma gli erano bastati per uscire di testa e volerla di nuovo al suo fianco. Non era riuscito a trattenersi ed aveva ideato la farsa del gran consiglio per trascinarla lì, tra le sue braccia ansiose di stringerla. Aveva cercato in tutti i modi di ottenere una sua foto, per prepararsi psicologicamente a quell’incontro tanto atteso per centinaia d’anni, ma non era riuscito in nessun modo ad entrarne in possesso.  Così aveva aspettato impaziente, in uno stato di euforia incontrastabile, il giorno del loro definitivo incontro... Questa volta non l’avrebbe persa...

Era stato proprio lui a telefonarle... Il bisogno di sentire la sua voce era stato impossibile da superare, e quando gli aveva risposto al telefono, con quell’inglese dall’accento tutto particolare, il cuore gli si era aperto nel petto, come un bocciolo che finalmente assaporava la fioritura dopo il lungo inverno trascorso. Si era lasciato cullare dalla melodia soave della sua voce, fingendosi distaccato e professionale, anche quando lei aveva cominciato ad inveirgli contro. Le aveva pagato ogni cosa, le aveva allungato il soggiorno fino ad una settimana, solo per avere la possibilità di convincerla a rimanere con lui...

Si era anche fatto affidare l’incarico di farle da guardia del corpo, nonostante le recriminazioni delle persone del gran consiglio. Avevano cercato di farlo ragionare, data la sua alta carica all’interno della congrega, ma aveva insistito irremovibile, fino a farli desistere definitivamente.

Non aveva dormito per giorni fino al suo arrivo, tuffandosi ogni notte nel suo ricordo e nella gioia dell’inaspettato ritrovamento.

Continuava a percorrere le strade, non curante del tempo che trascorreva inesorabile, perso solo nel vento e nel turbinio dei suoi pensieri.

Si era precipitato all’aeroporto con due ore di anticipo, e quando il cartellone luminoso aveva avvisato il ritardo di un ora, una rabbia cieca lo aveva vinto... Forse quella era stata la prima volta dai tempi della sua vera vita, che si era davvero lasciato andare. In quei secoli, aveva abbandonato ogni sorta di sentimento, per non rimanere avvinghiato a nulla, per potersi permettere di andare avanti senza pensieri e ricordi...

Aveva aspettato contando ogni singola mattonella di quel pavimento asettico, con il cuore quasi impazzito nel petto, e quando aveva letto l’arrivo del volo, si era timidamente rintanato in un angolo, terrorizzato come un adolescente al primo incontro con la persona dei desideri...

Agitato come mai si era sentito prima, aveva scrutato ogni volto di donna che usciva dall’aeroporto, nella ricerca disperata di incrociare quegli occhi tanto anelati. Ma quando l’aveva vista qualcosa si era spezzato dentro. La lunga ciocca bionda le ricadeva nei capelli nerissimi, proprio come gli avevano detto, era stato il suo unico punto fermo per riuscire a riconoscerla, ma quel viso, non aveva nulla a che vedere con il viso della sua adorata Arial... La osservò aspettare qualcuno, e solo quando la vide in difficoltà si obbligò ad andare da lei. Il cuore in un lago di sangue, nell’infinita incertezza sull’essersi stupidamente illuso.

Era stata da subito una piacevole compagnia e sorridendo, si scoprì di nuovo arrossire nel calore del casco, per la figuraccia fatta in macchina... In poco tempo aveva preso coscienza di averla ritrovata, soprattutto per quel suo sottile potere di farlo sentire piccolo e stupido. Contro ogni prima congettura, si era stretto nuovamente a lei, e nella sua infinita follia, nella sua strampalata necessità di tenerla con sé per sempre, aveva di nuovo perso il controllo su sé stesso... Quegli occhi rispecchiavano tutta la luminosità di quell’anima, sfuggita finalmente alla morte.

Poi quel ragazzo... Dio quanto avrebbe voluto poterlo odiare! Ma lui non era colpevole di nulla... Pareva soprattutto che ci tenesse veramente a lei. Arial lo aveva deriso mille volte per la sua gelosia irrazionale, Sam, semplicemente nel suo essere allo scuro di ogni cosa, non l’aveva capita rifiutandola... Come ogni donna libera e matura avrebbe fatto...

Poi oggi... Si morse il labbro per non rischiare di impazzire... Oggi la sua follia aveva preso finalmente il completo sopravvento, tirando fuori la parte peggiore di quel Giulian mai emerso veramente. Aveva maltrattato il suo unico bene, senza ragionare... Se anche quella notte si fosse lasciata andare tra le sue braccia??? Che giusto rimprovero avrebbe potuto farle??? Lui proveniva da tempi in cui quelle cose non erano che pensieri di donne dedite alla strada, ma quei tempi erano andati da molto ormai. Il mondo era cambiato sotto i suoi occhi, e doveva cominciare a farsene una ragione. Osservò il mare che costeggiava la strada che stava percorrendo. Il sole era vertiginosamente sceso e ora cominciava a bagnarsi nei flutti all’orizzonte... Strinse forte il manubrio e si lasciò andare al dolcissimo ricordo dei suoi boccoli soffici, che si intrecciavano fra le sue dita durante quel loro ballo senza tempo, cullato dalle note della sua magia così delicata...

Aveva rinunciato alla sua vita per lei, e ora sicuramente non l’avrebbe persa di nuovo... Con una rapida derapata invertì il senso di marcia, ritornando in dietro. Lì, dove il suo unico tesoro, aspettava qualcuno che la conducesse al suo ingresso trionfante nel mondo che da tempo l’aspettava fremente.

Era da poco passato il tramonto, e le lacrime erano già finite da un bel pezzo. Aveva passato la giornata, sdraiata su di un letto enorme, così grande da farla sentire tremendamente sola, a chiedersi i mille perché della sua vita. Si era alzata solo per accompagnare il sole, nel suo declino giornaliero, solo per lenire quella solitudine, con il dolce ricordo di quel vampiro lontano... Aveva chiuso gli occhi abbandonandosi ai suoi, chiudendo per un attimo in un angolo buio, tutta quella sua pseudo vita. Si era cullata sotto le note della canzone di William, l’unica cosa, che in qualunque momento riusciva a riavvicinarla a lui... Nonostante fosse la meno indicata, era l’unica in grado di farglielo sentire ancora così vicino.

Aveva come sempre immaginato il suo unico amore, risvegliarsi sotto le stelle... Lo aveva accompagnato nella ronda come ogni volta, stringendosi a quel ricordo, come se fosse l’unica cosa ancora capace di darle la forza per continuare a guardare avanti. Aveva stretto i pugni ricordando quel brevissimo bacio del mattino, così sbagliato, da ferirla fin dentro l’anima, ma così necessario in quel momento, per tenerla avvinghiata alla cruda realtà...

S: Milioni di persone... uomini e donne, farebbero i salti di gioia al mio posto... E io invece, vorrei soltanto avere la forza di morire – una nuova lacrima lambì il suo viso, arrivando dal profondo di quel vuoto sconfinato che lui aveva lasciato in lei.

Si era ritirata soltanto quando quel breve momento di contatto, era scemato sotto squillo insistente del telefono.

Aveva riagganciato poco dopo, nuovamente vinta da un irrefrenabile timore. Giulian era tornato e l’aveva fatta avvisare che era arrivato il momento di andare. Cosa avrebbe trovato ad aspettarla??? E soprattutto, quale sarebbe stata la sua solitudine, in quel posto sconosciuto, tra quelle facce estranee, ora che anche l’ultima persona amica, pareva avergli voltato le spalle?? Si sedette un po’ per respirare forte, il senso di nausea era di nuovo tornato per farla crollare. Si era da sempre reputata una persona forte, e invece in quel momento, veramente da un bel po’ di tempo ormai, si era ritrovata a tremare come una bambina sperduta. Avrebbe voluto tanto avere la sua Tabata vicino, Priscilla, e magari proprio James che glielo ricordava tanto... Invece sarebbe stata sola, tra persone inutili e soprattutto sconosciute. Sola a pochi passi da qualcuno che aveva perso probabilmente senza possibilità di ritorno. Scosse la testa gettando via la mandria inferocita di pensieri nefasti, e con un ultimo atto di forza, troppo grande anche per una come lei, si diresse all’uscita.

Era lì, in un angolo, ad aspettare che la sua principessa fendesse con la sua luce, la penombra di quell’atrio poco affollato. Osservava senza dire una parola, le porte di quell’ascensore, che poche ore prima, gli avevano strappato il suo viso senza repliche. Nella confusione mentale più totale, non riusciva a trovare le parole giuste per poter allontanare quella tensione così densa, che pareva invadere l’aria come una coltre fumosa invalicabile. Stupido uomo senza ragione di esistere...

Aveva superato la porta dell’ascensore, come per entrare in una trappola mortale, conscia della sua pericolosità. Da qualche parte al piano terra, l’uomo che per qualche strano motivo del destino le era così vicino al cuore, la stava aspettando con il suo sguardo carico di risentimento... Come avrebbe dovuto comportarsi??? Come avrebbe dovuto affrontarlo?? Il suo solito caratteraccio, era svanito di fronte a quegli occhi di ghiaccio, lo aveva visto soffrire, e ancora non riusciva a spiegarsene il motivo... Quell’odio pareva dettato più da un sentimento forte, con dei tratti così frastagliati però, da non sembrare tale... Spinse il pulsante che l’avrebbe portata da lui, con mano tremante e soffocando un lamento che, salendo lentamente dal profondo della sua anima, era sfociato dalla rosa delle sue labbra.

Aveva assaporato ogni attimo del tragitto dell’ascensore, come la sua ultima via di fuga, cercando disperatamente il modo per potergli parlare, per poter mettere a tacere la quantità infinita di pensieri confusi che le violavano la mente come ferri roventi...

Quando le porte si aprirono nulla era cambiato... Sola nella confusione mentale più profonda, alla ricerca di un uomo sconosciuto che le inondava il cuore di sensazioni contrastanti. Immobile, senza nemmeno respirare, cercò la sua figura nell’atrio vuoto. Nulla... Scosse la testa ricacciando in gola le lacrime calde, che erano salite prepotentemente facendole bruciare gli occhi.

Titubante arrivò alla reception e con un sorriso il ragazzo in uniforme blu, l’avvisò che il suo accompagnatore la stava aspettando fuori. L’ultimo respiro incerto, e poi fuori verso il suo viso.

Era fuggito, non ce l’aveva fatta ad aspettare... Si era rifugiato nel suo casco nero, coperto da una visiera scura e invalicabile. Cercando conforto in sé stesso, e nel rombo della sua moto...

Poi d’un tratto l’aveva vista apparire dalle porte girevoli, leggiadra come una fata dei boschi, bella e delicata come solo lei avrebbe mai potuto essere. Avvolta in un tailleur candido come la neve, avanzava verso di lui ad occhi bassi. L’ultimo briciolo di amor proprio, l’aveva tenuto inchiodato alla sella, impedendogli di correrle in contro per chiederle scusa in ginocchio. Si era aggrappato al manubrio e per evitare il suo viso accarezzato dai boccoli neri, aveva immerso il suo sguardo nel mare, arrancando nella disperata ricerca di aria.

Il rumore dei suoi passi leggeri, era arrivato attutito dal kevlar spesso del casco, e in un impercettibile gesto del capo, li aveva seguiti come il ritmo di una dolce melodia. Si era voltato a guardarla, solo nel momento in cui li aveva uditi fermarsi a meno di un metro da lui.

Si era fermata, per aspettare qualcosa, magari un piccolo gesto. Uno di quei suoi cenni complici e amichevoli, che le aveva sempre riservato. Lo aveva visto voltarsi, ma non era riuscita ad incontrare il suoi occhi, la visiera, barriera invalicabile, glielo impedì colpendola nello stomaco come un pugno ben assestato. Lo osservò accarezzando con le ciglia vellutate, il suo smoking perfettamente adagiato al suo corpo, rimpiangendo di non poter assaporare il verde smeraldo di quei tizzoni ardenti, che sondavano ogni sua più piccola curva. Fu come sentire una mano che ti sfiora, e non poter vedere chi è che la sta guidando. Fu come avere davanti qualcuno, e non avercelo per niente.

Deglutendo a fatica si infilò il casco che lui con mano ferma gli aveva porto, e in un rapido gesto di fuga da quello sguardo invisibile, si adagiò sulla sella.

Lo sentì irrigidirsi al contatto della sua mano, e per un momento lungo un’infinità, lottò contro la voglia di stringerlo e piangere sulle sue spalle. Ispezionò la sua mano incerta sulla chiave di accensione, e la vide arrestarsi per lo squillo del cellulare nella sua borsetta.

In quel momento l’unica cosa importante per lei, era poterlo abbracciare e sentire il calore del suo corpo scolpito fra le braccia, assaporare il suo profumo delicato che le lambiva il cuore, come se nulla mai fosse successo. Ruppe il silenzio delle loro anime, dimentica di tutto e tutti.

S: Non ti preoccupare andiamo...

Un sospiro leggero alleggerì la tensione sui suoi muscoli irrigiditi, e in un attimo si ritrovò a percorrere ad altissima velocità la strada che l’avrebbe condotta alla villa. Qualcosa in lei diceva che lui stava sorridendo, e un lieve sorriso di felicità, si affacciò anche sulle sue labbra delicatamente truccate.

E lui stava sorridendo... Felice di averla ritrovata, e felice di poterla finalmente avere tutta per sé.

Dopo un lungo tragitto, un cancello di ferro battuto, si aprì come per magia davanti ai loro occhi, lasciandola estasiata. Nulla a che vedere con la villa di James... Quello che aveva di fronte era paragonabile ad un sogno ad occhi aperti. Una villa bianca con mille luci accese che si stagliavano nella notte come tante stelle, si affacciava alla fine di un viale alberato. Alti pioppi secolari, fendevano il cielo come soldati allineati per una parata, accompagnando il loro ingrasso alla sede del Gran Consiglio. Vide molto fermento nelle stanze illuminate da luci soffuse, e in breve si trovò a combattere con il suo cuore impazzito per l’emozione. Superarono la moltitudine di auto, girando dietro la villa, ed entrando in una specie di garage, un po’ isolato.

Rimase immobile fin quando non vide la sua testa voltarsi a guardarla.

G: Siamo arrivati...

Scese in maniera meccanica, ancora vinta dall’agitazione, e in un rapido gesto si liberò dal pesante casco nero. Osservò il felino movimento del suo corpo, e come ipnotizzata aspettò di poter incontrare il suo viso... I suoi capelli e soprattutto i suoi occhi verdissimi.

Felice, era ritornato a casa, e con lui aveva portato il suo bene più grande. Se ne fosse stato in grado, avrebbe bloccato il tempo proprio in quella sera così benedetta da Dio, facendo si che il suo momento di gioia infinita non avesse mai fine. Di spalle, liberò il suo viso dalla costrizione del copricapo. Un ultimo respiro per tornare con i piedi per terra e poi di nuovo immergersi nei suoi occhi.

Una breve brezza l’avvolse mentre lo osservava girarsi con estrema lentezza. Fu avvolta da un lieve turbinio di piccole lucciole luminose, come trovarsi nel centro di una prato fiorito, le prime ore della sera. Abbassò lo sguardo su di sé, sentendo che qualcosa stava cambiando. Un abito da sera bianchissimo, fatto di mille pagliuzze iridescenti, stava lentamente prendendo il posto del suo tailleur. Osservò il lieve delinearsi della gonna lunghissima, tagliata a metà da uno spacco vertiginoso che si innalzava verso il centro delle sue gambe snelle. Piano piano, vide apparire il corpetto che attillatissimo andava a coprire il suo busto sottile, con mille riflessi argentei, fino a morire in un colletto che le incorniciava il viso, rifinito da microscopici cristalli rilucenti. I capelli le si raccolsero per magia, in uno chignon che lasciava sfuggire delle leggerissime ciocche ribelli, che le ricadevano delicatamente sulle spalle nude. Inconsapevolmente arrossì in maniera vistosa.

G: Ora sei veramente perfetta... - intimidita non incrociò i suoi occhi, lasciandosi solo cullare dalla dolcezza delle sue parole. – Ti aspetta una grande serata... C’è molta gente... Tutta solo per te.

Ancora ad occhi bassi, lo vide avvicinarsi e porgerle il braccio. Il grande momento era arrivato e lui era pronto lì solo per lei, per accompagnarla verso la festa. Infilò la mano sottile nell’incavo del suo gomito, e guardando fissa un punto davanti a lei, si fece scortare su per una scala a chiocciola. Un coro di violini sfiorava le sue orecchie, rendendo ancora più magico quel momento, e seguì senza fiatare il cammino di quell’uomo bellissimo che con classe la stava scortando. Un po’ impacciata e tremante si fece condurre da lui fino ad arrivare di fronte ad una tenda tirata di un pregiatissimo velluto blu. La musica tacque come per incanto, lasciandola ancora senza respiro. Arretrò un po’ lasciando d’istinto il braccio del suo accompagnatore.

G: Sei la regina della festa piccola fata dei boschi... - lo guardò finalmente, incrociando di nuovo quegli occhi tanto anelati, e un sorriso felice inondò il suo viso spaurito, facendolo finalmente rilassare. La guardava con dolcezza, e con una luce delicata negli occhi. Qualcosa all’interno di quelle iridi fluorescenti, parve brillare. Forse una lacrima di felicità... Il Giulian della mattina aveva lasciato spazio, al suo Giulian... A quell’uomo così inatteso che le aveva mandato quel mazzo di fiori, al suo arrivo.

S: Sei stato tu allora... - chiese con un filo di voce

G: A fare cosa??? – le porse nuovamente il braccio preparandosi a fare ingresso nel grande salone.

S: A mandarmi quei fiori... - arrossì recuperando il contatto perso in quel momento di smarrimento.

Lui rise stringendo la sua mano ghiacciata dall’agitazione

G: Piccola io sono il colpevole di tutto – aggiustò una ciocca ribelle che era sfuggita alla coda, per colpa dell’oppressione del casco. – Ben tornata a casa...

La tenda si aprì al suo gesto della mano, scoprendo il salone gremito di gente. Si aggrappò a quello scoglio sicuro e con un sorriso stentato, entrò nella sala sotto uno scroscio di applausi.

Le persone che si trovavano davanti il loro cammino annuivano estasiate, di fronte all’immagine di quelle due persone così belle che attraversavano con passo sicuro lo spazio che le divideva dalla balconata. Si facevano da parte per rendere la loro camminata senza intoppi.

Sam, principessa di una favola bellissima, non lasciava andare il braccio del ragazzo meraviglioso che la stava scortando, ancora troppo vinta dall’emozione.

Osservava i volti degli uomini e delle donne vestiti a festa, con uno sguardo perso... Quello che le si parava davanti era la cosa più simile ad una grandissima entrata in società...

G: Li vedi??? – il suo sussurro la investì come un grido facendola trasalire – Ti aspettavano da un bel po’ – ridacchiò – qualcosa come quattrocento anni sai??? – annuì in silenzio, vinta da un nodo alla gola che la costringeva a tacere – proprio come me... Ti aspettavamo tutti...

La scalinata di marmo pregiato, l’attendeva a pochi passi, e stringendosi ancora di più a lui, la salì ancora tremante.

Un uomo sulla sessantina l’aspettava con un gran sorriso sulle labbra, e uno sguardo paterno dolce da far bene al cuore.

V: Mademoiselle... E’ un onore averla qui con noi... - il suo accento francese la fece sorridere, adorava da sempre i francesi, e parlare con loro era stato sempre un delizioso passatempo. Osservò gli sguardi complici e soddisfatti che si scambiarono gli uomini, e poco dopo diresse nuovamente lo sguardo alla folla al di sotto della balconata dove era stata condotta. Il brusio la rapì completamente lasciandola a guardare fissa la marea di teste sorridenti, che palesemente pareva parlare di lei.

V: Signorina Samatha??? – sorrise cercando di ridestarla dal suo stato di torpore – Immagino che non si sarebbe aspettata una cosa del genere

G: No evidentemente no – ridacchiò strattonandola piano – Sam è più abituata ai rave in discoteca

Con un occhiataccia da parte di entrambi mise a tacere la sua lingua un po’ offeso.

S: No... Effettivamente pensavo più ad una cosa stile scolaresca – la sua risata argentina vibrò nell’aria solleticando il cuore del suo accompagnatore – Se non fosse stato per il vice capo supremo – rise ancor più di gusto – probabilmente sarei venuta in jeans – la faccia di Giulian si arricciò in una smorfia contrariata, suscitando in lei un piacevole nuovo contatto. Inspiegabilmente le cose erano tornate al loro posto, senza che nessuno facesse niente per sistemarle.

V: Il nostro vice capo supremo si è comportato bene??? – Giulian alzò gli occhi al cielo, Vincent adorava prenderlo in giro, e nelle loro seratine da vecchi compagni di bagordi, non si divertiva a fare altro. Osservò Sam nell’attesa di una risposta.

S: Si.. – lo strinse forte accrescendo ancor più brusio nelle persone in sala, che non riuscivano ad afferrare il discorso fatto nella balconata – Il nostro mago è meraviglioso

Fu così bello vedere i suoi occhi brillare, che non potè far a meno di stringerlo ancora di più noncurante di tutto e tutti.

V: Incantatore!!! – con una gomitata leggera stuzzicò l’ego del ragazzo

G: Mi sono limitato ad essere professionale...

S: Sei sicuro?? – la sua faccia scettica lo fece sorridere divertito... Effettivamente la sua professionalità, si era andata a far benedire più di un paio di volte...

G: Sicurissimo!!! – risero insieme l’uno stretto all’altra, come aggrappati all’unica cosa importante fra tutto quello che li circondava. Il sorriso di Vincent li accarezzò, bonario come quello di un padre davanti ai suoi adorati figli. Si diressero verso la balaustra e fu proprio Giulian a rompere quel silenzio fatto solo di sussurri.

G: Questa sera, una piccola stella ricomincia a brillare sulle nostre teste – lo osservò rapita, mentre con sguardo trionfante parlava alle persone sottostanti – Una stella luminosa, che ci guiderà verso una nuova speranza – ancora immersa nel tono dei suoi discorsi avvertì il corpo di Vincent farsi molto più vicino al loro, fin quando non sentì il contatto della sua mano forte sulla spalla. – La profezia del passato si è avverata, riportando tra noi la nostra capostipite – Un nuovo applauso invase l’atrio come uno scroscio di una cascata e a stento riuscì a trattenere le risa, il suo difetto più grande era sempre stato quello. Ridere di fronte alle cose serie, per non rimanerne troppo invischiata  A fatica finse un semplice sorriso.

G: Vuoi dire qualcosa??? – la osservò con la sua solita aria di trionfo

S: No preferirei di no – sghignazzò facendo uscire gli occhi dalle orbite al ragazzo. La voce di Vincent le sfiorò l’orecchio, facendole scorrere un brivido lungo tutta la schiena.

V: Forse dovresti... - Si sforzò di trovare delle parole da dire ma scosse la testa in senso di diniego, coprendo il nuovo attacco d’ilarità.

G: Magari dopo ok?? – cercò di far desistere l’amico, conscio della situazione. Avrebbe riconosciuto un attacco di ridarella tra mille, e quello minacciava davvero di essere una bomba ad orologeria.

V: Dai Sam... Di qualcosa... - la spinse ancor più verso il parapetto costringendola a parlare. Giulian chiuse gli occhi afflitto dalla disperata voglia di non assistere a quello che sarebbe successo.

S: Ok... - si sgranchì la voce cercando di allontanare ogni pensiero ridicolo e soprattutto di articolare un discorso decente. – Io non so cosa voi vogliate da me... - la mano di Giulian le si strinse sul braccio facendole male, e incrementando ancor più quel senso di euforia che la stava attanagliando. Osservò le persone perplesse e si sforzò di proseguire – Hemmm no... Volevo dire... Non so a cosa alludiate quando dite che io sono fonte di speranza – Di nuovo la srtetta, ancora più forte – OK!!!!! – con un’occhiataccia verso il ragazzo svelò a tutti il piccolo contatto impacciato che li stava unendo in quel momento. Un attacco di risa invase la sala, dando finalmente libero sfogo al suo da troppo sopito. Il ragazzo in preda ad un rossore paonazzo, si era lievemente ritirato in disparte, osservando gli occhi divertiti di tutti i presenti in sala.

S: Giul!!! Non mi abbandonare!!! – lo strattonò riportandolo vicino a sé – Ok, Ok!!! Non sono brava a fare discorsi – riprese a parlare cercando di sovrastare le voci dei presenti – Ho venticinque anni, e in pochi mesi mi è completamente cambiata la vita... Per me era solo un gioco, ma pare che per voi non lo sia – sogghignò verso gli occhi verdi allucinati che seguivano ogni sillaba del suo discorso – Non so davvero cosa voi vogliate che io faccia... Non so in cosa potrei esservi utile, visto che quello che io faccio nessuno di voi è in grado di farlo – il brusio riprese lievemente – almeno le persone che ho conosciuto fin ora!!! – cercò di giustificare l’ultima frase detta, bruciata già dallo sguardo inceneritore di Giulian.

Un uomo sulla quarantina avanzò nella folla fissandola dritta negli occhi. Lo sguardo di sfida verso quella che tutti additavano come una grande maga, ma che per lui rimaneva soltanto una bambina troppo impertinente e scomoda.

Uomo: E cosa sapresti fare tu, che noi non sappiamo fare??? – Giulian si sporse per parlare, e la mano di Sam gli intimò di tacere.

S: Magari fare magia senza il bisogno dei vostri libroni o di erbette varie – ridacchiò

Uomo: Dimostracelo!! – il suo sorriso sbieco accese la scintilla nel suo cuore. Le sfide le erano sempre piaciute da morire, e soprattutto adorava vincere, e in quel caso l’avrebbe fatto senza troppi problemi.

La gente seguì la richiesta dell’uomo come un coro di scettici. Giulian le si strinse attorno, come per tutelarla, cercando di dire qualcosa, che lei bloccò sul nascere. Sbuffando come una bambina annoiata si sporse verso la causa di tutto quel vocio...

S: Cosa vuole che faccia??? – Il ragazzo alle sue spalle le intimò di smettere, ma il sussurro dell’amico lo bloccò.

V: Falla divertire... Volesse Dio che quel testa di cazzo di Cooper avesse la lingua tagliata per sempre!!! – rise divertito facendo cenno a Sam di continuare. La gente di sotto non parlava, un silenzio innaturale prese a precorrere la stanza come un fantasma.

S: Ripeto la domanda??? – sprezzante e gonfia di sé sfidava con sguardo serio l’uomo sotto i suoi piedi. Già lo detestava, e questa volta il suo sesto senso sicuramente non si stava sbagliando...

Uomo: Non lo so fai tu... - il suo sguardo cinico fece scoppiare la molla di incontrastabile rivalsa..

G: Sam... Che cosa vuoi fare??? – le sfiorò un braccio cercando di essere lì con lei anche in quel momento. Odiò quel l’uomo, e si ripromise di fargliela pagare. Il suo sguardo fu intercettato dall’amico, che sogghignante annuì.

S: Vuoi conoscere Arial??? – Giulian la guardò allibito, cercando di afferrare le sue parole, ma in un attimo, fu al centro del suo sogno più grande.

Facendo ricadere la testa all’indietro, la ragazza aveva sillabato due semplici parole “E’ Ora”, e in pochi istanti i suoi capelli si erano tinti del biondo più lucente, e i suoi occhi avevano cambiato colore. La cosa che lo colpì di più, facendolo quasi crollare, fu il suo viso... I lineamenti dolcissimi di Sam, avevano lasciato spazio a quelli meravigliosi della sua adorata, e ora quegli occhi glaciali, si immergevano sulla platea sottostante. Gli sguardi rapiti dei presenti, osservavano quel corpicino delicato che si sporgeva dalla balaustra, ricominciando a battere le mani all’unisono.

Uomo: Si ma facci vedere!!! – Uno colpo sulla sua schiena lo fece desistere, ma i suoi occhi si sgranarono, quando videro apparire una luce tra le mani dello spirito biondo. La croce di Auron cominciò nuovamente a volteggiare tra le sue mani, fin quando non venne scagliata a pochi centimetri dal suo viso.

A: La cupidigia, la meschinità e la brama di potere la distruggeranno lo sa??? – sorrise senza la ben che minima espressione negli occhi – La magia non è un gioco per signorotti annoiati mister Cooper... La magia può fare grandi cose, ma anche distruggere... - l’amuleto tornò lentamente tra le sue mani – Ma credo che con la bassa concentrazione che c’è nel suo corpo, non ci sarà da temere per nessuno.

L’amuleto svanì nel nulla, come era apparso, lasciando la gente ancora sotto shock.

Inclinando la testa, Sam, in quel momento Arial, incrociò gli sguardi di Vincent e Giulian. Allontanandosi di qualche passo dalla balaustra si avvicinò al ragazzo che in preda alle lacrime, la osservava cercando di non impazzire. La sua mano sfiorò il suo viso caldo, e si incamminò verso i suoi capelli corvini. In un rapido gesto il ragazzo la prese tra le sue, cominciandola a baciare disperatamente.

G: Oddio, Oddio!!!!!

A: Ciao mio dolcissimo Giulian... - i suoi occhi si riempirono di lacrime – Hai mantenuto la promessa – Si avvicinò di qualche passo ancora per arrivare con le sue labbra vicino al viso del ragazzo.

G: Ho giurato... - Vincent li osservava senza capire

A: Grazie... Grazie per avermi aspettata, e soprattutto cercata...

G: Lo avrei fatto per altri mille anni – in un gesto dettato solo dalla valanga di sentimenti che lo avevano invaso, la strinse forte tra le braccia, immergendo il viso nella massa di capelli d’oro.

Rimase lì, tremando come un bambino, nella ricerca del suo calore perso nei secoli, fin quando non sentì il suo corpo scostarsi da lui.

S: Ho fatto qualche casino??? – Il ragazzo si scostò di scatto cercando di capire, ma quando vide il suo viso, tutto fu chiaro...

G: No Sammy... - si asciugò le lacrime allontanandosi da lei – sei stata bravissima...

S: E allora perché stai piangendo???

V: Perché è stato troppo anche per lui – Il suo amico era venuto a salvarlo anche sta volta, amico indispensabile, forse l’unico vero in tutta la sua vita centenaria. Annuì avvalorando la sua tesi.

S: Mmmm Ok – il suo sguardo scettico accompagnò la discesa per le scale dei due uomini, pronti a punire la sfrontataggine di quell’adepto che lo sarebbe stato ancora per poco.

G: Mi avevi detto che non riuscivi a chiamarla a comando – la scrutava serrando le palpebre

S: Mai detto... - sorrise sorseggiando la sua coppa di Champagne – Ho detto mai una cosa del genere???

G: Mi sembrava di si... - abbassò la testa

S: No no mai detto... Mi sono limitata a dire che albergo uno spiritello ogni tanto, ma non ho mai asserito di non poterla chiamare a piacimento – rise

G: Per favore non chiamarla così... Dalle il rispetto che merita – deglutì a fatica cercando di riprendersi dai ricordi di quella serata

S: Sembra quasi che tu ci sia legato in qualche modo... - inclinò la testa per incontrare i suoi occhi sfuggenti

G: Infatti...

S: Mmmm... E perché anche lei è legata a te??? – si avvicinò di qualche passo al suo interlocutore – No perché io lo sento... Lei ti vuole bene... E io ti voglio bene... Tanto... Troppo...

G: Ne riparleremo ok??? – si allontanò guadagnando la porta della stanza in pochi e veloci passi.

S: No ne parliamo ora!!! Io voglio sapere!!! Non ti conosco per niente e ieri pomeriggio mi sono sentita morire!! Non è normale non credi??

Uscì dalla porta senza darle ascolto, cercando di ritornare lì, dove le spiegazioni non servono.

S: Giulian!!! Io pretendo di sapere!!! – le era corsa dietro nella disperata ricerca di risposte, ma quando era uscita lui già non c’era più. – Ti odio!!!

G: Tu non mi odi, mia piccola fata... Al tempo avrai le tue risposte...

La sua voce così calda e pacata, le sfiorò le corde dell’essere calmandola di nuovo.

S: Aspetterò...

Si chiuse nella sua camera, e dal balcone assaporò la quiete notturna di quel giardino fuori dal mondo. Le risposte sarebbero arrivate, e forse sarebbe riuscita a capire ogni cosa. Forse sarebbe anche riuscita a tornare lì...

La mattina aveva aperto gli occhi ancora assonnata. Come ogni notte i suoi mille pensieri l’avevano trascinata nella lunga strada dei ricordi, tenendola sveglia fino a tardi. Le avevano fatto assaporare vecchi ricordi, ancora così caldi e palpabili, e ricordi più giovani, molto più confusi, nonostante il poco tempo trascorso. Si era alzata, stirando le membra doloranti e cercando di riconoscere il posto in cui si era addormentata. In poco ricordò tutto. Era rimasta alla villa e quella era la camera che le avevano dato come alloggio. In un lieve battito di ciglia si preparò, e correndo uscì dalla stanza. Aspettare non era mai stato il suo forte, e in un modo o nell’altro si sarebbe fatta dare le risposte di cui aveva bisogno. Sentì il cellulare squillare e per un attimo tentennò nell’indecisione... Solo pochi attimi prima di correre di nuovo. L’importante era sapere, e soprattutto chiedere il suo aiuto.

La casa deserta si espandeva in corridoi lunghi e sconosciuti davanti ai suoi occhi. Nel silenzio innaturale, rotto solo dai suoi passi, il suo respiro diventava sempre più affannoso. Si fermò solo un attimo ad osservare un quadro, che a primo sguardo pareva essere molto antico. Una donna, dai lineamenti stranamente molto familiari, sorrideva con due bambini in braccio. Osservò il verde riflesso dei suoi occhi, e il materno amore che sprigionava quello sguardo stampato su tela. Il pittore con mani sapienti, era riuscito ad immortalare in quel pezzo di stoffa consumata dal tempo, l’amore sviscerato di quella donna bellissima, verso i suoi figli.

V: E’ la madre di Giulian... - di scatto si voltò per controllare di non aver sognato. La sua voce forte, era arrivata dal nulla.

S: Vincent... non ti ho sentito arrivare...

V: Lo vedo – rise porgendole la mano – sarai affamata... Hai voglia di fare colazione??? – Sam annuì prendendolo sotto braccio. Con un ultimo sguardo, si congedò da quella figura che dal quadro pareva sorriderle.

S: Come fa ad essere la madre di Giulian??? – lo osservò con la coda dell’occhio accigliandosi – Quel quadro avrà almeno un centinaio d’anni...

V: Molti di più piccola – sorrise evitando di guardarla, ma non si fece sfuggire lo sguardo sgranato della giovane al suo braccio. – Ci sono molte cose che devi sapere... Cose di cui fino a ieri sera ero allo scuro anche io...

S: Si ma... - il suo dito si posò sulla bocca di lei facendola tacere.

V: Non sono io che devo spiegare... Tra poco lui sarà qui, e potrete parlare di tutto...

Lo seguì, capendo che quello era il momento di tacere. Fu accompagnata dai suoi passi sicuri in giardino, e fu fatta accomodare ad un tavolino di ferro battuto intarsiato, sotto l’ombra di una veranda fiorita. Il profumo delle rose di maggio, le accarezzò il cuore, rilassando un po’ i suoi muscoli tesi dall’agitazione.

Il maggiordomo servì loro del tè con dei pasticcini profumati, e ancora un po’ stralunata si portò la tazza alla bocca.

V: Sai di chi è questa villa??? – lei scosse la testa in senso di diniego, gli occhi verdissimo immersi in quelli nocciola di lui – Questa è casa di Giulian – per poco non si fece cadere la tazza dalle mani. Tutto quel paradiso, quei mobili antichi di finissimo arredo vittoriano, la perfezione di quelle sale rivestite da meravigliosi paramenti, era di proprietà di quel ragazzo. Vincent osservò compiaciuto il suo sguardo meravigliato.

S: La sua multinazionale deve far miracoli – ridacchiò

V: La sua multinazionale va benissimo, come tutte le cose che sono a contatto con quel ragazzo – osservò i suoi occhi segnati dalle rughe del tempo, e scorse in loro un luccichio molto simile ad una lacrima di commozione.

S: Siete molto legati vero?? – osservò il lento riscendere dalla tazza sul tavolo

V: Diciamo che se non fosse così impossibile, potrei ritenerlo il figlio che non ho mai avuto.

S: Lo vedo da come lo guardi... - sorrise dolcemente verso quegli occhi pieni di affetto

V: Nello stesso modo in cui guardo te da ieri sera Samantha... - le accarezzò la mano – siete molto simili... Anzi molto di più... Avete perso tutto troppo presto... Solo che a te è stata data un’altra possibilità, lui l’ha cercata per tutta la vita... - le sue parole la colpirono come una carezza leggera e per un attimo ebbe l’infinita voglia di piangere. Dei passi alle sue spalle la ridestarono da quella tristezza che l’aveva avvolta. Nel profumo dei fiori, si fece largo il dolce profumo del suo dopobarba... Così radicato in lei, da non poter non essere riconosciuto. Immobile attese di sentire la sua voce.

V: Buon giorno ragazzo mio... - sorrise – hai già fatto colazione??? – i suoi passi si fecero più vicini, ma lei si impose di non voltarsi continuando a sorseggiare la tazza di tè caldo. – Tranquillo!!! – rise divertito – le mie vecchie labbra hanno saputo tacere..

G: Non ne avevo dubbi Vince.. Buon giorno Sam... - si sedette al suo fianco cercando di farsi guardare.

S: Buon giorno... - quanto le faceva bene la sua presenza – Ho visto il quadro di tua madre...

Il suo viso si rabbuiò cercando di capire qualcosa dallo sguardo dell’amico.

V: Si... Ci siamo incontrati lì... - si osservarono qualche istante parlandosi solo con gli occhi – Ok... Il tempo delle scartoffie è venuto... Piccola ci vediamo dopo

Sam capì che il momento delle grandi verità era venuto. Osservò l’uomo andare via molto alla svelta e si immerse, quando lo vide sparire dietro la porta, negli occhi verdi di Giulian.

S: Pensi che ora potrai farmi capire qualche cosa?? – lui annuì e tendendole la mano la portò via dal tavolo. Nel silenzio di mille cinguettii di uccelli variopinti, attraversarono la frescura della pineta.

Poco distante un laghetto di cigni bianchissimi, apparve davanti ai suoi occhi. Estasiata come una bambina si gettò a capofitto in una corsa verso la riva.

S: Ma davvero tutto questo è tuo??? – lui annuì con un sorriso dolce prendendo posto su di una panchina di ferro intarsiato. Osservò i boccoli neri baciati dal sole, e radunò le idee. Per quattrocento anni, aveva sopito tutta la sua vita, e oggi come la sera precedente, era giunto il momento delle confessioni. Raccontare al suo amico la verità, era già stata una situazione snervante, soprattutto quando lo aveva visto sbiancare di fronte al suo discorso. Oggi invece, si trovava a dover dire a lei, tutta la verità sulla sua vita, e soprattutto su quella parte che le riguardava da vicino. Deglutì a fatica e attese fremente che lo raggiungesse.

Un cigno dalle piume bianchissime fendeva l’acqua in cerchi prefetti, lasciando a riva piccole onde delicate che le lambivano i piedi. Assaporò i profumi della pineta, e si immerse nel sole, riscaldandosi con i suoi raggi invisibili. Chiuse gli occhi qualche istante, e dedicò quel momento a qualcuno lontano. Ogni suo pensiero... Il fulcro della sua vita sarebbe rimasto per sempre lui, almeno fin quando non avesse avuto la possibilità di rivederlo... Si voltò di scatto e dopo una breve corsa afferrò le mani del ragazzo che le sedeva dietro.

S: Tu puoi aiutarmi vero?? – la guardò esterrefatto non capendo a cosa si riferisse – Tu sei speciale... Sei un mago naturale come me... Tu lo puoi fare...

G: Ma cosa??? – le sondò le iridi cercando di trovare una risposta.

S: Io voglio tornare lì, guardarlo di nuovo, chiudermi tra le sue braccia... Non riesco a vivere da quando sono tornata – le lacrime affiorarono al suo viso come piccole gocce di rugiada. Le passò una mano sul viso e asciugò il loro primo affiorare.

G: Io non so di cosa tu stia parlando piccola – la sua mano calda le sfiorava il viso delicatamente donandole un senso di tranquillità infinita.

S: Sai del mio viaggio vero?? – lui annuì un po’ incerto – Ho lasciato qualcosa lì... Più che altro qualcuno di veramente importante... - i suoi occhi imploravano aiuto, e lui non riuscì a trattenersi dallo stringerla.

G: Vuoi provare a riaprire il portale dimensionale?? – cercò di placare i suoi tremiti tenendola stretta e al sicuro. La vide annuire – E poi???

Di nuovo quella domanda... E poi... Non sapeva nemmeno lei quale potesse essere il seguito di un suo eventuale ritorno lì... Probabilmente lo avrebbe strappato da quel buio, lo avrebbe trascinato a forza in un mondo migliore... Ma se lui non l’avesse voluto?? Rabbrividì al solo pensiero... Sicuramente però se lui l’avesse voluta non l’avrebbe lasciato... Se solo l’avesse voluta con sé...

S: Non lo so... - la scostò da sé cercando i suoi occhi bagnati dalle lacrime

G: E’ giusto che tu sappia tutto... Ti dirò ogni cosa. – Sospirando forte si alzò dalla panchina... Pochi passi per riordinare le idee, poi, di nuovo chiuso in quegli occhi di muschio giovane, che lo guardavano imploranti. – Non so nemmeno da dove cominciare

S: Tu fallo e basta – il suo sguardo serio scandagliava la sua espressione con avida curiosità.

G: Ok – annuì in un ultimo respiro di liberazione – Hai letto la data del quadro vero?? – lei scosse la testa in un diniego stralunato – se ci fossi stata attenta avresti visto che il quadro risale all’anno domini 1578... - tacque qualche istante cercando di decifrare lo strano sguardo che la ragazza gli stava lanciando.

S: Non capisco... - un tremito accompagnò il suo sussurro.

G: Io a quell’epoca avevo solamente sette anni... - si costrinse s sedersi al suo fianco quando vide il bagliore di terrore nei suoi occhi – Non sto mentendo Sam...

S: Quindi ne avresti ora??? – con un gridolino semi isterico ebbe la risposta da rapidi calcoli – Basta con queste cazzate Giul, io voglio sapere davvero come stanno le cose!!!

G: Giuro che te lo sto dicendo... - continuava a respirare forte cercando di non fuggire. Anche la sera prima era stata dura, ma almeno il suo interlocutore era stato disposto a credergli. – Io sono nato in Irlanda da una famiglia apparentemente normale... - tacque di nuovo cercando di riorganizzare le idee e metterle in frasi compiute - Alta borghesia dell’epoca, rispettata dalla gente del villaggio in cui vivevo...

S: Quindi tu a rapidi calcoli avresti 432 anni?? – ridacchiò divertita

G: 437 per la precisione... – sorrise in sua direzione.

Una vastissima quantità di pensieri invase la testa della ragazza, facendola infuriare. Lei cercava aiuto da una persona, e questa si divertiva con falsi giochetti... - Staremo al gioco

S: Quindi tu saresti qualcosa di simile a Connor McLoud del clan dei McLoud – rise divertita coprendo il risentimento nei suoi confronti, ma qualcosa nel suo sguardo la fece trasalire nuovamente.

G: No... Mai sentito parlare delle parche?? – la scrutava più con l’anima che attraverso i suoi occhi verdissimi. Il riflesso del sole alto nel cielo, li rendeva ancora più innaturali.

S: Di che??? Io conosco il parca, ma è passato di moda da un bel po’ di tempo... – rise di nuovo cercando di allontanare l’insidioso pensiero che lui non stesse mentendo.

G: Voi le avete nel tempo chiamate in mille modi... Fate, elfi, ninfe... la storia ha rinominato la mia gente fino a differenziarla per le loro capacità...

S: Oddio sono finita nel signore degli anelli – con una mano si coprì il viso sfinita. Anche questo no... E pensare che era stata a contatto con un vampiro e se ne era innamorata... Perché allora non riusciva a credergli?

G: Ecco... Tolkien ci ha chiamato elfi...

S: Si ma io non vedo le tue orecchie a punta!!! – lo guardò cercando freneticamente fra i capelli

G: Oddio no Sam!!! Ringraziando Dio no!!! – sorrise divertito mostrando delle piccolissime orecchie perfettamente adagiate sulla sua testa – Siamo gente normale... Solo con dei poteri particolari... le favole hanno solo fatto il resto – inclinò la testa dolcemente

Lo guardò in preda ad un attacco di panico e si scostò da lui allargando lo spazio vitale che le permetteva ancora di respirare.

S: Voglio andare a casa... - cercò di alzarsi ma la sua mano le impose di tornare a sedere.

G: Io conosco Arial... Ho vissuto con lei... L’ho amata - Un velo di tristezza calò sui suoi occhi chiari quando incontrò quelli ancora scettici di lei – L’ho vista morire... E ho desiderato morire con lei...

S: Dio ti prego no... - con un rapido gesto si coprì il viso per allontanare il suo viso dai suoi occhi di nuovo inumiditi.

G: Tempo fa, era risorto al mondo un male molto potente, e la magia di tutta la mia gente, era stata annientata, in maniera radicale. Solo la mia famiglia, nascondendosi tra le genti comuni, si era salvata, dando origine ad una nuova generazione. – immerso nei suoi pensieri rivisse ogni istante di quel giorno lontano. – Io e mia sorella, fummo destinati a tramandare i ricordi e le tradizioni nei secoli – si fermò solo per ascoltare il suo respiro accelerato – ma un giorno, mai se ne scoprì il motivo, Azarot ci trovò... Invase le nostre vite, uccidendo mio padre e riducendo all’infermità mia madre. I miei poteri non riuscirono a fermarlo, e solo la grande forza di volontà di mia sorella riuscì a tenerlo a debita distanza per qualche tempo.

S: Arial??? – lo fissava con gli occhi gonfi cercando una risposta. Se la sua deduzione fosse stata corretta, allora tutto sarebbe stato molto più chiaro. Ma lui parve non ascoltarla, troppo avvolto nei suoi ricordi che come un film in un play infinito, scorrevano davanti alla sua vita.

G: Mia sorella si innamorò... Ma il suo amore fu sbagliato sul nascere... Cercai di difenderla, di farle capire, ma rinnegò i suoi poteri, per poter vivere quel sogno d’amore così importante per lei – si strofinò gli occhi cercando di nascondere le lacrime che implacabili lo stavano torturando – se solo l’avessi capita... Se solo l’avessi aiutata... Magari ora sarebbe ancora qui con me.

Si strinse a lui nella disperata ricerca di lenire il suo dolore così grande da traspirare dalla sua pelle.

S: Parli di lei vero??? Parli di me?? – lui annuì in silenzio coprendosi il viso tra le mani

G: Per amore ha rinunciato a sé stessa, schernendo la sua vita e tutto quello che la circondava, e quando si è trovata di fronte a lui di nuovo, non è stata in grado di sconfiggerlo... - respirò più forte che potè – Ha aperto un portale dimensionale e lo ha scagliato al di là dello spazio e del tempo, in un posto lontano e senza possibilità di ritorno... Ma lei è morta per sua stessa mano sotto l’influsso della sua stessa magia.

Sam ancora incredula e tremante lo strinse a sé, finalmente a conoscenza di tutto e finalmente con una risposta a quei sentimenti così forti che la spingevano verso di lui.

G: Ho tentato di salvarla – i singhiozzi sommessi scuotevano il suo corpo mentre riviveva per l’ennesima volta quegli istanti terribili – Ho cercato di farle scudo, ma ero solo uno stupido mago troppo terrorizzato dall’inaspettata apocalisse... Quando sono riuscito a raggiungerla tutto era ormai finito, e il suo giovane corpo giaceva esanime al suolo...

Un dolore troppo grande da mettere insieme in poche parole, così Sam si costrinse a riviverlo. Sfiorando i suoi capelli, aprì il lucchetto dei suoi pensieri, venendo catapultata in un altro tempo, in un altro luogo, lontano centinaia di anni da quella panchina vicino al lago dei cigni.

La foresta sconfinata si stagliava a perdita d’occhio, e urla sommesse parevano provenire proprio dal folto più scuro di quel intreccio di rovi e tronchi d’albero secolari. Seguì in una corsa disperata, il richiamo del suo cuore, raggiungendo con poca fatica una radura sotto la luna. Quello che vide la fece crollare in ginocchio vinta dal terrore. Una bestia gigantesca, sovrastava famelica il giovane corpo di una donna dai lunghi capelli biondi. Il ringhio di quelle fauci spalancate, risuonava nel buio della notte come un grido di morte. Tutt’intorno il silenzio.

Scorse rapidamente la pianura con lo sguardo, annaspando nella disperata ricerca di un po’ di aria, fin quando non incontrò la sagoma di due uomini inginocchiati. Il più giovane tremava coprendosi gli occhi scosso da tremiti e singhiozzi, il secondo tendeva le mani verso la bestia, cercando di sprigionare qualche strano tipo di energia. Si sforzò e nella penombra lo riconobbe. Il suo viso bianco ed emaciato, era solcato da lunghe ombre di stanchezza, e le lacrime tagliavano la pelle levigata di quel volto magnifico, come acido rovente.

Una litania ritmica cominciò a pervadere l’aria inondando di luce la solitaria radura, fino a farla splendere come illuminata a giorno. Si voltò a guardare e la vide lì, con le braccia allargate e il viso inondato da un’espressione di potere. Vide i suoi occhi brillare e scaturire una luce sempre più sfavillante. Lo vide apparire dal nulla, come sempre aveva fatto da quando era lei a gestirlo... L’amuleto si scagliò nel cielo aprendo un vortice temporale, nel quale senza possibilità di replica, vide sparire il gigantesco essere. Il suo ultimo grido di rabbia, scosse la terra sotto di lei, e si ritrovò a tremare rannicchiata in sé stessa.

G: Ariaaaaaaaaaaaaaaaal!!!! – il suo grido disperato fendette l’aria come una lancia acuminata, osservò il suo corpo gettarsi a capofitto su di lei. In un ultimo gesto di aiuto verso quella sorella tanto amata, la strinse tra le braccia, piangendo tutte le lacrime del mondo. – E’ colpa tua!!! – additò il ragazzo rimasto immobile nella sua incredulità, dall’altra parte della radura – Tu l’hai uccisa!!! Tu me l’hai portata via!!! – la rabbia vibrava nell’aria come un tremito violento, uscendo come un fiume in piena da quel corpo disperato, adagiato nell’ultima stretta verso il corpicino esanime.

Vide fuggire l’altro uomo, sparire nella notte come un’ombra impazzita.

Si avvicinò strisciando a quella scena fuori dal tempo e cercò di parlare..

S: Io sono tornata... - il suo sussurro non fu avvertito da niente e nessuno. In quel posto non c’era spazio per lei

G: Giuro mio piccola fata, che ti vendicherò, che troverò il modo di riportarti da me. – cullava quel tesoro stringendolo tra le braccia nell’ultimo disperato bisogno di tenerla con sé  - Non puoi lasciarmi solo... Non posso vivere la mia vita da solo!!!

S: Giulian ti prego io sono qui!!! – la sua voce non articolò suoni, rimanendo nell’ombra come la sua presenza in quel luogo.

Lo vide allontanarsi con la donna tra le braccia, e il respiro rotto dai singhiozzi. In un istante si ritrovò in un cimitero con poche lapidi, a guardare una pietra candida. Intorno a lei poche anime, distrutte dal dolore.

G: Lei ha detto che tornerai... E io sarò qui ad aspettarti per sempre...

In un lampo si ridestò dal suo sogno confuso. Gli occhi di lui annegati nei suoi, ad aspettare qualcosa.

S: Io sono qui... - disse fra le lacrime

G: Lo so... Ti avrei aspettata anche per altri mille anni... - la strinse forte conscio di averla finalmente ritrovata. In un disperato bisogno di affetto, rimasero per molto tempo avvinghiati in un abbraccio caldissimo. Due fratelli che riescono a superare l’ostacolo della morte, fino a stringersi di nuovo. – Sei a casa

S: Si... Sono a casa... - strinse ancora più forte, rincuorandosi nel battito accelerato del suo cuore felice. – Ma tua madre???

G: Si è lasciata morire dal dolore... – non riusciva a sentirla sua madre, non ci sarebbe mai riuscita, ma sapeva benissimo, quale dolore immerso provocava la morte di un genitore... Lei come lui ne aveva visti volare via due... Forse era proprio questo a cui alludeva Vincent... Lo strinse ancora più forte.

S: E lui?? – tremante chiese, ma si pentì sentendolo irrigidirsi sotto le sue mani

G: Lui è andato via... - fu quasi un ringhio – lui l’ha uccisa e l’ha dimenticata...

S: Giulian... Che colpa può averne lui?? La vita continua...

La strattonò tirandola davanti ai suoi occhi glaciali.

G: A distanza di quattrocento anni ancora lo difendi eh – lei abbozzò un sorriso – Ti ha uccisa, facendoti rinnegare il tuo mondo e la tua vita... Lui ha avuto la sua brevissima vita di merda, tu hai rinunciato alla tua eternità...

S: Io ho un’eternità??? – questa cosa poteva essere allettante vista la natura dell’uomo dei suoi sogni. Lui scosse la testa allontanando qualunque speranza

G: Oramai non più...

S: E quando mai!!! – sbuffò snervata – c’è sempre la fregatura!!!

G: Ci lavoreremo te lo prometto... Non ho nessuna intenzione di perderti di nuovo. Voglio mia sorella con me, per sempre. - Si allontanò da lui fissandolo guardinga.

S: E’ per questo che detesti James??? – lo vide annuire un po’ goffamente – beh devi essere stato un fratello davvero cacacazzi... Evita di farlo con me ok??? – rise divertito cercando di asciugare le ultime lacrime – So cavarmela Giul... Tranquillo...

G: Lo so... - si alzò dalla panchina tendendole la mano. – Andiamo... Ci staranno già cercando...

Abbracciati come due veri fratelli si diressero verso la casa. Poi d’un tratto i suoi piedi si inchiodarono di nuovo.

S: Ti prego l’ultima cosa!!! – afferrò le sue mani e si concentrò su una cosa ben precisa. La luce cominciò a sbocciare come un fiore al suo fianco e la vide finalmente crescere a dismisura.

Giulian osservò la scena qualche istante prima di capire e sorridere dandole una mano, fin quando, tutt’ad un tratto il suo sguardo trasfigurò in una maschera di terrore. Staccò le mani con uno scatto improvviso, facendo svanire il portale di fronte ai loro occhi.

S: No!!!!! Ci stavamo riuscendo!!!! Perché!!! – lui proseguì senza parlare. Una strattonata fortissima sulla sua spalla lo fece voltare nuovamente. – Dammi quelle mani!!! – le ritrasse infilandole nelle tasche. – Perche!!!!

G: Perché mi fa male Sam... - lo guardò allibita – Mi spiace non sono in grado di farlo... Tu sei la grande maga non io – le sorrise cercando di avvalorare la sua tesi

S: Ma ci stavamo riuscendo... - mugolò credendo alle sue parole

G: Tu ci stavi riuscendo piccola – l’avvicinò di nuovo a sé – io stavo rischiando di bruciare...

Si incamminarono di nuovo nel dolce brusio della pineta, l’una sotto l’ala protettiva dell’altro, nell’infinita angoscia di una nuova sconfitta...

G: Vedrai che prima o poi ci riuscirai – la vide annuire avvilita e si maledì per la sua codardia. – Una bugia sorellina per salvarti la vita... Non ti avrà di nuovo...

-o-

[1] [2] [3] [4] [5] [6] [7] [8] [9] [10] [11] [12] [13] [14] [15] [16] [17] [18] [19] [20] [21] [22] [23] [24] [25] [26] [27]

[Fanfiction] [Home]